🔞🔥 Capitolo 5🔞🔥
Mi reco di prima mattina nella piccola stazione di polizia della città, sono le 8.45 e sono davvero in ansia, perché non riesco a capire cosa stia succedendo!
La sera precedente non appena torno a casa chiedo informazioni a mio padre che è stato molto schivo, rispondendo semplicemente con "È una questione molto delicata, Margot. Ne parlerai domani mattina con Abe". Passo la notte in bianco perché il mio cervello si arroventa al sol pensiero di dovermi recare in caserma. Onestamente non sono mai entrata in quel luogo perché mio padre mi aveva proibito di recarmi inutilmente al suo posto di lavoro. Dunque, considerando che non avessi mai commesso un reato, non mi sono mai recata presso la stazione, anche se quando avevo diciannove anni sono stata tentata di recarmi lì solo per vedere Abe.
Comunque sia, questa mattina mi alzo dal letto con il volto completamente bianco e pallido in quanto ho dormito solo per qualche minuto e provo a nascondere le occhiaie con un correttore. Mi specchio e decido di ornare le mie palpebre di un ombretto del colore dell'oro che possa valorizzare i miei capelli del colore del grano.
Poi, mi infilo un vestitino estivo nero e dunque esco di casa recandomi a Starbucks per ordinare due caffè lunghi con panna. Scelgo il formato large perché è quello preferito di Abe che ama tremendamente la panna all'aroma di vaniglia.
Ho avuto un pensiero carino per il poliziotto e questa mattina, decido che non nasconderò l'attrazione, o meglio l'amore che provo verso di lui. Mi accendo una sigaretta mentre attendo l'orario del colloquio con Abe e d'un tratto davanti a me vedo fermarsi una volante della polizia e riconosco la sagoma corpulenta ed abbondante di mio padre, fuoriuscire dal finestrino.
Devo ammettere che in divisa è davvero goffo e simpatico e se fossi stata una malvivente mio padre non mi avrebbe affatto trasmesso timore, al contrario di Abe che è estremamente autoritario.
"Quante volte ti ho detto che devi smetterla con quella mer*a?" mi urla mio padre con fare paterno mentre noto che ha tra le mani una sigaretta accesa e tenta di nasconderla. Si sporge leggermente dal finestrino e scrutq la mia persona e il suo sguardo si posq sulla lunghezza o meglio cortezza del mio vestitino estivo. Sono sempre stata una ragazza ribelle e fuori dagli schemi, amo le sigarette, le minigonne, preferisco la pittura alla matematica e ormai i miei genitori hanno decisamente perso le speranze.
"Margot, torna a casa a cambiarti. Non stai andando in discoteca!" ringhia mio padre mentre vedo dal finestrino sporgersi un altro poliziotto che mi guarda con la bava alla bocca ed il suo sguardo mi infastidisce terribilmente, poi lo riconosco: è il poliziotto bassino del pub.
"Cristo, Thomas! Stai al tuo posto. Datti un contegno!" sento imprecare mio padre mentre dà una spinta al bassetto che torna prontamente al suo sedile. Onestamente mi stupisco nel vedere mio padre così irritato, ma devo riconoscere che quel Thomas fosse davvero fastidioso e viscido.
"E tu, torna a casa a cambiarti!" si rivolge verso di me e io alzo gli occhi al cielo perché non tornerò mai a casa per cambiarmi e questo papà lo sa bene, in quanto sono stata sempre una ragazza disubbidiente. Poi, mio padre mi saluta con un cenno della mano mentre la volante riavviva la sua marcia e si allontana.
Io decido di avvicinarmi verso la centrale e quando provo ad entrare mi trovo in un corridoio dove mi accoglie il Capitano Luther che mio padre ha soprannominato "Baffone" perchè ha dei baffi davvero lunghi e bizzarri.
"Margot, buongiorno! Wow! Come sei diventata grande! Ti ricordo quando eri solo una bambina con le treccine e la tutina rosa!" mi dice l'uomo sulla sessantina mentre prova a mettermi a mio agio ma non ci riusciesce perché sono davvero nervosa dato che non so il perché mi trovi in centrale.
D'un tratto, quando entro in una grande stanza dalle pareti bianche mi rendo conto che quel posto è popolato da un universo maschile in divisa. Sento gli occhi puntati su di me come se fossi una star e tra quegli sguardi sorpresi e gelidi, riconosco quello blu di Abe che mi scruta silenzioso. Rimango immobile per qualche secondo al centro della stanza mentre ho tra le mani le due tazze di caffè di Starbucks e mi sento davvero fuori luogo, dato che sono l'unico individuo di se**o femminile in quella caserma. Abe è seduto su una sedia girevole di pelle nera e ha tra le mani una penna con cui stava giocherellando mentre mi fissa, se non avessi saputo la sua età anagrafica non gli avrei mai dato quararanticinque anni.
Sta di fatto che Abe ha un atteggiamento davvero professionale e serioso e la cosa mi sembra molto strana dato che sono abituata a vederlo sul divano di casa mia a ridere ed ad esplodere di parolacce di fronte le partite di rugby.
"Williams!" lo chiama rigido il capitano ed Abe nel sentire il suo cognome immediatamente si alza in piedi avvicinandosi verso di me con passi robotici, come fosse una marcia militare e cerco di trattenere una risata, perché nel vederlo così serio e responsabile scoppio di risate. Questa mattina Abe indossa persino il classico capello nero e l'uniforme è quella standard: camicia blu scura e pantalone nero e il suo distintivo splende sul suo petto quasi quanto più della sua adorata calibro 22.
"La signorina Margot Moore..." pronuncia il capo ed intanto Abe si trova di fronte a noi e rimane composto e professionale e io sto davvero per scoppiare in una folle risata. Il poliziotto ha la schiena inarcata e il petto all'infuori e si rende conto della mia ilarità e prova a zittirla attraverso le sue pupille blu che mi scruta autorevolmente. Intanto, mi porge la mano mentre rimane composto e il suo volto non lascia trapelare emozioni, io decido di stringerla e quando i nostri palmi si incrociano io mi sento andare a fuoco invece lui rimane gelido e apatico.
"Buongiorno, Signorina Moore..." pronuncia serrato con un tono che sembra simile a quello dei soldati americani nei film d'azione. Poi, mi fa cenno di seguirlo in una piccola stanzetta antistante e io lo assecondo, notando che tutti ci fissano incuriositi compreso il capitano Luther.
Chissà che hanno da guardare!
Così ci troviamo soli in un piccolo ufficio impolverato ed Abe si butta a capofitto su una sedia malridotta, io ne approfitto per porgergli il caffè sulla scrivania di legno. Il poliziotto incrocia le gambe ed apre un fascicolo e comincia a leggerlo con cura mentre si porta alla labbra un sigaro. Il fumo si impossessa della stanza e lo trovo terribilmenye sexy colto in una concentrazione che risulta spontanea e genuina.
Dopo qualche secondo mi degna di uno sguardo e nel vedere la tazza di caffè, inarca un sorriso e la prende tra le mani mentre si appresta a berne il contenuto. Si sporca il contorno delle labbra con la panna e io nel vederlo imbrattato come un bambino non riesco a non scoppiare a ridere, perchè è davvero troppo buffo e simpatico. Lui nel frattempo torna ad avere la testa china sul quel fascicolo che sfoglia a gran velocità.
"Piccola Margot, dici che non ti piaccio ma nulla ti impedisce di corteggiarmi.... grazie per il caffè...." esordisce Abe continuando a leggere senza guardarmi e io arrossisco perchè capisco che sta parlando delle carineria di avergli portato il caffè. Io rimanfo imbarazzata perché il mio gesto non voleva essere di corteggiamento bensì una semplice premura. Non so con quali donne avesse a che fare Abe ma sinceramente a me piace dedicare piccole attenzioni alle persone a cui tengo, ma non per secondi fini.
"Abe non ti corteggiando, smettila... sono stata semplicemente gentile..."
"Certo, certo... Secondo me, sei una gran porcella che non vede l'ora di trasgredire"
Sbuffo.
"Abraham, parliamo di cose serie per favore. Non ho tutta la mattinata a disposizione quindi dimmi perché sono qui..." mi scaglio nervosamente verso di lui perché la situazione di essere all'oscuro di tutto mi ha ormai oppressa e stancata: vogloo sapere che cosa sta succedendo e anche subito.
Lui nel sentire il suo nome intero e il mio tono esasperato alza lo sguardo verso di me e sospira scocciato e seccato.
"Sei veramente una rompico**ioni!!!" risponde con la sua solita ed inconfondibile rozzezza e torna ad ignorarmi mentre legge il fascicolo con attenzione e compostezza che non sono nella sua natura. Io mi innervosisco tremendamente perché sono stufa di essere trattata sia come un calzino sporco ma anche come una ragazzina incosciente e così mi alzo in piedi pronta per andare via, lasciando Abe solo con la sua maleducazione.
Devo andare via!
"Vai a fancu**!" urlo. Prendo la maniglia della porta e mentre sto per uscire dalla stanza, il poliziotto si alza in piedi di scatto e mi blocca da un braccio, la sua presa è forte e vigorosa e io nel sentire le sue dita contro la mia pelle mi eccito parecchio. Abe mi guarda severamente e dalle sue pupille blu mi rendo conto che è accaduto qualcosa di davvero serio.
Nel frattempo, il poliziotto estrae dalla sua cintura un paio di manette e io sgrano gli occhi perché non capisco che cosa gli passi per l'anticamera del suo cervello assente. Mi prende la mano destra e mi incastra un lato dello strumento del dispositivo metallico poi, fa lo stesso con la sinistra e mi trascina verso la scrivania. Provo a dimenarmi ma le sue braccia sono talmente ferree che risulta impossibile ogni movimento per divincolarsi e adesso comprendo il perché sia un poliziotto.
Praticamente riuscie ad incatenarmi contro la sbarra di ferro della finestra e io rimango davvero esterrefatta: Abe Williams ha raggiunto il limite della bassezza.
La cosa più spiacevole non è che è imprigionata dalla manette ma che io sia spalle al muro e non posso assolutamente vedere Abe che vorrei volentieri preso a sberle.
" Questo è per aver provato a demolirmi casa, per avermi umiliato pubblicamente alla tua inaugurazione e infine, ma non meno importante per avermi mandato a fan**lo..." lo sento sghignazzare mentre si buttò nuovamente sulla sedia girevole ed io sono visibilmente sconvolta ed sono pronta a strillare come una pazza se non mi libera immediatamente da queste manette. Non posso nemmeno vedere i suoi movimenti perchè ho davanti a me una parete bianca e gelida ma comunque percepisco che mi sta fissando.
"Comunque, hai proprio un bel cu*o, Margot..." sentenzia con disinvoltura mentre sento che mi strizza la natica destra. La sua rozzezza e maleducazione hanno iniziato a stancarmi e sentire il ferro premere contro i miei polsi è davvero una sensazione spietata ma paradossalmente intensa.
"Oh Cristo! Abe, toglimi immediatamente queste manette!!!" provo a gridare con moderazione dato che ci troviamo in una stanza della caserma mentre sono pronta a dare il peggio di me perché questa situazione mi ha snervato al massimo dei livelli.
"Vedi di stare zitta altrimenti ti faccio il cu*o rosso!"
"Non mi fai paura, eh..." comincio ad emettere dei gridolini carichi di astio e risentimento ma lui sembra godere nel vedermi soffrire. Inizio a battere i piedi per terra e dopo qualche istante, sento che lui si alza snervato dalla sedia va verso la porta e la chiude a chiave, poi vieme verso di me con passi davvero pesanti. Avverto le farfalle nello stomaco perché non posso negare i miei sentimenti verso di lui, nonostante è un cinico stro**o, io lo amo. Percepisco le sue mani che mi accarezzano le spalle, la schiena e giù fino ai glutei, dove si fermarono e stringono con spietatezza, di nuovo.
"Chiedimi scusa, piccola Margot..." mi sussurra contro l'orecchio con tono avaro mentre sento le sue dita insediarsi sotto la mia gonna in maniera del tutto selvaggia e irrazionale. Abe non è dolce oppure aggraziato anzi tutt'altro e probabilmente è proprio questa la cosa che più mi intriga di lui. Ho sempre avuto fidanzati smielati e romantici ed adesso, non posso credere che fossi innamorata di uno str***o manipolatore.
"Scusa? Ma per quale motivo? Non ci penso affatto!"
Mi attacca il viso al muro e io riesco ad aprire lentamente le gambe e lui si fa spazio verso la mia intimità senza curarsi del fatto che da un momento all'altro chiunque possa sorprenderci. Mi infila un dito nell'intimità e questo contatto mi fa gemere.
"Chiedimi scusa, avanti..." il suo dito va sempre più in profondità.
"No Abe! No!"
Estrae il dito dalla mia vag**a e mi posa uno schiaffo abbastanza potente sulle chiappe, al punto da farmi piangere.
Mi bagno all'istante.
Ma... mi ha davvero tirato uno schiaffo sul cu**?! E davvero mi è piaciuto? Non posso crederci!
"Allora? Chiedimi scusa"
"No!"
"Ah no? Vediamo!"
Un altro schiaffo mi fa tremare e ca**o, questa volta mi fa male. I suoi movimenti diventano frenetici e forsennati e le chiappe mi diventano rosse a furia degli schiaffi forti che ha iniziato a tirarmi.
"Avanti dillo..."
Mi scoppia la testa, voglio ancora di più, un climax di emozioni mi esplode in petto e muoio dalla voglia di assaggiare il suo corpo sin quando uno schiaffo più forte dei precendenti mi fa cedere e cadere ai suoi piedi.
"S-cusami, Abe!!!" balbetto sotto l'incantesimo potente di quest'uomo: nella mia vita non sono solita chiedere scusa, anzi il contrario ma non posso negare che adesso il cu** mi si stacca.
"Brava, vedo che hai capito chi comanda..." ringhia e le sue dita si fanno di nuovo spazio nelle mie mutande, ora con maggiore ardore e intensità mentre il suo corpo preme contro la mia schiena. Godo e la sua erezio** preme sui i miei glutei come se fosse sul punto di entrare nelle mie carni.
"Dimmelo che lo vuoi anche tu..."
"Cosa?"
"Sco**re..." le sue dita si muovono sempre più velocemente.
"Dai dimmelo, piccola Margot..."
"Voglio..." mi blocco perché mi vergogno. Io non uso queste parole sconce che invece lui è solito pronunciare.
"O lo dici altrimenti mi blocco..."
Oh no! Mi ha incastrata! Devo dirlo per forza... ora come ora farei davvero di tutto!
"Voglio scopa**"
"Dimmi la verità: hai mai scop**o in un luogo pubblico?"
"No..."
"Ora vorresti?" Abe inizia a premere l'erezione sul mio corpo in maniera lenta.
"Ma sei sicuro che non ci becchino?"
"Sicuro al 100%. E poi, sarà una sveltina, un antipasto per prepararti a ciò che ti aspetta..." lui comincia a strusciarsi dietro di me in maniera ritmica e io non resisto più e arrivo al piacere. Lui se ne accorge e silenzia il mio grido nella sua mano sinistra.
"Abbassa la voce! Se ci sentono siamo fo**uti!" gli affondo i denti nel palmo e mi lascio toccare fino a raggiungere il massimo dell'apoteosi. D'un tratto sento la porta bussare e il mio cuore sussulta perché riconosco la voce alta di mio padre.
"Peccato non avere tempo per sbattertelo dentro!" come sempre si rivela un villano, incivile, cafone, buzzurro. Poi immediatamente mi libera dalle manette e io provo a tranquillizzarmi sedendomi sulla sedia di fronte la scrivania.
"E hai ancora il coraggio di dire che non ti piaccio? Incredibile!" sussurra sogghignando di gusto mentre si allontana da me e va ad aprire la porta. Mio padre entra nella stanza ignaro di quanto è accaduto poco prima ed Abe mi guarda divertito, apprestandosi a finire di bere il suo caffè. Abe ha sette anni in meno di mio padre e dovevo ammettere che ciò fosse palese, sia fisicamente perché il capo famiglia è un po' trascurato ma anche mentalmente perché Williams è davvero immaturo, ride come un ragazzino di sedici anni per qualsiasi cosa e ha gli ormoni a mille, ma questo non mi dispiace.
"Eccoci qui. Abe, le hai parlato" chiede mio padre gelido mentre Abe scuote la testa e il suo volto trasfigura e la sua ilarità sembra dileguarsi in un battere d'occhio.
Williams termina il contenuto della tazza e noto che ha le labbra sommerse di panna e dunque si pulisce selvaggiamente con un gesto del braccio e la manica della sua camicia si macchia di marrone. Devo dire che questo gesto mi diverte ma i volti dei due poliziotti sono smarriti ed intimoriti così torno ad essere seria. Abe e mio padre si guardano intensamente e noto che l'espressione del belloccio torna ad essere austera e severa. Detesto i suoi continui sbalzi d'umore, è passato da un momento all'altro dall'umiliarmi divertito e ridente, al trovarsi corrucciato e stizzito. Abe è d'improvviso freddo e distante dopo aver incrociato lo sguardo di mio padre e io sto davvero per impazzire perché non capisco davvero quest'uomo, sembrava un enigma e la cosa inizia a farmi andare fuori di testa.
Abe ignora il mio stato confusionale, corruga la fronte e torna di nuovo a leggere il famigerato fascicolo mentre mio padre lo fissa spaventato. Williams sembra davvero a corto di parole e stranamente anche di risate e le sue labbra cominciano a tremare, sembra essere in preda a chissà quale fobia.
Sospira intensamente.
La mia ansia cresce sempre di più perchè le pupille blu di Abe si macchiano di rosso.
Non capisco che cosa stia succedendo.
Mio padre mi si avvicina e mi poggia una mano sulla spalla.
Abe torna a fissare il fascicolo.
Poi alza lo sguardo verso di me e mi guarda dritto negli occhi.
Il blu delle sue pupille diventa impetuoso come fosse un mare in tempesta.
Si prende la testa fra le mani e la sua fronte diventa grondante di sudore.
Sospira di nuovo.
Il respiro di Abe diventa corto e il mio cuore sta per uscire dal petto.
Vedo Abe aprire le labbre e capisco che stesse cercando le parole giuste per dirmi qualcosa di serio.
Non emette nessun suono.
Si guarda intorno.
Incrocia lo sguardo di mio padre e trova approvazione.
Mio padre annuisce e cerca di dare forza ad Abe.
Mi sta esplodendo la testa perchè voglio sapere cosa mi stanno nascondendo.
L'adrenalina si insedia su tutti i pori della mia pelle come se stessi compiendo una corsa forsennata per mettermi in salvo da chissà quale attentatore.
Abe posa lo sguardo su di me e stavolta le parole escono dalla sua bocca come un fiume in piena.
E mi colpiscono come una doccia fredda.
"Ascoltami bene Margot, da due lunedì fa non si hanno più notizie su Angela Fish. I suoi genitori ne hanno denunciato la scomparsa e dato che tu sembri esserle la persona più vicina, devi aiutarci a capire cosa sta succedendo..." mi spiega con rigore e professionalità e io rimango sbigottita e sconvolta di fronte quella rivelazione.
Che diavolo sta succedendo?
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