CAPITOLO 29

29

Il volo della Ryanair per Olbia era decollato da poco meno di dieci minuti. Stando agli orari sarebbe atterrato all'incirca alle una di pomeriggio, ragion per cui, tra il noleggio dell'auto e il tragitto da percorrere, sarebbero potuti arrivare a Caprera intorno alle tre e mezzo.

Ancora in tempo per fare ciò che era necessario.

«Che ne dici se diamo un'occhiata a quel sito che hai scaricato prima del decollo?» domandò Isabel appoggiandosi al sedile dell'aereo.

Adesso si sentiva più rilassata.

In qualche contorta maniera, il sapere per cosa stavano rischiando la vita, l'aveva resa meno inquieta.

«Che mi sembra un'ottima idea» le rispose lui «dobbiamo essere preparati per quando arriveremo lì.»

«Dai accendi il telefono.»

Lapo prese il cellulare e cliccò sul link che aveva scaricato in home page mentre si trovava ancora in aeroporto proprio per poterlo poi leggere in modalità offline a bordo dell'aereo.

Per sicurezza aveva anche fatto il download della mappa dell'isola e delle sezioni in cui si vedevano gli edifici del Compendio Garibaldino.

Cominciò a leggere.

«.. L'isola di Caprera era di proprietà dello stesso Garibaldi. Egli ne acquistò, grazie all'eredità del fratello Felice, la metà settentrionale nel 1856, vivendo inizialmente in una tenda e poi in una casupola.

Anni dopo si fece costruire, nello stile delle fattorie sudamericane, una grande casa bianca.

Dieci anni più tardi, grazie a una colletta dei figli e di alcuni ammiratori, riuscì ad acquistare anche l'altra metà dell'isola fino a quel momento appartenuta a Richard ed Emma Collins, una famiglia inglese a lui molto legata.

Garibaldi aveva visitato Caprera la prima volta nel 1849, e da quel momento l'isola era divenuta per lui il luogo dove amava rifugiarsi tra un'impresa e l'altra.

Quando poi nel 1857 il suo cutter Emma, che usava abitualmente per i traffici marittimi tra la Francia, Genova e la Sardegna, naufragò a causa di una tempesta, Garibaldi decise di abbandonare la vita di mare per dedicarsi all'agricoltura.

E si trasferì a Caprera.

Qui vi rimase con la sua famiglia fino alla morte, avvenuta nel 1882.

Visse sull'isola per ventisei anni, occupandosi dei frutteti e della coltivazione dei campi, e avviando persino una propria azienda agricola.

Ai margini della fattoria piantò alberi d'alto fusto, tra cui alcuni pini ancora oggi sono visibili, come quello che troneggia al centro dello splendido giardino della villa e che fu piantato nel 1867 in onore della nascita della figlia Clelia.»

«Sembra interessante» commendò Isabel stirandosi la schiena «ma non si parlava anche di tutta la struttura del Compendio in quel sito?»

«Adesso ci arriviamo» le rispose lui con un sorriso.

E riprese a leggere.

«A Caprera Garibaldi non fece solo la vita da contadino. In quegli anni l'isola divenne meta di molti visitatori, misteriosi emissari e influenti personaggi del tempo. Rappresentanti di molti movimenti rivoluzionari europei, dai russi ai greci, agli ungheresi, ai polacchi, agli spagnoli visitarono il Generale chiedendo consigli e direttive. Nel 1861 ricevette perfino la visita del ministro degli esteri americano che gli offrì, per conto di Lincoln, il comando delle truppe confederate...»

«Lincoln?» esclamò Isabel colpita da quella notizia «non credevo che Garibaldi fosse così famoso. Chissà come sarebbe finita la guerra di secessione se lui avesse accettato» mormorò poi sinceramente ammirata dalla travagliata e avventurosa vita dell'eroe italiano. «Dai, continua a leggere.»

Lapo scrollò un po' di pagine sul cellulare fino a che non arrivò al punto in cui si descriveva la residenza di Garibaldi. «Ecco questo dovrebbe essere il punto che ci interessa.»

«La prima casa di Garibaldi fu di tre vani e venne costruita su un preesistente ovile restaurato a cui venne aggiunta successivamente la casupola in legno giunta smontata da Nizza e rimontata a Caprera.

Ancora oggi è esistente e si trova nella parte sud del cortile insieme agli altri edifici del Compendio: la stalla, il mulino privo delle pale, e un forno.

Poco distante da lì è collocato invece il monumentale busto marmoreo di Garibaldi, scolpito da Luigi Bistolfi nel 1883.

La grande Casa Bianca invece è un edificio realizzato in granito che si sviluppa su pianta quadrangolare con una successione di sale intercomunicanti tra di loro e disposte tutte intorno al vano centrale, dove si trova pure una scala che dà accesso alla terrazza.

Dal cortile centrale, un sentiero conduce poi verso il piccolo cimitero di famiglia. Qui si trova la tomba di Giuseppe Garibaldi, sotto un grande masso di granito dove è inciso il suo nome.

Vicino al sepolcro del generale hanno trovato sepoltura anche Francesca Armosino e i cinque figli.»

«Un momento, qui parla di dove si trova il mulino, ma non dice niente riguardo la tomba di Marsala. O mi sono persa qualcosa?»

«No, tranquilla. E' scritto poco più avanti. Ecco qua, guarda c'è anche una foto»

«Nella stalla adiacente alla residenza sono conservati molti dei suoi attrezzi, oltra a una macchina a vapore per mietere le granaglie, due selle portate dal sud America e la vasca da bagno, posta lì per sfruttare il calore emanato dagli animali.

In questo locale si trova anche la stele di sepoltura della sua cavalla Marsala con la quale arrivò a Palermo nel 1860.»

«Puoi farmi vedere l'immagine per favore?» gli domandò Isabel prendendo il cellulare.

«Se stai cercando di capire dove possa essere stata nascosta la chiave, guarda ti avverto che non si capisce un gran che.»

«Lo immaginavo, ma tentar non nuoce.»

«Oh no, solo che, da quello che vedo, la tomba è composta da una sola grande lastra di pietra. Sinceramente non ho proprio idea di dove possa essere stato creato un nascondiglio.»

«In effetti, non ci possono essere molte alternative. Ragioniamo. O c'è un qualche scomparto segreto, magari sotto la lastra, oppure esiste un meccanismo che apre qualcosa. E non è detto che sia direttamente sulla tomba.»

«Insomma stai dicendo che è una specie di salto nel buio?»

«Potrebbe esserlo, sì. Di qualunque cosa si tratti, è stato così ben occultato che anche dopo tutti questi anni nessuno è riuscito a scovarlo. Non sarà facile.»

«E' questo che mi preoccupa. E non so nemmeno quanto tempo avremo prima di incontrare difficoltà, se intendi quello che voglio dire.»

«Direi di sì»

«Ma c'è anche un'altra cosa. Una volta che saremo lì, cosa diremo per poter agire indisturbati? Ho letto che tutto il compendio è stato trasformato in un enorme museo.

Non possiamo certo andare in giro affermando che stiamo cercando un antico diario di Garibaldi sepolto dentro il mulino, né tantomeno metterci a dissotterrare il cadavere di un cavallo solo per aprire una vecchia tomba.»

«Non lo so, Lapo» rispose lei scuotendo la testa «ci inventeremo qualcosa non appena arrivati.»

«Va bene. Dopotutto che scelte abbiamo?»

Isabel scosse la testa. «Nessuna, a meno che qualcun altro non lo abbia già fatto per noi.»

«Che intendi dire?»

«Niente, stavo solo ragionando, lascia stare.»

Quindi restituì a Lapo il telefono.

Lui lo prese e lo spense riflettendo in silenzio sulle ultime parole di Isabel. Aveva intuito cosa lei gli volesse dire, ma la cosa non gli piaceva per niente.

Si sentiva agitato.

Volse allora lo sguardo in direzione dell'oblò dell'aereo, cercando, come gli accadeva spesso, un po' di sicurezza nell'immenso azzurro del cielo.

Sotto di loro, intanto, circondata dall'inconfondibile colore blu del mare si stava profilando la sagoma della Sardegna.

Fece un profondo respiro.

Quindi si voltò verso Isabel. «Ci siamo quasi» le sussurrò allacciandosi la cintura «è giunto il momento di scoprire cosa ci attende.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top