12. Visite a sorpresa
Arun imprecava da diversi minuti. Neil non poté fare a meno di farsi sfuggire un sorrisetto, mentre sollevava un materasso afflosciato e se lo caricava in spalla per portarlo fuori, insieme al mucchio di rifiuti che i due gentili netturbini sarebbero passati a ritirare l'indomani.
«Maledetti stronzi!» blaterò il vecchio, entrando trafelato nella stanza triangolare dove Neil stava lavorando.
«Non è carino, no no, per niente. Maleducati, bastardi!»
Neil non l'aveva mai visto così arrabbiato. Eppure, pensò, Arun doveva essere abituato a ricevere offese: la gente non faceva che sparlare di lui. Era il bersaglio dei Pazienti, che lo trattavano malissimo, ma anche degli Insani, che lo ritenevano pazzo e pericoloso. Ma Arun non aveva mai badato a ciò che si pensava di lui e aveva perseverato nella sua affabile follia. Almeno fino a quel momento.
Neil udì un rumore preoccupante e si voltò, il materasso che pesava sulle sue spalle. Il vecchio stava prendendo a calci un grosso baule pieno di scartoffie. Neil lasciò cadere il materasso e si precipitò verso di lui.
«Non faccia così, signore, si farà male!»
«Non devono permettersi... di togliermi... la libertà!» ansimò il vecchio, scandendo le parole con tre calci ben assestati.
«Suvvia, non le faranno nulla.»
«Che ci provino! Troveranno la mia vecchia mannaia ad aspettarli!»
Neil scosse la testa, esasperato. I controlli a sorpresa erano quasi una consuetudine, ormai, per Arun: la polizia non gli lasciava mai una settimana di tregua. Le voci che giravano su di lui bastavano a fargli ricevere quelle visite improvvise: i poliziotti, quasi sempre Pazienti, si intrufolavano dentro casa sua, spesso accompagnati da un assistente sanitario, e si accertavano che fosse tutto a posto, che il vecchio non nascondesse cadaveri sotto al letto o piani segreti di distruzione del mondo nei cassetti delle scrivanie. I poliziotti in realtà si limitavano a entrare in un paio di camere a caso e a gettare qualche sguardo schifato qua e là, mentre gli assistenti sanitari appuntavano qualcosa sui loro taccuini minuziosi. Poi, la compagnia voltava i tacchi e se ne andava, salutando a stento e ponendo fine a quella banale formalità.
Tutto questo a Neil l'aveva raccontato lo stesso Arun: quelle visite avvenivano quasi sempre la sera, dopo le otto, perché fosse sicuro che il vecchio fosse in casa, perciò lui non ne era mai stato testimone.
Quella mattina, invece, verso le dieci e un quarto, si erano presentati ben tre poliziotti e tre operatori sanitari. Avevano bussato al campanello e si erano infilati in casa senza una parola. Avevano squadrato Neil in malo modo, avevano chiesto al vecchio chi fosse e che cosa stesse facendo, poi uno dei poliziotti aveva esibito un ghigno sgradevole.
«Beh» aveva cantilenato ad Arun, «vedo che finalmente ci ha dato ascolto. Da quanto tempo le stiamo dicendo di sistemare questa vecchia baracca? Cinque anni, come minimo! E quante volte le abbiamo raccomandato di farsi aiutare con le faccende domestiche?»
Arun non se l'era filato di striscio. Col suo solito sorrisetto, aveva cominciato a canticchiare i suoi motivetti stonati, tossendo ogni tanto tra una strofa e l'altra.
«Cara biondina, biondina, biondà... cara biondina, cara biondà...»
Il poliziotto gli aveva indirizzato uno sguardo disgustato, poi si era rivolto direttamente a Neil. «Dimmi, ragazzo, quanto ti paga quel vecchio squilibrato?»
Neil aveva percepito una leggera tensione. Sapeva di non avere un contratto regolare e sapeva anche che, se la polizia l'avesse scoperto, per lui ma soprattutto per Arun sarebbero stati guai seri. Gli era sembrato di scorgere con la coda dell'occhio uno sguardo implorante da parte di Arun, ma quando si era voltato verso di lui il vecchio stava continuando a canticchiare.
«Qui c'è la guerra e continui a ballar... cara biondina, cara biondà...»
«Non mi paga» aveva affermato Neil, cercando di ostentare una sicurezza che sapeva di non avere. «Lo sto facendo come un piacere personale.»
Il poliziotto aveva alzato un sopracciglio. «Un favore personale, eh?»
«Già. Volontariato.»
L'uomo l'aveva scrutato con attenzione, il solito ghigno fastidioso stampato sul viso. Poi, alzando le spalle, gli aveva assestato una pacca sulla schiena.
«Ti credo. D'altra parte, chi potrebbe fidarsi di un vecchio maniaco come quello?» aveva detto, lo sguardo puntato su Arun.
«Allora buon lavoro, ragazzo. E attento al naso, ché ti si impiglia nelle ragnatele» aveva detto uno degli assistenti, scatenando l'ilarità generale. Poi s'erano trasferiti tutti in salotto.
Neil non era riuscito a reagire, ma aveva sentito la rabbia corrodergli il fegato. Mentre spostava degli scatoloni, trascinandoli sul pavimento, aveva origliato qualcosa della conversazione tra Arun e un'operatrice sanitaria, l'unica donna della compagnia.
«Vedo che lei non ha la televisione.»
«Sì! Ce l'ho, eccola» aveva affermato il vecchio.
«Intendo dire che non usa guardarla.»
«No, non mi piace.»
«E le piace restare fuori dal mondo? Le piace non conoscere le notizie e non essere al corrente di ciò che accade fuori da casa sua e dalla sua testa malata?»
«Non mi interessa, non lo voglio, no!»
«Capisce che non può comportarsi così? Il mondo può esistere anche senza di lei, ma lei non esiste all'infuori del mondo. Le sembra lecito non interessarsene?»
Arun aveva borbottato qualcosa di confuso, e lì era intervenuto uno dei poliziotti.
«È inutile, questo vecchio non le capisce certe cose. Ma noi siamo qui apposta, non è vero? Adesso sistemeremo tutto... e lei farà ciò che le diremo» aveva aggiunto, rivolto ad Arun.
Poi la porta era stata chiusa, e Neil non aveva sentito più nulla. Era andata avanti così per un'oretta buona, finché dalla stanza non era provenuto un lamento straziante. Poliziotti e assistenti erano allora usciti dal salotto, soddisfatti, avevano accennato un saluto verso di lui e, finalmente, erano andati via.
Da allora, Arun non aveva smesso di lamentarsi e di scagliare terribili epiteti verso la porta d'ingresso, là dove una decina di minuti prima aveva visto scomparire l'odiosa compagnia.
«Adesso basta, è troppo. Mi sono stancato!» stava strillando il vecchio.
Neil gli si avvicinò timidamente. «Che cosa è successo?»
Arun lo guardò e Neil percepì in quegli occhi grigi tutto il dolore, la paura e la preoccupazione del mondo, uniti a una ferrea determinazione. Si perse in quello sguardo acquoso e per la prima volta in vita sua non vide Arun come un vecchio tardo e squilibrato, ma come un uomo dall'animo forte e impenetrabile.
«Stanno stringendo i lacci» gli disse Arun, spostando lo sguardo sulle pareti scrostate della camera. «Stanno cercando di trascinare dentro anche me. Oh, ma non ci riusciranno mai; non possono farlo, no» blaterò, in preda a un forte attacco di tosse.
Neil non capiva. «Trascinarla dentro?»
«Sì. Nelle file interminabile dei Pazienti.»
«Vogliono che lei prenda la pillola?»
«No, ragazzo; non vogliono che io prenda la pillola. Vogliono che l'intero mondo ne sia soggiogato, vogliono che tutti siano schiavi dei suoi poteri. Ah, se potessi parlare! Se potessi essere ascoltato!»
Con un altro calcio, Arun rovesciò una scatola di cartone, che si aprì sparpagliando vecchie foto sul pavimento. Neil ci gettò meccanicamente lo sguardo e scorse l'immagine di una ragazza bionda e dalla pelle chiarissima, che sorrideva timida da almeno cinque o sei fotografie diverse: da sola o in compagnia di amici, ma era sempre lei, non c'era dubbio. Prima che Neil riuscisse a distinguere altro, il vecchio raccolse in fretta le foto e le richiuse nel buio della scatola; poi sparì oltre la porta e ritornò dopo qualche minuto, a mani vuote.
«Grazie per avermi coperto, prima» disse a Neil.
Lui alzò le spalle. «Si figuri.»
Lo sguardo di Arun si fece cupo. «Devi stare attento.»
«Cioè?»
«Quel deficiente di un poliziotto ha detto che ti crede. Ma mentiva: nessun Paziente si fida di un Insano. Ti seguirà e indagherà più a fondo, tornerà per coglierti in flagrante se farai qualcosa di sbagliato, o per ascoltare le parole che ci diremo. Devi essere prudente.»
Neil annuì, poco convinto. Arun sembrava aver lasciato il solito tono di voce gracchiante e spensierato e adesso parlava in modo strano, inquietante. Il ragazzo non seppe come comportarsi e si limitò a rivolgergli un sorrisetto incerto, mentre si affaccendava con il solito materasso flaccido.
«Sappi soltanto una cosa: se davvero si sono ridotti a darmi la caccia, staranno addosso alle persone che hanno un legame con me. Sta' attento, perché potresti essere tra queste» disse Arun tetro, prima di allontanarsi. Neil lo vide scomparire nella sua camera da letto come un malinconico fantasma, avvolto nella vecchia vestaglia verde.
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