21. Arte da contratto



Il curatissimo salotto del signor J. non era mai stato così pieno. Avvocati, professori, dame e nobildonne strette nei loro vestiti eleganti conversavano amabilmente, scambiandosi parole accompagnate dalle note soffuse di un brano classico.

Jamie, bellissima come sempre, era vestita con un abito color argento che luccicava prezioso sulle sue curve. Aveva i capelli sciolti che le ricadevano sulla schiena, e le unghie smaltate di azzurro le mettevano in risalto le mani affusolate.

Il signor J. le sorrise. Lei lo notò, gli andò incontro radiosa e gli stampò un bacio sulle labbra.

«Sei stato carino a organizzare questa splendida festa» gli disse.

Lui le prese le mani con delicatezza. «Aspetta che arrivi l'ospite più importante!»

Jamie sorrise e si strinse a lui. Gli accarezzò le guance, gli passò un dito sul profilo del lungo naso, gli stampò un bacio sulle labbra, a cui lui rispose con un certo vigore.

L'ospite speciale non tardò ad arrivare; giunse alla villa del signor J. accompagnata dal suo autista personale e salì con eleganza le scalette che precedevano l'ampio porticato d'ingresso, fasciata nel suo cappotto viola. Una folata di vento le fece svolazzare i capelli voluminosi, rosa dalle punte bianche.

«Dottoressa Common!» Il signor J. le andò incontro e le porse la mano. «Si accomodi pure in casa, è più che benvenuta!»

«Grazie, troppo gentile» disse lei con la sua voce vellutata.

Il signor J. le presentò Jamie e lasciò che le due donne parlassero da sole, mentre andava alla ricerca del professore che gli aveva dato quella meravigliosa opportunità. Quando lo trovò, lo ringraziò con un bicchiere dell'ottimo champagne che da anni teneva da parte per le occasioni speciali.

«Al successo!» brindò il professore.

«E alle donne!» gli fece eco il signor J.

«E al matrimonio!»

«E, naturalmente, alla pillola!»

Il signor J. era stato molto fortunato a incontrare quell'uomo. Era un suo collega, insegnava psicologia, e conosceva abbastanza bene la dottoressa Common da poterla invitare a quella festa esclusiva. Con sommo piacere del signor J., la Common aveva accettato quell'invito, forse convinta dal professore. Sarebbe stato un vero privilegio poter parlare da solo con lei.

La festa procedette senza intoppi: il buffet era favoloso, così come la musica, la compagnia e le conversazioni. Quando tutti ebbero mangiato abbastanza, il signor J. fece l'annuncio che l'intera sala attendeva: presto, lui e Jamie si sarebbero sposati. I bicchieri tintinnarono, la sala risuonò delle ovazioni e degli applausi, mentre la donna della sua vita sedeva accanto a lui con il sorriso più bello che il signor J. avesse mai visto. All'improvviso seppe che non desiderava niente di più al mondo e strinse forte a sé la sua splendida fidanzata.

Ancora qualche pettegolezzo scambiato tra quei Pazienti di un certo livello, poi il signor J. pensò che il momento di parlare a Susie Common fosse arrivato. La cercò con lo sguardo e la trovò seduta su un soffice divanetto, una mano che reggeva un sottile bicchiere colmo di champagne e l'altra infilata con grazia tra i capelli. Era intenta ad ascoltare i complimenti che una bella donna sulla trentina le stava porgendo, compiacendosi di sé con un largo sorriso.

«Io la seguo tutti i giorni in televisione!» le stava dicendo la donna. «Le parole che dice sono meravigliose, hanno un significato profondo, e io la ammiro molto per questo! Lei dà finalmente un po' di speranza a quei poveri Insani che non hanno le capacità di comprendere quello che fanno, poverini...»

Il signor J. richiamò l'attenzione delle due donne con un colpetto di tosse.

«Perdonatemi, avrei bisogno di parlare con la dottoressa Common. Mi scuso per l'intrusione» disse in tono pacato.

La bella signora farfugliò qualcosa a proposito del fatto che il signor J. era il padrone di casa, la festa era in onore del suo fidanzamento e quindi aveva tutto il diritto di intromettersi nelle conversazioni dei suoi invitati. Quando finalmente li lasciò soli, lui tirò un sospiro di sollievo.

«Non qui. Preferirei parlare in un posto dove nessuno ci sente» disse Susie Common.

«Possiamo andare fuori, nel porticato. Ci riparerà dal vento.»

La dottoressa e il signor J. uscirono silenziosi dalla sala, cercando di farsi notare il meno possibile.

Fuori la notte era bellissima, fredda e illuminata da un grosso spicchio di luna. Il cielo era pieno di stelle, ma loro non le vedevano.

«Che cosa posso fare per lei, professore?»

Il signor J. sorrise a quell'appellativo a cui non era ancora abituato. «Ecco, la mia fidanzata ha delle ottime doti di attrice. Quando era ancora Insana studiava recitazione e frequentava i teatri, e così ha sviluppato un certo talento. Certo, adesso ha smesso e non ha più bisogno di sfogarsi con il teatro. Tuttavia mi ha confessato che uno dei suoi desideri più grandi è farsi notare dal pubblico, apparire sul grande schermo e recitare da Paziente. Oh, se solo lei riuscisse a fare qualcosa per lei... sarebbe il regalo di matrimonio più bello.»

La Common sembrò riflettere un momento. «Forse qualcosa posso fare.»

«Dottoressa, ma è fantastico!»

«Deve sapere, tuttavia» continuò lei, «che la recitazione ha significati molto diversi per un Paziente rispetto a un Insano: per quest'ultimo il teatro è un'arte, un modo per manifestare le emozioni, è uno sfogo e spesso è una fuga dai propri problemi e dalla vita reale. Per noi Pazienti, invece, il mestiere di attore è solo un lavoro come tanti. Noi non recitiamo per sfogarci, per ritrovare noi stessi o per omaggiare un'arte di cui non sentiamo il bisogno. No, noi recitiamo per trasmettere un semplice messaggio.»

«Certo, lo immaginavo. E di cosa si tratta?»

Susie Common si ravvivò i capelli rosa con una mano. «Beh, è semplice. L'arte aiuta gli Insani, ma per noi è un elemento del tutto inutile. Questo lei lo sa, immagino: il suo collega mi ha detto che prima di prendere la pillola lei dipingeva quadri e scriveva poesie. Io non posso comprenderlo, perché sono Paziente da quando avevo nove anni, ma questa faccenda mi ha sempre affascinato e l'ho studiata a fondo. Comunque, prima che divaghi troppo, ciò a cui voglio arrivare è che noi Pazienti ricorriamo a ciò che per gli Insani è arte per raggiungere un duplice scopo: ottenere il consenso delle masse Insane e trasmettere un messaggio di propaganda della pillola. Ciò che fanno gli attori Pazienti nei film e nelle trasmissioni televisive non è altro che mostrare alla gente la verità, ossia come sarebbe la loro vita se decidessero di prendere la pillola. Noi mostriamo loro gli effetti della nostra scelta, nella speranza che gli Insani si ravvedano e prendano la giusta decisione. Non c'è arte nel nostro modo di recitare, ma solo un contratto. Gli attori che vediamo in televisione hanno un solo compito: esibire la loro bellezza, i loro corpi e i loro stili di vita davanti agli Insani.»

«Quindi tutto questo si può definire un sistema corrotto?» domandò il signor J., calmo. In altri tempi si sarebbe infuriato davanti a una notizia del genere, ma adesso la sua mente Paziente, fredda e razionale, non gli trasmetteva alcuna rabbia né indignazione.

«A me piace pensare che sia un modo non per ingannare gli Insani, ma per aiutarli a rendersi conto di ciò che potrebbero avere e a cui rinunciano senza un motivo. Vede, professore, c'è uno studio psicologico approfondito dietro a ogni trasmissione televisiva, dietro a ogni film o pubblicità, e ciò che noi vogliamo non è la caduta degli Insani, ma la loro sincera e consapevole conversione alla pillola e ai giusti ideali.»

«Ha ragione, dottoressa. Cosa c'è di meglio che dare una prova reale della nostra felicità? Io stesso ho rimpianto spesso di non essere ricorso prima alla pillola, ma non è mai troppo tardi per cominciare a vivere, e l'importante è che alla fine io abbia capito. Utilizzare i mezzi di comunicazione a cui gli Insani ricorrono per esprimersi può rivelarsi un ottimo metodo: i Pazienti non distruggono l'arte, ma la trasformano in un messaggero di speranze.»

Susie Common annuì compiaciuta. «Vedo che ha capito alla perfezione» gli disse e il signor J. le sorrise.

«Allora, può fare qualcosa per Jamie?» ribadì.

«Solo se lei comprende questo sottile meccanismo, e solo se è interessata esclusivamente al denaro. Il talento non conta in questi casi: tutti i Pazienti possono avere talento, se lo vogliono.»

«Sono sicuro che sarà d'accordo con me.»

«Capisco. Beh, talento a parte, devo riconoscere che Jamie è davvero una bella donna. Ha il fascino della maturità, e quei tratti del viso così singolari...» La Common tacque per qualche secondo. «Conosco abbastanza bene il regista di una serie tv che sta riscuotendo un certo successo» disse poi. «Se non erro, stanno cercando nuovi volti; posso fare il nome della sua fidanzata e farle ottenere un'audizione.»

Il signor J. traboccava di gioia. «Dottoressa, io la ringrazio!»

«Non è necessario, caro. È un piacere per me aiutare le persone che, come voi due, hanno da poco intrapreso la giusta strada. Sono contenta per lei: in soli tre mesi è riuscito a realizzare i suoi sogni, e adesso addirittura sta per sposarsi con un gioiellino come Jamie! Le porgo le mie congratulazioni, professore, con l'augurio di ottenere dalla vita ancora di più.»

«La ringrazio, dottoressa» disse il signor J. «Per me è stato un onore riceverla tra i miei ospiti.»

La Common sorrise affettata. Si strinse nel cappotto viola, si ravvivò i capelli come al suo solito e scambiò qualche altra parola formale con il padrone di casa. Quando una folata di vento particolarmente gelida li fece rabbrividire, entrambi si voltarono e tornarono indietro, verso la porta d'ingresso della villa dove la festa continuava e le voci degli invitati risuonavano allegre.

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