CAPITOLO 35
35
Il pozzo pareva essere molto profondo.
Là sotto non può certo esserci nulla che faccia al caso nostro, ragionò a bassa voce Gonella mentre con lo sguardo cercava di penetrare quell'antro buio.
Per far ciò dovette però appoggiare le mani al bordo di pietra in modo da riuscire a sporgere la testa verso l'interno.
Nulla.
Solo un gran nero e un leggero sciabordio d'acqua che gli giunse alle orecchie. Le sue mani, per la tensione, si strinsero al bordo interno scivolando verso il basso.
In quel momento sentì qualcosa, come una rientranza tonda, un po' sotto il margine.
Spostò allora il braccio in avanti in modo da arrivare con l'indice della mano destra esattamente al centro di quello che sembrava un piccolo foro, nascosto alla vista.
Cercò di capire di cosa si trattasse.
E se fosse ...
Spinto dalla curiosità e da una strana sensazione decise di spingere il dito verso l'interno. Percepì allora una specie di bottone, come un meccanismo.
Lo schiacciò.
Si udì un leggero click.
«Cosa è stato?» domandò Gonella ritraendosi dal pozzo e voltandosi veloce verso Ravizza
Lui era in ginocchio, di fronte alla lastra di pietra.
Sorrideva.
«Credo che tu abbia appena trovato il nascondiglio della chiave» gli rispose con voce rotta dall'emozione mentre i suoi occhi venivano calamitati dalla base di legno su cui poggiava la lastra della tomba.
Una piccola porzione, simile a un cassetto, pareva leggermente discosta.
***
«Sss» le sussurrò Lapo mettendosi un dito sulle labbra mentre una rabbia furente gli ribolliva nelle vene «Sono là dentro. Aspettiamo un attimo prima di entrare.»
«Chi? Chi c'è là dentro?» domandò Isabel.
Appoggiata alla parete dietro Lapo non riusciva a vedere nulla.
«I nostri amici di Villa Francesca» le rispose lui con un smorfia di disgusto «quei traditori che hanno cercato di farmi fuori dopo che ho trovato la pergamena.»
«E come diavolo hanno fatto ad arrivare qui prima di noi? E a sapere esattamente cosa fare? La pergamena ce l'ha presa il tizio che ci inseguiva in macchina, se non mi ricordo male.»
«Belle domande. E c'è solo una spiegazione a tutto questo. Quei figli di puttana sono in combutta con quei bastardi della Loggia. Solo in questo modo si spiega la loro presenza qui. Qualcuno deve aver decifrato il messaggio e poi li ha avvertiti. Ecco perché a Livorno non hanno mosso un dito quando hanno visto che ci sparavano addosso. Speravano che i loro amici facessero il lavoro al posto loro.»
«E ci sono riusciti a quanto pare.»
«Già.»
«Di bene in meglio, insomma. Per cui immagino anche che non siano soli qui al Compendio. Ci deve essere anche qualcun altro che controlla i loro movimenti e i loro progressi. Qualcuno che copre loro le spalle, insomma.»
«Sono d'accordo. Il che vuol dire che dobbiamo stare ancora più attenti.»
«Quindi non credi che sia meglio entrare adesso? Sai comincio a essere un tantino nervosa.»
«Sì, direi proprio che è giunto il momento. Forza, seguimi.»
Cercando di fare il meno rumore possibile entrarono in silenzio all'interno dell'edificio.
Lapo per primo, la pistola puntata in avanti.
Isabel dietro di lui.
***
Ravizza udì qualcosa provenire dal fondo della stalla, come un frusciare leggero di passi.
Si alzò di scatto girandosi indietro e vide la canna di una pistola avvicinarsi sempre di più.
Puntata su di lui.
Subito dopo notò il ghigno sardonico sul volto di Lapo Colonna.
«Direi che la situazione si è decisamente ribaltata dall'ultima volta» sibilò lui a denti stretti arrivando a circa un metro di distanza prima di fermarsi. «In ginocchio e mani dietro la schiena.»
Ravizza fece come gli era stato ordinato.
«Vuole ucciderci?» domandò cercando di ostentare un minino di spavalderia e di amor proprio.
Gonella, intanto, si era già messo in ginocchio di sua spontanea volontà, tremando visibilmente.
«La tentazione è molto forte, mi creda» gli rispose Lapo guardando il Conte diritto negli occhi «ma ci sono cose più importanti prima.»
Poi si rivolse a Isabel. «Perquisiscili tutti e due, non si sa mai.»
Lei si mosse controllando prima da Gonella e poi Ravizza.
«Ecco qua» disse infine con un sorriso mostrando una pistola «il nostro amico è venuto attrezzato di tutto punto a quanto pare.»
«Lo immaginavo. Prendila tu, ho idea che ci servirà tra non molto.»
Quindi si rivolse di nuovo a Ravizza che lo stava squadrando con una smorfia di rabbia mista a disgusto.
«Avrebbe dovuto farmi fuori a Livorno quando ne ha avuto occasione» gli disse con un sibilo. «Lei ha tradito tutto quello in cui credeva. Perché?»
«Non ha importanza. E non sono affari suoi.»
«Ha ragione, non sono affari miei. Ma il diario di Garibaldi, sì. E ho intenzione di recuperarlo prima che qualcun altro decida che appartiene a lui. Quindi, adesso, voi mi direte se avete trovato la chiave oppure no. Oltre ovviamente, in caso positivo, al luogo dove si nasconde. E niente scherzi. O non uscirete vivi da qua dentro.»
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