30. Assemblea Purissima
Seduto sulla solita panchina in attesa dell'autobus, Neil dondolava nervosamente le gambe. Nella piccola piazza si vedevano solo un paio di ragazzini che giocavano con un pallone sgonfio e una vecchina avvolta in uno scialle di lana viola che si tormentava gli occhiali davanti a un manifesto affisso al muro di un negozio sempre chiuso. Lungo la strada, due uomini con una divisa arancione stavano spazzando via le foglie e le cartacce volate via col temporale di quella mattina. Tutti Insani, in quel quartiere malfamato.
Per ingannare il tempo, Neil tirò fuori il portafoglio dalla giacca e controllò per la terza volta che avesse con sé un biglietto valido. Ma l'autobus non si vedeva ancora, e così il ragazzo si mise a setacciare ogni scomparto, estraendone pezzi di carta, scontrini, una fototessera e altre cianfrusaglie che gonfiavano inutilmente il suo portafoglio. Trovò anche, con una certa gioia, una banconota spiegazzata e la mise in salvo insieme alla fototessera. Gettò tutto il resto nel cestino della spazzatura, vicino alla panchina.
Quando fece per infilare la banconota nella tasca più grande del portafoglio, incontrò una leggera resistenza. Setacciò la tasca e tirò fuori qualcosa che non aveva notato prima. Era un foglietto di carta che recava la calligrafia storta e inconfondibile di Anandria.
Neil e Anandria amici per sempre.
Gli venne da piangere. Aveva del tutto dimenticato quel biglietto: doveva essere lì da almeno sei anni. Carezzò il cuoricino disegnato da quell'Anna adolescente che gli mancava tanto e cacciò indietro le lacrime quando si accorse che la vecchina con lo scialle lo stava fissando.
«Ehi, tu... giovanotto? Potresti venire un momento?»
Neil chiuse il portafoglio, se lo rimise in tasca e si alzò dalla panchina.
La vecchina indicò il manifesto. «Cosa c'è scritto? Non ci vedo, è troppo piccolo.»
Lui si avvicinò, strizzò gli occhi alla luce giallastra dei lampioni e cominciò a leggere ad alta voce. «"Al fine di tutelare il popolo Paziente dopo le crescenti aggressioni degli Insani, a partire dal 15 aprile questi ultimi dovranno attenersi alle disposizioni esposte nei seguenti punti e approvate dall'Assemblea Purissima". Assemblea Purissima? Non l'ho mai sentita.»
«L'hanno detto in televisione» spiegò la vecchina. «È un'associazione di Pazienti che si riuniscono per creare delle leggi contro gli Insani. La solita storia, insomma.»
Il manifesto recava cinque titoli evidenziati in neretto. «"Punto primo"» riprese Neil. «"Al fine di migliorare la circolazione stradale e salvaguardare la popolazione Paziente, è fatto divieto a tutti gli Insani di guidare qualsiasi veicolo a motore. Punto secondo: è interdetta agli Insani la permanenza prolungata in luoghi pubblici, al fine di evitare turbamenti sociali e tutelare il decoro cittadino. Punto terzo: agli Insani non sarà più concesso richiedere le pensioni di anzianità e di invalidità".»
«Ma cosa significa? Chi già le prende potrà continuare a riceverle?»
«Non è specificato, signora, ma conoscendo i Pazienti credo proprio di no.»
La vecchina inveì. «Faranno davvero una cosa del genere? Possono davvero farlo?»
Neil rimase in silenzio. Quell'accanimento contro gli Insani gli pareva sempre più assurdo, ma al tempo stesso cominciava a esserci tristemente abituato.
«Ho lavorato per cinquant'anni» continuò la vecchina, «ho sgobbato come una bestia per dare da mangiare ai miei figli e ai miei nipoti, e non è servito a niente. Se mi tolgono anche quel poco che mi resta, io non so più che cosa fare. Ci stanno lasciando morire di fame.»
Neil la vide farsi sempre più piccola e curva sotto al peso dei singhiozzi che cominciavano a scuoterla. Abbassò lo sguardo sulle scarpe, a disagio. Di rado nella sua vita si era sentito più inutile.
«Lei ha perfettamente ragione» disse invano mentre la vecchina si allontanava avvilita, stringendosi nel suo scialle.
Rimasto solo davanti al manifesto, Neil si concentrò sugli ultimi due punti.
Punto quarto: sono proibite le associazioni composte da soli Insani a prescindere dagli scopi perseguiti (direttamente o indirettamente). Con il termine "associazione" si intende qualsiasi riunione composta da due o più persone.
Punto quinto: a nessun Insano è concessa la possibilità di convivere con membri estranei al proprio nucleo familiare.
Neil trattenne il respiro. Stavolta i Pazienti avevano davvero esagerato. Giocavano sempre più sporco sulla loro scacchiera macchiata di corruzione: le loro pedine candide sembravano imbattibili, sempre in vantaggio sui pedoni neri dell'Insanità.
In fondo al manifesto, l'Assemblea Purissima – in sigla A.P. –, invitava gli Insani recidivi a regolarizzare la propria posizione entro il 15 aprile per non incorrere nelle pesanti sanzioni. "Regolarizzare", in questo caso, significava abiurare i propri princìpi diventando Pazienti, oppure vivere come animali in gabbia. E questo Neil non credeva di riuscire a tollerarlo.
Quando si rese conto che stava violando al tempo stesso sia il quarto sia il quinto punto, il ragazzo si sentì mancare. Il Ponte di Nessuno era in pericolo. Doveva avvertire Arun.
Nella piccola piazza, la vecchina era sparita, i ragazzini non vedevano altro che il loro pallone e i netturbini erano lontani e voltati di spalle. Allora Neil prese un lembo del manifesto tra le mani e tirò, strappandolo via dal muro. Lo ripiegò alla meglio e se lo infilò in tasca. Poi si mise a camminare in tondo, sempre più nervoso.
Aspettava ormai da quasi quaranta minuti: seppure avesse visto arrivare l'autobus in quel preciso momento, non avrebbe fatto in tempo a fare la spesa. Al suo arrivo in città, i supermercati sarebbero stati prossimi alla chiusura. Maledisse l'autobus e se stesso per non essere uscito prima, raggiunse la vecchia bici che aveva legato al solito palo e sedette sul sellino.
Nel voltare la bicicletta per tornare verso casa, incrociò lo sguardo di uno dei due netturbini. Aveva qualcosa di familiare.
«Adam!» lo chiamò. «Da quanto tempo, come stai?»
Lui lo scrutò per qualche istante. Il modo in cui lo osservava non lasciava presagire nulla di buono.
«Sai tutto, immagino» bofonchiò infatti. «Magari lo sapevi fin dall'inizio e mi hai lasciato all'oscuro di tutto. E hai pure la faccia tosta di chiedermi come sto?»
Neil esitò, interdetto, ma Adam non gli diede il tempo di ribattere.
«Di certo lei te ne avrà parlato: lei ti ha sempre detto tutto! E adesso mi ritrovo una sorella Paziente. Sai che non vuole più vedermi? Ha detto che devo smettere di considerarmi suo fratello.»
Adam trattenne un singhiozzo. Neil capiva benissimo come doveva sentirsi: Anandria per lui era tutto ciò che restava della sua famiglia d'origine.
«Mi dispiace» gli disse sincero. «Vorrei tanto poter fare qualcosa per...»
«L'ho persa, ormai!» Adam lo interruppe di nuovo. «Persa per sempre! Ed è anche colpa tua e della strana gente che frequenti!»
Neil cominciava a scaldarsi. «Cosa diamine c'entro io, scusa? Guarda che non ne sapevo niente!»
«Avresti dovuto starle vicino! Avresti dovuto...»
«Anche per me è stato un colpo scoprire quello che ha fatto!»
«Ma avresti potuto fermarla!»
Adam non ragionava. Il suo collega gli comparve alle spalle e lo voltò di peso. «Stai calmo, d'accordo?» gli disse, poi si rivolse a Neil. «Perdonalo, sta passando un brutto periodo.»
Gli fece cenno di allontanarsi e Neil, ancora in sella alla sua bici, mise un piede sul pedale.
«Tutti stiamo passando un brutto periodo!» sbraitò prima di partire. «Invece di litigare tra noi, dovremmo darci una mano!»
Non attese una risposta, né aspettò che Adam si calmasse. Filò via a tutta velocità, tremando e ansimando.
Che giornata di merda!
Come se lui non si sentisse abbastanza in colpa. Come se non fosse già devastato dentro. Adesso ci si metteva anche Adam con quella stupida sfuriata!
Anandria era stata tutto per Neil. La sua ancora, la sua luce, il suo punto di riferimento. E lui, in cambio, era stato un pessimo amico. Ma cosa poteva farci se il mondo aveva cominciato a impazzire ed essere Insani stava diventando una sfida sempre più difficile?
Neil e Anandria amici per sempre.
Infine, Neil liberò le lacrime e lasciò che gli bagnassero il viso, gelando al vento.
Non appena intravide il cancelletto sbilenco che segnalava l'ingresso nella proprietà di Arun, Neil scese dalla bici. Il gattone grigio corse a dargli il benvenuto, come al solito, e il vecchio gli aprì la porta sorridendo, ma lui non riuscì a ricambiare. Si infilò in casa e si piazzò davanti al camino, infreddolito.
Arun lo raggiunse strascicando i piedi. «È successo qualcosa?»
«Non sono riuscito a fare la spesa. L'autobus non è passato.»
«Non importa. È successo qualcos'altro?» infierì Arun, marcando le ultime parole.
Neil non aveva alcuna voglia di parlargli di Adam. Senza una parola, si sfilò il manifesto strappato dalla tasca e lo porse al vecchio, che lo lesse alla luce della lampada.
Lo sguardo di Arun si faceva più serio man mano che andava avanti. «A.P. sta per Associazione di Porci?» chiese poi, e Neil si lasciò sfuggire un sorrisetto.
«È l'Assemblea Purissima, o qualcosa del genere» riuscì a dire prima che un attacco di tosse lo soffocasse.
Arun borbottò qualcosa a proposito del tè ancora caldo che aveva appena preparato, sparì per qualche secondo nel tinello e tornò con una tazza fumante.
«Mettici il miele» disse a Neil, porgendogliela.
Lui ignorò il consiglio e fece un paio di sorsi. «Ti rendi conto?» fece poi. «Hanno soppresso la libertà di associazione!»
«Questo è l'ultimo dei nostri problemi.»
«E il Ponte di Nessuno?»
«Sopravvivrà, ovvio.»
Neil si rigirò la tazza tra le mani. «Ma è illegale... se dovessero scoprirci, saremmo nei guai. E poi, di questo passo nessun Insano vorrà più fare qualcosa di concreto!»
Arun sorrise tra sé, lo sguardo basso. «Se vuoi che qualcuno faccia qualcosa» disse poi, «tu vietagliela. Ci hanno fatto un grosso favore, questi porci, perché se al mondo è rimasto qualche Insano con un briciolo di cervello ora capirà che non ha altra scelta: resistere o morire.»
«Quindi la Resistenza non si fermerà?»
«Certo che no. Anzi, ti dirò di più: questo è proprio lo slancio che ci serviva.»
Neil sospirò. «Comunque ho preso una decisione.»
«Cioè?»
«Me ne vado. Dal 15 aprile gli Insani non potranno più convivere con persone esterne alla loro famiglia, e quindi...»
«Ma che stai dicendo?» lo interruppe Arun. «Neil, per favore. Non hai dove andare, non hai un lavoro e non ce l'hai più una famiglia. Accetta la mia ospitalità, te ne prego.»
«La polizia viene qui troppo spesso: ci scopriranno e metterò nei guai anche te.»
«Staremo attenti. E poi cosa vuoi che me ne importi? Ormai sono un vecchio ultrasettantenne che ha già vissuto parecchi guai: uno in più non farà la differenza.»
Neil alzò le spalle, poco convinto. Non sarebbe stato facile. Le visite della polizia si sarebbero fatte sempre più frequenti, sempre senza alcun preavviso. E lui nell'arco di due settimane sarebbe diventato ufficialmente un fuorilegge.
Finì di bere il suo tè, posò la tazza nel lavandino del tinello e si avviò in soffitta, tossendo.
«Dove stai andando?» gli chiese Arun.
«A finire di leggere una cosa.»
«Guarda che di sopra fa freddo e tu non stai molto bene.»
«Solo una mezz'ora.»
Era buffo pensare che fino a qualche tempo prima Arun aveva dovuto pregarlo per fargli continuare gli studi; ora, invece, Neil era così preso da quei libri che niente avrebbe potuto convincerlo a rimandare. Seduto alla scrivania, ignorò la stanchezza e si concentrò, cercando di scacciare l'inquietudine che l'incontro con Adam gli aveva gettato addosso.
Riuscì a studiare per pochi minuti; poi un rumore di voci indistinte attirò la sua attenzione. Possibile che fosse arrivato qualcuno? E allora perché Arun non l'aveva avvertito?
Curioso, si sporse appena per le scale. Dal salotto veniva una strana luce cangiante, tendente al blu.
La televisione. Era soltanto la televisione accesa.
Neil tornò di sotto, avvolto nella coperta di lana verdastra che aveva improvvisato come mantello per tenersi al caldo. Arun ascoltava pigramente le notizie del telegiornale, seduto accanto al camino col gatto sulle gambe. A una sua occhiata interrogativa, rispose con un'alzata di spalle.
«Dopo quella robaccia che mi hai fatto leggere stasera, mi è venuta una certa curiosità» spiegò.
Neil appoggiò la schiena al muro e si concentrò sul notiziario. Una giornalista bionda stava annunciando che le temperature si sarebbero alzate entro il fine settimana e lui starnutì come per contraddirla. Le notizie successive riguardavano, nell'ordine, il matrimonio tanto atteso di una stella del cinema con un noto presentatore televisivo, l'arrivo sul mercato di orridi stivali a punta firmati da una famosa casa di moda e l'aumento del costo dei biglietti dei mezzi pubblici.
«Lo sapevo, tutte scemenze» fece Arun, ma si interruppe quando la voce schietta della giornalista parlò dello strano fenomeno che si stava presentando sempre più di frequente tra gli Insani d'ogni dove: una sorta di pazzia generale, le cui cause erano ancora sconosciute.
«Gli esperti sostengono che si tratti di un'alta forma di stress» stava dicendo la giornalista, «che è in grado di procurare danni a livello cerebrale. Tra i principali sintomi vi sono spasmi, malori in tutto il corpo, collera e crisi isteriche. Se riconoscete uno di questi segnali nelle persone che vi circondano, state lontani da loro: potrebbero agire in maniera pericolosa. Molti degli Insani affetti da questa patologia cercano di convincere gli altri di essere dei Pazienti: non facciamoci ingannare.»
«Cos'è, una nuova pubblicità della pillola?» fece Neil, ma stranamente la giornalista non fece parola del farmaco miracoloso che avrebbe potuto salvare le vite dei poveri Insani caduti nella pazzia.
Il telegiornale si concluse in fretta per dare spazio alla nuova fiction che aveva come protagonista una giovane mamma Paziente alle prese con la scuola perfetta dei suoi bambini. Arun spense il televisore senza esitazione.
«Non hanno dato molte informazioni su questa nuova malattia» osservò Neil.
«Già.»
«E non hanno ricordato al mondo che basta una pillola a risolvere ogni cosa.»
«No. Stavolta no.»
«Neanche il film che hanno mandato in onda dopo il telegiornale rimandava alla pillola o alle nuove malattie.»
«Vedo che ragioni.»
«Che cosa significa?»
Arun non rispose subito. Prima si alzò, si trascinò verso la finestra, la aprì appena e si accese una sigaretta.
«Non ne sono sicuro» disse poi, «ma c'è qualcosa di strano. Non la raccontano giusta, i nostri cari Pazienti. Direi che ci stanno nascondendo qualcosa: qualcosa di grosso, che forse non hanno capito neanche loro.»
Neil aggrottò la fronte. «Quindi?»
«Quindi non è una gran novità, in fondo» concluse il vecchio, pensieroso. Neil spiò di nascosto il suo sguardo, che voleva mostrarsi forte e invulnerabile, ma che in realtà celava una scintilla di apprensione nelle iridi stanche e nelle palpebre tremolanti. Poi, dopo l'ennesimo attacco di tosse, si decise a mettersi a letto.
«Non ceni?» gli chiese Arun quando Neil gli augurò la buonanotte.
«Non ho fame.»
Steso sotto alle coperte, Neil si sentiva vorticare. Gli occhi gli bruciavano e gli doleva ogni punto del corpo. Si toccò la fronte e si accorse che scottava.
Provò a pensare all'ultima volta che era stato male al punto di doversene restare a letto senza pensare a niente e non riuscì a trattenere il ricordo di sua madre che gli portava una bevanda calda, una coperta in più o che gli teneva semplicemente la mano.
Come gli mancavano, adesso, tutte quelle piccole attenzioni!
Con uno sforzo che gli sembrò sovrumano, Neil si alzò dal letto e si trascinò fino al vecchio comò squadrato. Aprì uno dei cassetti, ne tirò fuori la sciarpa nera sepolta sotto cumuli di stoffa e se la mise al collo. Nonostante il naso chiuso, riuscì a respirare il profumo di sua madre, ben camuffato da un forte odore di lana e naftalina. Un profumo che sapeva di casa. E cullato da quel profumo, Neil s'addormentò.
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