Capitolo Trentanove

Yag

Melissa si fiondò senza dire una parola e io chiusi il più velocemente possibile la porta.
«Ma dico sei impazzita? Aggirarsi vicino alla mia camera è pericoloso, se uno della servitù ti avesse visto?» affermai trattenendo la rabbia, il mio piano poteva andare completamente a rotoli.

La ragazzina sembrò non ascoltami continuando ad andare avanti e indietro per la stanza, nel mentre si mordeva le pellicine del pollice. Mi avvicinai e la bloccai per le spalle guardandola negli occhi.

«Si può sapere che cos'è successo? Hai litigato nuovamente con Italo?» domandai.
In tutta risposta la giovane mise le sue mani attorno al mio viso, scrutandomi prima in volto per poi far scivolare lo sguardo sul mio corpo, solo ora mi ricordai che ero seminudo.

Le pupille della mortale si dilatarono, la giovane si inumidì le labbra per poi cominciare a proferir parola «Signor Moretti, sono venuta qui per parlarti di una cosa.»
«Chiamami Yag, Melissa siamo lontani da occhi indiscreti e dalla vicinanza di tua madre.»

«Va bene, vorrei che mi stesse a sentire Yag, dopo quello che è successo, io ci ho pensato molto e sono venuta a capo di un mio dubbio che avevo dal giorno in cui ha messo il piede nella villa. All'inizio pensavo solamente che fosse un bellissimo giovane, ero convinta che si trattasse di una semplice infatuazione. Ma quel bacio mi ha completamente sconvolta facendomi capire che io la amo Yag, più di ogni altra cosa» affermò la giovane arrossendo, per poi baciarmi improvvisamente come la scorsa volta.

Ricambiai il suo bacio, inoltrandomi con la lingua nella sua bocca, la ragazzina insinuò le sue mani color latte nei miei capelli scuri, attirandomi ancora di più a se.
Quando finalmente mi staccai da quella piovra sorrisi dolcemente.
«Anch'io ti amo Melissa, più di quanto tu immagini. La prima volta che ti ho vista pensavo fossi un angelo caduto dal cielo, ma non solo la tua bellezza a colpirmi ero sempre più attratto da te, qualsiasi giorno in cui dischiudevi le tue tenere labbra e pronunciavi ogni singola parola.»

Con la coda dell'occhio, vidi la proiezione della mia ombra sul muro di una tonalità crema. L'immagine aveva due grosse ali e un tremendo sorriso tirato all'insù. L'ombra si piegò all'indietro simulando una grassa risata, non riuscii a percepire esattamente ciò che stava succedendo su quel muro, perché Melissa si avvinghiò al mio corpo facendo finire tutti e due sul mio letto.

Melissa continuò a sfiorarmi tutto il corpo, finché con il tocco delicato dei polpastrelli si mise a sbottonarmi i pantaloni. Fermai immediatamente la sua mano.
«Ma che fai?» chiesi oltraggiato.
«Mi sembra ovvio, stiamo per fare l'amore» disse la giovane arrossendo.
Scossi il capo e mi staccai dal suo corpo «Stasera non ho proprio in mente di fare l'amore con te.»

Melissa di rialzò dal letto e camminò velocemente in direzione della porta.
La fermai bloccandola per il polso.
«Perché te ne stai andando?» le domandai.
La giovane in tutta risposta si voltò con il viso pieno di lacrime «E me lo chiedi pure? Prima mi dici tutte quelle frasi dolci e subito dopo mi rifiuti. Cosa dovrei pensare?»

La tirai in direzione del letto e mi sedetti sul bordo con ancora la mano stretta sul suo polso «Non è come pensi Melissa, io ardo nel fare l'amore con te, ma sono un peccatore.»
L'umana mi guardò confusa, aggrottando le chiare sopracciglia. «In che senso ti reputi un peccatore?»
«Siediti! Poi te ne parlerò.»
Melissa eseguì il mio ordine e finalmente lasciai la presa.

«Vedi non so proprio da dove iniziare, è una storia complicata. Molto prima di diventare un pittore abbastanza noto a Monacre, ero un nullafacente scansa fatiche. Un giorno incontrai un giovane... ehm una giovane donna proprio come te, i suoi vestiti erano sempre di un bel color crema, i suoi capelli erano biondi e mossi e le arrivavano fino alle spalle, aveva  due occhi blu e un sorriso da angelo. Eravamo molto innamorati, ma a quel tempo frequentavo una brutta compagnia e uno di essi si era infatuato della creatura più bella di questo pianeta. Prostu era così che si chiamava quello schifoso, tentò in tutti i modi di conquistarla a mia insaputa ma lei l'ha sempre rifiutato, dichiarandomi amore eterno nei miei confronti. Allora quell'uomo provando un odio tale nei nostri confronti la violò. Quella stessa serata arrivò davanti a casa mia scalza e in stato confusionale. Era piena di lividi, macchiando di sangue tutto il suo bellissimo vestito bianco. Rimasi sconvolto per quello che Prostu e i suoi scagnozzi le avevano fatto.
La portai dal il mio medico di fiducia, ma non volle denunciare l'accaduto per paura di ciò che la società potesse pensare della sua educazione, per il terrore che il popolo la etichettasse come una poco di buono, tentai di farle pressione su questa cosa ma fu tutto inutile. Rimanemmo insieme ancora diversi mesi con alti e bassi, io l'amavo alla follia e so che anche lei provava la stessa cosa. Le regalai un anello e promisi di sposarla ma il mio compagno, volevo dire la mia compagna, accettò con ancora grande diffidenza nei confronti del genere maschile. Non potevo neanche sfiorarla che si allontanava impaurita. Un giorno quando finii di lavorare, tornai a casa e la trovai riversa a terra in un lago di sangue con i polsi tagliati. Grazie agli inferi si salvò. La mia rabbia dopo quel gesto e con gli arretrati antecedenti esplosero tutte insieme, mi scolai una bottiglia di whisky scadente, volevo che quel liquido ambrato lenisse il mio dolore, lo desideravo ardentemente ma non funzionò, i fumi dell'alcool mi annebbiarono la mente ma non tanto da essere così lucido per poter ritornare a casa per fare ciò che ho fatto» mi misi le mani tra i capelli e qualche lacrima scivolò sul mio viso.

Melissa si chinò in avanti per guardarmi negli occhi, accarezzandomi la schiena nuda «Dopo cos'è successo?» chiese completamente catturata dalla storiella.

Mi asciugai con il palmo gli occhi e la fissai in volto «Dopo essere tornato a casa, presi la pistola che tenevo in un mio armadietto e corsi fuori dall'abitazione senza neanche chiuderla, il vento gelido mi accarezzava il viso e la fitta nebbia rendeva ancora più difficile orientarsi, ma non mi scoraggiai. Mi recai davanti all'osteria in cui quei tre miserabili andavano a bere, entrai e li vidi tutti assieme a ridere e a scherzare con altri idioti del paese, erano così felici, magari stavano pure raccontando della violenza subita da parte della mia amata. Non ci pensai due volte, fece tutto la mia mano con decisione, tre colpi secchi uno di seguito all'altro. Tutti e tre avevano un buco sulla fronte e caddero sul tavolo come delle marionette. Scappai di corsa dall'osteria seguito da un mucchio di urla. La mia fuga durò poco, nel cuore della notte la polizia mi arrestò e fui condannato a sei anni di carcere. Quando ritornai in libertà, cercai la mia donna, ma scoprii che se ne era andata dopo la mia cattura da Monacre. La cercai invano senza mai trovare nessuna traccia, era come se fosse ascesa in cielo.»

La giovane rimase muta per qualche minuto con gli occhi azzurri pieni di lacrime «Ma non è stata colpa tua, sono loro che hanno iniziato il tutto, se lo sono meritato.»
Scossi la testa abbattuto «Lo so, ma sono colpevole quanto loro. Un vero peccatore. Non voglio farti del male Melissa, io ti amo è per questo che dovremmo stare lontani.»
La ragazzina prese il mio viso tra le sue mani, costringendomi a guardarla negli occhi.
«Non succederà mai la stessa cosa tra noi due. Noi ci amiamo e io non ti lascerò andare così facilmente Yag.»

Rimasi stupito dalla sua determinazione ma non lo diedi a vedere, in tutta risposta alla sua affermazione mi avvicinai al suo viso e la baciai. Mi staccai prima che potessi andare troppo più in là.
«Non posso raccogliere il tuo fiore candido, non ne sono degno. Sono sporco dentro e fuori, deve essere qualcun'altro» affermai.
Melissa mi guardò confusa «Perché dovrei andare con qualcun'altro? a me non importa del tuo passato, pensavo l'avessi già capito. Io voglio solo e unicamente te.»

Ero scocciato dalla sua determinazione, dovetti utilizzare qualche trucchetto da demone.
Feci ritornare le mie iridi rosse come quando fui creato.
«Melissa guardami negli occhi» le ordinai.
La ragazzina mi fissò come un bravo cagnolino.
«Tu andrai a letto con qualcun'altro prima di essere mia, hai capito!»
L'umana rimase immobile e fece un lieve accenno con il capo prima di alzarsi e andarsene.

Figurati se mi mettevo a fare sesso con un'umana e mai lo farò. Inoltre era da tantissimo che non lo facevo con una femmina e anche in generale ero da molto che ero a secco. Dovevo prendere un manuale d'istruzioni per ricordarmi come funzionasse.
Mi coricai sul letto e misi i palmi delle mani dietro alla testa per poi scoppiare con una risata fragorosa, i miei suoni ilarici rimbombarono attorno alle spesse pareti della minuscola stanza degli ospiti. Pregustando già la mia schiacciante vittoria.

La notte la passai in modo movimentato, completamente avvolto dal lenzuolo di cotone come se fosse una misera camicia di forza.  Il tessuto delle coperte era impregnando di sudore inoltre continuando a muoverle, era incessante il fastidioso rumore dello sfregamento del cotone.

Piccoli flash invadevano la mia mente, un Arasio vestito di bianco pieno di lividi e di sangue era inerme davanti alla nostra vecchia casa, per poi passare a Melissa riversa su un pavimento con le vene tagliate. Subito dopo ero nel boschetto di Monacre dove Prostu, Zalenvio e Ziaidio stavano seviziando Arasio strappandogli le sue candide ali e denudandolo, il mio compagno urlava il mio nome a squarciagola.

Tentai di raggiungerlo come quella volta, ma i miei piedi erano completamente incollati a terra, gridai di fermarsi ma mi ignorarono come se non avessi mai pronunciato una sola parola. Il paesaggio intorno a me scomparve, per poi trovarmi fuori da un'osteria con in mano una pistola. Quella fu l'ultima cosa che ricordai sprofondando nel buio più assoluto in mezzo a un deserto rosso.

Il giorno seguente mi alzai pieno di dolori e con la schiena a pezzi. Dovetti darmi una bella rinfrescata per quanto fossi sudato.
Scesi per colazione come al solito. Italo tentava una conversazione con la sorella ma senza alcun successo, Satana mio quanto era imbranato, adesso comprendevo l'immane pazienza di Lucifero nel vedermi così impacciato quando cercavo di attirare l'attenzione di Arasio.

Stasera avrei agito non potevo più aspettare, la Signora Martini sarebbe partita nel primo pomeriggio per rimanere ospite a casa di una sua conoscente per diversi giorni, invece il padrone della villa era ancora fuori per lavoro. Appena finii di mangiare andai nella stanza adibita per il quadro familiare, il quale era quasi del tutto finito, dovevo mettere solo qualche ritocchino con il mio personale stile.

Prima che fosse pranzo, mi recai nelle scuderie dove trovai Italo a inveire contro il suo cavallo che non voleva stare fermo.
«Stupida bestia!» gli urlò contro.
«Se continui così peggiorerai solo la situazione» affermai.
Ero dietro al ragazzo con le braccia incrociate.
«È colpa sua, è tutta la mattinata che è nervoso» rispose Italo irritato.
«È il cavallo che è nervoso da tutta la giornata oppure sei tu Italo che gli stai continuamente sbraitando contro?» dissi riprendendolo.
«Le bestie vanno educate altrimenti faranno ciò che vogliono» continuai con il discorso.

Visto che il giovane era di spalle e non era presente nessuno oltre a noi due, feci ritornare le mie iridi al loro stato naturale e guardai negli occhi il cavallo, l'animale rimase immobile con la coda in mezzo alle gambe e le orecchie dritte all'indietro. Il giovane rimase confuso per il cambio di stato d'umore dell'animale.
Feci ritornare le mie iridi scure e avanzai verso l'umano e l'equino.
«Visto finalmente si è calmato» affermai tutto orgoglioso.
«A me sembra molto spaventato più che calmo» disse il ragazzo.
«La paura non è l'obbedienza stessa?» chiesi fissandolo nei suoi occhi nocciola.

Italo scosse la testa «Veramente non credo che sia una cosa sana.»
«Ragazzo mio hai molto da imparare» parlai sorridendo.
«Ma non sono venuto qui per guardare quel cavallo, vorrei sapere se ci sono stati dei miglioramenti con tua sorella.»
Il ragazzo sbuffò «Nessuno anzi mi ignora maggiormente, non so più che pesci pigliare con lei.»

«Ti darò io una mano, stasera recati in salotto verso mezzanotte quando tutta la servitù sarà a dormire.  Lì presente ci sarà anche tua sorella e finalmente potrete chiarirvi. Non avrà via di scampo e dovrà ascoltare le tue scuse più sincere» spiegai al baldo giovane.
«Ne sei sicuro signor Moretti?» domandò il giovane titubante.
Gli toccai la guancia e lo fissai negli occhi «Sicurissimo Italo.»
Le mie labbra si protesero in un sorriso sghembo.

Detto ciò me ne andai dalle scuderie, durante il pomeriggio prima che Melissa andasse in città a fare compere l'ha informai di incontrarci in gran segreto. La ragazza mi regalò uno dei suoi sguardi più dolci per poi partire per il centro città.

Spazio Autrice

Avviso che nel seguente capitolo sarà  presente una scena che potrebbe ledere il lettore più sensibile. Yag si sta comportando da demone, pianificando una serie di situazioni dal contesto  delicato che porterà a molteplici problemi futuri.

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