Capitolo Ventidue
Arasio
Continuammo a camminare intorno alle bancarelle, per adocchiare qualche novità che gli stranieri portavano da terre molto lontane dopo un lungo viaggio.
Finalmente arrivammo all'enorme allestimento di Ortensia, una donna bionda e grassottella con sempre in braccio un maialino marrone.
La donna era andata in forte depressione dopo la morte precoce del suo primogenito, venuto a mancare quando ancora era in fasce. Suo marito vedendola sempre più sprofondare nella disperazione e non volendo l'umana avere più figli, decise che per alleviare almeno in parte questo suo dolore, le regalò il giorno della nascita del loro figlio scomparso questo piccolo maialino.
A quanto pare, secondo le voci umane che circolavano in questo luogo, questa soluzione aiutò in parte la giovane donna che dimostrava molti più anni di quanti effettivamente ne avesse.
Appena la mortale ci vide ci salutò con la sua mano paffuta. «Buongiorno signor Yag, buongiorno signor Arasio. Se avessi saputo che foste venuti mi sarei data una sistemata.»
«Buongiorno signora Ortensia» io e il mio compagno parlammo all'unisono.
«Siete qua per l'argilla?» chiese la donna dando da mangiare una mela marcia al piccolo suino.
«Sì Ortensia, ce ne serve in grande quantità» affermò Yag.
«Agli ordini!» disse la donnona con la sua voce assordante.
Lasciò il maialino sopra al tavolo della bancarella, l'animale si sdraio in mezzo agli articoli socchiudendo gli occhi.
L'umana si chinò sotto il grande tavolo e tirò fuori due enormi secchi di legno.
I contenitori erano ben sigillati e completamente stracolmi di argilla.
La mortale dondolò pericolosamente, girando intorno a tutta la bancarella e ce li mise proprio davanti ai nostri piedi.
Ortensia si asciugò il sudore con la mano «Fiuuu che faticaccia, siete sicuri che non vi serva una mano per portarli fino al vostro villaggio? sono veramente pesanti.»
«Non si preoccupi Ortensia, per noi immortali non è un problema spostare oggetti del genere» affermò Yag pavoneggiandosi come al solito.
«Ohh davvero? Posso toccarli i vostri bicipiti d'acciaio?» chiese la donna curiosa.
«Certamente» disse Yag tutto orgoglioso.
«Accidenti sono veramente tonici! Se solo non fossi sposata e se avessi qualche ruga in meno, forse ci avrei provato con tutti e due» affermò l'umana facendo l'occhiolino.
Ma che fandonie stava dicendo? tutte le volte che non c'era suo marito trovava una scusante per fare la gatta morta, altro che ruga in meno.
«Che dice? lei è ancora giovane e bella» affermò cordiale Yag, toccando una ciocca bionda della signora per poi posizionarla dietro al suo orecchio.
Ecco che ricominciava il solito teatrino, mirato solo per farsi fare lo sconto su tutta la merce.
La bionda arrossì lievemente sulle paffute guance «Signor Yag è proprio un demone bugiardo e affascinante.»
Il sorriso del demone si ampliò ulteriormente, scoprendo i piccoli bianchi canini.
All'immortale gli uscì una voce mielosa «Ma è la verità signora Ortensia. Lei è ancora una bella donna, l'unica cosa che ci separa è che non possiamo stare insieme, lei è umana io solo un dannato demone. Lo sa meglio di me che i creatori ci hanno severamente vietato di mischiarci e procreare. Quanto me ne dispiace.»
Ortensia si mise una mano sul petto «Già un vero peccato. Quelle bestiacce dei meticci non si possono vedere, ogni tanto ne salta fuori qualcuno, le guardie del tempio sono sempre nei paraggi per farli fuori. Inoltre deve vedere il padre o la madre di quelle creaturacce, fanno sempre quelle scenate in mezzo alla strada quando li uccidono. Io so cosa si prova a perdere un figlio, lo capisco più che bene, ma loro a differenza mia se le vanno a cercare. Mai sporcare il sangue immortale con un bambino mezzo umano e mezzo immortale. Che cosa disgustosa!» affermò la donna sdegnata, incrociando le braccia preannunciando maggiormente il suo abbondante seno.
Gli occhi nocciola di Ortensia si addolcirono osservando di nuovo il mio compagno.
«Visto che è un gran adulatore signor Yag, le voglio fare uno sconto sull'argilla. Venga a osservare, mio marito ha prodotto nuove polveri naturali che può utilizzare per dipingere» la donna si avviò di nuovo dietro al banchetto.
Yag mi guardò di sfuggita e mi fece l'occhiolino, tutto contento di aver intortato come al solito la povera Ortensia. Rimanemmo per circa un'ora in compagnia dell'umana.
Yag era affascinato per i nuovi prodotti che aveva la mortale, decise di prendere un paio di pigmentazioni e chiese cortesemente di lasciargliene da parte qualcuna nuova per lui, conoscendolo più che bene, sicuramente la prossima volta l'avrebbe acquistata.
Tornammo indietro e vidi di nuovo la bancarella di giare, fissai di nuovo il contenitore che mi aveva inquietato, ma le due figure erano rimaste immobili proprio come l'avevamo viste prima di andarcene.
«Potresti fare qualche vaso anche tu?» proposi al demone.
Yag scosse lentamente la testa «Sì potrei provarci, sperando che non escano degli obbrobri.»
«I primi non saranno perfetti, ma andando avanti diventerai sempre più bravo. Quelli più belli potremmo metterli in giardino» tentai di spronarlo dolcemente.
Yag inclinò il viso nella mia direzione «Metteresti in giardino anche i vasi raffigurante il mio angelo preferito nudo?» chiese con sguardo malandrino.
«Non ci penso minimamente di posare senza vestiti per le tue giare, ma se vuoi posso chiedere a Tab se lo vuole fare. Visto che ci tieni immensamente a sapere com'è fatto il suo pene» lo punzecchiai.
Yag cambiò immediatamente espressione «No grazie, lasciato lì dov'è quel maledetto.»
Ridacchiai per il suo mutamento d'umore.
«Potremmo chiedere a Veria se vuoi?» affermai irritato nel ricordare quello che era successo tra i due.
Yag si fermò per un attimo, stette zitto e scosse la testa con dissenso «Non so perché tu l'abbia tirata fuori, ma anche Veria non ci tengo proprio a ritrarla nuda.»
La discussione morì così com'era iniziata. Ci inoltrammo fuori dal paese, aprimmo le nostre grandi ali e ci alzammo in volo, più ci avvicinavamo al nostro villaggio principale, maggiori erano le raffiche di vento.
Era veramente dura per me e il mio compagno mantenere la rotta giusta. Che cavolo stava succedendo?
Prima quando eravamo al mercato, il sole splendeva e il cielo era limpido, invece mentre tentavamo di tornare nel nostro luogo d'origine, le nuvole erano grigiastre e il sole sembrava essersi nascosto da qualche parte. Era quasi buio per essere solamente il primo pomeriggio. Finalmente dopo diverse ore, riuscimmo a tirarci fuori da quella turbolenza e vedemmo dall'alto la città di Monacre.
Lì vicino non molto distanti s'intravedevano i due piccoli villaggi, in uno con le abitazioni più trasandate erano situati i demoni e nell'altro stracolmo di palazzi di pietra, vivevano gli angeli.
Percepii nell'aria della tensione, qualcosa non quadrava, la mia anima era in completo subbuglio e avevo una gran paura. Guardai Yag e anche in lui erano riflesse le mie stesse emozioni.
Più ci avvicinavamo, più l'angoscia aumentava velocemente, dall'alto vidi dei torrenti di sangue sparsi per le strade, c'erano dei corpi disseminati in maniera confusa tra le vie che portavano al tempio.
Le vittime aumentavano sempre dì più attorno al luogo sacro. Alcuni cadaveri erano completamente smembrati, altri sfigurati. Un'ingente quantità di sangue circondava tutta la bianca struttura, rendendo l'aria intrinseca di odore ferroso e pizzicando l'olfatto dal fetore di carne morta.
Intravidi il cadavere di Luna in mezzo ai corpi e poco più lontano si trovava il suo compagno Digris, lo vidi muoversi, più che altro erano degli spasmi.
Scesi giù in picchiata nella sua direzione. Preso dal panico, buttai i pesanti secchi d'argilla in malo modo e mi fiondai in suo aiuto.
«Arasio è pericoloso allontanati!» sentii gridare Yag dietro le mie spalle, ma lo ignorai.
Mi avvicinai al demone e lo girai a pancia in su «Digris che cos'è successo? Chi vi ha fatto questo?» chiesi allarmato.
Digris aprii gli occhi, per prima cosa, girò la testa lentamente e guardò Luna che era riversa in un lago di sangue. L'anima di Luna si era completamente dissolta, lo percepivo chiaramente.
Ma com'era possibile? Doveva essere stato un immortale con grandi poteri a fare un crimine tanto orribile, nessuno fino a ora aveva mai osato infrangere una delle regole imposte dai nostri creatori.
Sul viso di Digris spuntò una lacrima che percorse tutto il suo viso impolverato, il suo sguardo era pieno di tristezza.
«Come farò adesso senza di lei? Quel maledetto!» il suo volto si tramutò in odio puro, distorcendo la bocca in una linea obliqua e innaturale. Il demone sputò sangue e si liberò dalla mia presa, per poi strisciare in direzione della sua amata.
Mi parai davanti a lui «Non farlo! peggiorerai le tue ferite» dissi preoccupato.
Digris alzò la testa e mi fissò in segno di sfida «Spostati! è l'unica cosa che mi rimane di lei, vuoi negarmi la mia sola possibilità di morire accanto alla mia compagna?»
Emisi un respiro profondo e lasciai la via libera per farlo passare. Il demone riusciva solo a spostarsi con le braccia, le gambe erano lì penzolanti completamente fuori uso e una parte d'intestino scorgeva dal suo basso ventre. Più l'immortale tentava di muoversi, maggiore la terra polverosa sotto il suo corpo si colorava di rosso.
Intanto che guardai la scena pietosa di un demone che stava strisciando come un verme, Yag si avvicinò a me e tentò di portarmi via da Digris, da Luna e da tutti i cadaveri che avevo attorno. Naturalmente non riuscì a schiodarmi di un millimetro i piedi dal suolo.
«Che fai? lasciami subito!» l'ammonii.
Avevo il volto unticcio e gli occhi mi bruciavano per la tensione, tentai con l'avambraccio di asciugarmi la fronte impregnata di sudore.
Yag si girò indietro, era pallido più del solito, le sue pupille erano ridotte in una fessura, i suoi occhi rossi erano più brillanti, i suoi canini erano scoperti e le ali era dritte per la situazione.
«Non ti rendi conto siamo in grave pericolo? dobbiamo andarcene» disse nervoso e teso come un arco di un violino.
Lo guardai negli occhi furente «Hai in mente di lasciare qui Digris da solo? Dobbiamo curarlo, inoltre è l'unico testimone.»
«Ma non vedi che vuole solo morire con Luna? lascialo stare» affermò con leggerezza il mio compagno, puntando l'indice sulla pietosa creatura.
Lo fissai completamente sdegnato «Se fossimo noi nella loro situazione? sono sicuro che Luna mi avrebbe soccorso in tutti i modi possibili. Io devo salvare Digris.»
Yag mi guardò a bocca aperta e con il panico negli occhi, sono certo che si stesse immaginando la scena, sfilai lentamente la mano dalla sua presa senza che lui dicesse niente.
Camminai e mi chinai vicino a Digris, il quale era sbiancato ulteriormente, stava morendo dissanguato.
Aveva le mani a coppetta, raccoglieva il liquido vitale di Luna e tentava in un gesto inutile di rimetterlo nelle profonde ferite.
«Starai bene Luna, ti rimetterò tutto il sangue in corpo e ce ne andremo da questo postaccio, nessuno ti farà più del male» scoppiò in una risata isterica piangendo.
Presi un brandello della sua tunica e lo trascinai a qualche metro dalla sua compagna.
«Che cazzo fai angelo? lasciamela guarire, lei hai bisogno di me!» disse divincolandosi.
Gli bloccai le mani e il collo con fasci di luce che feci comparire dal terreno. Strappai la sua tunica lungo tutto l'addome, aveva una profonda ferita verticale dalla quale sgorgava un'ingente quantità di sangue .
Tutte le sue viscere a stento rimanevano dentro al suo corpo e s'intravedeva la gabbia toracica, il suo cuore batteva velocemente e i suoi polmoni si riempivano e si svuotavano in maniera irregolare.
C'era un'unica soluzione a tutto questo. Sputai sui i due palmi delle mani e li appoggiai lungo tutto il suo addome, ne misi anche sulle gambe.
Il flusso vitale si era arrestato e le ferite erano state disinfettante, ma le lacerazioni erano fin troppo profonde per essere richiuse con la saliva.
Qualcosa in me scattò, un potere che non avevo mai sentito prima. Strappai uno dei miei capelli dalla cute e lo fissai per un tempo indefinito, mettendoci maggiore forza mentale, di nuovo sentii un flusso di luce scorrermi nelle vene e scrutai il riccio biondo.
Il capello s'irrigidì diventando un lungo filo dorato. Strinsi la mia mano destra a pugno fino a conficcarmi le unghie nella carne e quando la riaprii mi trovai un sottile ago tra le mani.
Yag rimase interdetto e con gli occhi sbarrati per lo stupore.
In questo momento non potevo rassicurarlo in qualsiasi modo, perché anch'io non avevo ben capito cosa mi stesse succedendo.
Ancora aggrappato alla grande concentrazione mentale che avevo in corpo, mi misi a cucire le serie lacerazioni del demone.
A lavoro finito, le ferite erano rimaste ben visibili ma almeno si erano cicatrizzate.
Digris sbatté le palpebre velocemente e spalancò gli occhi.
«Va meglio?» chiesi titubante.
«Pensavo fosse una leggenda la storia della saliva curativa... beh grazie, adesso slegami» disse ancora frastornato per quello che anche lui era stato spettatore.
Scossi la testa «Prima dimmi, chi è stato a fare tutto questo?»
Lo sguardo di Digris divenne freddo e minaccioso «È stato Lucifero a fare questa carneficina.»
Sbarrai gli occhi, scossi la testa e ritrassi le mie mani dal corpo dall'immortale come se ne fossi rimasto scottato.
«Stai scherzando Digris? lui ci protegge.»
Il demone fece un sorriso amaro «E secondo te, chi sarebbe in grado se non i nostri creatori, a tener testa a un'intera popolazione di immortali? È lui che ha ucciso Luna solo con qualche fendente. Proprio davanti ai miei occhi!»
Ero basito e tradito da cosa stavano sentendo le mie orecchie, non volevo crederci.
«E Angelica dov'è ?» mi uscirono le parole con una tonalità neutra.
«Non lo so, credo proprio che l'avrà uccisa, altrimenti l'avrebbe fermato dalla sua cieca rabbia. Lei è l'unico angelo che ama anche i demoni» disse Digris dispiaciuto.
Serrai le mani a pugni, il fuoco e la vendetta stavano prendendo il mio essere, come si era permesso Lucifero di torcere un solo capello alla nostra Dea?
Con uno schiocco delle dita liberai Digris, il quale si diresse immediatamente a gattoni da Luna.
Mi guardai intorno tra la folla di morti. Yag era poco distante da me con aria preoccupata e braccia incrociate, ma in questo momento poco mi importava, il desiderio di vendicare i miei fratelli e le mie sorelle s'insinuava maggiormente.
Le mie mani vibravano bramose, qualcosa dentro di me ruggii di nuovo. Mi guardai intorno, sapevo che era qui vicino e ancora vivo. Alla fine dopo diverse ricerche lo trovai.
Lucifero era riverso a terra, svenuto anche lui in una pozza di sangue. Mi avvicinai lentamente e con cautela, sul mio viso di dipinse un ghigno diabolico, pensai lentamente con quale arma potevo trafiggergli il petto fino a rendere il suo corpo macinato per i corvi.
Nella mia mano destra si formò una saetta zigzagata e appuntita.
«È una pazzia!» commentò Yag avvicinandosi.
Il demone poggiò la mano sulla mia spalla, ma io la scostai con un colpo secco e in malo modo.
«Stanne fuori» affermai minaccioso e con un tono appena percettibile.
Mi avvicinai a Lucifero lentamente, pregustavo già la vittoria. Ero a pochi metri dal traditore, alzai il braccio per prendere la mira per ucciderlo.
Quando a un certo punto il cielo si schiarì velocemente, diventando dorato e abbagliante, successivamente si sentirono delle urla.
Mi voltai e vidi Digris in preda alla disperazione, il corpo di Luna stava lentamente sparendo, come molte altre figure immortali.
Ritornai di nuovo nella direzione di Lucifero, il demone aveva il capo leggermente alzato e fissava il terreno con sguardo vitreo.
Il creatore gli diede un pugno al suolo, successivamente una fessura enorme si espanse su tutto il terreno sabbioso inghiottendo chi l'aveva creato, per poi allargarsi a macchia d'olio.
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