Capitolo Trentotto
Yag
Passarono delle settimane da quando ero stato accolto in questa villa, il mio piano stava andando di bene in meglio.
I Martini erano sempre indaffarati per i fatti loro, lasciandomi complottare indisturbato.
Il capofamiglia era partito di nuovo per Maro, invece la Signora Martini era particolarmente impegnata nello spettegolare con le sue amiche oppure farsela con il maggiordomo di questa casa. L'avevo notato da quando tenevo d'occhio gli spostamenti della donna, la quale si assentavano in diversi luoghi isolati. Sarei un bugiardo se non affermassi che li guardavo intanto che facevano sesso.
Comunque non capirò mai questa idea del tradimento, noi immortali non saremmo mai infedeli nei confronti del nostro compagno.
Però devo ammettere che grazie alla sua debolezza potevo agire tessendo una fitta rete di gabole ed entrando nei cuori dei due giovini.
Iniziai a lavorarmi Italo, il ragazzo aveva due anni in più rispetto alla sorella. Con il cucciolo di mortale andavamo a cavallo trottando tra i verdi campi della Pianura Padana. Di solito ci alzavamo presto, quando ancora l'aria mattutina era gradevole. Un tenue vapore si formava sopra ai vari fossi in mezzo alla natura, lasciando il posto poche ore dopo a un caldo umido e alle volte quasi irrespirabile.
Circondati dalla più verde flora, ogni tanto sbucavano dalle loro tane delle nutrie che s'immergevano nella quiete dei piccoli canali di scolo, a fare da compagnia in acqua erano presenti delle gallinelle che si spostavano al loro passaggio. Durante il tragitto non era un caso avvistare delle piccole impronte di fagiano sul sabbioso terreno, ancora meno comune trovare tracce delle schive volpi tornare nei luoghi sicuri dopo il pasto notturno.
Il silenzio per quel lasso di tempo la faceva da padrone, disturbato solo dal suono delle nostre due voci. Devo ammettere che era più difficile entrare nelle grazie del ragazzo, il mortale aveva un carattere più chiuso e diffidente rispetto a Melissa.
La ragazzina mi raccontava ogni sua debolezza, qualsiasi sua insicurezza aiutandomi a scavare la sua stessa fossa. Un giorno durante questa rovente estate, Melissa arrivò nel gazebo di fretta con due occhi arrossati. La giovane continuava in maniera aggressiva a sfregarsi gli occhi, peggiorando solamente la situazione.
Io come al solito nel pomeriggio dipingevo il quadro di Arasio, stranamente questa tela era quasi finita a differenza del ritratto dei Martini che ero a metà dell'opera.
«Che cosa succede Melissa?» domandai allarmato, toccandogli le sottili braccia.
«È tutta colpa di Italo» disse tirando su con il naso.
«Che cos'è successo? sai che con me ne puoi parlare» dissi rimanendo gentile, ero spazientito da tutto questo melodramma.
«Italo l'ha fatto un'altra volta» la piccola tirò su con il naso.
«Che cosa?» domandai ulteriormente.
«È venuta una mia cara amica a prendere il tè accompagnata da suo cugino più grande. Tutto sembrava andare per il verso giusto, quando a un tratto vedendo che l'ospite continuava a fissarmi, Italo si è irritato e ha dato in escandescenza iniziando a usare un linguaggio deplorevole. È dovuto intervenire il personale per fermarlo, non mi sono mai vergognata così tanto. Chissà adesso cosa penserà la mia amica» spiegò l'umana ancora turbata.
Le toccai lungo la schiena per rincuorarla «Posso assolutamente capire il tuo turbamento. Ma che cosa intendi che non è la prima volta per quanto riguarda il suo comportamento?»
«Lui... ha fatto qualcosa di peggio qualche anno fa, quando un ragazzo della sua età mi corteggiava, l'ho rifiutato più di una volta ma era davvero ammaliato dalla mia bellezza e dai miei modi di fare. Quando Italo lo venne a sapere lo minacciò arrivando anche alle mani, grazie a dio i nostri genitori non seppero mai niente di quell'avvenimento. È così maledettamente morboso, se vado avanti così nessuno mi vorrà mai come moglie» affermò la ragazzina con amarezza.
Fu musica per le mie orecchie ciò che avevo appena sentito, guardai il mio quadro ormai terminato, il viso di Arasio era ancora più contorto dalla rabbia a differenza del mio sguardo che trasmettevano solo ilarità diabolica.
Asciugai con il pollice il viso bagnato di Melissa, continuando ad accarezzarlo. Misi la mano sinistra nella tasca dei miei pantaloni e materializzai un piccolo mazzetto di lavanda, il fiore era abbinato perfettamente all'abito che aveva indosso la giovane.
Misi la lavanda stretta tra le nostre mani e con quella libera continuai a toccarle il viso.
«Non dire mai più una fandonia del genere, la tua bellezza è paragonabile a un angelo caduto sulla terra, per non parlare del tuo carisma e della tua intelligenza che molte tue coetanee non riusciranno mai a raggiungere» dissi adulandola e facendole gli occhi teneri da giovane innamorato.
Melissa rimase per un attimo stordita dalle mie parole, per poi emettere il mio nome quasi suonasse disperato.
«Yag!»
Melissa posò il mazzetto di lavanda per poi baciarmi in maniera posata e inesperta, ricambiai il bacio di quella piccola maldestra. Appena le bocche si staccarono, l'umana corse via senza darmi il tempo di replicare.
Il pomeriggio seguente andai nelle scuderie dove trovai Italo, il quale stava pettinando il suo cavallo.
«Ehi ragazzo» lo salutai.
Continuò con la sua mansione in maniera distratta.
Gli toccai la spalla per rinsavirlo «Ehi Italo!» gridai più forte.
Il giovane si spaventò svegliandosi dai suoi pensieri.
«Oh signor Moretti, non l'avevo sentita» affermò con tono stanco.
«Non ti ho visto questa mattina a colazione, va tutto bene?» domandai.
«Ah sì, avevo delle faccende da sistemare» mi rispose senza guardarmi negli occhi.
«Come pettinare il tuo cavallo nello stesso punto da cinque minuti» replicai sarcasticamente.
Italo fece solo un lieve accenno di sorriso, era proprio giù di morale.
«Su prepara la sella, andiamo in giro a farti schiarire le idee» affermai.
Mi avviai nel cercare il mio solito cavallo dal manto nero che utilizzavo spesso per le nostre uscite. Misi la sella all'animale e salii su di esso. Italo fece lo stesso replicando la mia azione.
Andammo in mezzo ai terreni dietro la villa, i fili d'erba avevano assunto un colore giallastro e il grano era in uno stato di maturazione avanzato. Il calore di questi giorni non dava scampo neanche alla natura e come diversi dì da questa parte, il sole picchiava forte lasciando l'aria afosa senza un filo di vento. Ci riparammo sotto l'ombra degli alberi accaldati dall'afa.
Feci prendere al cavallo un'andatura lenta, Italo replicò il mio stesso comportamento affiancandomi a destra in direzione del piccolo fiume per abbeverare gli animali.
«Allora adesso me lo puoi dire che cosa ti attanaglia da essere così sotto tono? Con me puoi parlare ragazzo» chiesi per la seconda volta.
Italo sospirò abbattuto «È per Melissa, abbiamo litigato pesantemente. L'altro giorno è arrivata nella villa quella spocchiosa della sua amica a prendere il tè e insieme a lei, ad accompagnarla era presente quel suo cugino dalla puzza sotto il naso. Doveva vedere come la guardava signor Moretti, la stava spogliando con gli occhi e lì non ci ho più visto.»
Le iridi castane del ragazzo assunsero una tonalità più fredda, le ultime parole che pronunciò furono emesse come se fossero un ringhio di un animale.
«Oh non ne sapevo nulla, è una cosa risolvibile Italo. Anch'io stamattina sono stato evitato da tua sorella. Le donne sono così, piene di sbalzi d'umore» è per questo che preferisco i maschi, pensai.
Non che Arasio scherzasse per quanto riguarda i suoi mutamenti repentini di umore.
«Non è una cosa momentanea, mi ha detto che non vuole più vedermi. Non è la prima volta che rispondo in maniera violenta a un uomo che le ronza intorno» continuò l'umano.
«E non ti viene in mente nulla che possa giustificare i tuoi gesti così aggressivi?» iniziai a tessere la mia tela.
Italo rimase confuso dalla mia domanda «Sono suo fratello è per questo che mi comporto in questo modo.»
«Riusciresti mai a vedere tua sorella sposata con un uomo e con dei pargoli?»
Il ragazzo strinse talmente le forte le redini da far diventare le sue nocche bianche. Il cavallo si innervosì, mi avvicinai toccando la testa dell'equino per calmarlo.
«Italo rilassa la presa altrimenti l'animale diventa troppo teso» lo ammonì risvegliandolo dai suoi pensieri.
Il giovane rinsavì scusandosi con il cavallo e accarezzandolo.
«Dovrei dedurre che da come ti sei comportato, i tuoi sentimenti riguardanti tua sorella sono ben più forti del semplice affetto, tu la ami» continuai con il discorso.
Italo scoppiò a ridere in maniera nervosa «Non diciamo fesserie.»
«Non capisci che facendo così un giorno la perderai? Non c'è niente di male nell'amore fraterno» affermai.
«Ma la società non l'accetterà mai» replicò l'umano, inchiodandomi con i suoi occhi color nocciola.
Quest'ultima frase l'avevo talmente sentita un miliardo di volte da quell'angelo che solo sentendola pronunciare anche dopo diverso tempo da un mortale, mi diede ancora quell'emozione di tanti secoli andati.
Mi morsi il labbro facendolo sanguinare e persi la pazienza «Tu reputi più importante l'idea che ha la società dei tuoi sentimenti, calpesti ciò che provi per così poco. Se continuerai così a soffocare lei si innamorerà di una persona che non se la merita. Anch'io da giovane ero follemente invaghito di questo angelo e per colpa dei pregiudizi rischiai di impazzire e di perderla per sempre.»
Italo sembrava molto assorto nel mio racconto «Ero allo scuro che il signor Moretti fosse un tempo infatuato per qualcuno, racconta sempre di non essere sposato, pensavo non fosse quasi in grado di provare sentimenti» scherzò il ragazzo smorzando la tensione creatasi.
«E com'era questa fanciulla? Soprattutto com'è andata a finire?» continuò domandando con molto interesse.
«Beh... lui cioè volevo dire lei, quando abbiamo capito che eravamo attirati come due calamite. Eravamo come il blu e il rosso che da soli eravamo solo due colori complementari ma mescolandosi assieme davano origine a un viola così brillante da fare invidia a tutti. Sfortunatamente i nostri genitori ci separarono e non ebbi più notizie di lei.
Vivo la mia esistenza con la speranza e con i miei sentimenti contrastanti nei suoi confronti. Pregando che lui si ricordi di me, la sua voce nella mia testa è leggermente sbiadita e spero che non mi abbia etichettato come una storiella giovanile. Mi auguro vivamente che lui non mi abbia sostituito con un altro compagno. Non fare il mio stesso errore ragazzo, un giorno te ne potresti pentire.»
Italo aveva la bocca leggermente aperta dallo stupore e gli occhi lucidi dal racconto.
«Signor Moretti è ancora in tempo per riprendersela, parta adesso per riconquistarla» disse il ragazzo con un enfasi che non avevo mai visto.
Mi uscii fuori una risata amara «Italo è più complicato di quanto tu creda.»
Il giovane annuì deluso «Terrò da conto ciò che mi ha appena raccontato» affermò il giovane.
Tornammo nella villa con il sole ancora alto in cielo, ero sudato e stanco di quella conversazione, così decisi di andare a farmi un bagno per poi scendere durante l'ora di cena. Durante il pasto era presente anche Sabrina la madre dei due giovani, poco dopo aver finito di mangiare decise di assentarsi. Italo a tavola tentava in tutti i modi di cominciare una conversazione con sua sorella, anche chiedendogli di passargli il pane, ma lei ignorava completamente il fratello rimanendo nel suo brodo.
Appena terminai ciò che avevo nel piatto, ritornai nella mia discreta camera degli ospiti, nella quale mi tolsi la camicia rimanendo a petto nudo, tirai fuori le mie lunghe ali nere le quali occupavano parte di questa stanza. Nel buio più totale presi la candela e l'accesi dando un leggero bagliore, dopo tutto il sole che vedevo in questo periodo ci voleva proprio un po' di oscurità, l'inferno era una lunga distesa di sabbia rossa ed era ben poco illuminato.
Presi la brocca piena d'acqua che avevo appoggiato sul mobiletto e la versai nel catino di ceramica, mi diedi una leggera rinfrescata, bagnai la mia pelle dello stesso colore del catino e sfregai insistentemente intorno agli occhi e sulle labbra. I segni neri intorno a quelle parti del corpo si fecero sempre più presenti, queste qualità ci contrastinguevano dagli angeli. Le iridi scure ritornarono di nuovo nel loro colore naturale, un bel rosso scarlatto. Ero uno dei pochi demoni ad avere dei segni scuri sulle labbra, i più comuni avevano solo una linea intorno a tutto l'occhio.
Mi guardai allo specchio sorridendo in maniera diabolica facendo spuntare i canini dal labbro superiore.
«Finalmente un po' di pace» mormorai con me stesso ad alta voce.
Presi un libro che avevo sul letto e sfogliai fino a pagina in cui ero arrivato il giorno prima. Intanto che leggiucchiavo le prime righe di pagina diciotto, indietreggiai fino ad appoggiarmi sul davanzale della finestra lasciando una gamba penzolare. Il libro raccontava tutta la storia umana fino a ora, dovevo documentarmi su tutto ciò che era successo durante la mia assenza da Monacre, ero stato troppo occupato con gli altri a educare i figli di quel bastardo.
Meno male che non eravamo tornati durante il periodo dell'inquisizione, altrimenti ci avrebbero arsi vivi.
Dopo una decina di pagine chiusi quel noiosissimo libro pieno delle sciocchezze attuate dalla comunità umana. Presi il mio blocco da disegno, mi rimisi di nuovo nella stessa posizione e cominciai a fare qualche schizzo con la matita.
Come al solito disegnai Arasio, però rispetto a prima lo riprodussi non più con la solita tunica bianca, adesso era presente una fascia molto simile a quelle che mettevano gli ufficiali di Angelica e di quel maledetto. Chissà se in tutti questi secoli era riuscito a realizzare il suo sogno di diventare capitano? Anche se ne dubito molto che gli angeli avessero ancora quel tipo di figura, la loro creatrice era deceduta, chi avrebbero protetto se non unicamente lei? Inoltre saranno piombati nella più oscura disperazione senza la loro Dea.
Una leggera allegria prese il sopravvento del mio essere, se Arasio non aveva più sogno da realizzare, si sarebbe solo crogiolato nella disperazione più totale.
Nel mentre disegnavo un'espressione ancora più furente del mio solito soggetto su carta.
Qualcuno bussò alla porta, diedi un'occhiata all'orologio mancava poco alla mezzanotte, chi poteva essere a quest'ora? Sirmori? La piccola Ardea? Oppure Veria che non sapeva come passare il tempo venendomi a importunarmi?
Buttai il blocco da disegno sulla scrivania, ritirai le mie ali nelle scapole, cancellai i segni sul mio viso e infine tolsi il rosso dalle iridi dei miei occhi.
Mi fiondai sulla porta e l'aprii, davanti a me era presente in camicia da notte una fanciulla dai lunghi capelli biondi.
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