Capitolo Trentatré
Arasio
Nel breve periodo in cui eravamo ospiti nel villaggio di Ada, incontrammo di sfuggita la piccola prigioniera di questo paese.
Io e Gioele stavamo andando in centro del villaggio per rifornire l'accampamento. Il mio superiore dopo quella discussione mi parlava a malapena, tranne se non per la nostra missione.
«Ho mandato qualche messaggio ai nostri alleati che sono a Mello, ma non ho ancora avuto nessuna risposta» spiegò il capitano, intanto camminavamo sulla terra battuta vicino alla piccole casette.
«Devo andarli a cercare?» domandai.
Lui scosse la testa «No, per ora servi di più ad Ada. Era solo un messaggio di aggiornamento. Non sono preoccupato anche se sono in cinque, possono benissimo tenere testa da soli anche a una cinquantina di umani.»
La mia attenzione venne completamente distaccata da quello che stava pronunciando Gioele. Qualcosa mi attirò maggiormente, da una strada secondaria in mezzo a tutta questa gente, vidi un bambino dai capelli rossici camminare pacificamente, nella sua mano sinistra con una stretta ben salda era attorcigliata una lunga catena di ferro.
L'estremità era ben agganciata a un collare di cuoio che stava indossato una bimba, la giovane era di qualche anno più piccola del suo accompagnatore.
I suoi lunghi capelli corvini le arrivavano fino alla schiena, la sua pelle color porcellana risaltava in mezzo a tutta questa folla. I due parlavano l'uno di fianco all'altro in maniera animata.
A un certo punto la piccola si accorse della nostra presenza, smise di ascoltare il giovane e si voltò scrutandoci con fare accusatorio. Se prima ero infastidito di questa presenza, ora ero molto a disagio. I suoi occhi erano neri come il buio e quello di destra aveva l'iride sfumata di uno scarlatto intenso.
La piccola ci guardò per un tempo limitato per poi voltarsi in direzione del giovane dall'aria confusa, rimettendosi tutti e due a camminare.
Materializzai un fulmine nelle mie mani era appuntito e seghettato, contrassi i muscoli delle gambe pronto per attaccarla. Gioele mi trattenne per la spalla.
«Che stai facendo?» chiese con tono duro.
«L'ha vista vero? È un meticcio dobbiamo ucciderla, sta sporcando la nostra pura specie» dissi fulminandolo con lo sguardo.
Il mio superiore scosse il capo «Ho dovuto uccidere tanti di quei meticci per ordine dei nostri creatori che ormai non me ne ricordo più il numero. Sai non è una bella cosa da fare e tu sei un novellino ad ammazzare a sangue freddo. Ci scommetto che sbaglieresti i suoi punti vitali. Su fai svanire la tua arma.»
«Ma è pericolosa» affermai insistente.
«Non fartelo ripetere Arasio, la nostra missione è un'altra»
Detto ciò con grande frustrazione, dissolsi il mio potere e ci incamminammo nella nostra meta.
Se quel giorno l'avessi uccisa, avrei rischiato di prolungare la reincarnazione della nostra Dea.
Poco tempo dopo quell'incontro, scoppiò un terribile attentato da parte dei nemici umani, in particolare si diressero nelle retrovie del villaggio colpendo maggiormente i civili.
L'esercito umano riuscì a contrastarli ma ci furono delle perdite enormi.
Io e i miei compagni eravamo in una delle tende a soccorrere i feriti. L'odore e la vista del liquido rossastro uguale al nostro, mi dava la nausea per quanto lo vedessi. Alcuni arrivarono in condizioni pessime con arti inferiori o superiori a brandelli.
Nel mentre che accorsi a prendere delle nuove bende nella tenda vicino, sentii Diana gridare in un altro telo affianco.
«Dai, su, forza piccolo che ce la facciamo! Non mollare!» e poco dopo sentii rumori di sforzo e di compressione.
Qualche minuto seguente giunse dalla tenda un grido di sofferenza. Diana uscì barcollante diretta nel boschetto, ma si accasciò qualche metro dopo, sbraitando e piangendo con le mani imbrattate di sangue.
Poco dopo uscì Gioele nella sua direzione, nel mentre che nessuno stava a badare della mia presenza, tirai lievemente il lembo del tessuto della tenda e vidi su un tavolo un bambino che non emanava più un'anima, il mortale era completamente coperto di sangue e rigido come il marmo.
Il pavimento era pieno di liquido vitale e da quello che riuscivo a scrutare, il piccolo non doveva avere più di quattro anni umani o così sembrava, non ne avevo visti tantissimi di cuccioli d'uomo. Abbassai il telo disgustato dalla visione, il mio sguardo ritornò sulla donna e l'angelo.
Gioele l'avvolse tra le sue braccia e le baciò la tempia sudata, intanto Diana singhiozzava e si disperava rumorosamente.
Li lasciai nella loro intimità.
La situazione diverse ore addietro divenne più risolvibile, passando tutta la nottata ad aiutare gente. Riportammo nei dì successivi i cadaveri alle loro famiglie, non molti erano arrivati in condizioni gravissime e alcuni riuscirono anche a sopravvivere.
Come se non bastasse sparì in circostanze misteriose prima Azzurra e qualche giorno dopo suo marito. Diocle era considerato un grande guerriero, lo stesso mortale che avevamo incontrato nella tenda il primo giorno in cui eravamo arrivati ad Ada.
Pur essendo un importante condottiero non dimenticava mai quando non era in battaglia di venire a trovare la sua compagna al campo, anche se era tutto impolverato e sporco dopo i vari scontri, le portava sempre un mazzo di fiori di campo.
Azzurra era continuamente emozionata come una ragazzina, mettendosi sempre la mano alla bocca per lo stupore o forse era il sollievo di vederselo tornare vivo.
Diocle tentava sempre di bazzicare nell'accampamento, dividendo assieme alla moglie i vari stufati che lui stesso cucinava. Erano molto affiatati come coppia.
La loro scomparsa provocò un certo sconforto per tutto il villaggio, quando le varie ricerche non portarono a niente aleggiava nell'aria maggiore cattiveria nei confronti di tutti i villaggi adiacenti in particolare con Mello.
Gioele stanco di tutta questa situazione e non avendo notizie dei nostri colleghi che erano stati inviati nell'altro villaggio nemico, ordinò a tutti i presenti in questo gruppo di partite, diretti nel nostro vecchio accampamento.
Nel luogo prestabilito trovammo Tab e gli altri cinque.
«Perché siete qua e non nel villaggio di Mello?» chiese immediatamente Gioele alterato.
«Abbiamo tentato più volte di farci solo aprire le mura, ma il dialogo ha dato scarsi successi. Ci attaccavano tutte le volte dall'alto e hanno ferito superficialmente qualcuno del nostro gruppo. Abbiamo tentato fino a qualche giorno fa di farci entrare, ma dopo l'ultimo affronto, per evitare di attaccarli e uccidere quei stupidi umani ci abbiamo rinunciato ritornando al nostro luogo di partenza» spiegò Tab velocemente.
«Potevate avvertirmi» ringhiò il mio superiore.
Tab lo guardò confuso «Non vi è arrivato niente? Vi abbiamo mandato i messagi in tutti i modi: con il vento, attraverso animali gassosi o con le nuvole, abbiamo utilizzato anche dei fulmini. Non ci avete mai risposto, infatti avevamo in mente di lasciare l'accampamento e venirvi a cercare, ma ci avete preceduto.»
Gioele divenne scuro in volto «Questa cosa è molto strana a mio avviso.»
«Magari i nostri poteri rispondono diversamente qui sulla terra» commentò un fratello della squadra di Tab, un angelo dai capelli più ricci dei miei.
«Può essere» affermò il capo con tono vago.
«Perché siete tornati, la vostra missione è conclusa?» domandò il mio amico d'infanzia.
«No, Mello ha attaccato in modo violento Ada e successivamente ci sono state delle sparizioni. Volevamo chiede a Lux che cosa fare della faccenda» spiegai velocemente.
Gioele si voltò nella mia direzione «Vai a scrivere un messaggio sul da farsi della missione. Sperando che gli arrivi il messaggio in cielo.»
Mi diressi a prendere una pergamena e a scrivere velocemente e in linea generale la situazione, legai il messaggio a un fulmine e con tutta la forza che avevo in corpo lo scagliai in cielo.
La risposta si fece aspettare per un paio di ore, arrivando con solo scritta un'insulsa frase da parte di Lux.
"Non immischiatevi con le faccende umane, colloquiate solamente"
La reazione di Gioele non fu delle migliori, strappò la pergamena (ferendosi anche le mani), per poi calpestarla con il piede destro.
Il dì seguente ripartimmo in volo per Ada, Gioele aveva ordinato a Tab e il suo gruppo di ripartire e di aggiornarlo finché non avesse un minimo di successo.
Il mio amico d'infanzia e tutti i membri del suo gruppo ricevettero per tutta notte una lavata di capo per le loro scarse abilità colloquiali. Non osai ribattere il tono severo nei confronti dei miei fratelli, era così inviperito che io svanii nella prima tenda libera per evitare la sua rabbia funesta.
Quando atterrammo davanti all'ingresso del villaggio, notammo che non c'era nessuna guardia ad attenderci.
«È molto strana questa cosa Gioele» affermai ad alta voce.
I mei dubbi vennero confermati immediatamente.
Percepimmo in lontananza puzza di morte e di anime cadute.
Il mio superiore sbiancò ulteriormente, la sua pelle color porcellana divenne ancora più malaticcia.
Il capo si alzò in cielo e noi lo seguimmo, ignorando le convenzioni umane.
Scavalcammo in volo le mura e ci fiondammo oltre. Davanti a noi in lontananza si videro delle fiamme e un'ingente cortina di fumo, i nemici di Ada avanzavano senza sosta al centro del villaggio.
La gente usciva fuori dalle case e urlava come dei matti nascondendosi al riparo.
«Hanno attaccato il campo dei feriti» dissi senza fiato nei polmoni. Le fiamme più alte arrivavano proprio in quel punto. Avranno iniziato ad attaccare proprio da lì, ma come facevano a sapere del campo? era sempre stato ben nascosto, forse era stato solo un caso fortuito?
«Diana» sentii Gioele emettere il nome dell'umana in un bisbiglio.
Cominciammo a camminare in direzione del centro di Ada.
Una donna di mezz'età che avevo già visto al fianco di Fiore durante il nostro primo colloquio, tirava davanti a sé un bambino dai capelli rossi anch'esso visto nelle vie del centro della piccola comunità.
L'umana inciampò nella lunga veste chiara, la quale fece perdere l'equilibrio al piccolo che cercava di portare in salvo.
Dietro di loro era presente un uomo vestito da battaglia con un elmo e armatura rudimentali, in mano aveva un macete che brandiva tutto entusiasta.
Il suo sguardo era spiritato e selvaggio, il suo ghigno era malevolo simile alla notte in cui Prostu e combriccola bella tentarono di aggredirmi.
Gioele si mise in mezzo ma prima che potesse fare qualcosa, il collo dell'umano girò completamente all'opposto che doveva essere in linea con il busto, assumendo una posa innaturale. Cadde davanti a noi con il torace in posizione prona, il collo era tutto attorcigliato e la testa era attaccata quasi a la schiena, fissandoci con occhi sbarrati.
Dal nulla sbucò la piccola bimba dai capelli corvino, la quale sorpassò Gioele e si chinò sul moccioso rosso caduto a terra spaventato.
«Va tutto bene?» chiese la piccola con voce infantile, compressando le guance del futuro capo villaggio con le sue magre manine
«Chi è stato a fare una cosa del genere?» chiese uno dei miei fratelli angeli rimasti indietro, completamente interdetto per la scena appena successa.
«Io ovviamente, chi altro?» affermò Gioele prontamente.
Frapponendosi davanti alla piccola meticcia, il mio superiore fece alzare prima il bambino e successivamente sua madre.
«Nascondetevi in una delle case a inizio paese. Alzeremo una barriera da qui fino alle mura di Ada. Sbrigatevi, la prossima volta non vi andrà così di lusso» affermò l'immortale.
La donna annuì, prese i due bambini per mano e scappò il più velocemente possibile.
Gioele si rivolse a noi angeli rimasti «Appena finiremo di innalzare la barriera, voi tre aiuterete gli umani a mettervi in salvo e a fermare i nemici. Invece Arasio mi seguirai a soccorrere i feriti nell'accampamento al confine» ordinò il capitano divenendo scuro in volto nel pronunciare quelle parole.
Per essere preoccupato per Diana, aveva ancora una mente fredda e lucida.
«Lux ci ha detto di non immischiarci e di colloquiare solamente» dissentì un altro del mio gruppo.
Gioele lo guardò furente «Me ne sbatto di ciò che ha ordinato Lux che è comodo in paradiso. Voi siete i miei sottoposti e dovete solo obbedire ai miei ordini. Chiaro?» affermò alzando la voce sull'ultima parola.
Tutti e quattro annuimmo senza ribattere. Dopo aver innalzato con tante preghiere potenti la barriera, successivamente ci dividemmo.
Volammo nuovamente in cielo fino ad arrivare intorno ai folti alberi che rendevano l'accampamento meno visibile, alcuni erano avvolti da lingue di fuoco e il fumo di legna bruciata rendeva l'aria irrespirabile.
Lì in quel momento successero una vicissitudini di situazioni che cambiarono ulteriormente la mia posizione, se l'avessi saputo di tutto questo in anticipo, avrei tentato di tutto per di non averlo quel posto.
Cercai in tutti i modi di stare al passo di Gioele, il quale rimanendo da solo con il sottoscritto, oramai aveva tolto quella maschera di pura freddezza per poi passare a un misto di preoccupazione e paura. Che cosa ci trovasse in quell'umana? Questo lo sapeva solo la nostra creatrice.
«Scappa! Scappa!» sentii una voce femminile a me familiare urlare come una disperata.
Il mio superiore sbiancò aumentando ulteriormente l'andatura. Nel momento in cui superammo il boschetto, la tragedia si consumò in un secondo, non riuscendo a fare proprio nulla.
Superato il praticello dai lunghi fili d'erba, era l'ultimo ostacolo per arrivare all'accampamento nel quale io e i miei fratelli eravamo stati negli ultimi mesi.
Proprio stesa a terra nel terreno erboso, era presente Diana in posizione prona, il viso avvolto da un manto di sangue, il labbro inferiore era spaccato e i lunghi capelli castani erano appiccicati al suo volto accentuando ulteriormente il suo quadro di sofferenza.
La mortale aveva la gambe rotte, cercò di aggrapparsi inutilmente agli ultimi istanti che le rimanevano, tentò di strisciare nella nostra direzione, un luogo di salvezza. La sua giovane anima voleva vivere, ogni singola cellula del suo corpo lo urlava a gran voce, i suoi neuroni erano presi dalla paura, non ancora sconfitti dalla morte, la sua gola era secca e piccoli versi di dolore uscivano da una bocca contratta.
Il suo futuro venne spezzato da un ulteriore freccia argentata che colpì l'umana al cuore, Diana emise il suo ultimo respiro vitale fissando negli occhi Gioele, il suo pallido volto venne rigato da lacrime per poi cadere pesantemente sul manto erboso.
Da dietro il cadavere della donna si avvicinò una presenza femminile a noi ben nota, un angelo che conoscevamo tutti in paradiso... Maria.
Estrasse l'ultima freccia colpita e con il sangue rosso vivo che scorreva sull'oggetto appuntito, ne prese un po' sulle dita, tra l'indice e il medio e l'utilizzò per tinteggiarsi le sue labbra carnose per poi leccarsele avidamente.
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