CAPITOLO 41

41

Lapo non aveva potuto non notare quell'uomo. L'aveva visto correre in direzione del mulino, poi sparare a Gonella a sangue freddo, e quindi salire rapido sulla roccia per sparire infine all'interno della costruzione.

Chi era?

Non ne aveva la certezza, anche se un'idea se l'era comunque fatta.

Doveva esserci di mezzo la Loggia.

Non c'erano altre spiegazioni.

In ogni caso quello non era certo il momento più adatto per perdersi in elucubrazioni.

Chiunque fosse, avrebbe pagato per tutto quel casino.

Iniziò a tossire. L'aria tossica dell'incendio stava arrivando fino a lui, così come il denso calore delle fiamme.

La situazione stava precipitando.

Dove darsi una mossa.

Isabel!

Coprendosi naso e bocca con le mani, si gettò in avanti. Si bruciò un po' i vestiti ma riuscì a sfuggire al fuoco atterrando sullo sterrato a qualche metro in avanti.

Almeno il fuoco non sarebbe arrivato fino a lì.

A fatica si rimise in piedi.

Non era messo bene. Gli bruciavano gli occhi, la schiena gli doleva in più punti dopo la brutta botta dovuta alla caduta dalla roccia e il volto era tumefatto.

Ma aveva ancora con sé la pistola.

E l'avrebbe usata.

Uno sparo.

Si gettò di nuovo a terra mentre un dolore acuto gli attraversava tutto il corpo.

Si toccò la spalla sinistra e s'accorse che perdeva sangue.

In quel momento vide l'uomo saltare dalla roccia e correre rapido verso il giardino principale.

Stava cercando di fuggire. Non poteva permetterlo.

Con una smorfia di dolore, alzò la pistola e prese la mira.

Fece partire due colpi.

Il primo andò a vuoto mentre il secondo lo prese alla caviglia.

Sentì un urlo e poi lo vide cadere all'altezza del muricciolo, accanto alla facciata posteriore della Residenza.

Si alzò.

Era ora di farla finita.

Iniziò ad avanzare quando notò che l'uomo si stava girando.

Aveva la pistola alzata, puntata su di lui. Senza pensare premette di nuovo il grilletto.

Stavolta il colpo andò subito a segno, ferendolo alla spalla destra.

La pistola gli cadde di mano.

Tentò di alzarsi in piedi, ma Lapo gli fu addosso.

Non sentiva più nemmeno il dolore, tanta adrenalina aveva in circolo, oltre alla rabbia repressa fino a quel momento.

L'afferrò per il collo e lo scaraventò con la schiena contro il muro.

Quindi, tenendolo stretto, lo fissò negli occhi.

«Ti hanno mandato quei bastardi della Loggia?» gli urlò.

Per tutta risposta lui gli sputò.

«Va all'inferno.»

Lapo gli dette una ginocchiata nello stomaco.

L'uomo si piegò in due facendosi sfuggire un lamento.

«Credo che i tuoi capi non apprezzeranno il mio messaggio» sibilò poi con un ghigno.

Quindi allentò la presa facendolo ripiombare a terra.

Lui si rialzò rapido muovendosi in avanti come se volesse scappare.

Lapo alzò allora la pistola e fece fuoco per l'ultima volta.

Mirò alla testa. Da quella distanza non poteva fallire.

E non fallì.

L'uomo venne scagliato in avanti dalla potenza del proiettile e finì disteso a terra.

Dalla giacca gli cadde il diario.

Lapo si avvicinò e lo raccolse, mettendolo al riparo all'interno del suo giubbotto.

Poi si voltò.

L'incendio ormai non era più domabile.

Le fiamme avevano avvolto a semicerchio tutto la zona intorno al mulino e continuavano la loro avanzata verso l'esterno. Dove trovavano vegetazione inghiottivano ogni cosa.

Il calore era diventato insopportabile e nuvole di fumo nero salivano sempre più dense verso il cielo, rendendo l'aria irrespirabile e tossica.

Senza pensarci due volte, insensibile al dolore alla spalla e al resto del corpo, tornò indietro verso la roccia.

Vi salì sopra a fatica e, coprendosi il volto con il bavero del giubbotto, entrò all'interno del mulino.

Là il caldo era ancora più elevato e tra poco sarebbe stato impossibile restarvi.

Doveva fare in fretta.

Vide davanti a sé il buco ricavato dall'asse spostata.

Si avvicinò.

Notò il cellulare di Isabel appoggiato sulle travi di legno a poca distanza.

Lo prese.

Aveva ancora la torcia accesa.

Diresse allora la luce verso l'antro, illuminando le scale di pietra che parevano scivolare sotto terra.

Poco più sotto c'era lei, rannicchiata in una posizione contorta.

Speriamo non sia troppo tardi.

Si mise disteso sul pavimento, tossendo, e con le braccia cercò di toccarla.

Sembrava morta.

Ti prego no!

La spalla gli faceva un male del diavolo, ma non gli importava.

Adesso voleva solo che lei si svegliasse.

Non si curava nemmeno dell'incendio o del fatto che se non fossero usciti di lì entro pochi minuti probabilmente sarebbero morti soffocati.

«Isabel! Isabel!» gridò toccandole la testa. «Forza dai, svegliati, dobbiamo uscire.»

Le dette diversi colpi sulla nuca oltre a scuoterla sul braccio.

Niente.

Continuò in preda a una forte angoscia. A un certo punto la vide muoversi.

Non tutto è perduto.

«Isabel, andiamo, dobbiamo uscire.»

Lei tossì.

«Non c'è più tempo.»

Come in trance, alzò le braccia e si fece prendere da lui.

Lo sforzo fu immane.

Un po' aiutandosi con le gambe e un po' con la forza delle sue braccia, alla fine riuscì a uscire trascinandosi sfinita sulle assi di legno.

Ansimava e perdere del sangue da una ferita alla testa.

«Il fuoco sta arrivando!» le disse lui tra un colpo di tosse e l'altro «dai usciamo fuori. Subito!»

Si alzarono.

Sorreggendosi a vicenda si mossero verso la porta.

Appena fuori una vampata di calore li investì con la potenza di un maglio.

Persero l'equilibrio. Incapaci di reggersi in piedi e privi di forza, rotolarono giù dalla roccia, cadendo con un tonfo sordo in mezzo a un mucchio di cespugli infuocati.

Urlarono.

Lo shock però fornì a Lapo la determinazione giusta per rialzarsi.

Lei invece era sfinita. A malapena riusciva a tenere gli occhi aperti.

Spinto dall'istinto di sopravvivenza, la issò in piedi mettendole il braccio sopra le sue spalle.

Represse una smorfia di dolore.

Non sapeva per quanto ancora avrebbe resistito, ma doveva farlo.

A quel punto si mosse, un passo alla volta, lentamente.

Oltrepassò il fuoco e uscì da quell'inferno.

Fu in quel momento però che, quasi una voce lo avesse avvertito, si accorse del diario.

Si tastò con la mano libera sotto la giacca.

Niente.

Non c'era più. Doveva essergli caduto.

Quasi sicuramente quando erano rotolati giù dalla roccia.

Maledizione!

Si voltò.

Là dove si trovavano fino a qualche minuto prima, adesso c'erano solo fuoco e fumo.

E nient'altro.

Non sarebbe riuscito a vederlo nemmeno se avesse voluto.

Con ogni probabilità, era già bruciato, avvolto dalla fiamme che inesorabili stavano inghiottendo ogni cosa.

Scosse la testa.

Quindi tornò a concentrarsi su se stesso e su Isabel e sul fatto che doveva trovare alla svelta un posto sicuro dove riprendere fiato.

Con quest'idea in mente, a fatica, si trascinò lontano da lì.

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