CAPITOLO 38
38
Lapo sapeva che uno di loro due sarebbe dovuto rimanere di guardia all'esterno del mulino, ne era convinto ma non si fidava per niente di Ravizza e non voleva che Isabel cercasse il diario senza qualcuno che le guardasse le spalle.
E lo stesso valeva per lui.
Perciò aveva fatto le sue valutazioni e optato per la soluzione più semplice.
Tutti dentro.
Un problema alla volta si disse fra sé mentre, insieme agli altri, cercava di capire dove potesse essere il nascondiglio che quella chiave avrebbe aperto.
«Qualche idea?» sussurrò a Isabel.
Gonella, intanto, quasi sfinito si era rimesso a sedere, assorto nei suoi pensieri, estraneo a tutto ciò che stava accadendo al contrario di Ravizza che invece aveva lo sguardo vigile e attento a ogni minimo accenno di cambiamento.
«Che le prende?» gli domandò Lapo mentre continuava a tenere la pistola puntata su di lui, «nervoso?»
Non gli era, infatti, sfuggito il suo atteggiamento guardingo e agitato.
«Può darsi.»
«Fra poco saremo fuori di qui, stia tranquillo. E a quel punto avrà altro a cui pensare.»
«Cosa glielo fa credere?»
«Una sensazione, tutto qui. In ogni caso cose ne direbbe di darci una mano?»
«E va bene» rispose lui alzando le spalle.
Fece un profondo respiro. «Secondo me dovremo dare un'occhiata sotto al pavimento» commentò poi come se non gli importasse veramente. «Se c'è qualcosa deve essere nascosto là sotto.»
«E' quel che pensavo anche io» gli fece eco Lapo con un mezzo sorriso.
«Isabel» disse poi rivolto a lei «prova con il calcio della pistola a tastare le lastre di legno. Magari qualcuna suona a vuoto.»
«Va bene» gli rispose lei chinandosi e iniziando a battere sul pavimento.
In effetti quello pareva essere l'unico luogo plausibile.
Le pareti no di certo. Erano formate da un unico blocco di cemento, senza scanalature né rientranze.
Tutto era perfettamente liscio, per cui non potevano esserci in nessuna maniera né nicchie, né anfratti di alcun genere.
Tutt'altra musica per le lastre sotto i loro piedi.
Isabel batteva a un ritmo quasi cadenzato. Aveva quasi finito, ma ancora non le era sembrato di udire nulla che potesse far pensare a un qualche nascondiglio sotto al pavimento.
«Allora?» le domandò Lapo con una certa apprensione «trovato niente?»
«Perché non provi tu?» gli rispose lei con un'inflessione sarcastica «sono abbastanza stufa di stare piegata a terra, se proprio lo vuoi sapere.»
«Okay, scusa. E' che la faccenda si sta facendo un po' troppo lunga e la cosa non mi piace.»
«Neanche a me.»
«Un momento» le disse all'improvviso lui «non lo senti anche tu?»
Mosse la testa verso la porta del mulino.
«Cosa?»
«Un leggero odore di bruciato.»
«No.»
Lapo guardò allora Ravizza, ma anche lui scosse la testa.
Eppure..
«Tu prosegui» disse rivolto a Isabel «io voglio uscire un attimo a controllare. C'è qualcosa che non mi convince» così dicendo fece qualche passo verso l'esterno sempre tenendo puntata la pistola sul Conte.
Giunto sulle rocce appena all'esterno della porta cercò di capire se la sua sensazione fosse vera oppure no.
In effetti là fuori l'odore di bruciato era più forte.
Non mi piace, mormorò per niente.
In quel momento, quasi senza pensarci, voltò leggermente la testa verso destra, attirato da un leggero filo di fumo nero che si stava alzando dalla vegetazione.
Fu un attimo.
Ravizza si scagliò su di lui come una furia, a testa bassa e con le spalle in avanti.
Lapo venne colpito allo stomaco e perse l'equilibrio, poi entrambi rotolarono dalla roccia finendo distesi sullo sterrato poco sotto.
La pistola gli scivolò di mano fermandosi a pochi passi da lui.
***
Il fuoco aveva già iniziato a propagarsi. Dapprima si trattava solo di qualche sporadica fiammella che aveva attecchito principalmente nei rami secchi intorno ai cubetti del plastico. Poi, grazie al vento che non aveva mai smesso di soffiare, i piccoli focolai avevano aumentato piano piano di intensità, spostandosi come se camminassero verso le zone più rigogliose della vegetazione e aggredendo cespugli sempre più ampi.
Dopo dieci minuti una piccola porzione della macchia mediterranea a destra e dietro il mulino era in fiamme.
E l'avanzata sembrava inarrestabile.
Lingue sempre più grandi inghiottivano il verdi degli arbusti, mangiando tutto ciò che si trovavano davanti come una furia e alimentando il fuoco come benzina.
L'aria si stava surriscaldando di minuto in minuto, mentre lunghe file di fumo grigiastro si alzavano nel cielo sospinte dal vento.
L'uomo, dal suo posto sicuro, stava osservando tutta la scena, con il sorriso sulle labbra.
Sta andando tutto come previsto.
Poi successe una cosa strana.
Come un fulmine a ciel sereno, vide l'agente italiano, avvinghiato a uno dei due uomini di Villa Francesca, rotolare dalla roccia sullo sterrato.
Ma che...?
Per un momento pensò che quello fosse l'ennesimo imprevisto e che per lui rappresentasse un problema.
Ma poi ci rifletté sopra e capì che, invece, non poteva che essere un aspetto positivo.
Magari quel Colonna avrebbe fatto parte del lavoro al posto suo.
Sorrise.
A quanto pare la fortuna sta letteralmente girando dalla mia parte mormorò osservando la scena con estrema attenzione.
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