Capitolo Ventotto

Yag

Passò quasi un anno da quando avevo riacquistato la vista.
In tutto il deserto vennero costruite delle case diroccate usate dai demoni come dimore, alcuni dei miei  fratelli ritornarono in superficie e altri ancora si insinuarono nei gironi infernali.

Le varie cerchie della fustigazione a quel tempo erano solo abbozzate, situate nelle profondità del terreno sabbioso, sospese le une dalle altre in una confusa spirale di terrore.

Oltre ai demoni erano presenti delle anime dannate con le quali molti dei miei simili, si divertivano a torturare.
Avevano ancora sembianze umane ma il loro corpo aveva assunto uno stato gassoso.

Lucifero stava costruendo il suo castello e numerosi immortali fidati tra cui Indivia, crearono le loro abitazioni distanti qualche kilometro dal nostro Dio.

Ero qui disteso sulle dune ad ammirare il sole calante. All'improvviso questo stato apparente di quiete, venne interrotto da un animale che si era messo a strisciare attorno alla mia figura.

Prontamente mi alzai saltando all'indietro per un paio di metri,
trovandomi faccia a faccia con un enorme serpente in procinto a un eventuale attacco.

Immediatamente chiamai i cuccioli più piccoli dei miei insetti, li feci uscire dal mio corpo e gli diedi l'ordine di colpire il grosso rettile.

Il biscione tentò di scacciarli con la sua enorme e viscida coda, ma gli animaletti volanti erano talmente tanti da circondarlo e pungerlo tutti assieme.
Il serpente cadde completamente inerme.

«Guarda cos'hai fatto al mio piccino» affermò Veria con un balzo. Il demone prese il suo animale domestico e lo mise nella sua capiente borsa.
«Non fare una sceneggiata, te l'ho solo stordito. Voglio ricordarti che sei stata tu ad attaccarmi.»

Veria mi fece la linguaccia «Volevo testate i tuoi riflessi, promosso a pieni voti» la giovane alzò il pollice in su per aver superato senza problemi la situazione che si era creata.

«Lo potevi fare benissimo dopo, invece di lasciarmi indietro con la cena» protestò Digris portandosi sulle spalle un demone di infimo livello con la testa fracassata.

«Oggi ci va di lusso, guardate quanto è grosso» affermai.
Veria mi fece l'occhiolino «Tutto merito di Digris, l'ha trovato lui e l'ha ucciso prima che potessi alzare un dito.»
«Sì e me l'hai pure fatto portare da solo» replicò Digris seccato.
Veria scosse la mano sinistra «Mamma mia che demone brontolone. Fatti dare qualcosa da Sirmori per questo brutto carattere» si giustificò Veria.
«A proposito di Sirmori, non è ancora tornato?» domandò Digris nei miei confronti.

Scossi la testa con dissenso «No, doveva andare a fare delle commissioni vicino al castello ma non è rincasato.»
«È meglio andarlo a cercare magari gli è successo qualcosa, in questo periodo alcuni demoni tra cui quell'imbecille di Prostu, stanno seminando odio contro il prossimo e nei confronti degli angeli come se non ci fosse un domani. Lucifero in merito non fa quasi nulla per fermarli. Se andiamo avanti così, arriveremo ad attaccarci a vicenda per chi respira dell'aria in più» affermò Veria inviperita.

«Ma dove lasciamo la cena? qualcuno potrebbe rubarcela» chiese Digris.
Il demone ormai stanco di portarsi tutto quel fardello, aveva lasciato la cena per terra nella sabbia.

«Oh non vi preoccupate Squama lo proteggerà per noi» affermò Veria in adorazione.
Io e Digris la guardammo male.
«È più facile che sia lui a papparci la nostra cena. Quel serpente enorme e nero che hai il coraggio di tenerlo nella tua casa, è la cosa più disgustosa che abbia mai visto. Con quegli occhi gialli mette i brividi, sembra la coppia sputata di Lucifero.»

Digris scoppiò a ridere e Veria mi mandò stilettate velenose.
«Squama è come un cane fedele, se gli ordino di non mangiarlo lui mi ascolterà al 100%. Poi da che pulpito viene la predica, i tuoi insetti sono orripilanti con quelle zampe pelose» affermò Veria con espressione di superiorità.

«Dai Veria non prendertela, lasciamo la nostra provvista a Squama» rispose Digris con ancora le lacrime agli occhi.
Portammo il cibo nella casa diroccata di Veria, fatta di legno e corteccia estratta dai secchi alberi presenti all'inferno.

Aprimmo le nostre scure ali piumate e ci mettemmo in viaggio.
Dopo una ventina di minuti scendemmo nel villaggio vicino al castello di Lucifero, le case erano in pietra grezza e i tetti erano verdi, venivano intrecciate le foglie e i gambi del narciso, l'unico fiore che cresceva in questo posto.

Con questa tecnica si creavano delle tende che venivano posizionate all'entrata dell'abitazione, molti di essi lo utilizzavano al posto di una scricchiolante porta.

I candidi petali invece venivano macerati con l'acqua dell'unico fiume presente all'inferno, diventando un forte alcolico con cui sbronzarsi.

I pistilli venivano messi da parte per poi essere utilizzati come ingredienti per il piatto.
Dopo aver squamato il demone di infimo livello bisognava tagliarlo a pezzi. Le varie qualità della carne venivano inserite in un pentolone scaldato con i secchi brocchi di legno.

Arrivato a cottura, si aggiungevano i pistilli che dava un buon odore e colore dorato al piatto.
Il sapore della carne di demone era molto simile al maiale terrestre.

Le interiora venivano triturate per farci dei salumi da mangiare quasi subito, le temperature erano troppo alte per poter permettere una buona conservazione. Quello che non si trovava all'inferno veniva acquistato in superficie, c'era chi ne aveva fatto proprio un'attività redditizia.

In questo momento il vento era più violento del normale, la sabbia che entrava negli occhi era maggiore rispetto al solito.
Ci addentrammo nel fulcro del villaggio, dove alcuni demoni avevano ripreso la loro attività di commercianti che avevano anche in superficie.

Quando arrivammo al centro di quel piccolo posto, ci trovammo davanti una situazione di pericolo.
Che fosse il prossimo scoppio della sua ira?
Tutti i presenti erano terrorizzati per la paura di una nuova catastrofe, in mezzo a tutte le bancarelle al centro della piazza erano presenti: Teli il primo demone creato e Lucifero.

Poco più in là vicino al muro e con aria preoccupata era posizionato Sirmori.
Ci spostammo cautamente fino a raggiungere il dottore.
Quando ci vide avvicinarsi fece un cenno di andarcene via, il suo viso era tirato dalla tensione.
«Sfuggite dalla sua furia finché siete in tempo» disse il dottore a bassa voce.
«Figurati se ti lasciamo da solo con quel pazzoide in circolazione» rispose Veria.
«Che cosa sta succedendo?» domandai confuso.
«Stavo barattando della carne di demone inferiore, quando un paio di bancarelle in legno saltarono in aria e successe il pandemonio tra i due al centro della piazza» spiegò il dottore.

Mi girai nuovamente in direzione dei due protagonisti, Lucifero era a braccia conserte con sguardo omicida nei confronti del suo avversario, i suoi occhi da togliere l'anima erano di un giallo molto più intenso e chiaro, le sue zanne che uscivano fuori dalle labbra erano macchiate di sangue.

Al contrario Teli sembrava sconvolto e dal suo fisico zampillava moltissimo sangue, il suo respiro era ansante e dal polso sinistro mancava un pezzo di pelle.

«Non ti vergogni neanche po' di aver attaccato il tuo creatore da dietro alle spalle? Che gesto viscido» disse Satana con tono seccato.
Teli stava tremando dalla rabbia e stringeva talmente tanto le mani che le sue nocche diventarono bianche.
«Ho imparato dal migliore nel colpire alla spalle. Lo sai benissimo perché l'ho fatto» urlò Teli furente.

Lucifero aggrottò le scure sopracciglia «Ah già ti riferisci al fatto della morte di Aletta, era così che si chiamava la tua compagna?» affermò il nostro creatore, sfottendo platealmente il primo demone creato.

Il viso di Teli divenne più contratto, i suoi canini spuntarono in modo feroce dalle sue labbra sottili.
«Sai benissimo che non mi riferisco solo a lei. Come hai potuto farmi questo? dopo tutto quello che ho fatto per te? sto crescendo i tuoi figli come fossero i miei.»

Anche il viso di Lucifero cambiò rapidamente, divenne più pragmatico e serioso «Ho dovuto farlo per il bene di tutti, avete compiuto una cosa rivoltante, un atto ignobile privo di ogni morale persino da parte mia.»
«Sei l'ultimo che deve parlare, dopo quello che hai attuato a Monacre» affermò Teli scuro in volto e con il viso stanco.

Lucifero rivolse per pochi secondi gli occhi al crosta rossastra  proprio sopra alle nostre teste.
«Credo di aver già pagato abbastanza per ciò che ho compiuto quel giorno. Adesso dimmi dove sono finiti gli altri miei figli, se non vuoi fare la fine di Aletta naturalmente.»

Teli si morse le labbra facendole sanguinare, chi poteva biasimarlo? Satana stava facendo di tutto per farlo imbestialire.
«Trovarli per farci cosa? Ucciderli come hai fatto con Angelica? Perché solo questo sei solo bravo a fare» affermò Teli con parole prive di odio in questo momento, ma con tutta la verità che tutti noi demoni ci portavamo dentro.

Il viso di Lucifero divenne più feroce che mai l'intera comunità era impietrita dalla paura, anch'io come gli altri avevo tutti i muscoli paralizzati. Il Dio degli inferi emise un suono gutturale al limite dell'animalesco.

Teli prese fuoco un secondo divorato dalle fiamme, le sue grida riecheggiavano nelle orecchie di tutti. Lucifero si avventò su di lui, prendendolo a pugni e Teli cadde senza reagire.
Le mani del nostro Dio erano completamente sporche di sangue per tutto l'avambraccio, nessuno osava interromperlo per paura di finire come il nostro fratello.

Se persino per Teli era finito a terra come un sacco di patate, non osavo immaginarmi vedermi al suo posto, Lucifero mi avrebbe ucciso con molto meno.

Satana smise miracolosamente, si alzò da terra strofinandosi il polso sinistro sulla fronte per togliersi il lunghissimo ciuffo sudato dalla fronte. Ci guardava uno per uno, tutta la folla tremò impaurita aspettando il suo prossimo colpo di testa.

Ma alla fine parlò solamente «Questo è ciò che accade a chi osa tradirmi, non la morte come tutti voi state immaginando, ma un girone infernale per la vostra intera esistenza» sul suo viso si dipinse un ghigno maligno.

Un immortale completamente diverso rispetto a quello affianco ad Angelica, lo stesso che mi aveva spronato con Arasio.
Quel demone presente lì in mezzo alla folla, era il mostro più orribile che avessi mai visto.

Indivia fu la prima a chinarsi a quelle parole.
In successione come piccole tessere del domino i presenti copiarono quel gesto, finché anche le retrovie in cui ci trovavamo anche noi replicammo il medesimo comportamento.

L'unico che rimase in piedi fu il sottoscritto, Sirmori mi tirò il lembo della veste scura prima che lo sguardo di Lucifero si posasse su di me. A malincuore e per spirito di sopravvivenza mi inginocchiai e chinai la testa.

Satana appena fece il giro di tutta la piazza, materializzò delle lunghe catene nere, le quali avvolsero il collo del povero demone a terra in stato semi cosciente e si incamminò in direzione del suo castello.

Trascinando il corpo di Teli che tentava di divincolarsi dalla stretta delle catene ferendosi le mani.
Appena Lucifero fu talmente lontano da non vederlo più la folla si disperse. Io, Sirmori, Veria e Digris tornammo a piedi nel più completo silenzio per ciò che era appena accaduto.

Mangiammo tutti insieme ancora nel totale mutismo la nostra ricca cena, lasciando gli organi interni e le ossa a squama per aver fatto un ottimo lavoro e andammo tutti nella propria baracca.

Quella notte non dormii nel mio liso sacco di iuta, immaginando nella mia testa che la reazione di Lucifero durante la grande catastrofe fosse stata la stessa, se non maggiore rispetto a quella avuta in piazza.

La settimana successiva decidemmo di separarci di comune accordo, Digris andò a vivere nei gironi infernali.
L'immortale era contrario di trovare i figli dei due creatori e prendersi l'onere di educarli.

Quella settimana la passammo nel cercare informazioni sui discendenti di Satana, i pochi che avevano qualche indizio, ci dissero solo in modo generico dove si potessero trovare.

Partimmo per la superficie e appena arrivati nei pressi di Monacre ci incamminammo a Nord, Squama che aveva i sensi più sviluppati dei nostri ci fece strada.

Il viaggio fu faticoso anche per il fatto di moltissime scosse  e terremoti che ci accompagnavano ogni giorno. Riuscimmo ad arrivare al posto designato, era nei pressi di un piccolo villaggio in mezzo alle montagne che in un futuro molto prossimo si sarebbe chiamato Ada.

Il terreno era sdrucciolevole e lungo il cammino erano presenti moltissimi massi da superare, eravamo circondati da numerosi alberi tra cui vecchi pini e abeti incorniciavano il paesaggio.

L'aria fresca ci rigenerava in confronto al sole battente sopra le nostre teste.
Squama puntò in una deviazione fuori dalla piccola stradina, in mezzo a un tappeto di secchi aghi di pino e da folte erbacce.

Lo seguimmo senza esitazione. Ci avvicinavamo sempre di più a un fiume molto più piccolo rispetto a quello che c'era a Monacre. Squama attraversò la striscia d'acqua e noi invece bracciammo a nuoto raggiungendo l'altra sponda. Arrivati sulla terra ferma dovevamo scattare per stare al passo della bestiola, rischiando di scivolare più e più volte a causa dei fradici sandali.

Il ritmo della ricerca diventava più estenuante a causa dei fastidiosi aghi che si infilzavano nella morbida carne dei piedi. «Spero proprio che il tuo rettile Veria non si sia sbagliato, ci sta facendo fare un giro dell'oca, altrimenti posso farmi dei sandali nuovi con la sua pelle» affermai stanco di tutto quel viaggio.

La mia amica non ci diede peso alle mie parole, troppo concentrata su dove ci stesse portando il suo animaletto domestico.
Squama si girò indietro ci fece un gesto con la coda e sparì, poco dopo sentimmo delle grida.

Affrettammo il passo, davanti a noi in mezzo a tutto questo verde era presente una piccola grotta. Sirmori prese un rametto che era caduto, le estremità del pezzo di legno si contorsero fino a diventare una fiaccola, al centro nel suo interno era presente una fioca luce che illuminava in maniera tenue la cava struttura naturale.

Il dottore ci fece strada e ci addentrammo nella piccola grotta.
Il terreno fangoso inondava i miei sandali sporcandoli ulteriormente come se non fossero già in condizioni pietose. Arrivati alla fine della grotta, trovammo Squama ripiegato su se stesso, l'animale continuava ad aprire le fauci e a emettere sibili.

Poco lontano era presente una piccola tenda rudimentale fatta di tessuti strappati e da ceppi di legno.
Da dietro la traballante baracca usciva una piccola manina che continuava al lanciare pietre contro l'enorme serpente.
«Chi è là? fatti vedere» ordinò Veria alterata a causa di quello che stavano facendo al suo animaletto.

La piccola manina tremò e iniziò a scagliare i sassi in direzione di Veria.
«Non ti faremo niente, non siamo stati mandati da tuo padre. Teli in questo momento non può venirvi ad aiutare. Credete alle mie parole» affermò il dottore.
Da dietro la rudimentale dimora si sentirono dei singhiozzi soffocati e delle voci parlare a bassa voce.

Davanti a noi si trovò una situazione disastrosa. Spuntò una bimba dai capelli rossi unti e dalla pelle color porcellana, si stava asciugando le lacrime dalla faccia paffutella e sporca.
La sua tunica bianca era imbrattata di sangue già incrostato, i piedi neri e sudici di fango.

Poco dopo vidi un secondo giovane fanciullo simile alla sorella, con i capelli castano scuro e unti allo stesso modo.
Si trascinava sul terreno per raggiungere la sorella.
Il fango gli arrivava a metà busto, sporcandogli la fasciatura che gli giungeva fino alla coscia.

Finalmente li avevamo trovati, tutti e due trasmettevano dai loro occhi azzurri molto simili a quelli della madre, paura e smarrimento.

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