Capitolo Trentasette

Yag

Durante uno dei tanti pomeriggi afosi di questa città, lasciai momentaneamente quella fogna di appartamento che avevo a Monacre per poter alloggiare a casa Martini, una famiglia facoltosa che mi aveva commissionato un quadro da dipingere.

Mi trovai davanti ai cancelli in ferro battuto della lussuosa villa.
Le sbarre della cancellata erano piene di fronzoli, saldate con molte rotondità ricordando le onde del mare che si scontrano contro gli scogli. In alto proprio sotto a ogni singolo spuntone,  erano incise delle piccole foglie di alloro.
Immediatamente con passo svelto, venne subito ad aprirmi una giovane cameriera. L'uniforme della mortale era semplice e di buona fattura, in testa aveva una cuffietta bianca che le copriva gran parte dei suoi chiari capelli, sbucando solo ai lati del viso due boccolosi tirabaci.

«Lei è l'artista commissionato per il quadro non è vero?» chiese l'umana.
«Sì» risposi.
«Entri pure» rispose la donna.
Appena passati i cancelli mi trovai davanti un'enorme villa, la quale era tutta circondata da un vasto giardino ben curato.
La dimora era a due piani e aveva una forma rettangolare, le pareti della facciata erano tinteggiate di un bianco candido, in contrasto con la struttura erano affise alle finestre delle griglie dalla colorazione verde oliva.

Le sfumature della squadrata casa di campagna mi ricordavano gli stessi colori che indossava Brighella, la rappresentazione della maschera bergamasca, l'avevo vista su uno dei tanti libri di narrativa di Ardea.

Sulla sinistra mi balzò all'occhio un bianco gazebo circondato da cadenti foglie di edera, attorno era adornato da cespugli di rose dalla colorazione pescata.
Al suo interno era seduta a leggere una ragazzina, la giovane aveva addosso un vaporoso vestito, lo stesso identico colore dei petali dei fiori dai gambi spinati.
Tra capelli biondo cenere della mortale era presente un fiocco.

La piccola umana sbatté rapidamente le palpebre e smise di leggere il romanzo che aveva in mano, dirigendo la sua attenzione nei miei confronti. Le sue iridi di un azzurro sporco, erano veramente la brutta copia degli occhi che avevano gli immortali dalle ali bianche.
La ragazza continuava a fissarmi con sguardo misto di curiosità e di diffidenza. Nel vederla mi si sprigionò una scarica elettrica, ben diversa da quella provata con quell'angelo dagli occhi blu.
Questa sensazione era più oscura e m'intigrava.

Andai avanti a camminare con i miei pochi oggetti personali che avevo nella mia valigia, tra l'altro la maggior parte erano utensili per la pittura. Le mie scarpe di cuoio di seconda mano, emettevano un gran rumore ogni qual volta che li adagiavo sul sentiero formato da mattonelle di pietra che serpeggiava in giardino.

Superato la stradina e saliti i tre gradini presenti davanti alla villa, finalmente entrai nella lussuosa dimora di quei tempi. Prima che la giovane umana mi potesse guidare nel salotto della villa, un maggiordomo di mezz'età con i capelli castani tirati all'indietro prese la mia valigia per portarmela in camera. L'uomo era di una discreta bellezza per essere solo un misero umano.

Dopo aver ceduto i miei oggetti personali e da lavoro, la cameriera continuò a camminare. Percorrendo il lungo corridoio notai che in tutta la casa erano affissi di numerosi quadri, le diverse pennellate della pittura a olio rappresentavano i molteplici centri abitati di Monacre e dintorni.
Ci fermammo davanti a un enorme porta posta al lato sinistro del corridoio. L'umana emise un profondo respiro poi bussò.

«Avanti» si sentì poco dopo una voce femminile.
La cameriera aprì la porta con incertezza e proferì parola con la sua padrona «Signora, il pittore per il quadro è arrivato.»
Appena la giovane finì di parlare chinò la testa e mi fece spazio per poter entrare salotto.
«Salve signora Martini» dissi con un gesto del capo, per poi sedermi sul divano proprio davanti alla donna di casa.

Non le feci il baciamano o tutte quelle altre puttanate da mortali, ridurmi a lavorare per gli umani era già abbastanza degradante, quasi mi mancavano i lunghi periodi in cui ero sotto le dipendenze di quel pallone gonfiato di Gerarldo.

«Salve signor Yag, che nome particolare i suoi genitori erano stranieri?» domandò l'umana.
Davanti a me si palesò una donna ben vestita e con neanche una ciocca bionda fuori posto, l'abito lungo che avvolgeva il suo sensuale corpo lasciava che il tessuto delle vesti rimanessero morbide, disegnando un corpo soffice completamente privo di bustino.

La parte superiore dell'abito intravedeva una piccola scollatura, senza risultare volgare e risaltando la candida pelle della donna.
I chiari capelli della signora Martini erano raccolti in un'acconciatura gonfia e a lato del viso era ben fissato un ciuffo ondulato.
Il trucco della mortale che superava la trentina, era leggero intorno agli occhi e dipinto sulle sue carnose labbra risaltava un  rosso fuoco.
Era proprio una bella umana con un delizioso naso alla francese.
I suoi occhi marroni mi fissarono bramosi dalla testa fino alle mie smussate punte delle scarpe.

«No, signora Martini sono della zona. Era la mia creatrice che nella maggior parte delle volte sceglieva i nomi, aveva dei gusti molto strani» affermai irritato nel parlare del mio passato, tentando di frenare il fiume di pensieri poco casti riguardanti la signora che avevo davanti.

Mi allettava l'idea di poter essere scoperto da suo marito intanto che la possedevo su quel divano, sciogliendo la sua acconciatura e facendo ricadere i morbidi ricci su tutta la sua pallida schiena.
Chiusi gli occhi e li riaprii pensando alle pennellate e alle tecniche che avrei usato sulla tela.

La donna fece una risata soffocata la quale doveva risultare innocente «Oh mi scusi» si mise la mano davanti alla bocca, per poi continuare a parlare «Ma sentire chiamare creatrice vostra madre, mi ha un po' sorpreso.»

«Non si preoccupi, adesso desidero parlare del mio lavoro» chiesi cambiando discorso.
La donna annuì «Certamente. Intanto che aspettiamo gli altri membri della mia famiglia, vorrei dialogare ancora con lei prima di parlare del quadro» rispose la donna.

Il suo sguardo mutò guardando in tono freddo la sua donna di servizio «Sei ancora qui? Vai a chiamarli muoviti» aggiunse con un gesto rapido della mano.

La cameriera fece un cenno sbrigativo con il capo e sparì immediatamente.
La signora Martini sembrava seccata da quello che era appena successo.
«Sono delle cameriere incompetenti e stupide come delle bestie. Devo pensare tutto io, altrimenti farebbero solo dei casini in questa splendida casa. Non la pensa come me? Che sciocca! non le chiesto ancora il suo cognome.»

«Di cognome faccio Moretti» risposi alla sua domanda, ripensando alle stupide convenzioni sociali che si erano inventati gli umani di quest'epoca moderna. Me l'ero affibiato io questo cognome farlocco che per noi demoni contava meno del niente.

«So che cosa vuol dire parlare con una specie stupida e inferiore» continuai con la sua inutile conversazione.
Lei si mise la mano sul seno «Finalmente c'è qualcuno come me che ha che vedere con i poveri tutti i giorni.»
«Già» risposi trannendo le risate, non capendo che la stavo offedendo.

La donna si protese in avanti sottolineando ulteriormente la scollatura del vestito «Quelle poverette mi fanno fare sempre tante di quelle figure ai miei ospiti. Dobbiamo tenere un certo standard per la società, è un lavoro veramente faticoso per una donna come me. Sa mio marito lavora nella politica ed è un uomo importante, bisogna sempre apparire al meglio. Inoltre è continuamente via per lavoro sperando che questa volta rimanga per molto tempo prima di ripartire per Maro, il fulcro del nostro bel paese. Lei è mai stato nella capitale?»
«No signora, non sono mai uscito dalla nostra regione» affermai.

L'umana annuì alla mia risposta e ricominciò a blaterare sulle sue responsabilità e il lavoro del capofamiglia. Era così logorroica che spensi il cervello per evitare che mi venisse il mal di testa.
Fu una persona che balzò dalle sue labbra a risvegliare la mia materia grigia.
«Sa l'anno scorso mia figlia ha ricevuto una proposta di matrimonio da un ragazzo di Monacre. La mia piccola ha rifiutato, ha fatto bene era troppo povero per poter avere la sua bellezza e la sua cospicua dote.»

«Davvero? E quanti anni ha sua figlia?» chiesi interessato.
«Diciotto appena compiuti, signor Moretti» rispose la donna ignara.
«Oh è la ragazzina che ho visto leggere nel gazzebo prima di entrare a casa vostra?» domandai curioso.
La signorina Martini roteò gli occhi «Sì è proprio lei, quando si metterà in testa che è più importante imparare il francese o le buone maniere invece che scrivere o leggere romanzi, sarà troppo tardi. Non crede che sia una giovane donna così graziosa?»
«Di rara bellezza, ha fatto bene a respingere quel giovane. Un fiore troppo prelibato deve essere raccolto da mani esperte» dissi bagnandomi le labbra.
«Sono contenta che la pensi allo stesso modo. Sono convinta signor Moretti che andremo d'amore e d'accordo» affermò l'umana.
«Non posso che non darle ragione» l'assecondai.

Poco dopo entrò la cameriera insieme ai membri di questa famiglia, per poi sparire prima di essere ancora rimproverata.
Davanti al mio cospetto avevo un uomo e due giovani.
«Oh vedo che ha già conosciuto mia moglie Sabrina Cantoni. Mi presento io sono Ezio Martini, il capofamiglia. Le più sentite scuse per il ritardo, ma ero fuori con mio figlio a cavallo» disse l'umano sorridendo cordialmente, intorno ai suoi occhi coparirono le rughe d'espressione.

Il padrone di casa, era il tipico insulso uomo aristocratico con la puzza sotto il naso, dai capelli castano scuro con accenni di grigio tra i capelli e sulla barba curata.
«Si figuri nessun problema» risposi con altrettanta educazione.
«Vi presento i miei due figli, Italo e Melissa Martini, due cari ragazzi» continuò il capo famiglia.
«È un piacere conoscerli» feci un breve inchino ai due giovani.

Alla sinistra del padre era presente un ragazzo giovane e magro, con dei capelli color biondo cenere, i ricci ricadevano sulla pelle chiara e i suoi occhi marroni mi guardavano seriosi. Un ragazzo affascinante dai tratti delicati, non sarebbe male assaggiarlo. Aveva un odore leggermente diverso rispetto agli altri della famiglia.

Sulla destra incontrai gli occhi azzurri della più piccola della famiglia, ancora risentii la scossa che pervase il mio corpo. Vedendola meglio notai in modo più scrupoloso che Melissa era una ragazza dalla pelle candida e con due occhi azzurri incastonati nel viso, erano meno belli rispetto a quelli che possedevano gli angeli, come se fossero di seconda mano. Le sue lentiggini ricoprivano le sue gote e i capelli biondi e ricci le arrivavano fino alle spalle.
Dovetti trattenere il demone che era in me, mi bagnai le labbra e distolsi lo sguardo da quell'umana.

«Adesso che siamo tutti qui, come lo volete il quadro?» domandai.
«Faremo alla vecchia maniera, ci metteremo in posa e lei ci ritrarrà, naturalmente chiameremo il fotografo dal quale prenderà spunto dalla foto per la sua commissione. Ezio potrebbe ripartire anche domani e non vorremmo mai che lei si trattenesse troppo a casa nostra, non vorremmo mai farle perdere troppo tempo. Inoltre si senta libero di lasciare la villa per rivedere la sua famiglia» spiegò Sabrina.
«Non ho né moglie né figli, non ce ne sarà bisogno di assentarsi. Dov'è la stanza in cui dovrei ritrarvi?» domandai.

«Abbiamo una camera allestita proprio per questo, inoltre è stato acquistato tutto l'occorrente per il lavoro. Vorremmo mettere l'enorme quadro proprio all'entrata così tutti possano ammirarlo» continuò euforica la donna.
«Va bene» dissi, almeno non dovevo sprecare i miei adorati pigmenti.
Incominciai il giorno successivo con il mio lavoro, dovevo ammettere che avevano acquistato strumenti di ottima fattura.
Dovetti trattenermi nel guardare Melissa il meno possibile per rimanere concentrato sul mio lavoro.

Non ci volle molto prima che tutta questa professionalità svanisse, Ezio il capofamiglia dovette ripartire una settimana dopo il mio arrivo per affari politici. Allora chiesi a Sabrina e ai suoi figli di rimanere in posa per il quadro, ma con l'ammontare delle sempre più bizzarre scuse della signora, la donna si volatilizzava come se niente fosse e così fecero anche i suoi figli sempre poco propensi ai nostri incontri per farsi ritrarre.

Così presi spunto dalla fotografia che mi avevano lasciato prima di iniziare il tutto, me la presi con comodo avevo vitto e alloggio gratuito, meglio di così non si poteva. Di mattina fino al primo pomeriggio mi dedicavo a ciò che mi avevano commissionato i Martini, durante il tardo pomeriggio mi recavo nel gazzebo del giardino per dedicarmi ai miei quadri in solitario.

Il caldo era afoso ma mai paragonate alle temperature presenti all'inferno, quello che mi disturbava di più erano le numerosissime zanzare presenti a causa del fiume che si trovava vicino a Monacre. Misi a fare gli schizzi del cielo rosato davanti a me e di tutto il verde qui intorno. Iniziai a pungere la tela bianca con la punta della mina e trascinai la matita in base agli ordini che impartivo alla mia mano.
Dietro alle mie spalle sentivo una presenza che mi osservava, era da giorni che mi scrutava con i suoi occhi chiari. Forse era infastidita che le avessi rubato il posto per leggere.

Tutte le volte faceva qualche scatto per avvicinarsi, ma subito dopo ci ripensava e tornava immediatamente indietro.
Pensai che anche questa volta stesse lì un paio di ore a fare dei tentativi per guardarmi meglio, per poi scappare come una vigliacca. Invece questa volta passo dopo passo, la ragazzina dalla pelle candida con gambe tremanti si avvicinò lentamente, mi soppraggiunse da dietro le spalle, fece i due brevi scalini del gazzebo e si mise a scrutare ciò a cui stavo lavorando.

«Che cosa stai disegnando?» chiese con voce delicata, standomi a debita distanza affianco alla mia figura.
Oggi indossava un vestito turchese e aveva in mano un romanzo voluminoso.
«Sto dipingendo il meraviglioso tramonto davanti a noi» affermai con dolcezza.

La piccola mi guardò confusa «Veramente stai ricreando una persona da più di un'ora.»
Girai di scatto la testa e solo in quel momento mi accorsi che stavo disegnando Arasio per la milionesima volta, il mio umore peggiorò immediatamente e il mio stomaco andò in fiamme ogni qualvolta che mi veniva in mente.

Vedendomi a disagio Melissa indietreggiò lentamente, captando il cambiamento del mio stato d'animo.
«Se per caso ti do fastidio me ne vado immediatamente.»
Scossi la testa violentemente «No, rimani pure a farmi compagnia, mettiti pure dall'altra parte» affermai.

Melissa fece come le avevo suggerito e io continuai con il ritratto del mio vecchio compagno.
«Ho notato che non è la prima volta che disegni quel soggetto. Posso chiederti se non sono troppo maleducata, chi sia costui?» chiese la biondina.

Mi si spaccò la punta della mina per la pressione che ci misi sulla tela, non mi aspettavo una domanda del genere, tentai di rimanere impassibile.
«Nessuno in particolare» risposi, il bruciore allo stomaco aumentò ulteriormente.
La piccola inclinò la testa non convinta «Perché lo dipingi sempre con due ali bianche? Sei una persona molto religiosa? vedo che sei fissato nel disegnare angeli biondi con dei lineamenti simili» domandò ulteriormente la piccola.

Scoppiai a ridere trattenendo le lacrime e non guardando ciò che stavo facendo sulla tela «Niente del genere signorina Martini, io sono lontamente religioso.»
«Però ci scommetto che lei crede all'esistenza degli angeli e di Dio? Altrimenti non li rappresenterebbe così spesso» continuò con tono quasi incalzante la ragazzina bionda.

«Sì, sono sicuro che esista sia Dio che le sue creature » dissi.
La piccola sembrava soddisfatta della mia risposta.
«Adesso tocca a me farti una domanda, tu credi che possano esistere la loro controparte maligna?» domandai a Melissa.

La ragazzina continuò a fissarmi con interesse «Sì, ne sono convinta.»
«E dimmi come te li immagini?»
La giovane si sfregò con l'indice la punta del naso «Mmm credo che siano creature rivoltanti e tremendamente brutte» rispose con tono neutro.

Dovetti trattenermi nel non scoppiargli a ridere in faccia «Sì internamente possono essere come li hai descritti. Ma prova a pensarci, come riuscirebbero a ingannare gli uomini con quell'aspetto? A mio parere sono creature di rara bellezza.»
«Ne farò tesoro di questa teoria, allora i libri sbagliano a descriverli in quel modo» affermò la biondina.
«La maggior parte delle volte l'ottica dell'uomo è errata. Melissa stai attenta quando ne incontrerai uno, potrebbe rovinarti la vita.»

La piccola annuì «Lo terrò a mente.»
Osservai di nuovo il quadro che stavo disegnando e solo ora mi accorsi che lo sguardo di Arasio era rivolto nella mia direzione, con un viso contratto dalla rabbia e le labbra piegate verso il basso, in una smorfia di ammonizione. Sul mio volto si dipinse un largo sorriso, il bruciore al mio stomaco era sparito e varie idee perverse stavano ronzando nella mia mente.

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