LIVORNO - CAPITOLO 1

Villa Henderson

Museo di Storia Naturale

1

Se Lapo Colonna avesse anche solo immaginato cosa sarebbe potuto accadere leggendo la mail che il suo amico Michele Donati gli aveva spedito appena il giorno prima, di certo non ci avrebbe pensato due volte a cestinarla.

E invece eccolo lì, nel parcheggio di Villa Henderson, a chiedersi ancora una volta come mai i guai continuassero a perseguitarlo.

Scosse la testa, poi tornò a osservare le due volanti della polizia che stavano ostruendo il passaggio alla biblioteca della villa.

Non mi sembra proprio un buon inizio, ragionò fra sé mentre una strana sensazione si faceva lentamente strada dentro di lui.

Scese di macchina, chiuse la portiera e avvolse la testa nel cappuccio. Tirava in gran vento, freddo e umido. Attraversò il vialetto sterrato con l'intenzione di avvicinarsi al portone del museo e scoprire quale fosse la causa di tutto quel trambusto, ma un poliziotto gli sbarrò la strada venendogli incontro a passo rapido. «Non si può entrare.»

«Ho appuntamento con il professor Donati» gli rispose «sono un suo amico. Mi sta aspettando.»

Il poliziotto lo squadrò con aria interrogativa.

«Un suo amico ha detto?»

Lapo annuì.

«Venga con me, per favore.»

Non replicò. Conosceva fin troppo bene il protocollo in situazioni come quelle. In silenzio seguì il poliziotto all'interno dell'edificio.

«Aspetti qui» gli intimò l'uomo facendolo accomodare all'interno di una saletta. «Vedrò di metterla in contatto con il mio superiore. Le devo anche chiedere di non lasciare il museo, almeno fino a quando non avremo chiarito la sua posizione.»

Detto questo il poliziotto uscì.

Rimasto da solo Lapo ne approfittò per guardarsi intorno, ma non vide nulla che potesse in qualche modo fornirgli una qualche delucidazione in merito.

Si avvicinò alla finestra e osservò fuori in direzione della Biblioteca, posta dalla parte opposta alla Villa, il luogo dove Michele gli aveva dato appuntamento. I suoi occhi fissarono un punto lontano, indefinito, persi nell'orizzonte, come la sua mente lo era fra i meandri dei suoi dubbi.

Ripensò al giorno prima, a quando era arrivato a Cortona per trascorrere con suo padre le due settimane di licenza dopo i fatti di Montségur, a quando aveva aperto il computer e letto il messaggio di Michele.

Le sue parole adesso gli parvero alquanto profetiche.

Tornò a sedersi.

Non c'era nulla che potesse fare al momento per cui, per ingannare l'attesa, prese il cellulare e rilesse ancora una volta la mail.

Lapo, quanto tempo!

Non ricordo quasi più l'ultima volta che ci siamo visti di persona, forse si parla addirittura di dieci anni fa. Le nostre vite sono molto cambiate da allora ed entrambi abbiamo preso strade diverse, ma a volte il destino sembra voler giocare degli strani scherzi.

Come nel nostro caso.

So che queste mie parole possono sembrarti assurde, ma, se ti conosco bene, sono convinto che ne sarai decisamente incuriosito.

Sai, giusto ieri ho incontrato tuo padre durante una conferenza sulla storia d'Italia che ho tenuto qua, a Livorno. E' stato un vero piacere rivederlo! Abbiamo parlato di tante cose e ovviamente anche di te. Puoi quindi immaginare il mio stupore quando mi ha detto che saresti arrivato proprio l'indomani perché avevi deciso di trascorrere un po' di tempo con lui.

In quel momento ho capito che era un segno del destino.

Vengo al punto. Ho bisogno del tuo aiuto, Lapo. Non posso spiegarti nel dettaglio, ma a quanto pare sono incappato in un segreto che fa gola a persone molto potenti. Sono stato minacciando più di una volta negli ultimi mesi, ma ho cominciato ad avere veramente paura quando sono stato aggredito, due sere fa. Non so dirti se le cose sono collegate alla mia ricerca, ma comincio a credere di sì. Ho bisogno di parlarne con te. Si tratta di studi che riguardano le origini del nostro paese e la figura di Giuseppe Garibaldi. Non aggiungo altro. Incontriamoci domani, verso le dieci di mattina, all'interno della biblioteca del Museo di Storia Naturale a Livorno. So che verrai. Ti spiegherò tutto, te lo prometto. Però, se dovesse succedermi qualcosa prima che tu arrivi, ti prego di contattare il conte Antonio Maria Ravizza e il suo amico Achille Gonella. Li troverai a Villa Francesca, loro sanno tutto, ti puoi fidare. Ah, un'ultima cosa. Oggi ti ho spedito per posta un pacco. Dovrebbe arrivare nei prossimi giorni alla tenuta di tuo padre. Abbine cura, poi capirai.

A presto.

Michele

PS: ricordati di guardare l'allegato alla mail, è la chiave per iniziare le ricerche.

Si alzò e si mise a passeggiare le stanza.

Era vero. Non sentiva Michele Donati da quasi dieci anni e le loro vite avevano preso direzioni molto diverse, ma adesso ecco che il suo vecchio amico gli mandava una mail nella quale gli chiedeva aiuto per una faccenda alquanto complessa, esattamente come aveva fatto poco tempo prima suo zio quando gli aveva scritto per la faccenda dei Catari.

Ancora misteri e ancora domande senza risposta.

Garibaldi, le origini del nostro paese, minacce, aggressioni, un pacco....

Dove mai poteva condurre quel puzzle? Chi stava minacciando Michele? Decise di dare una scorsa all'allegato, giusto per attendere ancora qualche minuto, poi, se il poliziotto non fosse arrivato, sarebbe andato a cercarlo.

Riaprì le mail e s'immerse nella lettura.

Caprera 1948

La tago, kiam mia patro mortis, mi estis apud li. Estis terure kaj mi ankoraŭ memoras lian fieran aspekton kaj hodiaŭ

laca samtempe. Mi ĵuris. Li fidis min rivelante iujn sekretojn kaj mi ne lasus lin faligi. Li petis min ne malkaŝi la lokon de mia patrino al iu ajn li alportus la pergamenon. Ĝi enhavis sekreton plej bone kaŝitan. Almenaŭ ĝis la tempo maturiĝis. Li lasis ajnan juĝon pri la afero al mi.

Mi estis feliĉa. Nun tiu tempo pasis. Mia patrino kaj mi silentas tro longe. Ŝi mortis kaj mi ne scias, kiom longe mi restas por vivi. Tial mi decidis rompi mian ĵuron kaj rompi la sigelo. Estas tempo por la vero aperi. Por mia patro kaj por la tuta Italujo La indico por komenci estas en monŝranko kaŝita en la planko de vilao Donokoe.

La kombinaĵo estas la dato de morto de mia patro. Ke la virto de tiuj, kiuj entreprenas ĉi tiun serĉadon, estu malpeza malkaŝi tion, kion la mondo ne scias.

Non aveva alcun senso. Michele gli aveva detto che quello scritto rappresentava la chiave per iniziare le ricerche. Sì, ma di cosa?

Doveva trovare qualcuno in grado di tradurre quella strana lingua o non sarebbe andato da nessuna parte.

Forse nel pacco che mi ha spedito troverò delle risposte, ragionò rimettendo in tasca il cellulare. Stava per aprire la porta quando il poliziotto fece il suo ingresso nella stanza.

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