Capitolo 12 ~ Direzione Giappone
Justin sentì dei movimenti, e poi una voce.
《Sono io!》
Era Love che gli correva incontro.
《E' successo qualcosa?》
《No》
Rispose senza alzare lo sguardo, si diresse verso una delle navicelle. Appoggiò il palmo dell'indice sopra la colonnina e una luce verdastra si accese, poi si spense ed il vetro che impediva l'accesso alla navicella sparì, di seguito la navicella si aprì e lui andò dentro, poi si richiuse automaticamente e sopra la navicella si formò un tubo bianco, la navicella passò attraverso ad esso ed il tetto si aprì solo sopra quella capsula. Justin era partito per la Terra. Love lo seguì contro la sua volontà, ma non aveva altra scelta.
Nel frattempo sulla Terra...
《Avanti!》
Si ripeteva Jacopo facendo avanti e indietro in una stanza. Era la sua camera da letto. I muri di un grigio chiaro completavano il parquet dello stesso colore nel quale era appoggiato un tappetto panna accompagnato da una sedia nera posta difronte ad una scrivania di finto legno nero, di fianco c'erano mensole del colore della scrivania con dei libri e cianfrusaglie varie. Il letto era posto dall'altro lato del tappeto, era azzurro e dello stesso colore erano le mensole sopra di esso. Vicino c'era una grande lampada sufficiente ad illuminare solo una parte della stanza. Il terrazzo si trovava più in là del letto.
《Basta non ne posso più!》
Non si era reso conto del fatto che stava pensando ad alta voce. Era preoccupato per Peter che era in coma ormai da mesi. Era sicuro che si sarebbe ripreso, ma aveva paura che gli essere che avevano tentato di ucciderlo tornassero per finire il lavoro che avevano iniziato. Non sapeva bene chi fossero e perché erano contro Peter, ma lui non poteva far altro che essere dalla parte dell'amico a cui era stato sempre fedele. Aveva paura che quei nemici sconosciuti si spingessero oltre l'uccidere una persona, ma distruggere l'intero mondo, aveva paura che tutto quello che ora lo circondava potesse sparire assieme a lui per non tornare mai più. In casa non c'era nessuno, era solo. Strinse i pugni. Poi si accertò di avere il cellulare in tasca, prese qualche spicciolo e le chiavi di casa. Aprì la porta bianca e uscì dall'edificio lasciandolo incustodito. Davanti casa sua prese la sua bici bianca e si avviò verso l'ospedale.
Nella stanza dov'era Peter trovò Sharon, la sorella minore dell'amico, ci facevano un paio di anni al massimo di differenza, era seduta su una sedia e fissava il nulla difronte a sé stessa. Aveva i capelli rossi e ricci lunghi sino alle spalle, gli occhi grigi si perdevano nel silenzio e la pelle chiara incombeva sulle labbra quasi candide.
《Come sta?》
Le chiese il ragazzo.
《Non bene》
Le rispose lei freddamente senza fare il minimo movimento. Lui rimase in piedi accanto a lei. Ci fu un attimo di silenzio in cui il tempo sembrò fermarsi e l'aria sembrava immobile.
《Nessuno lo aveva mai battuto》
Disse rimanendo immobile.
《Devono essere davvero forti quelli che ci sono riusciti, pensavo fosse il più forte di questo mondo》
Continuò, poi finalmente rivolse il suo sguardo verso Jacopo.
《Infatti loro non sono di questo mondo》
《C'eri anche tu quando è successo? Chi erano?》
Sharon si protese verso di lui in cerca di una risposta. A quel punto anche Jacob si voltò verso di lei. Il suo sguardo agghiacciante lo bloccò di colpo.
《Sai qualcosa?》
Continuò a chiedergli insistentemente come se non ci fosse un domani.
《Io l'ho visto》
Ci fu un attimo di silenzio e gli occhi di Sharon sembravano essersi fatti più grandi.
《L'ho visto》
《Chi era? Hai un nome?》
Chiese sperando in una risposta certa.
《No, non so niente, sono arrivato troppo tardi, ho provato ad ucciderlo ma...》
《Ma?》
《Peter me l'ha impedito dicendo che avrebbe voluto combattere ancora con lui》
《E' scemo》
《Sì》
Jacopo cominciò a ripensare a quell'attimo che aveva raccontato alla ragazza e si pentì di aver dato retta all'amico. Sharon cominciò a farsi ulteriori domande in testa che si aggiunsero ad altre e la sua testa stava per scoppiare. Prese la sua borsa dallo schienale della sedia e se ne andò per tornare poco dopo.
Tre giorni dopo...
Peter era disteso sul letto con una miriadi di apparecchi attorno.
Da nero vide la luce.
《Peter! Peter!》
Gridava sua madre piangendo e con le mani sugli occhi per asciugare le lacrime.
《Si è svegliato! Si è svegliato!》
La sua voce si perse tra il caos generale dei dottori e delle infermiere che accorsero.
Il giorno dopo a casa di Jacopo...
Tutto sembrava andare bene dopo la notizia del fatto che Peter si era svegliato dal coma, la casa sembrava essere priva di quell'aria ansiosa che la colmava il giorno prima. La luce filtrava limpida dalla finestra della camera del ragazzo che stava compiendo i compiti per il giorno dopo sulla sua fidata scrivania accompagnato da un computer portatile e da una pila di libri.
La porta si spalancò di colpo senza alcun preavviso e Jacopo fece un salto giù dalla sedia nera.
《Peter! Che ci fai qui? Da dove sei entrato?》
Chiese Jacopo incredulo all'amico con gli occhi spalancati.
《La finestra era aperta》
Rispose lui sorridendo indicando il piano superiore come se nulla fosse.
《Come fai ad essere qui? Ti sei svegliato solo ieri!》
《I dottori hanno detto che stavo benissimo, bene come se non fosse accaduto nulla e che non hanno mai visto una cosa del genere》
《E ci credo! Cosa hai intenzione di fare?》
Peter si fece serio.
《Torneranno. Devo assolutamente migliorare per quel giorno che verrà》
Sorrise, Jacopo non riusciva a capire come facesse ad essere così calmo e spensierato, ma in fondo il ragazzo aveva ragione, doveva allenarsi per non finire battuto nuovamente e finire all'altro mondo assieme a Mark.
《Dove ti allenerai?》
Chiese pensando di avere una risposta vaga dall'amico, ma non fu così.
《Da Tom》
Jacopo lo guardò con faccia interrogativa e sorpresa, esisteva veramente qualcuno che lo avrebbe fatto allenare?
《Tom?》
《Sì, è lui che mi ha insegnato tutto, come pensi che sia così forte?》
In effetti Jacopo non se l'era mai chiesto, visto che si conoscevano solo da qualche mese, ma nonostante ciò era diventato subito un amico di famiglia dato che era l'unico in quella città che era suo amico dato il suo recente trasferimento.
《E dove abita?》
Peter ci pensò un po' puoi rispose.
《In una piccola città sperduta in Giappone》
《Giappone!? E come ci arriviamo? Ah giusto, sai volare, me l'ero scordato》
Peter trattenne una risata tappandosi la bocca con la mano fallendo miseramente.
《Allora andiamo?》
Scrisse un messaggio ai suoi dicendo che era partito senza dire per dove e lo stesso fece Jacopo. I loro genitori sarebbero morti per la paura, ma dovevano farlo, non potevano spiegare tutto o li avrebbero presi per pazzi o che so io.
Il giorno dopo in una piccola cittadina in Giappone...
《Sei sicuro di volerti allenare da solo, Peter?》
Chiese Tom. Era un uomo sulla settantina, calvo, con una barba nera non troppo lunga, basso e minuto, i suoi occhi azzurri incombevano e solo a guardarli ti infondevano coraggio e speranza.
《Ragazzo tu che fai? Vieni con me?》
Si rivolse a Jacopo che si voltò verso l'amico alla ricerca di un suggerimento, lui gli fece cenno di andare, così l'adolescente fece cenno di sì con la testa ed i due si allontanarono da quel luogo sperduto in mezzo alla campagna deserta. Peter si sentiva più sicuro che mai e niente e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea: avrebbe battuto quei due per il bene di tutti.
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