CAPITOLO 40

40

Isabel non udì lo sparo.

Si trovava a circa tre metri sotto terra, racchiusa dalle rocce sopra la sua testa. Era dovuta scendere di schiena tanto lo spazio era ristretto e gli scalini ripidi.

In quel modo aveva potuto usare le mani per reggersi a quei piccoli gradini intagliati con maestria che ruotavano a semicerchio come in una sorta di scala a chiocciola.

Sapeva di avere poco tempo. Là fuori si stava scatenando l'inferno.

Da una parte Ravizza che si era scagliato contro Lapo come una furia e dall'altra il fuoco che stava divorando la vegetazione a un ritmo vorticoso creando un cerchio sempre più impenetrabile intorno al mulino.

Che razza di situazione!

Prima avessero lasciato quella collina e meglio sarebbe stato per tutti.

Persa in questi pensieri proseguì piano fino a giungere in fondo alla scala.

Quando sentì che il terreno era di nuovo piatto, con la torcia del telefono illuminò tutto intorno a sé.

Si trovava in una sorta di camera ricavata nella roccia, una specie di anfratto grande, comunque, a sufficienza per contenere un uomo adulto in piedi.

Faceva freddo e l'aria era decisamente umida.

Dai muoviti, non mi piace stare qua dentro, si disse battendo i piedi per scaldarsi.

Ruotò quindi la torcia cercando di osservare le pareti fino a che non notò, sulla sinistra, una piccola rientranza.

Si mosse allora in quella direzione.

Alzando il telefono illuminò quella porzione di roccia.

E la vide

Una cassetta di legno, di circa trenta centimetri di lato, appoggiata su quella che pareva essere una mensola naturale.

Non perse tempo.

Tirò fuori la chiave dalla tasca del giubbotto e la infilò nella serratura.

Dopo un paio di tentativi sentì un leggero click.

Con la mano destra aprì il coperchio.

Il diario era lì, al centro del contenitore.

Eccolo!

In quel momento ebbe un'esitazione. Una serie di dubbi e di domande attraversarono la sua mente, bloccandola.

Quante persone erano morte nel tentativo di ritrovare quel piccolo oggetto?

Quante avevano subito un destino terribile pur di leggere le pagine scritte dal Generale?

E se alla fine non ne fosse valsa la pena? Se fosse stato meglio lasciare tutto com'era?

Poi si riscosse.

No, il mondo doveva sapere. Se quello che le aveva raccontato Lapo prima che arrivassero a Caprera era vero, quelle pagine rappresentavano sì una scomoda verità, ma una verità che era giusto venisse portata alla luce.

E poi chi era lei per decidere diversamente?

Al diavolo le conseguenze

Con un sospiro afferrò il diario e si voltò per risalire.

***

Lapo non riusciva a staccare lo sguardo dal cadavere di Ravizza. Non avrebbe voluto che finisse così, ma evidentemente lui aveva scelto quella via perché l'aveva ritenuta l'unica in grado di risollevarlo dai suoi problemi.

Mi dispiace, mormorò piano.

Poi alzò lo sguardo.

Di fronte a lui c'era Achille Gonella.

Stava in ginocchio, vicino al cadavere dell'amico.

E stava piangendo.

Si mosse per avvinarsi a lui quando sentì una sparo provenire da dietro.

Si gettò istintivamente a terra, rotolando poi verso la base della rocce e un grosso cespuglio a pochi metri di distanza.

Sentì il calore del fuoco.

Si voltò e vide avanzare verso di lui lunghe lingue di fiamme che, inesorabilmente, facevano terra bruciata di ciò che si trovavano sul cammino.

Subito dopo vampate di caldo gli soffocarono il respiro.

***

L'aveva mancato. Di poco.

L'uomo uscì allo scoperto gettandosi lo stesso verso l'ingresso del mulino.

Era arrivato il momento di agire.

Tra poco sarebbe stato troppo tardi.

Certo, se avesse beccato quel dannato agente sarebbe stato molto meglio.

Invece quel bastardo si era spostato proprio all'ultimo momento. In compenso, però, era finito diritto in mezzo alle fiamme, ragion per cui per un po' non gli avrebbe dato fastidio.

Correndo veloce arrivò alla base delle rocce. Qua vide un uomo in ginocchio accanto al cadavere dell'altro.

Senza pensarci due volte alzò la pistola e fece fuoco, colpendolo alla testa.

Fuori due, pensò con un ghigno mentre saltava sulla roccia deciso a entrare all'interno del mulino.

Adesso rimane solo quella donna.

Il fuoco intanto stava avanzando a un ritmo vorticoso e ormai tutta l'area intorno alla costruzione brulicava di fiamme.

Il vento aiutava il fuoco a espandersi e la vegetazione faceva il resto.

Non rimaneva molto tempo.

***

Isabel stava risalendo le scale, molto lentamente.

Non voleva rischiare di cadere e farsi del male e quei dannati scalini erano una vera tortura.

Ma che razza di posto, ragionò tra sé mentre la mancanza di ossigeno cominciava a farsi sentire aumentando il suo battito cardiaco.

La prossima volta faccio scendere lui, si disse con un mezzo sorriso pensando a Lapo.

Aveva la testa china e si doveva contorcere la schiena per riuscire a seguire la tortuosità di quelle scale e risalire attraverso quello spazio angusto.

In una mano teneva la torcia mentre nell'altra il diario. La pistola l'aveva dovuta rimettere nella giacca. In quel frangente le era solo d'impiccio.

Con grande fatica arrivò in cima. Prima di fare gli ultimi gradini, alzò le braccia e appoggiò i due oggetti sul pavimento, poi s'issò in alto attingendo a tutte le sue forze.

In quel momento sentì qualcosa abbattersi sulla sua testa.

Un colpo tremendo. Il dolore fu lancinante. Non ebbe però modo di capire chi era stato.

La vista le si annebbiò e perse i sensi, scivolando all'indietro e ricadendo sui gradini.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top