15. Propaganda



Arun scese la scala a chiocciola con una velocità che Neil trovò eccessiva per una persona della sua età.

«Stammi dietro, ragazzo!»

Neil si affrettò alle sue spalle su quegli insopportabili gradini triangolari, divorato dall'ansia e dalla curiosità, e raggiunse trafelato il salotto, in cui Arun era appena sparito.

Trovò il vecchio nel minuscolo angolo cottura in fondo alla stanza, piegato sulle ginocchia a rovistare in un mobile da cui cacciò fuori alcune bustine di tè. Mise un vecchio bollitore sul fuoco, prese due tazze sbeccate dallo scolapiatti e un barattolo di miele dalla dispensa, poi si appoggiò con la schiena al muro e restò a osservare tranquillo l'acqua che cominciava a scaldarsi.

Nel frattempo Neil se ne stava lì impalato, spostando il peso da un piede all'altro con evidente imbarazzo. Proprio mentre stava per chiedere spiegazioni ad Arun, il vecchio parlò.

«Brutta carogna, la vecchiaia» disse enigmatico. «Ti rende debole e incompreso. È così triste e deplorevole dipendere da una tazza di tè.»

Neil abbassò lo sguardo, a disagio.

«Siediti, non startene lì fermo come un vegetale!» gracchiò Arun, in uno dei suoi soliti attacchi di tosse. Lui prese posto su una sedia accanto al grosso tavolo in noce – il vecchio divano dalle molle saltate era stato portato via dai netturbini senza alcuna pietà.

Arun lo raggiunse subito. «Sappiamo che la pillola» riprese, «è stata creata per soddisfare i bisogni dell'uomo, per rendere la nostra vita più semplice, per proteggerla dalle malattie e così via. Questo è ciò che ci è sempre stato detto, e questo è ciò a cui crediamo ogni giorno come stupidi allocchi.»

Il vecchio fece una breve pausa, giocherellando col lembo della vestaglia. «Avrai avuto anche tu qualche dubbio, no?» chiese poi. «Insomma, ti sei mai chiesto come sia possibile che la pillola dia tutto questo benessere senza esigere nulla in cambio?»

Neil restò in silenzio, ma annuì con la testa.

«Bene» proseguì Arun. «Quando facevo ancora parte della Resistenza, le nostre ricerche si concentravano su questo. Ci chiedevamo quali fossero gli effetti reali che la pillola aveva sul nostro corpo, cosa succedeva davvero a chi ne faceva uso. Beh, ci vollero anni di indagini, studi e analisi ben mirate, ma alla fine...»

Arun si interruppe, scrutando attento la stanza e soffermandosi sulla finestra aperta; poi si chinò e si avvicinò di più a Neil.

«Alla fine» riprese in un sussurro, «scoprimmo cose piuttosto interessanti. Tanto per cominciare, forse è vero che la pillola non presenta effetti collaterali, ma non si può dire che non abbia alcuna conseguenza sul nostro organismo. In realtà, la pillola rilascia nel corpo delle sostanze di cui nessuno all'epoca conosceva gli effetti. Ma noi riuscimmo a ottenere un'amara risposta.»

Il vecchio tacque ancora una volta, per qualche secondo. Neil dondolava una gamba, nervoso: tutte quelle piccole pause cominciavano a irritarlo.

«È tutta una questione di chimica: i pezzi grossi della Resistenza avevano individuato nella composizione della pillola tre elementi che non esistono in natura, creati in laboratorio da chissà quale folle scellerato, che battezzarono deleriosubdio e canonio. In breve, questi elementi sono alla base delle mutazioni che la pillola mette in atto nel nostro corpo non solo a livello fisico, ma anche e soprattutto mentale: hanno la capacità di interagire coi nostri pensieri più intimi, di plasmarli. Qualcosa di terribile accade nella nostra testa quando la prima pillola viene assimilata; qualcosa che persevera nel corso della nostra vita. È un processo che non può essere disinnescato, una volta che si è attivato. Significa questo, prendere la pillola: un brusco, innaturale cambiamento interno da cui non c'è ritorno.»

Neil rabbrividì. Gli tornò in mente il sogno che aveva fatto la notte del suo compleanno, quando si era sentito precipitare nel vuoto, tra le grinfie di quel popolo luminoso che bramava la sua presenza nelle proprie file. Era stato allora che aveva pensato la stessa cosa che Arun gli aveva appena detto: dall'abisso infernale della pillola, nascosto dietro a ingannevoli pilastri di benessere, non si poteva fuggire.

«Questo processo» continuò il vecchio, «agendo sui nostri pensieri, ci rende felici. La visione del mondo dei Pazienti è completamente diversa da quella degli Insani: loro riescono a cogliere dei significati positivi in ogni situazione. Questo però non dipende dal contesto in cui si trovano, ma dall'effetto che la pillola ha su di loro. Non so se mi sono spiegato bene: non è la situazione a essere realmente benevola, ma è il Paziente che non può più vedere la realtà per quella che è, perché la pillola ne modifica i sensi e gli confonde ogni percezione. I Pazienti pensano di osservare la vita con gli occhi della felicità, ma in realtà le loro palpebre sono chiuse e il loro sguardo vaga impazzito nell'oscurità.»

Il vecchio tossì ancora.

«Se tutto questo è vero, perché allora i Pazienti sono così belli, sani e felici?» chiese Neil, senza riuscire a trattenersi. «Insomma, il benessere in cui vivono è reale!»

«Ah, ragazzo mio... è solo un benessere costruito. Delerio, subdio e canonio sono elementi fortemente invasivi e talmente innaturali da non poter essere contrastati. Possono legarsi solo tra loro, dando vita alle reazioni che rendono la pillola quello che è. Sono letali per ogni tipologia di microrganismo e pare abbiano la capacità di diffondere questo loro immenso potere all'interno del nostro corpo. È per questo che la pillola ci dona immunità a qualsiasi malattia, è per questo che i Pazienti non possono ammalarsi. E per un individuo medio, che ha paura di tutto, questo è già un ottimo punto a favore della pillola, oltre alla promessa di felicità eterna. Ma sai da cosa dipende questa famosa felicità? Vediamo se ci arrivi da solo.»

Arun sogghignò e Neil notò qualcosa di dispettoso nel suo sguardo, come quello di un bambino.

«Forse la pillola rende felici perché le sue sostanze agiscono sul cervello, sui nostri pensieri, quindi ti fanno credere di essere felice anche se in realtà non lo sei» rispose.

«In parte è esatto. La pillola viene in contatto con i nostri pensieri, ma non è per questo che ci fa credere di essere felici. Quelle sostanze sono capaci di entrare nella mente dei Pazienti, di scavarvi a fondo e di imprimervi qualcosa dall'esterno. I nostri pensieri si modificano, i nostri desideri cambiano, così come le nostre percezioni e le nostre ambizioni. È un processo delicato, assai difficile da innescare, ma con la pillola diventa una cosa del tutto automatica: ne basta una sola a modificare in maniera definitiva i nostri pensieri più profondi.

«I desideri dei Pazienti sono molto semplici: sopravvivere, spiccare nella massa, competere e procreare. Anche se i loro pensieri possono essere molto più complessi e illusori, in realtà gli obiettivi principali che muovono la loro esistenza sono questi. Da quando la prima pillola avrà cominciato a mostrare i suoi effetti, l'intera vita del Paziente verterà attorno a questi pochi scopi, che risulteranno facilmente raggiungibili dal momento che quasi tutte le persone che lo circondano inseguono i medesimi obiettivi. Tutti faciliteranno la sopravvivenza di quel Paziente, tutti competeranno con lui, tutti avranno il suo stesso interesse di accoppiarsi per proliferare. È come una specie di istinto innaturale, che ti viene introdotto attraverso la pillola e che sostituisce per sempre la tua reale indole. Ovviamente, una volta raggiunti gli obiettivi, la soddisfazione e la gioia sono impagabili: la pillola non ti fa soltanto credere di essere felice, ma ti ci rende davvero. È per questo che ci dona il benessere. Ma è solo una forzatura, così come la famigerata bellezza dei Pazienti.

«Suvvia, ragazzo! La bellezza non esiste, se non nel nostro cervello. È una cosa soggettiva, non c'è nulla che possa misurare quanto bella e affascinante sia una persona, oltre agli stupidi schemi mentali che purtroppo ci propinano ogni giorno. Ma una persona felice e spensierata si vedrà bella, e così apparirà all'esterno. Se sommiamo questa componente psicologica al fatto che la pillola rende immuni da qualsiasi malattia, dalle rughe, dalle imperfezioni della pelle eccetera eccetera, ecco che abbiamo scoperto il trucco della straordinaria bellezza dei Pazienti. Ti è chiaro?»

Neil annuì incerto. Gli girava la testa. Le parole di Arun sembravano assurde, così lontane dalla realtà, ma proprio per questo lui gli credeva. Solo che non sapeva cos'altro aspettarsi: quella conversazione era destabilizzante.

Arun approfittò del momento di pausa per finire di preparare il tè. Versò l'infuso nelle due tazze, prese un vassoio e un paio di cucchiaini e portò il tutto a tavola, assieme al barattolo appiccicoso del miele. Porse una tazza a Neil, quella che delle due sembrava meno segnata dalle crepe, poi agguantò un cucchiaino e riempì il suo tè di miele, fin quasi a far traboccare la tazza.

Neil gettò un'occhiata all'orologio a pendolo appeso al muro, davanti a lui: erano ancora le undici, e a dire il vero non aveva molta voglia di prendere il tè. Lo bevve soltanto per educazione, ma evitò di dolcificarlo: odiava il miele ancora più delle bevande calde.

«Sai qual è la cosa più allarmante?» proseguì il vecchio. «Se le cose continuano ad andare così, presto gli Insani si conteranno sulle dita di una mano. Ormai sono in pochi a resistere alla tentazione della pillola, e quei pochi vengono derisi e scoraggiati di continuo. Ormai la pillola è ovunque, nella vita di tutti: chi ne fa uso ne è dipendente; chi non la prende, invece, viene bombardato da un'insopportabile propaganda.»

Arun sorseggiò un po' del suo tè, mentre Neil fissava un nodo nel legno del tavolo. Non riusciva a ragionare; gli sembrava di trovarsi all'interno di un sogno, nulla di più. Tutto aveva la consistenza intangibile di ciò che è frutto dell'immaginazione e uno strano torpore gli stordiva le membra, come se si fosse appena svegliato da una lunga notte di sonno agitato.

«La pillola viene infilata ovunque: articoli di giornale, film, pubblicità, trasmissioni eccetera eccetera. Prendere la pillola ci viene indirettamente imposto come necessario per vivere bene, e questo è scontato per la maggior parte delle persone. Ma non è così, in realtà: le informazioni di massa ci condizionano a tal punto da farci convincere che solo con la pillola possiamo raggiungere la vera felicità. I Pazienti stanno cercando di conquistarsi anche i più scettici per ingrossare le loro file, e sono convinto che siano disposti a tutto pur di riuscirci. Il vero guaio è che sono sulla buona strada.»

Il vecchio si alzò lentamente dalla sua sedia e ciabattò fino al piccolo televisore, in bilico su un mobiletto traballante. Lo accese premendo con forza un paio di pulsanti laterali, poi gli diede uno scossone fino a che nello schermo apparvero le figure di due donne bellissime, una molto giovane e pesantemente truccata, l'altra sulla cinquantina, più semplice ma altrettanto graziosa.

«La storia della nostra Claire» stava dicendo la ragazza più giovane, «è una storia molto particolare. Ha perso sua madre all'età di appena sei anni, a causa di una brutta malattia che gliel'ha portata via. Da allora Claire è sempre stata sola, abbandonata al suo destino di povera orfanella da una madre Insana, che ha preferito morire nell'egoismo piuttosto che affidarsi alla soluzione più semplice, impedendo che la sua bambina restasse sola e rifiutata dagli altri. Dicci, Claire, che cosa hai provato davanti a questa palese dimostrazione di disinteresse da parte della tua stessa madre?»

La giornalista sorrise alla donna, che era seduta sul divanetto bianco dello studio e si torceva le mani.

«Non è facile per me ricordare quei tempi. Ero soltanto una bambina, davvero credevo a ciò che mi diceva mia madre, davvero pensavo che la pillola non fosse una soluzione affidabile. Mi vergogno profondamente di questo, ma ero troppo piccola per capire... Spero che le meravigliose persone che mi circondano riescano ad accettare questa piccola macchia di Insanità che ha caratterizzato il mio passato di bambina disperata.»

Un tiepido applauso scaldò la sala. La presentatrice sorrise affettata: le telecamere non si lasciavano sfuggire nemmeno una delle sue espressioni studiate per colpire il pubblico.

«Ma certo, Claire! Come potremmo abbandonarti? Tu non hai nulla di sbagliato: forse ci hai messo un po' di tempo, ma alla fine hai capito qual era la cosa giusta da fare. Sei una Paziente, adesso, e non devi vergognarti del tuo passato: noi non ti abbandoneremo mai, qualunque siano state le tue scelte. Adesso la tua vita è felice, serena e illuminata dalla pillola, e non c'è più bisogno di preoccuparsi.»

La giornalista pronunciò queste ultime parole guardando dritto nella telecamera. Neil si sentì esaminato dal suo sguardo intrigante e angosciante al tempo stesso, e ancora una volta gli tornò in mente l'incubo in cui la ragazza della pubblicità gli parlava e gli sorrideva, tentando di risucchiarlo nel profondo baratro dell'inconsapevolezza.

Arun cambiò canale. Un uomo e una donna, entrambi bellissimi e pettinati in maniera impeccabile, si sorridevano e si tenevano le mani, sdraiati insieme sotto le coperte, mentre si scambiavano zuccherose frasi romantiche. Il vecchio scrutò lo schermo, poi indicò qualcosa con un dito, esultante. «A-ha! Ecco qua!»

Sul comodino che si intravedeva accanto al letto c'era una scatola gialla ben in vista: la confezione della pillola.

Ancora una volta, Arun premette un pulsante laterale e la scena cambiò. Questa volta si erano imbattuti direttamente in uno spot della pillola.

«Niente più problemi, con la pillola!» diceva una giovane e bellissima mamma.

«La felicità è a un passo da qui!» recitava un bimbo coi capelli a caschetto, che avrebbe dovuto infondere tenerezza nei telespettatori, ma che a Neil riuscì soltanto a inquietare di più.

Ancora un altro paio di canali, poi Arun spense il televisore, esausto. Tossì forte e Neil si agitò sulla sedia, incerto su come comportarsi.

«Sta bene?» gli chiese.

«Sì, sto bene» gracchiò lui con la voce roca. «È solo un po' di influenza, niente di cui preoccuparsi: un po' di tè caldo e tutto va meglio. Sono vecchio e stanco, non è difficile che mi ammali quando inizia a fare freddo; eppure le cose stanno cambiando, me lo sento.»

Neil non capiva. «Le cose stanno cambiando?»

«Già. Sempre più persone sono affette da febbri, influenze, dolori e non solo... magari si trattasse soltanto di questo.»

«Che cosa intende?» chiese Neil al vecchio, che tossì ancora un po' prima di rispondere.

«Beh, dovresti sapere che cosa significa. Stanno cercando di convincere gli Insani a mollare le loro convinzioni, stanno cercando di manipolare la natura per farci abbindolare dalla pillola. Te l'ho detto: i Pazienti sono disposti a tutto pur di riuscirci.»

Neil continuava a tacere.

«Possibile che non capisci, ragazzo?» sbottò Arun. «È tutto studiato, tutto prestabilito! Tutto viene programmato per questo scopo! Le malattie che affliggono gli Insani, i virus, i tumori incurabili... è tutto messo in circolazione apposta per farci prendere la pillola, l'unica cura per ogni tipo di patologia!»

«Lei crede questo?»

«Ne sono certo. Secondo questo meschino modo di agire, gli Insani non hanno scelta: avendo la morte come unica alternativa, tutti preferiranno affidarsi alla pillola! Hai fatto caso che negli ultimi tempi le malattie incurabili stanno notevolmente aumentando?»

Neil rabbrividì al pensiero dell'articolo di giornale che aveva letto qualche giorno prima con Anandria. Lui stesso l'aveva pensato per un istante, ma ora quell'ulteriore accusa del vecchio gli sembrava troppo assurda.

«E come potrebbero mettere in circolo i tumori?» domandò. «Potrei capire se si trattasse di virus, ma i tumori...»

Arun alzò le spalle. «Ci sono tanti modi per favorire condizioni del genere. Radiazioni, tanto per cominciare. O un'esposizione forzata a sostanze e gas tossici. Non lasciano tracce visibili, i Pazienti ne sarebbero immuni, e gli Insani si ammalerebbero molto più rapidamente. Un piano perfetto.»

«Ma scusi» osservò Neil, «se i Pazienti vogliono che tutto il mondo prenda la pillola, non potrebbero semplicemente obbligare le persone a farne uso? Cioè, non potrebbero prendere tutti gli Insani e costringerli con la forza?»

«Hai fatto centro, ragazzo. La pillola, per essere al pieno della sua potenza, necessita di alcune condizioni. Una di queste è che il Paziente dev'essere davvero convinto di volerla assumere; altrimenti, qualcosa de­ntro di lui continuerà a ribellarsi per sempre.»

«Quindi, se costringessero gli Insani...»

«La pillola avrebbe degli effetti indesiderati, sì. Sarebbe quasi inutile, magari anche rischiosa.»

«Ma allora non possono farci niente, se non possono costringerci!»

«Non possono costringerci, ma possono ricattarci.»

Neil si fissò le mani, inebetito. Non sapeva cosa pensare.

«Signore?» azzardò, mentre Arun finiva di bere il suo tè.

«Sì?»

«Ecco, in fondo a noi cosa importa? Cioè, se pure i Pazienti continuassero ad aumentare, noi non potremmo farci niente, giusto?»

Arun lo scrutò, gli occhi spiritati. «Cosa ci importa? Pensavo fosse chiaro» tuonò. «I Pazienti sono malati. Desiderano un mondo universale dove tutti sono come loro, e faranno di tutto per arrivare a questo. Ma cosa succederà se un domani ci saranno solo Pazienti? Cosa succederà quando l'ultimo Insano prenderà la pillola o soccomberà?»

Neil abbassò lo sguardo, turbato. Sentiva gli occhi di Arun bruciargli addosso come vampe di fuoco.

«Te lo dico io» continuò il vecchio. «La razza umana diventerebbe un fantasma di se stessa; tutto ciò che ci caratterizza si estinguerebbe. Non si torna indietro, Neil. L'umanità non avrebbe più nulla di diverso dagli automi: una vita priva di emozioni, solo lavoro e finta felicità. Tutti drogati, tutti con lo stesso pensiero. Sarebbe terribile. Sarebbe la morte dell'uomo. Capisci, ora?»

Arun sospirò, poi si voltò verso la finestra. «So di averti detto delle cose scomode, e sta a te credermi o no» concluse. «Sappi solo che l'ho fatto perché ho voluto metterti in guardia dai pericoli che potresti correre. Tra Insani dobbiamo aiutarci. Fa' di queste parole quello che vuoi: dimenticale, riflettici, lasciale macerare. Dille a qualcuno, se lo ritieni giusto, ma sappi che non ti crederà.»

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