CAPITOLO 37
37
Il gruppo avanzò in silenzio attraverso il giardino centrale, costeggiando il monumentale pino piantato da Garibaldi nel febbraio del 1867 in occasione della nascita della figlia Clelia.
I suoi rami, simili a tante braccia protese verso l'azzurro del mare, creavano dei magnifici giochi di luce.
Senza soffermarsi troppo su quello spettacolo, aggirarono l'edificio che ospitava la residenza principale del Compendio e scavalcarono rapidi il muricciolo di pietra che ne delimitava la proprietà.
Subito dopo sbucarono in un vasto tratto di sterrato circondato da rocce, pini e arbusti di ogni genere.
Davanti a loro un grande masso, sopra il quale si ergeva, come una sentinella, il mulino a vento.
Dopo le opere di restauro alla parte esterna aveva perso gran parte del suo aspetto originario, complice anche il fatto che le pale erano andate distrutte.
Adesso assomigliava a una specie di capanna indiana di forma cilindrica, dalle pareti completamente intonacate di un bianco brillante e con il tetto di metallo che ricordava il cappello di una mago.
Al centro una grande porta di legno che serviva a condurre all'interno.
Poco discosto, sulla destra e immerso nella vegetazione, faceva bella mostra il busto di Garibaldi, anch'esso di un bianco simile alla spuma del mare, bianco che creava un netto contrasto con il verde intenso della macchia mediterranea.
«E adesso?» domandò Isabel con una certa apprensione, senza badare troppo alla bellezza del luogo.
«Adesso entriamo» le rispose Lapo facendo al contempo un gesto con la pistola in direzione di Ravizza e Gonella.
Come a dire che anche loro due dovevano fare la stessa cosa.
Si mossero quindi fino al bordo della roccia.
«Forza salite» sibilò Lapo mentre faceva cenno a Isabel di dar loro una mano.
Quando furono tutti in cima, con un paio di balzi salì anche lui.
A quel punto fece entrare dentro il mulino prima il Conte, poi Gonella e infine Isabel.
Lui invece volle dare prima uno sguardo in giro, giusto per sincerarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi.
La visuale da lassù era abbastanza ampia, ma lui non notò niente di strano.
Non ne era convinto fino in fondo, ma in quel momento non avrebbe potuto fare altro.
Quindi si voltò e varcò la soglia, entrando all'interno della costruzione.
***
Ci è mancato poco!
L'uomo si asciugò il sudore dalla fronte, abbassando la testa per garantirsi una copertura migliore.
Non faceva certo caldo, ma la tensione cominciava a farsi sentire.
Si trovava a qualche decina di metri dal mulino, nascosto da alcuni alberi e riparato da un muricciolo diroccato che un tempo doveva essere stato il residuo di una vecchia costruzione ormai in rovina.
Devo stare più attento!
Uno sbaglio adesso significherebbe buttare all'aria tutto quello che ho faticosamente costruito. E non posso permetterlo.
Si acquattò dietro i mattoni.
Doveva attendere ancora qualche minuto prima di arrischiarsi a uscire allo scoperto.
Strinse i denti.
Quando poi ritenne che fosse trascorso il tempo necessario, alzò di nuovo la testa oltre il bordo del muricciolo e si rese conto che all'esterno non c'era più nessuno.
Sono entrati tutti dentro.
Perfetto.
Si tolse allora lo zaino dalle spalle e ne estrasse alcuni cubetti grigio scuri. Si trattava di esplosivo al plastico C-4, di tipo militare. Di solito venivano usati per far saltare costruzioni di vario genere, ponti, strade, abitazioni e a volte perfino macchine o autocarri.
Ma in questo caso lui non aveva in mente niente del genere.
Il rischio di distruggere completamente il mulino e uccidere tutte le persone al suo interno era troppo alto.
No, quello che aveva intenzione di fare era tutt'altra cosa.
Voleva solo accenderli, come se fossero dei fiammiferi, per poi farli bruciare lentamente.
In tal modo avrebbe potuto dar fuoco alla vegetazione intorno al mulino che in molte aree era pure sufficientemente secca.
Ciò gli avrebbe consentito non solo di stanare le persone all'interno della costruzione, ma anche di avere per sé la copertura necessaria a farle fuori.
Senza il rischio di richiamare l'attenzione della polizia locale come invece sarebbe stato probabile se avesse fatto saltare l'intero mulino a vento.
E poi lui voleva che loro uscissero fuori con il bottino, altrimenti come avrebbe fatto a impadronirsene?
No, doveva avere il tempo necessario ad agire e l'incendio rappresentava senza dubbio la soluzione migliore.
Nel caos generato dal fuoco avrebbe potuto muoversi indisturbato.
Convinto del suo piano, senza indugiare oltre, si mosse rapido piazzando i cubetti di C-4 nei punti strategici, tutto intorno alla costruzione.
Di volta in volta, con l'accendino, dava l'avvio al plastico, in modo che il calore e il fuoco iniziassero lentamente a fare il loro dovere.
Si tesse comunque per sé un piccolo quadratino di esplosivo.
Non si sa mai.
Se fosse stato proprio necessario avrebbe potuto lanciarlo all'interno del mulino, in modo da appiccare il fuoco anche alla porta di legno e perché no, pure al pavimento.
Ma questo solo in caso di estrema necessità.
Solo se qualcosa fosse andato storto.
Finito il lavoro, ritornò veloce al riparo del muro di mattoni.
Tirò fuori la pistola e si mise in posizione.
In attesa.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top