Capitolo Due
Yag
Da quella fatidica notte, io e Arasio ci incontravamo ogni sera nel boschetto. Finché non capii che anche quei fugaci momenti non mi bastavano più, così insistetti nel vederci anche quando i raggi del sole riflettevano sulle brillanti foglie degli alberi.
Durante le nostre intime giornate lontani dalle regole della nostra società immortale, svolgevamo le attività più disparate.
Frequentemente salivamo in cielo e facevamo delle gare di volo, librandoci cielo azzurro, toccando con la punta delle dita le fredde nuvole.
Azzeravamo con i nostri corpi minuti le normali leggi della fisica, scendendo a terra dolcemente come le chiare piume d'oca presenti nell'imbottitura dei cuscini.
Le sue ali erano così belle, di un bianco talmente candido che mi sarebbe piaciuto toccarle per saggiarne la morbidezza.
Un dì, intanto che stavamo giocando, scendemmo in picchiata nel boschetto, ridendo e svagandoci come sempre nella nostra oramai routine. Io ero davanti all'angelo e cercavo di non farmi prendere, voltando il capo all'indietro per vedere dove fosse Arasio. Il giovane aveva perso terreno non riuscendo a stare al passo.
Guardai di nuovo in avanti e rallentai la corsa, poiché qualcosa vicino al fiume aveva attirato la mia attenzione. Mi mimetizzai tra gli alberi e mi accovacciai, facendo un gesto al mio amico di fare piano e di raggiungermi.
Pochi minuti dopo Arasio si chinò accanto a me.
«Che cosa succede?» mi domandò a bassa voce.
«Non lo so, ho visto dei movimenti strani» risposi sussurrando.
Mi sporsi attraverso i rami e le foglie per osservare meglio. L'angelo fece lo stesso. Focalizzai le due figure davanti al fiumiciattolo erano: un angelo e un demone.
Il demone era Teli, l'immortale stava baciando in modo passionale un angelo che avevo visto al palazzo dei nostri creatori.
Inoltre era la stessa persona che era in compagnia di Arasio la prima volta in cui l'avevo incontrato.
Era molto bella con i capelli biondi a caschetto. Le loro mani si muovevano sinuose l'una sul corpo dell'altro. La mia bocca si seccò, guardai per un fugace momento Arasio e lo vidi tremare completamente rosso in viso. Quando notai che Teli la stava spogliando, presi per la mano Arasio e ci allontanammo per lasciarli soli.
Io e il mio fedele amico, ci incamminammo più a est del boschetto, oramai eravamo quasi al confine. L'Angelo aveva la mano molto sudata infatti frequentemente scivolava dalla presa. Fermai la nostra fuga, oramai lontani dai due piccioncini. Mi misi davanti ad Arasio e ridacchiai.
«Che hai ancora? Sei nervoso? Dai si stavano solo baciando» dissi dandogli un pugno amichevole sulla spalla per rilassarlo.
«Non sono abituato a vedere quei tipi di baci» rispose.
Che angelo ingenuo. Era adorabile.
«Beh io ho visto anche di peggio all'interno di questo boschetto» feci un'alzata di spalle.
Lui diventò di nuovo rosso in viso «Davvero?»
Scoppiai a ridere «Ti stavo prendendo in giro.»
«Cretino» mi diede un pugno al braccio e rotolai per terra dalle risate.
Lui corruggò la fronte e increspò le labbra. Stavo osservando da diversi minuti, dovevano essere davvero morbide e lisce. Nella mia mente si insinuò la curiosità di baciarlo. Chissà com'era? Mi sarebbe piaciuto? Soprattutto sapendo che era un maschio.
Mi rialzai e mi misi davanti a lui «Perché io e te non facciamo la stessa cosa che abbiano visto?»
Lui diventò ancora più scarlatto «Ma sei impazzito? io non ho mai baciato e poi tu sei un demone e siamo due maschi e...»
Stava andando in tilt.
Misi la mia mano sulla sua guancia e l'accarezzai «Non fare così, ci baceremo solo una volta, tanto per provare.»
Arasio mi fissò negli occhi, dovetti distogliere lo sguardo, per quanta intensità inconsapevolmente stava utilizzando nel guardarmi.
«Se me lo chiedi tu Yag non posso tirarmi indietro. Io mi fido di te.»
Quelle parole mi toccarono il cuore, Arasio era così dolce.
«Okay, allora proviamoci» dissi con una punta d'insicurezza.
Adesso ero io quello titubante.
Mi avvicinai lentamente al suo viso, Arasio chiuse gli occhi e io feci altrettanto, le nostre labbra si toccarono e percepii ancora l'elettricità di quella volta.
Era un bacio casto e puro, quando mi allontanai da lui avevo il fiato corto e la stessa reazione si rifletteva sull'angelo.
Non mi aspettavo una cosa del genere, la mia anima era in subbuglio. Mi era piaciuto? Eccome se mi era piaciuto, ma dovevo dimenticarlo o avrei rischiato di andare nei casini. Soffocai quella piccola fiammella che stava nascendo all'interno del mio corpo. Dopo gesto intimo io e Arasio continuammo come se niente fosse.
Con un battito di ciglia arrivammo a essere due adolescenti, dimostrando al massimo diciassette anni umani. Ero cambiato molto rispetto a quando ero piccolo. La mia amicizia con Arasio si diradò come nebbia, oramai avevo perso i contatti e ci eravamo separati, pardon mi correggo io mi ero allontanato.
Diventammo col tempo solo semplici estranei.
Vivevo ancora in quel fottuto dormitorio, in mezzo alle moltitudini baracche in cui abitavano i demoni.
Presto me ne sarei andato da questo villaggio e non ne vedevo l'ora, tra qualche anno ci sarebbe stata l'ammissione nella comunità immortale. Facevo parte in un gruppo di amici rigorosamente demoni, per l'amor di Monacre chiamarli con quel nome mi sembrava una parola grossa da dire.
Diciamo che con loro si facevano i casini ed era un modo per passare il tempo. Odiavano gli angeli e questo giocava a mio favore, nessuno di quei immortali dalle ali bianche mi avrebbe girato attorno.
Fuori da una locanda dalle pareti pallide, io e i miei amici stavamo mangiando. Sulla mia sinistra era seduto Ziaidio, un demone alto e con la faccia da scemo che non brillava certo per la sua intelligenza, il suo vocabolario era talmente limitato da pensare che Lucifero fosse ubriaco quando aveva creato un immortale del genere.
Sulla mia destra c'era Zanlevio, un demone di discreta bellezza, mai bello quanto me naturalmente: era alto e muscoloso e con la testa rasata. Era conosciuto nella nostra società perché aveva scatti di rabbia improvvisi, bisognava stare attenti a non provocarlo e negli ultimi tempi causava altro che problemi.
Per ultimo ma non per importanza, davanti a me era presente Prostu, un demone tanto bello quanto viscido: era un fetente e un opportunista.
Era quello tra i tre quello a cui dovevo stare attento che non mi pugnalasse alle spalle; era come una vipera che strisciava indisturbata e silenziosa su tutto il corpo, mordendoti dietro alle spalle senza che tu potessi accorgertene.
Ziaidio si stava ingozzando come un maiale, sporcando il tavolo di legno con le briciole dei suoi rimasugli di cibo.
Invece Zanlevio e Prostu mangiavano le loro zuppe indisturbati e senza problemi. Io avevo in mano una mela e vedendo quell'idiota masticare in quel modo, mi stava venendo il voltastomaco. Mi concentrai a guardare da un'altra parte prima che il mio appetito svanisse.
Monacre il paesino più vicino al palazzo, era gremito di fastidiosi passanti, alcuni appartenevano a quello sgradevole popolo inferiore che i nostri creatori si erano dati tanto pena di plasmare: i mortali.
Gli umani con le loro sudice vesti di scarsa qualità, si affrettavano a ricaricare le proprie energie, idratandosi con l'acqua delle piccole fontane di pietra e inumidendo il pezzo di pane che custodivano nella loro sacca di iuta, ritornando poco dopo alla propria mansione sotto il sole cocente.
La maggior parte dei mortali lavorava come bracciante sin dalla più tenera età, alcune donne invece facevano le cameriere servendo nelle varie locande simile a questa, gestita da qualche immortale, altre invece diventavano operaie nell'ambito tessile.
Chi era più fortunato aveva un piccolo carretto o una bancarella di sua proprietà; sicuramente si trattava di umani dall'intelligenza più evoluta della media che sapeva come manovrare il denaro.
Giustamente essendo un popolo inferiore, non potevano far altro che avere una mansione di poco conto. Solo a noi angeli o demoni era concesso il privilegio di avere alte cariche ed era per colpa loro che anche noi dovevamo lavorare, una cosa molto atroce per gente come noi.
Gli umani erano esseri stupidi e fragili, privi dell'abilità di volare e ancor peggio, completamente dipendenti dai nostri creatori, incapaci di una loro valorizzazione.
Eppure a differenza nostra, era stata donata loro la possibilità che a noi era stata severamente vietata: la procreazione, rendendoli ai nostri occhi creature ancora più detestabili.
Ritornai ai miei pensieri, accantonando il mio disgusto per quel popolo.
Era l'ora di pranzo e sia gli immortali che i pochi umani che potevano permettersi un pasto alla locanda, accorrevano affamati.
Il terreno era polveroso a causa delle scarse piogge estive; qui ci trovavamo in pianura dove gli inverni erano freddi e l'estati molto calde. La nostra zona non era molto ventosa così in questo periodo non potevamo avere un po' di sollievo con della frescura.
Veria passò davanti alla locanda e i fischi dei tre demoni non si fecero attendere.
«Vieni qui culo bello, siediti sulle mie ginocchia. Papino di vuole» disse Prostu tutto eccitato.
Veria fece uno sguardo schifato.
Dopo quelle offese gratuite, la giovane schioccò le dita e dalla sua borsa uscirono due serpenti che attaccarono Prostu alla gola.
Il demone si ribaltò a terra e nessuno fece nulla, d'altronde se l'era cercata.
Prostu si dimenò energicamente e strappò i due serpenti dal suo collo, stritolando le due viscide teste nelle sue mani. L'immortale si rialzò velocemente «Che c...o Veria! c'era bisogno di aggredirmi?» disse con un tono alterato.
«Te la sei voluta porco» commentò Veria per poi andarsene.
«Vaffanculo! La dai a tutti e non a me» continuò Prostu inveendo contro il demone.
Si rimise al suo posto ancora alterato; le ferite sul corpo non erano affatto gravi, traboccava ancora di sangue ma nulla di che. Sfortunatamente se la sarebbe cavata. Zanlevio e Zaidio ridevano tra di loro per l'accaduto; Prostu gli diede due ceffoni sulla testa.
«Non c'è niente da ridere idioti» affermò Prostu.
Aveva fatto bene Veria. Era sempre abituato a ottenere ciò che voleva, anche se lei era il demone della lussuria e molti demoni ci erano andati a letto, non era il caso di utilizzare quel linguaggio da troglodita. Uno di quelli che si era divertito ero io, ma non ero andato solo con lei, mi ero svagato pure con diverse donne mortali.
Certo mi appagavano momentaneamente, solo per dimenticare i sentimenti che provavo per qualcuno.
Bevvi un sorso di vino, scacciando l'immagine di Arasio.
Non provavo più niente per lui, ormai l'avevo dimenticato da tempo.
Mi girai di nuovo a guardare la strada all'improvviso il mio cuore perse un battito, sul marciapiede dall'altra parte della carreggiata c'era Arasio fermo a comprare dei fiori.
Certo si era allungato ma non era alto quanto me, i suoi capelli biondi erano meno boccolosi e gli arrivavano alle spalle. In compagnia di lui c'era Tab, un nostro coetaneo. Dentro di me si insinuò la gelosia. Se fossero segretamente amanti? Se Tab fosse ricambiato? Se mi avesse già dimenticato come amico?
Scossi la testa e scacciai tutte le mie incertezze. Poteva stare con chi desiderava, personalmente non mi avrebbe minimamente toccato. Li fissai con la coda dell'occhio. I due angeli si sorridevano in maniera complice. Tutto questo mi mandava in bestia, tanto da sbattere rumorosamente le mani sul tavolo.
Il torsolo della mela cadde sul pavimento e non mi piegai minimamente per raccogliere lo scarto, poiché presto sarebbe arrivata qualche umana a gettarlo.
Mi misi le mani sulla faccia e strofinai con rude vigore i polpastrelli sulle palpebre, tentando di calmarmi.
«Che ti prende? sei normale?» disse Zanlevio fissandomi confuso.
Senti da che pulpito viene la predica.
Solo ora mi resi conto della mia reazione non giustificata.
Passai le mani nei pochi capelli che avevo, visibilmente innervosito.
«Sì, scusate» risposi ai presenti senza guardarli in faccia.
Mi girai di nuovo per vedere Arasio. L'angelo mi stava osservando con i suoi occhi blu, anzi mi stava scrutando minuziosamente. Ci fissammo per un tempo indefinito, tutto era stato cancellato: i suoni, le voci attorno a me, le persone che andavano freneticamente per la strada, eravamo solo io e lui.
Dall'intensità con cui mi stava guardando mi aveva riconosciuto.
Dal nostro ultimo incontro ero cambiato molto: mi ero alzato e irrobustito, inoltre mi ero rasato ai lati della testa e al centro avevo una lunga cresta nera. Non so bene perché avessi fatto quel tipo di acconciatura, cambiando così radicalmente, forse per sembrare più minaccioso.
Le mie narici si dilatarono e il mio cuore accelerò al solo fissarlo. Non oso immaginare se avessimo parlato, immagino che sarei morto dalla felicità.
Alla mia destra mi arrivò una gomitata, mi girai e fissai minaccioso Zanlevio.
«Che vuoi?» chiesi alterato dalla mia interruzione.
«Abbiamo notato che stai osservando quell'angelo, se ti dà fastidio possiamo pestarlo a sangue in qualche vicoletto» disse il demone violento.
«Non dire stronzate Zanlevio» affermai con tono minaccioso.
«Okay, calmati» intervenì Prostu.
«Figurati se mi dà fastidio un angioletto da due soldi» dissi mettendomi al loro livello.
Presi in mano il bicchiere e bevvi ancora del vino, per poi girarmi di nuovo dove c'era il fioraio. Tab uscì dal grazioso negozio e mise un braccio sulla spalla di Arasio per poi andarsene. Tab mi guardò per pochi secondi, sorridendomi trionfante e in seguito roteò di nuovo la testa verso il suo amico.
Presi di nuovo del vino, me lo versai nel bicchiere, trangugiandolo tutto in un colpo.
«Fai piano, non vorrai mica bere così tanto. Se vai avanti così ti ubriacherai» affermò Ziaidio.
«Fatti gli affari tuoi» ribattei stizzito.
Continuai a bere per tutto il pomeriggio e tornai al mio villaggio così pieno, da vomitare a getto vicino al muro del dormitorio.
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