CAPITOLO 27

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«Lapo, è un piacere rivederti» esclamò David Pierce mentre il suo volto sorridente riempiva tutto lo schermo del telefono.

«Lo stesso per me.»

«A proposito, chi è quella donna affascinante seduta accanto a te?

Non ho ancora avuto il piacere di conoscerla.»

«Isabel Garcia» si presentò lei mentre il suo sguardo veniva inevitabilmente calamitato dall'abbigliamento sgargiante di quel professore e dal suo foulard azzurro.

«Incantato» le rispose Pierce con i suoi soliti modi galanti «ma, se mi permette, mi sento in dovere di metterla subito in guardia sulle amicizie. Questi due» proseguì con un sorriso sardonico indicando i volti di Lapo e Rosa «non portano quasi mai niente di buono, se lo ricordi.»

Isabel abbozzò una smorfia. «Oh, se è per quello me ne sono già resa conto, non si preoccupi.»

«Se abbiamo finito con i convenevoli» intervenne Rosa troncando quella discussione che non avrebbe condotto da nessuna parte «ci attende del lavoro urgente. David hai notizie su quella pergamena?»

«Direi di sì. Ci ho lavorato tutta la notte ma alla fine sono riuscito a decifrare l'enigma.»

«Non è stato così difficile allora.»

«Il cifrario in sé per sé direi di no. Dove ho perso tempo è stato nel ricercare informazioni sulla vita di Garibaldi.

Per riuscire a individuare la chiave primaria da inserire nella griglia.»

«La chiave?»

«Sì, quella che è collegata alla figura del cavallo disegnato e senza la quale non sarebbe possibile decifrare il codice.»

«Potresti essere un po' più chiaro?»

«Sì, certo adesso vi spiego tutto. Partiamo però dall'inizio, okay?»

«Ovvero?»

«Dal tipo di codice che è stato usato. Come al solito è bene avere il quadro completo della situazione.»

«Va' avanti»

«Bene. In questo caso ci troviamo di fronte al cifrario bifido di Delastelle. Si tratta di un cifrario di tipo poligrafico, come ne ce sono diversi in effetti, inventato da Félix-Marie Delastelle nel XIX secolo. La sua particolarità sta nel fatto che si basa sì su una matrice 5x5, tipo quella usata per la prima volta nella scacchiera di Polibio o nel cifrario Playfair, ma con degli accorgimenti in più che lo rendono leggermente più complicato. Cercherò di spiegarmi al meglio.

Per cifrare un messaggio dobbiamo muoverci attraverso tre fasi principali, partendo ovviamente da ciò che si vuole nascondere.

La prima cosa da fare è quella di prendere il messaggio in chiaro e dividerlo in blocchi di cinque caratteri ciascuno. Se l'ultimo blocco non è esattamente di cinque, gli ultimi posti possono essere riempiti con delle X.

Nella seconda fase ogni lettera del blocco viene cifrata con due cifre e cioè con l'indice della riga e l'indice della colonna della griglia.

Le lettere ottenute vengono poi trascritte in verticale sotto la lettera chiara. Nella terza e ultima fase le cifre ottenute in precedenza vengono ricopiate in orizzontale riga dopo riga ottenendo così un messaggio con un numero di cifre doppio dell'originale.

A questo punto ogni coppia di numeri viene ritrasformata in lettera sempre seguendo le regole della matrice.

Ne risulta così il messaggio cifrato finale.

Quello che per voi è rappresentato dalle lettere in ordine sparso in cima alla pergamena.»

«Io non sono riuscita a seguirti» disse Rosa con aria interrogativa.

«Nemmeno io» intervenne Lapo. «Credo che senza un esempio non riusciremo a capire molto di quello che ci hai appena detto» concluse.

«Si, Lapo ha ragione David. Non è che riusciresti a farci qualche esempio concreto?»

«Ovviamente sì. Era mai intenzione farlo, ma prima devo parlarvi della funziona della griglia.»

***

Scesi dal traghetto Ravizza e Gonella noleggiarono una macchina poco fuori del porto.

Erano le nove e mezza di mattina. Il sole era alto e la giornata si preannunciava limpida e serena. Tirava solo un leggero vento, tipico del clima insulare. Ma non avevano tempo di osservare il panorama o ammirare le bellezze naturalistiche della Sardegna.

Dovevano raggiungere Caprera.

Montarono quindi su una Golf bianca ultimo modello e s'immisero sulla statale SS125, quella che portava fuori dal porto, muovendosi in direzione di Cabu Abbas, Arzachena e Palau.

Se non avessero trovato traffico sarebbero giunti al Compendio Garibaldino all'incirca verso l'ora di pranzo, considerando anche il tempo del nuovo imbarco al traghetto presso Palau, necessario per raggiungere l'isola della Maddalena.

Ravizza era euforico.

Aprì il finestrino e assaporò l'aria fresca proveniente dal mare, mentre la macchina proseguiva veloce lungo la statale.

Gonella invece se ne stava in silenzio, osservando lo scorrere del panorama, assorto nei suoi foschi pensieri.

***

L'uomo al volante era proprio dietro di loro, intenzionato a non perderli di vista.

Che colpo di fortuna, pensò poi mentre cercava di mantenere la giusta distanza.

Le cose per lui si stavano mettendo decisamente bene.

Ripensò a poche ore prima, a quando aveva ricevuto la telefonata dai capi della Loggia, telefonata che sinceramente non si sarebbe aspettato così presto.

Devi partire subito per la Sardegna, le aveva detto una voce di al telefono. Prendi il primo traghetto disponibile in partenza da Livorno. Riceverai ulteriori istruzioni strada facendo.

Nient'altro.

E lui come sempre non aveva fatto domande limitandosi a prendere atto delle istruzioni e a fare esattamente ciò gli era stato ordinato.

Fortuna che si trovava ancora nei pressi del porto.

Chiusa la chiamata si era quindi recato alla biglietteria automatica e aveva acquistato, in contanti, un biglietto per Olbia.

Il traghetto sarebbe partito da lì a un'ora.

Montato a bordo con la macchina, era poi salito in coperta, deciso a trascorrere la nottata all'aperto per schiarirsi le idee.

E qui, diverse ore dopo, il colpo di fortuna o, per meglio dire, lo zampino del destino.

Mentre se ne stava al parapetto osservando le stelle e il nero del mare, aveva sentito delle voci non molto lontane, di qualcuno che, come lui, non riusciva a dormire.

Incuriosito si era voltato e aveva subito riconosciuto i due tizi che avevano piantonato l'ingresso di Villa Francesca poco prima che si scatenasse l'inferno, gli stessi che volevano mettere le mani su quell'agente italiano.

In quel momento un sacco di domande gli erano passate per la mente, mentre, poco discosto, cercava di intuire il senso della loro conversazione.

Che diavolo ci facevano a bordo? Come avevano fatto anche loro a sapere della Sardegna? Chi li aveva mandati?

Il rumore del vento e lo sciabordio del mare però non gli avevano permesso di captare se non poche e distorte parole, inutili per ricostruire un minimo di senso logico.

Per cui, per non destare ulteriori sospetti, si era allontanato dal parapetto rientrando all'interno della nave.

Qua, seduto in una delle tante poltrone del salotto principale, con un caffè caldo in mano, aveva preso il telefono e informato chi di dovere.

Ma la cosa strana era che non aveva ricevuto informazioni utili al riguardo.

Anzi, a giudicare dalla voce all'altro capo del telefono, sembrava quasi che il suo stesso interlocutore non ne sapesse niente di quella storia e che ne fosse addirittura sbalordito tanto quanto lui.

Che fare?

La tentazione di sentire ciò di cui stavano parlando era molto forte, ma dall'altra parte gli era stato ordinato di non fare cazzate.

Doveva solo mettersi alla costole di quei due e seguirli fin dove sarebbero andati, nella speranza che questo potesse fornire alla Loggia l'occasione per scoprire qualcosa di più sulla loro presenza in Sardegna e su chi li aveva informati della destinazione.

In ballo c'era molto di più di una semplice promozione.

Perché era chiaro che qualcuno stava facendo il doppio gioco.

L'aveva capito lui e sicuramente l'avevano intuito anche i suoi capi.

E questo poteva significare solo una cosa: che all'interno della Loggia si celava una talpa e lui non aveva nessuna intenzione di farsi coinvolgere in un gioco dal quale avrebbe solo ottenuto di bruciarsi.

Non erano affari suoi.

Non gli erano mai interessati gli intrighi di potere, o le faccende politiche e non avrebbe iniziato adesso.

Lui aveva sempre e solo pensato a se stesso. E voleva continuare a farlo.

Quell'inaspettato imprevisto poteva giocare a suo favore se però avesse mantenuto la calma e rispettato le regole.

Gli era stato detto di seguire quegli uomini?

Bene, era ciò che avrebbe fatto.

Doveva comunicare ogni eventuale sviluppo di quella storia?

Perfetto.

Tutto qua.

Non avrebbe messo in atto nulla di più fino a che la situazione non fosse precipitata o fino a che non gli fosse stato ordinato diversamente.

Fece un profondo respiro, tornando a osservare la macchina ormai a poche centinaia di metri in avanti.

La cosa positiva era che nessuno di quei due uomini sospettava di essere seguito e ciò rappresentava il suo asso nella manica.

Se avesse agito bene questo nuovo aspetto avrebbe senza dubbio facilitato il suo compito, di qualunque cosa si trattasse.

Aprì il finestrino.

Voleva assaporare l'aria fresca e sentire il vento che gli accarezzava il volto.

Dopo qualche minuto però lo richiuse.

Stavolta riuscirò a ottenere ciò che mi spetta, ragionò a denti stretti stringendo il volante, mentre sul suo volto si dipingeva un ghigno che non preannunciava niente di buono.

Schiacciò sull'acceleratore.

Sulla statale non c'era molto traffico a quell'ora di mattina, ma lui non voleva rischiare di perdere di vista quella vettura che, ignara di tutto, procedeva spedita immersa nella macchia mediterranea.

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