Capitolo Ventisette
Arasio
Tornati in paradiso, vidi con i miei stessi occhi proprio come aveva detto Tab, come gli angeli si erano mossi per ricominciare da capo.
Dopo le mie settimane di assenza, notai che molti palazzi erano stati innalzati e plasmati attraverso una sostanza gassosa.
Al tatto era molto simile alla morbidezza delle nuvole, ma con un colore tendente all'azzurro e con riflessi violacei che mutavano di diverse sfumature al solo tocco dei timidi raggi solari.
Più in alto sopra alle nostre teste invece fluttuavano delle case galleggianti, erano composte con lo stesso materiale di tutto ciò che ci stava attorno, alcune dimore erano fissate con una lunga ancora, la quale era infilzata nel prato di nuvole.
Ci inoltrammo in mezzo a una stretta via con dei piccoli palazzi che ne delimitavano il passaggio.
Svoltammo trovandoci davanti a un'enorme piazza, al centro era presente un'imponente fontana costruita con piccoli mattoncini dalle tinte bianco avorio.
Il getto dello spruzzino principale fuoriusciva in grande quantità, molto simile a un flusso di una cascata.
Barbara un giovane angelo che avrà avuto pressappoco tredici anni umani, era seduta sulla struttura circolare.
L'immortale dai lunghi codini biondi, congiunse a forma di cerchio l'indice e il pollice proprio davanti alla sua bocca e ci soffiò al suo interno.
Dalle dita emerse una testa gassosa trasparente, all'inizio il muso della creatura presentava diverse malformazioni ma più l'angelo soffiava, maggiormente il soggetto veniva definito fino a diventare la testa di un equino.
La giovane continuò con la sua creazione passando al busto, subito dopo si dedicò alle zampe anteriori e a quelle posteriori, finendo con una lunga la coda.
Barbara era stremata nel terminare l'equino, respirando a pieni polmoni e con il volto scarlatto intrinseco di sudore.
Il cavallo era molto simile a quelli presenti nelle stalle di Tab, quando ancora il mondo apparteneva a noi immortali.
L'animale aveva il manto azzurro dalle sfumature trasparenti, la criniera e la coda assumevano una colorazione molto simile al cielo notturno di Monacre.
Trotterellava in maniera scoordinata, scivolando ripetutamente per terra.
«Ma com'è possibile?» affermai a bocca aperta.
Sapevo in maniera astratta che anche gli altri avevano risvegliato delle abilità, ma questa era completamente diversa dalla mia.
«Ne sono successe molte di cose da quando sei ritornato a Monacre. Qui tutti hanno scoperto di avere un potere, l'uno diverso dall'altro. Barbara è in grado di creare dei cavalli simili a quelli sulla terra, altri ancora riescono a riprodurre dei pegaso. È incredibile ciò che ci ha lasciato Angelica. Io sto cercando di affinare il mio di potere, nel mentre il nostro popolo sta costruendo il palazzo di vetro» spiegò Tab.
«Il palazzo di vetro? Che roba è?» chiesi ai miei due amici.
«Il palazzo di vetro è un tempio in memoria della nostra Dea, al suo interno si prenderanno decisioni sull'amministrazione del paradiso» disse Robinia.
«E chi dovrebbe gestirlo?» domandai ulteriormente.
«Una piccola cerchia di Angeli, quelli più "anziani", tra cui in nostro vecchio capo del dormitorio.»
Mi fermai per un secondo e strabuzzai gli occhi «Chi Lux?» affermai.
Tab e Robinia annuirono all'unisono.
«Lo stesso angelo squadrato che se avevo la tunica stropicciata mi faceva una ramanzina per venti minuti?»
I miei amici annuirono di nuovo.
«Ma chi gli è venuta strana idea di metterlo al potere? Angelica ritornerà ne sono convinto, non serve una persona così ottusa nella gestione temporanea della nostra comunità» protestai.
«Beh, Aletta è morta e lui è uno dei primi a essere stato creato» rispose Tab.
«Non è lo stesso una ragione adeguata per metterlo in mano a una comunità» dissi.
«Preghiamo solamente che la nostra Dea ritorni veramente, noi lo speriamo ardentemente e alcune fonti ci permettono di crederlo. Anche se la comunità ha questi nuovi amministratori, ci sentiamo ancora persi» affermò Robinia con una punta di malinconia.
Nel mentre andai incontro a una persona e caddi per terra.
Mi rialzai e tesi la mano «Mi scusi per la mia sbadataggine.»
Solo in quel momento scrutandolo, mi accorsi che non aveva le ali e che i suoi capelli non erano biondi come tutti noi, ma bensì di un castano ramato.
«Fa niente» disse lo sconosciuto sistemandosi la tunica per poi andarsene.
«Ma quell'angelo non ha le ali?» affermai confuso.
«Per forza è un umano, sarà da pochi giorni che popolano il paradiso. Alcuni di loro sono morti da anni orsono e ci hanno spiegato che dopo il loro decesso, prima di arrivare in paradiso dopo la sua creazione, vivevano in una sorta di mondo parallelo chiamato limbo. Magari gli angeli caduti nella grande catastrofe e Angelica sono finiti in quel luogo» parlò Robinia abbozzando un sorriso.
«Speriamo sia così Robinia» affermò Tab.
Dopo esserci portati alle spalle il paesino appena creato, ci trovammo davanti a un palazzo in via di costruzione.
Era alto e imponente e spigoloso, fatto completamente di vetro, prendeva un colore violaceo ogni qualvolta i raggi del sole riflettevano sulla struttura che oramai stava prendendo forma.
Dappertutto erano presenti molti angeli con in mano attrezzi da lavoro fatti interamente di luce dorata.
Stavano costruendo l'imponente struttura, davanti all'entrata tre angeli erano in alto in volo, il trio immortale stava sorreggendo un paio di ali dorate fatte con lo stesso materiale del palazzo ma di colore diverso.
Il piccolo gruppo fissò con estrema cautela le ali proprio all'entrata.
A gestire i lavori dandosi una certa importanza c'era Gerarldo, l'immortale famoso per i suoi mosaici e in passato il datore di lavoro del mio vecchio compagno.
Ci addentrammo nella riflettente struttura.
All'ingresso era posizionata una fontana fatta di nuvole bianche, nell'acqua che zampillava galleggiavano dei petali dalle tinte rosa pastello. Erano sicuramente importate dalla terra, visto che i fiori in paradiso non crescevano.
Salimmo ripide le scale e ci districammo negli intricati corridoi. In alcuni dei quali si trovavano degli enormi portoni gassosi tutti chiusi con delle pesanti catene.
Arrivati alla fine della destinazione ci trovammo davanti un enorme portone molto più grosso rispetto a quelli precedenti, questo a differenza degli altri non aveva nessun impedimento per accederci.
«Su entriamo» affermò Tab.
«Ma non ci sono le maniglie come facciamo?» chiesi confuso.
«Ci passiamo attraverso» mi spiegò sorridente Robinia.
I miei due amici si inoltrarono contemporaneamente lasciandomi solo come un babbeo.
Ero titubante nel gettarmi immediatamente, così affondai per prima la mia mano destra nella sostanza gassosa, la quale avvolse completamente anche il braccio, avevo una sensazione di piccoli brividi e formicolii nella zona interessata.
Emisi un piccolo sbuffo scocciato e mi buttai completamente nella sala con ancora poca convinzione.
Davanti ai miei occhi comparve una luce bianca per poi sparire alcuni secondi dopo, senza rendermene conto era già dall'altra parte.
Davanti a me trovai una lunga tavolata in vetro traslucido come tutta la struttura che rispecchiava, i riflessi del mobile erano di tinte violacee e dorate.
Al tavolo erano seduti dodici angeli di diverse generazioni passate, naturalmente sembrava che non superassero la soglia dei trent'anni.
A capo di quel tavolo rettangolare era presente Lux, il quale mi osservava con la sua solita boria e con aria di superiorità.
I suoi capelli biondi e lunghi gli ricadevano su tutta la sua tunica fino a sotto il busto, coprendo a maggior parte delle sue candide ali, l'unica cosa pura che potesse avere.
Gli occhi azzurri di un qualche tono più chiaro del mio, non smettevano di guardarmi con sdegno e le sue labbra avevano assunto una linea dura.
Al suo fianco era presente la sua compagna Giaris, l'immortale aveva i capelli lisci e di un biondo pallido con dei riflessi argentati che le arrivavano fino al mento. I suoi occhi color ghiaccio sembravano che volessero perforarmi.
Un angelo dal corpo grazioso e magro.
Giaris era bella e squadrata tanto quanto il suo compare.
Tutti i presenti si girarono a guardarci.
«Finalmente ti sei degnato di ritornare in paradiso. Dov'eri finito?» chiese Lux con la sua voce nasale.
«Era ferito, nulla di grave non si preoccupi» Tab rispose al mio posto.
Sul viso di Lux si formò una piccola smorfia e il suo sguardo si accigliò ulteriormente «Non mi sembra che Arasio sia muto, per cui Tab gradirei che tu taccia. Allora Arasio perché sei sparito? Non mentirmi sia chiaro.»
«Ero ferito gravemente» risposi avvalorando ciò che aveva detto il mio amico.
Negli occhi di Lux balenò una luce fioca, avevo attirato ulteriormente la sua attenzione «Chi ti ha ferito? Uno sporco demone?»
Scossi la testa con dissenso e tacqui per qualche minuto riordinando i miei pensieri, decisi di dire la verità.
«Non sono stati i demoni, non possiamo neanche incontrarci per colpa della barriera. Mi sono ferito da solo e una famiglia umana mi ha soccorso.»
Sul viso di Giaris comparve lo sdegno assoluto «Ti sei fatto toccare da un umano? Che orrore.»
Molti dei presenti annuirono a quella uscita infelice.
Lux non cambiò espressione anche dopo quello che aveva detto la sua compagna «Perché ti sei ferito in modo così grave?»
Sbuffai seccato ormai era diventato un interrogatorio.
«Mi sono tagliato i polsi per la disperazione di aver perso il mio compagno.»
Lux alzò le sopracciglia biondissime fingendo di essere stupito «Ah tutto qui?»
Prese la sua piuma bianca che era presente sul tavolo e materializzò un monocolo dalla montatura dorata, l'immortale iniziò a scrivere su una pergamena con poco interesse.
«È inutile che ti disperi tanto, è tutta colpa dei demoni se siamo in questa situazione, loro e quell'imbecille di Lucifero ci hanno portato via la nostra Dea, il nostro futuro» prese una pausa e mi guardò di nuovo negli occhi «L'unica nota positiva che almeno guarirai da quella malattia e ti troverai una compagna.»
Appena emise quelle parole calò un silenzio tombale, i presenti rimasero immobili, Robinia e Tab spalancarono gli occhi voltandosi nella mia direzione.
La mia reazione fu quella che tutti possano immaginare, per quanto posato fossi, ero sicuro che se Yag fosse stato presente in questa stanza mi avrebbe applaudito.
Saltai sul tavolo in modo fulmineo e mi misi muso a muso con Lux prendendolo per la tunica.
Nessuno dei presenti si mosse, sconvolti per quello che stava succedendo, tranne il Gioele ex il capo delle guardie di Angelica, il quale se la stava ridendo sotto i baffi.
Lux continuò a guardarmi in segno di sfida. Provocazione che di certo non avrei ceduto.
«Non vedo tanta differenza, un angelo e un demone hanno gli stessi tratti negativi e positivi in ugual modo» strinsi ancora di più il suo colletto del vestito, preso in ostaggio dalla rabbia più pura.
«La mia malattia non guarirà mai finché ci saranno immortali ottusi come te.»
Detto ciò lo baciai mordendogli il labbro superiore per poi sputargli in faccia.
Il viso di Lux rimase interdetto per un attimo subito dopo divenne una maschera di rabbia.
Si toccò lentamente la guancia dove gli avevo sputato e osservò le dita bagnate dalla mia saliva, leccandosi con la lingua la ferita che aveva al labbro.
Qualche secondo dopo venni sbalzato da una corrente anomala sul tavolo, cadendo di violentemente di schiena.
Mi rialzai il più velocemente possibile tentando di rimanere incollato al tavolo, le folate create da Lux tentavano in tutti i modi di sbalzarmi contro il muro.
Materializzai una spada di un giallo tenue, era lunga e stretta al suo interno si formavano piccoli lampi blu.
Mi scagliai in direzione di Lux con tutta la forza che avevo in corpo, tagliando il vento in due parti ben distinte nelle quali mi insinuavo per raggiungerlo.
Quando fui quasi davanti a lui, il tavolo mutò forma nel quale spuntò una parete di vetro.
I presenti e Lux non avevano fatto una piega lì fermi come degli stoccafissi, l'unico che era fuori posto era Gioele.
L'angelo era proprio di fianco a me e mi tratteneva per una spalla.
Mi voltai con sguardo ostile verso l'ex capo delle guardie.
L'angelo dai capelli biondi sempre in disordine e dalla barba poco curata, non sembrava minimamente intimorito dalle frecciatine che gli lanciavo.
«Perché mi hai fermato?» affermai a denti stretti come se fosse un ringhio.
Gioele mi stava ignorando, la sua attenzione era diretta verso Lux.
«Avresti veramente intenzione di ucciderlo per così poco?» parlò Gioele con rimprovero.
«Ha osato sputarmi in faccia» affermò Lux con un grande solco di disapprovazione sulla sua fronte.
«Te lo sei meritato. Adesso lascia subito quello che hai in tasca. Non dovrebbe neanche uscire dai portoni che abbiamo chiuso» parlò Gioele con durezza.
Per quel poco che lo conoscevo non aveva mai utilizzato quel tono con nessuno.
Sul viso di Lux comparve una seconda ruga sulla fronte corrugando ulteriormente quel viso serioso.
«Va bene, allora rimettila tu al suo posto» disse Lux seccato.
L'angelo dai capelli pallidi fece scivolare nella nostra direzione un coltello con una lunga lama appuntita.
Quella lama era fatta a specchio, la quale rifletteva la mia immagine e quella di Gioele in maniera distorta.
Gioele abbassò la lastra che divideva il tavolo e raccolse il pugnale.
«Adesso che ti ho dato il pugnale, voglio che Arasio venga cacciato dal paradiso» Lux parlò molto con la sua solita compostezza.
«Non sei Angelica per poterti permetterti una decisione del genere. Non sei nessuno» urlai furente contro quel maledetto.
«E pensare che quando eri nel mio dormitorio eri proprio un bravo immortale. È proprio vero che stando troppo a contatto con i demoni si finisce per essere rozzi quanto loro» parlò Lux incrociando le dita.
Aprii la bocca per ribattere ma Gioele me la tappò con la mano.
«Non peggiorare una situazione già fin troppo disperata» affermò Gioele sotto voce per poi rivolgersi al capo tavola.
«Lux prima vuoi ferire questo povero ragazzo, adesso lo vuoi cacciare, esci un po' dai tuoi schemi. Sarebbe un peccato lasciare andare un giovanotto del genere, non vedi che prontezza di riflessi e che coraggio. Sarebbe perfetto nel nuovo esercito» affermò Gioele con il sorriso sulle labbra.
«No, è troppo una mina vagante. Va cacciato» affermò Lux deciso.
«Mettiamolo ai voti. Chi vuole che Arasio venga espulso dal paradiso, alzi la mano» chiese Gioele.
Sei mani dei presenti al tavolo vennero alzate.
«Chi invece vuole che Arasio rimanga?» domandò ulteriormente Gioele.
Io, Gioele, i miei amici e tre seduti al tavolo tesero il braccio.
«Sette a sei, la maggioranza ha deciso» affermò Gioele con largo sorriso.
Lux batté fortemente un pugno ai tavoli «Non siete in maggioranza, loro non contano come alzata di mani. Inoltre ci sono stati due astenuti.»
Gioele divenne perplesso «Come non contano? a me sembrano degli angeli proprio uguali a noi.»
Entrambi si guardarono con reciproco astio, nessuno dei due era intenzionato a cedere.
All'improvviso parlò un angelo dalle fattezze femminili che non aveva teso il braccio.
«Ci siamo astenuti perché non vogliamo screzi nel nostro consiglio. Ci sono cose più importanti in paradiso da fare di quello che è successo tra Lux e questo angelo. Abbiamo bisogno di numeri se dovessimo mai in un futuro avere un attacco da Lucifero, da quello che ho visto questo giovane ha delle potenzialità. Sono sicura che Gioele lo punirà lo stesso per ciò che ha fatto. È sotto la tua ala capitano.»
Lux non sembrava molto felice per ciò che aveva sentivo ma decise lo stesso di acconsentire alla richiesta.
«E così sia, Arasio si unirà all'esercito.»
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