CAPITOLO 32
32
Antonio Ravizza fermò la macchina nel piccolo parcheggio a pochi metri dall'ingresso della stradina sterrata che conduceva all'interno dell'area protetta del Compendio.
Scese di macchina e si sgranchì le gambe.
Gonella fece altrettanto, cercando di respirare l'aria fresca come se questo potesse bastare a fargli ritrovare un po' di calma.
Si sentiva nervoso.
Guardò l'orologio. Le una e un quarto. Erano in perfetto orario.
Intorno a loro solo un paio di macchine.
«Mangiamo qualcosa?» domandò Ravizza con un sorriso vedendo l'insegna del BAR proprio di fronte.
Gonella scosse la testa. «Non ho fame, grazie. Senti, perché invece non finiamo questa storia, Antonio? Magari cercando di fare il prima possibile? Non mi sento tranquillo.»
«Rilassati, ci siamo solo noi, qui. Vedi?» indicò il parcheggio semivuoto «E poi abbiamo tutto il giorno a disposizione. Dieci minuti in più non faranno certo la differenza.»
Achille alzò le spalle. «Come vuoi.»
«Torno subito allora. Tu aspettami all'inizio del sentiero così poi potremo incamminarci.»
Gonella si mosse piano. Faticava quasi a mettere un piede dietro l'altro, tanto era teso. Il cuore batteva così forte che poteva perfino sentirlo e non era una bella sensazione.
Anzi, gli dava quasi fastidio.
In più non riusciva a scrollarsi di dosso l'idea che, per loro, tutta quella storia sarebbe finita molto male.
Devo calmarmi, mormorò piano scuotendo la testa e cercando di focalizzare l'attenzione sul meraviglioso panorama che lo circondava.
Ma fu tutto inutile.
Due minuti dopo Ravizza lo raggiunse con in mano un paio di panini.
«Non ho trovato di meglio, mi dispiace.»
«Non importa.»
«Dai metti qualcosa sotto i denti. Non hai toccato cibo da ieri sera, finirai per svenire.»
«Te l'ho detto, non ho fame.»
«D'accordo, d'accordo» Ravizza alzò le spalle addentando il suo pranzo. «Buonissimo. Dai allora muoviamoci. Il museo non è lontano.»
***
L'uomo li vide quando erano quasi spariti dietro la curva dello sterrato che conduceva al Compendio.
Parcheggiò lentamente e scese dalla macchina.
Fuori respirò a pieni polmoni l'aria frizzante, beandosi al contempo dei caldi raggi del sole. Era soddisfatto di come stavano andando le cose.
Nessuno lo aveva notato.
Dopo aver attraversato il ponte che collegava le due isole, infatti, aveva deciso di diminuire la velocità, facendo aumentare la distanza che lo separava dalla vettura che stava seguendo.
Sull'isola di Caprera non c'era praticamente traffico e le macchine in circolazione era molto poche.
Il rischio di destare sospetti era diventato troppo alto.
E poi, giunti a quel punto, sapeva benissimo quale fosse la destinazione di quei due.
Non avrebbe potuto perderli nemmeno se avesse voluto, per cui li aveva lasciati procedere.
Giunto poi in prossimità del parcheggio, aveva atteso ancora qualche minuto prima di fermarsi, osservando con attenzione tutta la zona circostante valutando sia le eventuali vie di fuga che la presenza di estranei.
Cautela, si era detto tanto non possono andare da nessun'altra parte, oramai.
Quando aveva giudicato fosse il momento giusto era sceso dalla macchina.
Adesso, con un sorriso sulle labbra, era in piedi nel parcheggio, osservando con un certo languorino la scritta BAR di fronte a dove aveva parcheggiato.
Perché no, pensò guardando l'insegna in fondo è ora di pranzo.
Prima di muoversi però decise di inviare un S.M.S.
Meglio avvertire dei progressi , non si sa mai.
Fatto questo, mise via il telefono e si concesse un succulento panino e una birra fresca.
Buonissimo, pensò toccandosi la pancia.
Poi guardò l'orologio. Le due e un quarto.
Ho ancora tempo, mormorò con aria tranquilla.
Avrebbe avuto tutto il resto del pomeriggio per mettere in atto il suo piano.
Con la pancia piena e rinvigorito dall'idea di realizzare qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita per sempre, imboccò il selciato inoltrandosi in silenzio nell'area protetta.
***
«Antonio!» Loris gli si fece incontro abbracciandolo con calore. «Quanto tempo è passato.»
«Ti avevo avvertito che sarei arrivato, no?» rispose Ravizza con un sorriso ricambiando l'abbraccio del suo vecchio amico.
«Sì, ma quando mi hai chiamato non pensavo che fossi già qua.»
«In effetti sono partito in tutta fretta ieri notte e non ho avuto modo di fartelo sapere prima.»
«Perché è successo qualcosa?»
«E' complicato. Senti, non è che avresti un attimo per parlare? Magari in un luogo un po' più appartato?»
«Sì, certo, ma .. non capisco.»
«Tranquillo è solo che si tratta di una faccenda diciamo.. privata, e non vorrei che qualcuno ci ascoltasse. Se intendi quello che voglio dire.»
«Certo. Va bene. Venite con me.»
Lo seguirono in una stanza attigua a quella adibita a biglietteria all'interno della casa-museo di Garibaldi, un piccolo edifico adiacente alle tombe della famiglia del Generale.
«Qua non ci disturberà nessuno» esordì Loris guardando Ravizza. «Possiamo parlare in tutta tranquillità anche se, come avrete notato, in questo periodo non posso certo dire che siamo pieni di visitatori.»
«E' perfetto, grazie. A proposito non ti ho ancora presentato il mio amico, abbi pazienza.»
«Achille Gonella» intervenne lui con voce tesa «Antonio mi ha parlato molto di lei.»
«Spero solo cose buone» rise lui porgendogli la mano. «E' un piacere, davvero. Gli amici di Antonio sono anche i miei. A proposito ... Gonella, Gonella, mi dice qualcosa questo nome... Non è che per caso lei è parente di Clelia Gonella?»
«In effetti sono il nipote.»
«Lo immaginavo! Quindi è lei la persona che vive a Villa Francesca, giusto? Come Antonio del resto.»
«Proprio così.»
«Loris, ascolta» intervenne Ravizza con una certa apprensione «so che tutto questo ti sembrerà strano, ma abbiamo bisogno di un grande favore. Non sarei qui se non fosse importante. Adesso non posso entrare nel dettaglio, ma tu sai quanto io sia sempre stato legato alla famiglia Garibaldi e ai suoi cimeli, no?»
«Certo, ma cosa c'entra tutto questo? Non riesco a seguirti.»
«Te la faccio breve. Abbiamo ragione di credere che all'interno del vecchio mulino dietro la residenza si nasconda un diario, un memoriale scritto da Garibaldi in persona.»
«Che cosa? Là dentro? No, non può essere. Non è mai stato trovato niente del genere fino a ora.»
«Credimi, è la verità. E' stato occultato là sotto, chiuso da qualche parte. E serve anche una chiave per aprire ciò che lo contiene.»
«E voi ce l'avete questa chiave?»
«No. Siamo qui per cercare anche quella.»
«Ah sì? E dove sarebbe?»
«Dovrebbe essere in qualche scomparto segreto all'interno della tomba della cavalla Marsala.»
Loris scosse la testa mettendosi a sedere. «Continuo a non seguirti» disse con un leggero sorriso. «Tutto questo ha dell'incredibile» mormorò poi. «Se non ti conoscessi avrei già chiamato la polizia.»
«Lo so. Ed è per questo motivo che ti sto dicendo la verità, perché ti sono amico e non voglio mentirti. Ascolta, si tratta di una ricerca storica dal valore inestimabile, una ricerca che sta andando avanti da più di centocinquant'anni e che oggi potrebbe trovare, forse, il suo epilogo. Ma abbiamo bisogno di tutta la copertura possibile.»
«Tu sei sicuro di quello che mi stai raccontando? Sai che se dovesse succedere qualcosa io rischio il posto, vero?»
«Lo immagino. Ma è tutto vero, devi credermi. Tutto è successo quando, sotto al pavimento di Villa Francesca, abbiamo scoperto, per caso, una vecchia pergamena scritta di pugno da Garibaldi.
Non mi voglio dilungare troppo, ma sta di fatto che in essa il Generale aveva redatto un messaggio cifrato che alla fine ci ha condotto qui, a Caprera.»
«E voi l'avete questa pergamena?»
«Sfortunatamente no. Ci è stata rubata poco dopo. Fortuna che avevamo fatto in tempo a decrittarne il contenuto.»
Non era proprio la verità, ma in quel momento Ravizza pensò che alcuni particolari era meglio tenerli per sé.
«E cosa dice questo messaggio?» domandò Loris sempre più attonito di fronte alle parole di Ravizza.
«Usa la chiave custodita dalla cavalla e apri il tuo cuore all'interno del mulino. Ecco, adesso sai tutto.»
Loris sospirò.
Non era convinto che quella fosse esattamente la verità e il fatto che qualcuno si fosse impossessato di quel documento lasciava aperti una serie di dubbi e di domande che avrebbe voluto porre al suo vecchio amico, ma alla fine decise di soprassedere.
Meno dettagli conosceva di quella assurda storia, e meglio era.
Sentiva che coinvolgersi più di tanto sarebbe stato un errore.
«Va bene Antonio» disse quindi alzandosi in piedi «non voglio sapere altro. Il museo chiude alle tre e mezza in questo periodo. Avete il mio permesso per fare ciò che deve essere fatto.»
«Grazie, sei veramente un amico» gli rispose Ravizza mettendogli una mano sulla spalla. «Troverò il modo di ricompensarti, vedrai.»
«Non ti preoccupare. Non ho bisogno di nulla, davvero. E mi fa piacere aiutare un amico. Solo una cosa però.»
«Sì?»
«Noi non ci siamo mai visti e tu non mi hai mai detto niente. Ti lascio campo libero, ma non voglio essere coinvolto, okay? Di qualsiasi cosa si tratti. Ho la tua parola?»
«Hai la mia parola.»
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