Capitolo Tre

Arasio

Quando le prime luci dell'alba spuntarono, mi recai a lavoro in una piccola bottega di Monacre. La mia mansione era quella del calzolaio.

Appena arrivato in negozio mi misi il mio grembiule, incominciai a rattoppare i numerosi sandali che mi portavano sia gli immortali che gli umani.

Le calzature costavano molto, essendo fatte a mano e utilizzando un buon materiale come il cuoio, la comunità li teneva molto da conto. Mettevo sempre da parte vecchie suole oppure logori cinturini, in modo tale di usarli per aggiustare i molteplici sandali che mi arrivavano.

In questa piccola bottega polverosa non lavoravo solo io (che tra l'altro ero l'ultimo arrivato), ma anche due angeli: una femmina e un maschio. Stavo mettendo dei soldi da parte per poter trasferirmi in una piccola casetta in questo grande villaggio, situato vicino al palazzo dei nostri due creatori: Lucifero e la nostra amata Dea Angelica, per la quale provavo un profondo rispetto e ammirazione.

Tanto bella quanto buona, l'avevo vista solo una volta nella mia breve esistenza. Spero un giorno, non troppo lontano che il mio sogno si possa realizzare. L'obbiettivo di starle al suo fianco come sua guardia personale, rischiando la mia eterna vita per lei.

Sì, questo era il mio più grande desiderio che bramavo fin da quando ero bambino e un giorno ne sono certo, si sarebbe avverato.
Per ora dovevo accontentarmi di questo lavoro, me l'aveva trovato Aletta, un angelo poco più piccolo di me di qualche anno ma con la stessa età di Tab. Loro due si consideravano "stretti fratelli", creati dalla nostra Dea qualche minuto dopo l'uno dall'altra.

Con loro avevo trascorso la mia infanzia in quel dormitorio, gestito dagli angeli dove ci davano: un pasto caldo, un letto e un'educazione.
Continuai a rattoppare sandali finché il sole tramontò. Tolsi il mio grembiule e salutai tutti, per poi dirigermi al dormitorio.
Oggi era il mio turno per cucinare e per andare a prendere l'acqua dal fiume.

Entrai in cucina.
Una piccola stanza, priva di finestre e composta da spessi muri tinti di bianco, situata nel livello più basso del dormitorio.

In questo piano inferiore oltre alla sala da pranzo, erano presenti: diverse camere adibite per i giovanissimi immortali, poco distante era anche collocato l'ufficio/area privata del nostro responsabile di dormitorio che condivideva con la sua consorte.

Ad aspettarmi trovai Tab, il mio turno e il suo per questa settimana combaciavano. L'angelo si era già messo al lavoro, utilizzando la legna per scaldare le braci.

Su uno dei due tavoli da lavoro presenti in cucina, erano disposti diversi utensili che ci sarebbero serviti per il pasto e in ordine sparso a fare da ingombro, una moltitudine di pentole in terracotta di diversa misura.

Invece collocati sull'altro bancone da lavoro erano posati vari ortaggi appena raccolti e ancora imbrattati di terra. Poco distante adagiate vicino al muro e adiacenti al piano di cottura, si trovavano dei vasi con all'interno delle spezie che ci sarebbero servite per insaporire il pesce.

«Ehi Arasio, finalmente sei arrivato» mi salutò il mio amico, intanto l'angelo adagiava nella minuscola dispensa un'ingombrante anfora.
«Già, adesso mi godo un po' di pace» sorrisi.

Ci mettemmo a pelare gli innumerevoli chili di carote. Per cena il menù prevedeva: minestrone di verdure, come secondo del pesce pescato al fiume e servito con le prime zucchine di stagione.

Non era un pasto da re, perché la qualità della carne e del pesce era mediocre ma non ci si poteva neanche lamentare, c'era chi stava peggio e poi con gli scarti delle verdure, si poteva concimare il campo che avevamo dietro la struttura.

Arrivò tutta di fretta anche Robinia. La giovane abbracciò prima me poi Tab, i due si scambiarono fugaci baci sulla guancia.
«Scusate il ritardo, ma in bottega c'era molto da fare» spiegò.

Robina aveva un carattere deciso e forte che molti angeli si potevano solo sognare. La mia amica e sorella svolgeva un duro lavoro prettamente maschile, considerato poco elegante dai molti immortali di genere femminile. Lavorava come fabbro, maneggiando il ferro e spostando alle volte carichi pesanti.

Con il frutto del suo impiego puramente fisico, aveva ottenuto due braccia forti e sode.
Era un immortale dalla statura bassa ma con un corpo tonico e flessibile.

Numerosi immortali e uomini la deridevano perché non era un lavoro adatto a una femmina, avvalorando i molti stereotipi presenti nella società. A Robinia non importava anzi chi si permetteva di prenderla in giro, si beccava di sicuro un destro. Lei come me mirava a lavorare a palazzo, infatti in questi giorni venne chiamata per delle prove per poter diventare una guardia del corpo della Dea Angelica.

Invece io per adesso ero solo un calzolaio, se la si può chiamare così pure Tab stava facendo carriera, gestiva alcune terre assegnate e aveva parecchi braccianti umani e immortali come sottoposti.

Se c'era qualche animale che stava partorendo oppure se aveva qualche malattia lo chiamavano sempre, lui se la cavava con le bestiole, in particolare era molto empatico con qualsiasi razza di volatile.
Aveva una buona conoscenza della flora e della fauna che ci circondava. Affidandoci a lui per il tipo di erbe mediche da raccogliere e quali tipi di funghi mangiare.

«Serve dell'acqua per la cena e per lavarsi, potete andarla a prendere voi?» chiese Robinia sistemandosi la sua lunga treccia dorata.
«Va bene sua signoria» disse Tab alzando gli occhi azzurri al cielo.
Robinia scompigliò i corti capelli dell'amico per poi dargli una pacca sul coppino.

Ci incamminammo diretti al fiume. Tab prese due secchi d'acqua quelli più capienti e io quelli più leggeri. Tab era ben piantato rispetto a me che ero più gracilino e dal corpo esile.

«Sto già facendo il conto alla rovescia per andarmene da questo posto» disse Tab durante il cammino, smorzando completamente il silenzio che si era creato.
«Già, non vedo l'ora di entrare nella comunità immortale, così saremmo più liberi» affermai.
Arrivammo nel boschetto e ci addentrammo in direzione del fiumiciattolo. Dopo diversi minuti di camminata, ci trovammo nel punto in cui sorgeva quella misera striscia d'acqua, ricordi dolci e amari si impossessarono del mio essere.
Li scacciai immediatamente.

Tab iniziò a immergere il grande secchio.
«Pensa se Robinia va ad abitare a palazzo, noi rimarremo da soli» disse tristemente.
Mi accucciai anch'io a prendere l'acqua.
«Non ti preoccupare, ritaglierà sempre un posticino per noi due» risposi consolandolo.
Tab divenne più nervoso e i suoi occhi azzurri mi trafissero. «Magari dopo essere andati via potremmo vivere insieme? solo io e te.»

Dal mio punto di vista, la situazione si era fatta più pesante e parecchio imbarazzante.
Tab si avvicinò sempre più.
Cercai di indietreggiare ma il mio corpo si bloccò per la tensione. Era proprio davanti a me.

Tab si fece più coraggioso e intersecò le nostre dita tra di loro.
Il giovane si avvicinò talmente tanto, da sentirgli il suo respiro sulle mie labbra a pochi centimetri dal mio viso. Il suo fiato era corto e irregolare, per un attimo le sue labbra diventarono quelle morbide di Yag.

Scacciai subito quella stupida illusione che la mia mente mi stava giocando, solo perché l'avevo rivisto qualche giorno fa che mi guardava come uno stalker.
Per il demone non provavo niente per lui né amicizia né amore, solo una voragine di indifferenza, soprattutto per il fatto che mi stava ignorando da tantissimo tempo, come se fossi un fantasma.

Scossi la testa «È meglio di no, sto risparmiando per poter vivere da solo. Inoltre Tab non voglio essere un peso per te.»
Lui in tutta risposta si avvicinò sempre di più.
«Ma quale peso? lo sai quali sono i miei sentimenti nei tuoi confronti. Potremmo vivere insieme come compagni.»
«Tab la comunità immortale non l'approverebbe, vorrei ricordarti che siamo due maschi» affermai.

«Che si fottano gli immortali Arasio» mi rispose.
Non sapevo più in che modo carino respingerlo «Tab ti vedo solo come un amico. Hai solo frainteso.»
Che scusa banale ma era la verità.
Lui fece una smorfia ma non arretrò di un centimetro, l'angelo era ancora sopra di me.

«Io ti amo Arasio, ti farò cambiare idea giorno per giorno, finché non accetterai il mio amore» detto ciò Tab mi baciò con foga.
Mi dimenai cercando di liberarmi, ma le sue mani erano ben salde alle mie. Una sensazione di disgusto si impadronì del mio corpo, gli diedi una ginocchiata nello stomaco, mi liberai dalla sua presa e lo buttai nel fiume per poi scappare il più velocemente possibile.

Quella sera non tornai a casa, dormii nella fredda e ventosa notte primaverile nascosto sotto un albero. Mi toccai tremante le labbra. Mi venne in mente come un flash quando Yag da piccolo mi baciò, mi morsi il labbro scacciando la dolce sensazione di Yag e per dimenticare contemporaneamente il tocco sgradevole che mi aveva lasciato Tab.

Il giorno seguente andai a lavoro stanco, non avevo dormito e di certo avevo bisogno di una doccia. Nessuno mi disse niente in bottega e passai una giornata tranquilla, quello che mi preoccupava di più era quello che mi aspettava in seguito, appena finite le ore lavorative. Tornai al dormitorio ed entrai in cucina, per fortuna che Robinia era presente. Lei mi guardò con una faccia perplessa, invece Tab mi aveva fulminato con lo sguardo nel momento in cui avevo varcato la soglia.

La nostra amica guardò prima me e poi Tab senza capire. Presi il grembiule e fissai velocemente il menù, per poi mettermi ad affettare le verdure. Nella stanza c'era un silenzio tombale, nessuno osava parlare ed era meglio così, quando finimmo di preparare il tutto, Robinia si propose di andare da sola al fiume a prendere l'acqua.

«No, vado io Robinia» dissi.
Non ci tenevo stare da solo con Tab in una stanza piena di coltelli.
«Ne sei sicuro? sei gracilino, non vorrei che ti facessi del male.» chiese la mia amica impensierita.
«Non ti preoccupare farò due viaggi» risposi.
«Se ne sei convinto...» tentennò dubbiosa Robinia.

Uscii dalla stanza sviando un possibile rischio di un ipotetico scontro ingiurioso con Tab.
Presi i quattro secchi pesanti e andai al fiume, immersi completamente il primo più grande, per poi appoggiarlo faticosamente sulla riva del fiume. Passai al secondo, quando delle mani sbucarono alle mie spalle e mi tapparono la bocca, mi dimenai per liberarmi ma senza successo.
Qualcuno mi attirò sempre di più nel cuore del bosco e delle risate ne facevano da sottofondo.

Spazio Autrice

Ciao a tutti :) spero che la storia vi stia piacendo. Mi scuso se sarà breve questa terza parte ma più si andrà avanti maggiormente mi prolungherò negli eventi narrati (forse anche fin troppo ahahah). Volevo avvisarvi che nel prossimo capitolo, saranno presenti tematiche pesanti e scene di violenza di tipo fisico. Chi fosse sensibile sarebbe meglio evitare gran parte del seguente capitolo.

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