Ne Valeva la Pena?

[...]

Questo capitolo sarà molto più lungo degli altri dunque leggetelo solamente se avete tempo a disposizione.

Non so se leggerai mai questa lettera.

So che se la otterrai, la aprirai curioso di sapere se sono più felice senza di te.

Hai sempre detto che lo sarei stata.

Hai detto un sacco di cose, per farti odiare e per farti amare.

Capita che sfiori la vita di qualcuno, ti innamori e decidi che è la cosa più importante è toccarlo, viverlo, convivere malinconia e le inquietudini, arrivare a riconoscersi nello sguardo dell'altro, sentire che non ne puoi più fare a meno...

Ma la verità è che ho perso me stessa cercando di tenerti con me.

Chiunque avrebbe pensato che il nostro era un amore impossibile, ma quello che non avrebbero mai saputo, è che noi due l'impossibile sapevamo farlo benissimo.

Ho accettato le cose per come sono andate, ciononostante non ho né dimenticato, né cancellato quello che avevamo, e non lo farò mai.

Fa solo meno male quando ricordo.

Ma sì, sono più felice...

E ironicamente... Questo mi rende triste.

~Charlotte McKenzie







Le prime luci dell'alba illuminavano l'acqua trasparente del grande lago, e il cielo che minuto dopo minuto diventava sempre più chiaro abbandonando la bellezza delle stelle appariscenti.

Markus era seduto sulla sua sedia, tenendo in mano la lettera di Charlotte, guardando l'orizzonte e godendosi l'atmosfera pacifica, aveva lo sguardo perso nei suoi pensieri e su ciò che quel giorno doveva fare, mettere un punto e ricominciare da zero la sua vita proprio come aveva intenzione di fare quel giorno in cui tornò ad Atlanta dopo la spedizione in Afghanistan.

Tra i suoi pensieri gli venne in mente un ricordo di molti anni fa, risalente al periodo in cui ancora viveva ad Atlanta e doveva ancora partire in missione per l'Afghanistan.

Erano tutti nel salotto della signora Butler, oltre lei e suo marito c'erano Mark, Padre Wallace, Charlotte e Marilyn a discutere sul futuro del ragazzo e sulla sua decisione di partire.

<<È la scelta più sbagliata che tu possa prendere>>disse Charlotte incrociando le braccia e camminando nella stanza.

<<Secondo me gli fa solo bene>>commentò Marilyn alzando le sopracciglia.

<<Sentite, non sono un ragazzino ok? So decidere da solo>>intervenne Markus stanco della discussione.

<<Parto per Kandahar, fine della storia>>aggiunse alzandosi dal divano infastidito.

<<No. Tu rimani qua>>Charlotte spinse il fidanzato facendolo cadere sul divano.

<<Non ti lascerò morire dall'altra parte del mondo per mano di quei pazzi assetati di sangue>>chiarì con toni nervoso.

<<Figliolo, è meglio che tu rimanga qua, per il tuo bene>>suggerì Padre Wallace con voce preoccupata.

<<Vedi, se partirai non sappiamo cosa ti potrà accadere, non capisco neanche perché il governo abbia deciso di procedere in questo modo, mandare delle reclute al fronte è da folli>>Markus sbuffò poggiando la testa sul cuscino del divano dopo aver sentito il pensiero del parroco che andava contro la sua volontà.

<<Ascolta ragazzo, so che probabilmente non c'è altro modo e che è obbligatorio, ma a questo punto congedati>>suggerì La signora Butler gesticolando e guardando il ragazzo con un espressione disperata.

Mark spostò il suo sguardo su di lei assottigliando gli occhi e accigliandosi<<Congedo? Ma di che cosa sta parlando?>>

<<È meglio che morire ragazzo, non vedi come sta mio marito? È sulla sedia a rotelle da quando è tornato dalla guerra in Vietnam e non si è più ripreso>>disse la nonnetta indicando il marito con la mano.

<<Non tutti fanno la stessa fine di quella mummia Signora Butler>>intervenne Marilyn con tono ironico e facendo spallucce.

<<Ma cosa- è mio marito!>>

<<E anche una mummia>>

<<Basta! Smettetela! Markus non deve partire! Chiuso il discorso>>esclamò Charlotte con voce nervosa.

<<E tu non azzardare ad aprire bocca>>aggiunse voltandosi verso il fidanzato.

Se ne andò via dal salotto con passo svelto lasciando un silenzio tombale tra i presenti, Markus si alzò in piedi e andò da Charlotte per provare ancora a parlarle.

<<Tesoro, possiamo parlarne?>>domandò Markus uscendo dalla porta sul retro.

Charlotte era fuori davanti alla piscina dei Butler, seduta per terra e con le mani tra i capelli, teneva li sguardo verso il basso per nascondere il suo rossore in viso.

<<Hey, Charlotte possiamo parlarne va bene?>>sussurrò Mark sedendosi accanto a lei.

<<Di che cazzo vuoi parlare? Vattene, vai a morire>>disse singhiozzando e lasciando Markus spiazzato.

<<Ti prometto che ci sentiremo durante questo periodo va bene? Sarà come se fossi accanto a te, per fortuna abbiamo qualcosa chiamato social network quindi  avremo già un modo per restare in contatto>>rispose abbracciando la ragazza e avvicinandosi con le labbra alla guancia di Charlotte.

Lei appoggiò la testa sulla spalle del fidanzato, e cercò di asciugarsi le lacrime.

<<Allora? Vogliamo provarci?>>domandò Markus accarezzando i capelli della ragazza, lei annuì lentamente con la testa  e poi si alzò in piedi per rientrare in casa.

Mark rimase davanti alla piscina fissando l'acqua che rifletteva la luce abbagliante del sole, mentre rifletteva sulla sua decisione ed era in preda a un mix di emozioni per ciò che il futuro riservava per lui.

<<Sfigato!>>si sentì alle spalle di Mark, lui si girò velocemente, era Marilyn con una borsa sulla spalla.

<<Devo andare, Sonia è venuta a prendermi>>avvisò.

<<Vai pure Mary, ci sentiamo>>rispose Mark sorridendo e annuendo.

<<Non ti alzi neanche per salutarmi?>>domandò Marilyn con tono infastidito e inclinando leggermente la testa.

<<E rischiare di essere abbracciato da te? Da una bulla?>>

<<Che c'è di male? Posso dimostrare che tengo a te in qualche altra maniera che non sia renderti la vita un inferno?>> Domandò l'amica allargando le braccia e assottigliando gli occhi.

Mark si alzò in piedi, andò con coraggio verso l'amica e fermandosi davanti a lei allargò le braccia, lei si avvicinò al ragazzo e gli diede un forte abbraccio.

<<Mi mancherai Markusito, mancherai a tutti noi>>borbottò cercando di non farsi sentire.

<<Anche a me mancherete ragazzi... Anche a me>>



Il ricordo lo fece quasi commuovere, fu interrotto dallo squillo del telefono che aveva in casa e rientrò dentro prima che finisse di suonare.

<<Pronto chi parla?>> Chiese alzando la cornetta.

<<Papà sono io Arthur, per caso oggi riusciresti ad essere pronto per le diciotto?>>

<<Ciao figliolo, perché? Non c'è bisogno che venite fino a qui, vengo io da voi>>disse Mark con aria felice.

<<No papà ormai siamo pronti a venire, dunque tra qualche ora aspettati un regalo>>rispose Arthur ridacchiando.

<<Che hai da ridere?>>

<<Niente, ci sentiamo presto>>

Arthur sorridendo andò verso la sua camera, aprì l'armadio pieno di vestiti e iniziò con tanta fretta a cercare qualcosa da mettersi, felpa? Giubbotto? Giacca? Neanche lui sapeva cosa fare prima, non faceva altro che confusione buttando sul suo letto diversi vestiti che lo avrebbero facilitato a crearsi un outfit.

Dalla porta di ingresso entrò la tata con dei guanti e una pezza bagnata, andò verso il comodino e alzando con una mano la lampada, utilizzò l'altra per pulire la sporcizia.

<<State uscendo?>>chiese la donna.

<<Ehm si, finalmente vado a trovare papà, sono così felice è da anni che non lo vedo>>rispose con entusiasmo.

<<Mandagli i miei saluti allora>>disse la donna posando la lampada.

<<Posso chiederti una cosa Arthur?>>

<<Certo...dimmi pure>>rispose fissando i vestiti nell'armadio.

<<Chi era quell'uomo che parlava con quel federale?>>

<<Come fai a saperlo?>>domandò stupito voltandosi rapidamente verso la tata.

<<Me l'ha raccontato Charlotte, hai usato una registrazione per mandarlo via>>rispose sedendosi sul letto.

<<Mio padre me lo inviò nel caso in cui fossero venuti a rompere le scatole qui a casa nostra, avrebbero capito che li teneva in pugno e che non poteva estorcere nessuna informazione dalla sua famiglia che riguardasse lui>>Angelina distogliendo lo sguardo iniziò a riflettere.

<<Tuo padre è un criminale? Perché non ne avete mai parlato? Sono ormai di famiglia qui>>chiese indispettita.

<<Lui non è come tutti gli altri, lui è Markus Moreno>>a tali parole la signora Harrison fece cadere la pezza sul tappeto e spalancò gli occhi rimanendo scioccata.

<<Capisco benissimo la sua reazione, e in più preferirei che rimanesse tra noi va bene?>>chiarì Arthur avvicinandosi alla tata.

<<Markus.... Moreno...>>borbottò con rabbia.

<<E ora dov'è?>>chiese con interesse.

<<Nel Vermont, in una cittadina non troppo lontana dal confine con il Canada>>rispose chiudendo l'armadio.

<<Perdonami se ti ho fatto queste domande Arthur... è solo che io sono così in pensiero per voi->>

<<Stia tranquilla Signora Harrison, nessun'altro verrà qui a disturbarci>>disse accompagnandola all'uscita della sua stanza, lei annuì e mostrando un finto sorriso lasciò il ragazzo da solo dandogli la possibilità di cambiarsi.

La "Signora Harrison", dopo che Arthur chiuse la porta, cambiò totalmente espressione e dentro di sé iniziò a sentire la rabbia repressa, la voglia di riscatto e di fare pagare al suo più grande nemico ciò che gli aveva fatto.

Scese dalle scale fino al piano di sotto e prese le chiavi velocemente.<<Charlotte io vado! Ho un emergenza!>>esclamò uscendo dalla porta e correndo verso la sua auto parcheggiata davanti alla casa della famiglia McKenzie.





Finalmente arrivò l'attesissimo momento.

Johnny accompagnato dai fidati di Markus e altri due uomini, arrivarono davanti la casa di legno con una Mercedes nera, erano tutti vestiti di nero e portavano degli occhiali da sole.

Mark gli aprì la porta facendoli entrare in casa, aveva preparato tutto il materiale che occorreva e che Max gli aveva portato tempo fa, equipaggiamenti miliari con giubbotti antiproiettile, pistole, fucili d'assalto pesanti, munizioni in abbondanza e granate.

In sottofondo la radio mandava in onda "L'inverno" di Antonio Vivaldi, Mark se ne stava seduto sulla poltrona fumando un sigaro cubano mentre gli altri ragazzi indossavano l'equipaggiamento, compresi i guanti in pelle.

Si alzò in piedi abbassando il volume della radio, tutti si misero in fila davanti a lui impugnando i fucili.

<<È arrivato il momento di far saltare in aria questo sistema, dovete togliere di mezzo il Signor Dave>>ordinò Markus.

<<Mark oggi qui con noi ci sono Tancredi e Edoardo, due ragazzi che Sonia mi ha suggerito di assumere, sono bravi ragazzi>>disse Johnny presentando i nuovi.

<<Molto piacere, come sapete oggi molto probabilmente morirete, se accadrà sappiate che il prezzo della vostra vita sarà ripagato con la sconfitta del nemico, chiaro?>>ribadì Markus incitando Tancredi ed Edoardo.

I due annuirono senza dire una parola, Mark portò di nuovo alla bocca il sigaro e andò lentamente verso Jason e Louis.<<Ragazzi state attenti, vorrei potervi rivedere tra qualche ora ancora in vita>>sussurrò espirando del fumo.

Louis e Jason gli diedero una volta l'uno una stretta di mano, mostrando sicurezza, coraggio, determinazione e voglia di compiere la missione a loro assegnata.

Mark annuì e dando una pacca a Johnny lo guardò negli occhi<<Se non ci vedremo più in questo mondo, ci incontreremo nell'altro>>

<<Certo Markus, assolutamente>>Johnny  se ne andò insieme a tutti gli altri fuori dalla casa, Louis e Jason fecero un inchino<<Al vostro servizio boss>>dissero in coro.

Uscirono salendo velocemente sull'auto per dirigersi verso il loro bersaglio, Mark posò il sigaro sul posacenere e andò verso il suo telefono, alzò la cornetta e digitò un numero.

<<Sei tu Markus?>>chiese Adrienne.

<<È ora Adrianne, fate presto>>annunciò Mark con tono serio e abbassando la cornetta.

Johnny e gli altri ragazzi andarono davanti a un motel a Montpellier, scesero dall'auto impugnando i fucili e camminando con tranquillità verso l'entrata, Jason la aprì facendo entrare gli altri, la signora vedendoli entrare armati fino ai denti cadde dalla sedia svenendo.

La radio messa in un altra stazione mandava in onda "In the Still of the Night", perfetta per l'atmosfera che c'era in quel momento.

Salirono le scale cercando la stanza in cui era, Tancredi vide la finestra della stanza scoperta che dava visibilità su cosa c'era dentro, fece cenno a Johnny di venire da lui, insieme con un calcio aprirono bruscamente la porta, ed entrarono di prepotenza.

<<CHI CAZZO SIETE? ASPETTATE CHE CI FATE QUI?!>>urlò Dave in mutande ancora a letto.

Jason, Louis, e Edoardo si fermarono davanti alla macchina sorvegliando la zona e controllando che la polizia non arrivasse, Johnny puntò il fucile minacciosamente verso Dave che lo implorava in ginocchio di non ucciderlo.

Tancredi uscì dalla stanza con calma, Johnny sparò una violenta raffica di colpi sull'uomo distruggendogli completamente il teschio.

Il letto venne ricoperto di sangue e gli spari si sentirono in tutto l'edificio, scatenando le urla di paura delle altre persone all'interno del motel. 

Chiuse la porta lentamente e buttò i guanti dopo aver completato il lavoro.

<<Che fai? Non dovresti toglierli adesso Johnny>>suggerì il mercenario.

<<Ho le mani sudate, non sono abituato a questo tipo di guanti, sembra di avere tra le dita la pelliccia degli orsi polari>>brontolò sbuffando.

<<Non abbiamo trovato nessuna resistenza, mi aspettavo almeno delle guardie del corpo>>disse Tancredi.

<<è quello che si aspettava anche Markus a quanto pare, ma per fortuna è andata meglio del previsto, forza andiamo prima che arrivi la polizia>>

Uscì velocemente portandosi dietro Tancredi, ad un tratto quando arrivarono davanti alla Mercedes, il mercenario si fermò<<Johnny!>>esclamò.

<<Che c'è- >>Edoardo uscì la pistola e sparò a Jason e Louis, Johnny rapidamente sparò in testa al traditore mandandolo al tappeto.

<<TANCREDI!>>urlò girandosi verso l'uomo, lui teneva in mano una pistola e la puntava verso Johnny.

Il clima era abbastanza teso e tra i due ci fu qualche secondo di silenzio, Tancredi mantenendo uno sguardo inespressivo vi avvicinò piano piano a Johnny continuando a puntargli il ferro.

<<Don Alvaro ti manda i suoi saluti>>disse Tancredi togliendo la sicura.

Premette il grilletto prendendo in pieno il petto di Johnny, lui rispose al fuoco sparando con il fucile in testa a Tancredi.

Buttò per terra l'arma, cercando di fermare la ferita con la mano andò con difficoltà verso l'auto, la mano gli tremava così tanto che non riusciva neanche a inserire la chiave d'accensione.

<<Non posso crederci>>sussurrò riuscendo a inserirla.

Partì immediatamente verso la strada e cercò di dirigersi verso la casa di Markus con il dolore insopportabile che aumentava sempre di più e ad ogni movimento che faceva.

Ma non era l'unico ad avere una missione da compiere.

Anche Adrienne voleva riscattarsi e compiere il grande salto, cancellare tutti i concorrenti ed essere l'unica a comandare sulla grande mela.

Aveva tutto il necessario per condurre un attacco militare, che avrebbe annientato tutti i bersagli, viaggiava su dei furgoni grigi sulle strade di New York verso il grattacielo dove un altra riunione stava per iniziare.

I due furgoni si fermarono dietro al grattacielo, dove c'era il parcheggio riservato ai dipendenti dell'azienda, scesero uno ad uno in fila indiana e raggiunsero la porta che dava accesso all'uscita di emergenza, Adrienne era accompagnata dai suoi fidati Paige, Nadia e Santiago e da altri suoi uomini che portavano dei borsoni contenti munizioni ed esplosivi.

<<Con queste mimetiche militari non credo capiranno che stiamo per fare baccano, per me potremmo entrare nell'ascensore>>propose Santiago.

<<L'inserviente del piano ci ha dato via libera, in teoria la sala d'ingresso dovrebbe essere chiusa>>disse Adrienne ricaricando la pistola.

<<Allora qual'è il piano?>>domandò Nadia

<<I miei uomini andranno a fare irruzione negli altri piani, noi appena arriviamo facciamo fuoco non appena abbiamo visibilità sul bersaglio, dopodiché ce ne andiamo via con i furgoni prima che arrivi la polizia, tutto entro quindici minuti massimo se dovessero rispondere al fuoco>>rispose il boss.

Si affacciò per controllare chi ci fosse nella sala, non vedendo nessuno andò insieme a gli altri verso l'ascensore, premette il bottone ripetutamente e aspettò qualche secondo.<<Ne usciremo vivi>>disse Paige cercando di rassicurare tutti.

<<Dipende da come ti comporti Paige, tutto dipenderà anche da te>>Avvisò Santiago entrando in ascensore.

Aspettarono qualche altro secondo l'arrivo al piano, l'ansia e lo stress aumentavano sempre di più, forse più dell'adrenalina che iniziava a scorrere dentro di loro non appena cominciarono ad avvicinarsi al piano.

Era finalmente arrivato il momento di porre fine ai loro problemi e di iniziare un nuovo capitoli senza altri intralci, questa era l'occasione per liberarsi dei loro nemici e per tornare in vetta sulla città.

Arrivati a destinazione andarono avanti con passo svelto e impugnando quei fucili che quasi erano più grandi di loro, ad un tratto dalla sala riunioni uscì Javier con una pistola e riuscì a sparare prima di loro, colpì in faccia Nadia sparando senza neanche guardare, Santiago sparò verso il serbo che si nascose dietro a una parete.

Dal bagno uscirono Elisabeth e Rodrigo Rivera con dei mitra, i marsigliesi si ripararono dietro a una delle scrivanie cercando di non essere presi dai proiettili.

Paige alzò la testa e con il suo AK 47 riuscì a colpire Rodrigo, da altre stanze uscirono gli altri uomini degli ispanici, dall'ascensore arrivò un'altra persona che invece si schierò dalla parte dei marsigliesi.

Chloe.

Si fece avanti sparando con la pistola, e facendo fuoco di copertura<<Vi conviene sbrigarvi! Non resisterò a lungo!>>Avvisò la ragazza.

<<Grazie Chloe! Ti dobbiamo molto>>esclamò Adrienne alzandosi in piedi.

Fece fuoco su chiunque fosse davanti al suo raggio d'azione facendo uno sterminio<<Vado avanti io va bene?>>disse Chloe ricaricando la pistola, Santiago annuì rimanendo seduto.

<<Io la seguo>>intervenne Paige alzandosi in piedi, ad un tratto però le venne presa in pieno dagli spari di Elizabeth.

Fu colpita al petto e al collo, cadde in ginocchio scatenando la preoccupazione di tutti<<PAIGE! HEY! PAIGE RISPONDI CI SEI?>>urlò Adrienne cercando di avere contatto con l'amica.

Non faceva altro che perdere sangue tra le braccia del boss marsigliese, era rimasta con gli occhi aperti senza neanche battere ciglio mentre si lasciava andare nei suoi ultimi istanti.

<<Adrienne...>>

<<COSA VUOI SANTIAGO? NON VEDI COSA STA SUCCEDENDO?!>>gridò squarciagola la ragazza con le lacrime a gli occhi e con il volto sporco dal sangue schizzato.

<<Non risponde più>>disse Santiago accarezzando il viso di Paige.

<<No...NO, NO ASPETTA È SOLO SVENUTA! È SOLTANTO SVENUTA,  VEDRAI!>>Chloe intanto non poté più dare fuoco di copertura perché finì i proiettili.

Santiago diede il proprio fucile alla ragazza ottenendo più tempo per cercare di risolvere la situazione, ma nonostante ciò Elizabeth ebbe la meglio e riuscì a colpire anche  Chloe, venne presa al torace e cadde per terra con il sangue che iniziava a spargersi su tutto il pavimento.

Adrienne urlava dal dolore per l'amica uccisa, con le lacrime che scorrevano come fiumi sul suo volto scombussolato e furioso, e il corpo di Paige che teneva stretto tra le sue braccia.

Santiago chiuse gli occhi facendo un bel respiro e cercando di capire cosa fare in quella tragica situazione, le cose non stavano andando per niente bene ma fortunatamente vide per terra accanto a sé la sua unica speranza.

Prese una granata che aveva nel taschino, tolse la sicura e la lanciò verso Elizabeth.

La ragazza non si accorse dell'esplosivo, e saltò tutto in aria.

Sistema antincendio, fuoco, mobili disintegrati e il piano di sotto che si poteva osservare dal buco che si era creato per l'esplosione.

I due sopravvissuti erano seduti con il volto completamente  sporco dalla polvere, Santiago si alzò in piedi lentamente e cercando di aiutare Adrienne a camminare verso l'uscita.

<<Mi fa un male cane, fai piano>>sussurrò Adrienne aggrappata all'amico.

Andarono nell'ascensore e il ragazzo premette il pulsante che portava al piano terra<<Ce la fai a camminare da qui al furgone?>>chiese.

<<Santiago... Non c'è più nessun furgone, ci saranno poliziotti ovunque, li avranno presi>> rispose ansimando.

<<Abbiamo vinto>> aggiunse facendo un ghigno e chiudendo gli occhi soddisfatta della vittoria.

<<Per Paige>>disse Santiago dando il cinque alla ragazza.

<<Già...per Paige>>

L'ascensore arrivò al piano terra, Santiago cercò di sostenere Adrienne portandola fuori dal grattacielo, ad un tratto però lei tirò un urlo di dolore.

<<Hey! Che succede?>>domandò Santiago.

La fece appoggiare a una colonna, la guardò meglio e vide sfortunatamente che aveva qualcosa infilzato sotto al seno, sembrava un pezzo di legno proveniente da uno dei mobili, l'esplosione aveva causato anche questo problema.

<<Cavolo, perdi sangue Adrienne>>disse controllando la ferita della ragazza.

<<Non riesco più a camminare Santiago, vattene via>>bisbigliò la ragazza appoggiando la testa alla colonna.

Santiago le accarezzò il volto con le sue mani, la guardò negli occhi cercando di mantenere un segnale tra i due, Adrienne gli afferrò una mano, mentre i suoi occhi si stavano per chiudere lentamente.

<<Io non ti lascio sola Adrienne, non posso farlo....>>sussurrò il ragazzo singhiozzando.

<<Santiago... Festeggia con chiunque sia rimasto, celebra la nostra vittoria come se fosse la più grande>>sussurrò lei cercando di tenere gli occhi aperti e tenendo per mano l'amico.

<<Sì felice... Perché siamo liberi da questo mondo infinitamente crudele>> aggiunse chinando leggermente la testa.

<<Adrienne...>>sussurrò Santiago con le lacrime a gli occhi.<<Il potere può soltanto logorare chi non ce l'ha... E noi l'abbiamo appena perso>>

Adrienne chiuse gli occhi chinando del tutto il capo, la sua mano lasciò quella di Santiago e non diede più segnali, lui cercò di scuoterla cercando di svegliarla<<Non lasciarmi... Per favore! Hey... >>esclamò piangendo.

<<Svegliati... Adrienne...>>aggiunse esaurendo la voce e tirando su con il naso.

Capì che era definitamente morta, si alzò in piedi ormai disperato e ridotto in condizioni pietose.

Andò camminando con difficoltà verso l'uscita del grattacielo, all'esterno c'erano pattuglie di polizia e vigili del fuoco che stavano correndo all'interno, rimase fermo immobile dopo aver percorso qualche metro e aver raggiunto il marciapiede.

Prese una sigaretta dal taschino mentre la polizia lo puntava con le pistole e la accese senza alcuna fretta, alcuni agenti iniziarono ad avvicinarsi a lui lentamente e non abbassando la guardia.

Santiago dopo qualche secondo fece cadere la sigaretta che teneva tra le dita, e insieme a lei, anche lui cadde in ginocchio con il volto rivolto in alto e perdendo totalmente i sensi.

Era definitivamente finita, la battaglia finale si concluse senza un vincitore nonostante Santiago avesse portato lui e la sua amica francese a sopravvivere allo scontro a fuoco. 

La notizia della sparatoria iniziava a rimbombare tra i notiziari e i giornali di tutto il paese, durante le ricerche della polizia vennero trovati diversi esponenti della criminalità newyorkese e vennero tutti dichiarati morti.



Mark intanto aveva tutto pronto per partire.

Portò tutte le valigie davanti alla porta, poi spense la luce lasciando che quella del sole entrasse dalla finestra.

Era felice dopo tantissimo tempo, finalmente era arrivato il momento di cambiare vita e di vivere con la famiglia senza occuparsi più di nulla.

Qualcuno bussò alla porta, Markus andò con passo svelto e con gioia verso l'entrata<<Arthur?>Ma a bussare non era suo figlio, né sua figlia ma l'ex boss dei Vespucci.

Davanti a sé si palesò Angelina con una pistola in mano, rimase scioccato vedendo che la ragazza era ancora viva, fece qualche passo indietro cercando di allontanarsi e la donna alzò il braccio puntandogli l'arma alla testa.

Mark riuscì a farà cadere dalle mani di Angelina la pistola.

Con il piede la spostò sotto un mobile, la ragazza si tuffò su di lui cadendo insieme sul pavimento, mettendosi sopra di lui iniziò a colpirlo con dei pugni ripetutamente, Mark con le gambe la fece sbilanciare facendola cadere, si alzò in piedi prendendo una delle lampade e prima che Angelina lo raggiungesse gliela tirò colpendola in faccia, lei nonostante la botta andò comunque come un toro verso Mark cercando di farlo cadere a terra.

L'uomo la schivò facendole uno sgambetto e facendola volare per terra, era scombussolata dal colpo che aveva ricevuto in fronte, non riusciva a stare in piedi.

Markus si precipitò su di lei sferrandole un calcio dritto sul naso, e macchiando di sangue il parquet, Angelina si rialzò ancora una volta non perdendosi d'animo e prese alle spalle l'avversario cercando di strangolarlo stringendogli il collo con tutta la furia e l'odio che provava e che le dava sempre più forza.

Mark riuscì a resistere nonostante la donna continuava a non arrendersi, sollevò Angelina rimasta attaccata alla sua schiena, le afferrò il braccio e le fece fare un volo in avanti facendola cadere di schiena sul pavimento.

Mark ansimando cominciava a provare dei dolori al petto e a tossire pesantemente mentre Angelina piano piano cercava di rialzarsi barcollando.

Si mise una mano in bocca finché la tosse continuava a tormentarlo, sul palmo aveva del sangue e guardandolo realizzò che c'era un bel problema.

<<La Fetilina...>>borbottò guardando la mano.

Angelina abbassandosi prese la pistola rimasta sotto il mobile, si alzò in piedi lentamente e puntò di nuovo la pistola verso l'uomo, con il volto coperto dal sangue e con le gambe che gli tremavano.

<<È finita Markus Moreno>>sussurrò la donna fissandolo negli occhi.

Markus rimase immobile aspettando ciò che doveva fare Angelina.

<<Non sai da quanto aspettavo questo momento... Nove anni...>>disse Angelina con una risata isterica.

<<Nessuno...può sfidare la famiglia Vespucci->>Si sentì uno sparo alle sue spalle.

Cadde in ginocchio con un buco in fronte, con gli occhi persi nel vuoto e con il corpo che stava per cadere in avanti.

Markus rimase impassibile davanti a quella scena, Angelina cadde per terra creando una grande pozza di sangue.

<<Ti ho trovato Markus>>disse la losca figura che uccise Angelina.

<<Sonia...>>borbottò Mark guardando la bionda con una calibro 47 in mano.

<<Sei venuta per me non è così?>>chiese Mark mentre Sonia alzò la l'arma e la puntò verso il ragazzo.

Tra i due ci fu qualche secondo di silenzio, lei iniziò ad ansimare e tremare tenendo la pistola nella sua mano.

<<Sono stanca, non c'è la faccio più Mark>>confessò la ragazza tirando su con il naso.

<<Non voglio ucciderti>>aggiunse lasciando scorrere le lacrime sulle sue morbide guance.

<<Fallo>>rispose Mark guardandola con uno sguardo serio e rimanendo immobile senza muovere un muscolo.

<<Premi il grilletto Sonia>>aggiunse a bassa voce.

<<Se davvero vuoi questo... Dillo, dimmi che questa è la tua volontà>>disse la ragazza avvolta dalle lacrime e con la voce tremante.

<<Questa... è la mia volontà>>Sonia non riusciva a premere il grilletto.

<<Io non ho posso... Ho già perso troppe persone...>>ansimò Sonia esaurendo la voce.

<<Non voglio perdere anche te->>

Accidentalmente premette il grilletto, si spaventò dopo lo sparo e fece cadere l'arma.



Mark cadde all'indietro sbattendo la testa per terra.

Sonia con le mani che le tremavano come una foglia rimase qualche secondo a guardare il corpo di Markus senza vita e disteso sul pavimento.

Si fiondò su di lui cercando di prestargli soccorso, cercò di alzargli la testa provando a farlo respirare.<<MARKUS! MARKUS! SVEGLIATI! SVEGLIATI MARK! TI PREGO!>>urlò cercando contatto con lui.

<<MARK! MARKUS! SVEGLIA!!>>strillò tenendo tra le due braccia Markus.

<<Io non volevo farlo... Ho sbagliato a sparare>>aggiunse stringendo a sé l'amico e piombando in un pianto disperato.

Da quel momento Sonia realizzò che non le era rimasto più niente e nessuno, i suoi amici, sua sorella, suo padre, sua madre e il suo compagno erano morti assassinati, alcuni di loro per mano sua.

Aveva ucciso uno dei suoi più grandi amici di sempre dando spazio all'orgoglio e mettendo al primo posto la vendetta e il rancore che provava da quella riunione con la Sacra Familitas.

L'angoscia e il senso di colpa che provava dentro di sé la portò a non provare più nulla guardando Mark senza vita, esaurì le lacrime con gli occhi rossi e gonfi.

Si alzò in piedi lasciando il corpo di Markus per terra, dentro di sé sentiva un dolore indescrivibile, il giramento di testa la tormentava mentre passo dopo passo si dirigeva verso l'uscita della casa.

Si voltò verso il lago sconsolata,  fissandolo con uno sguardo perso nel vuoto  e con la mente svuotata dai pensieri, con i suoni della natura che riempivano l'atmosfera, cinguettii, l'acqua, il vento.

Lentamente entrò dentro il lago, andò avanti finendo sempre più in profondità.

Arrivò a un punto in cui era quasi completamente immersa nell'acqua, le arrivava al collo, chiudendo gli occhi abbassò la testa e andò giù immergendosi completamente.

Risalì in superficie dopo qualche minuto, il suo corpo galleggiava come una foglia sull'acqua, il volto rivolto verso il cielo dove probabilmente lei aveva deciso di andare, e il corpo senza vita si allontanava sempre di più trasportato dalle onde del lago.

Dentro casa sua arrivò un messaggio in segreteria per Markus.

Johnny si era schiantato in un albero con la testa poggiata al sedile e il busto probabilmente mal ridotto per l'incidente, con gli occhi socchiusi e il sangue che colava dalla fronte in giù cercò di parlare tenendo il telefono all'orecchio.

La ferita era decisamente peggiorata e aveva inciso sulla sua guida.

<<Ci hanno teso una trappola... Scappa prima che arrivino da te...>>sussurrò esaurendo le ultime energie, fece cadere il telefono ai suoi piedi e chiuse gli occhi abbassando il capo verso il basso.


Markus nonostante tutto ottenne ciò che infondo desiderava, la libertà da quella vita che lo portò ad annegare in un oceano di orgoglio, potere e avidità.

Consapevole di aver sconfitto tutti i suoi nemici, tranne uno ovvero il più grande, se stesso.


Ad un tratto aprì leggermente gli occhi.

Si trovava sdraiato davanti al lago, non c'era nessuno intorno a lui, le sue ferite non c'erano più, si toccò il petto non sentendo più dolore e si guardò la mano vedendo che il sangue era scomparso.

Si mise seduto alla riva guardando l'orizzonte e facendo un grande sospiro.

Alle sue spalle sentì dei passi avvicinarsi a lui lentamente, calpestavano le foglie degli alberi cadute sul sentiero, Markus mantenne lo sguardo avanti senza girarsi e senza dare importanza a niente.

Ad un tratto si fermò accanto a Markus, lui si voltò distogliendo lo sguardo dal lago, vide che era un uomo con un completo nero, scarpe lucide in cui quasi si poteva specchiare.

<<Forse doveva andare così>>sussurrò Markus voltandosi di nuovo verso le acque.

<<Può darsi, non lo sapremo mai>>rispose l'uomo accanto a sé sedendosi accanto a Mark

<<È bello vederti Jack>>sussurrò Markus voltandosi verso di lui.

Jack sorrise annuendo lentamente e si voltò anch'esso verso il lago che rifletteva il cielo nuvolo che rendeva l'atmosfera grigia.

<<Già... Anche per me>>rispose facendo un grande sospiro.

Markus prese uno dei sassi che circondava la riva del lago, lo guardò bene cercando di capire cosa non andasse, ma capì che il problema non era il sasso, ma il fatto che non aveva più il tatto.

<<Non abbiamo più nemici... Abbiamo vinto>>borbottò Mark incrociando le gambe e lanciando il sassolino sull'acqua.

Si sdraiò sulle pietre come se fosse sul suo letto, chiuse gli occhi godendosi il silenzio e  venne portato via dal suo ultimo ricordo.



La sera prima della partenza in Afghanistan, Markus e Charlotte erano andati a cena in un locale nuovo ad Atlanta, ovvero un ristorante italiano all'aperto con delle lampadine a luce soffuse collegate con dei fili e sospese in aria per dare un atmosfera quasi romantica, quasi tutti i tavoli erano pieni e i camerieri facevano avanti e indietro con piatti, posate e bicchieri.

<<Penso proprio che prenderò gli spaghetti>>disse Charlotte guardando il menù con indecisione.

<<Spaghetti? Non ti facevano schifo?>>chiese Mark mostrando in volto la sua perplessità.

<<Da quando mi fanno schifo? Non l'ho mai detto>>rispose

<<Due settimane fa siamo andati insieme a Rikardo in quel posto, come si chiama? Non mi viene in mente il nome...>>

<<Non lo so Mark->>

<<Dai che ti viene... È quel posto in cui abbiamo incontrato Jeannette>>disse mettendosi una mano sulla fronte scervellandosi.

<<Oh! Certo si, ora ricordo si chiamava Dōngfāng zhī ài>>

<<Si esatto Dong coso, avevi detto che facevano schifo>>Charlotte posò il menù sul tavolo rivolgendo lo sguardo verso il ragazzo.

<<Markus non è la stessa cosa, non li vendono neanche con gli stessi condimenti, sono proprio due cose distinte e separate>>disse sogghignando e scuotendo la testa.

<<Ok, ok va bene ho capito, ho detto una fesseria>>sbuffò appoggiando la schiena sullo schienale della sedia.

<<Grave, molto grave>>borbottò Charlotte cercando di non farsi sentire.

Ad un tratto alcuni si alzarono in piedi, ballarono quando in sottofondo partì "Historia De Un Amor" di Guadalupe Pineda, la maggior parte della clientela aveva un età poco più grande dei due ragazzi, la minoranza comprendeva persone con un età compresa tra i quaranta e i sessant'anni.

Charlotte si girò guardando i ragazzi danzare, diede un calcio alla gamba di Mark facendogli male e facendogli cenno di andare verso la massa.

<<Nah...davvero non mi va>>disse scuotendo la testa

<<Come? Dai forza non fare lo scemo>>esclamò sorridendo e alzandosi in piedi.

Andò verso la folla e iniziò a ballare allargando le braccia e alzando lo sguardo verso le lampadine che le illuminavano il viso sorridente che aveva.

Mark la guardò dalla testa fino ai piedi mentre danzava insieme a una trentina di altri ragazzi, la osservò come se fosse il suo gioiello più prezioso che aveva, come una divinità mitologica che si muoveva delicatamente seguendo la musica, provando soddisfazione e felicità ricordandosi che la donna più bella del mondo l'aveva lui.

Si alzò anche lui in piedi prendendosi di coraggio e andò verso di lei prendendola per mano e baciandola appassionatamente...

... Creando fortissime emozioni, provando cosa voleva dire amare ed essere amati,  sentendo il cuore fermarsi per un secondo dopo aver unito le loro due anime soltanto con un bacio,  diventando una cosa sola stringendo a sé la ragazza e facendo quasi toccare i due cuori che battevano all'impazzata.

Si dice che prima di morire riesci a vedere tutta la tua vita, possibile quindi che sia davvero così?

Markus probabilmente avrebbe confermato questa teoria, o forse no, lasciando tutti quanti con il dubbio ed evitando di rovinare l'effetto sorpresa.


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