8. La presenza
CAPITOLO 8 LA PRESENZA
«Ragazzi! Ma come siete cresciuti! In un anno!», abbracciò Alberto poi mi guardò e la sua voce suonò come un'allegra risata: «Ma guardati... quanto cresci?», mi strinse a sé, avvolgendomi nel profumo intenso dei suoi boccoli dorati.
La guardammo zittiti e poi battei le mani, «Bene. Direi che potremmo andare a prendere qualcosa di caldo».
«Oh, sì... fa davvero freddo, oggi. Credo che nevicherà».
«Sarebbe bellissima...», ammise Alberto e arrossendo come una luce natalizia si ricorresse: «Bellissimo». E mi guardò perso. «Oh. A me. Piaceva la neve. Sai... in montagna... come a casa».
Respirai profondamente, silenziosamente, il freddo della giornata. «Poteva essere divertente».
Lei rise e gli toccò una spalla, «Su! Che carino!».
Così se ne rimase zitto, arrossendo ancora.
«Deve arrossire lei», gli sussurrai quando passeggiammo verso un posto carino dove bere qualcosa di caldo.
«Come mai conosci così bene Padova?», mi domandò lei.
«Oh. Ci vengo spesso», le risposi.
Alberto mi guardò, complice. «Sì ma i suoi genitori non lo sanno, lui non lo dice a nessuno».
«Come mai? Cosa vieni a fare qui?», chiese Angela.
«Seguo dei corsi da ormai un anno e mezzo qui. Li ho quasi terminati, comunque», risposi.
«E di che cosa? Si può sapere?», domandò con un sorrisino adorabile.
«Psicologia, più o meno», le dissi. «Sono questioni molto complicate da spiegare».
«Vai dallo psicologo?», domandò con un'espressione molto dolce e delicata. Sembrava una persona allegra e superficiale ma in realtà era in grado di dosare le intensità delle parole, dei toni, delle emozioni...
«No», le risposi. «Seguo proprio dei corsi».
«Misterioso», commentò lei.
Sorrisi, colto in pieno nelle emozioni con quel termine giusto, «Sì».
Poi, dopo aver preso una cioccolata calda e qualche regalo per noi stessi e per altri amici e parenti, in giro per i negozi, li fermai e chiesi: «Lo volete proprio il kebab? Potremmo mangiare ad un ristorante, posso offrire io».
«Oh, per tutti e due?», domandò Angela. «No, questo non... Mi andava di più il kebab».
«Visto? Che ti dicevo io?», mi stuzzicò Alberto.
«Lo dice per i soldi...», gli feci notare.
«Sarà!», si ostinò lui.
Angela continuò a camminare senza di noi e la seguimmo davanti alle vetrine che studiava attentamente. Vi erano gioielli ma i suoi occhi posavano su degli orecchini. Cercai di memorizzarne la forma ma non capivo ancora bene perché quest'improvviso interesse.
Poi caddero dei fiocchi bianchi sul suo cappuccio e s'impigliarono fra i suoi boccoli scoperti, Alberto rivolse i palmi verso l'alto e sorrise, allegro come un bambino. Uscì del tutto dal portico e rimase a prendere in faccia tutti quei minuscoli cristalli ghiacciati, spensierato. Io e Angela proseguivamo, aprii il mio ombrello e, così vicino a lei, potei ascoltare il suo tenero respiro accompagnare secondi intensi come ore ma infinitamente corti. Alberto tornò per prenderla e trascinarla giocoso sotto alle stelle ghiacciate che le bagnarono le mani ed il viso, incantevole. Rimasi a guardarli scherzare e poi rifugiarsi sotto ai portici.
Giunti ad un mercatino natalizio ci scambiammo dei dolci appena comprati e passammo per una libreria a scaldarci un po'. Alberto sfogliò dei libri casualmente, qua e là. Io mi studiavo i titoli e le copertine nei reparti di tecnologia, fisica, chimica, psicologia, spiritualità e qui colsi Angela mentre sfogliava dei libri di disegni complessi da colorare.
«Hai trovato qualcosa?», mi domandò con un sorriso allegro.
«Non ho preso niente», le dissi. «Ti piace disegnare? Studi all'artistico?».
«No, ma mi appassiona l'arte. Dipingo per hobby».
«Cosa studi?».
«Ragioneria e voi due?».
«Entrambi allo scientifico ma in classi diverse», s'intromise Alberto e mi lanciò un'occhiataccia: «Thomas non mi aveva neanche detto che potevo esprimere delle preferenze! Io sarei stato bene in classe con lui, per una volta!».
«Ah ma potete ancora cambiare sezione!», gli disse Angela.
«Farà ciò che vuole», dissi, indifferente.
«Oh. Va bene! Visto che nessuno vuole comprare libri, che ne dite di andare a cenare?».
«Sì! Sì! Ho una fame!», concordò Alberto.
«Un certo languorino», ammisi anch'io.
Lei posò il libro e si rivolse all'uscita.
Uscendo incrociammo Michael De Santis che usciva da un caffè da solo e mi riconobbe subito. «Thomas! Ma che sorpresa».
Lo salutai e mi disse: «Sei con amici, vedo!».
Loro lo salutarono e questi continuò: «Ti diverti?».
«Abbastanza», risposi.
Guardò Angela e le strinse la mano, «Ma che bella fanciulla. Il tuo nome?».
«Angela», gli rispose.
«Michael, molto piacere mia cara», poi guardò il mio amico dagli occhi verdi misteriosi e sereni: «Tu sei?».
«Alberto. Ma come conosci Thomas?», domandò il mio amico.
«Oh, ci conosciamo da un po' di tempo», rispose Michael.
«Frequenta i miei corsi», spiegai io.
Gli occhi astuti di Michael incrociarono i miei e mi disse: «Esattamente».
«Ma insomma. Cosa sono questi corsi?», domandò Angela, curiosa.
«Psicologia», le ripetei io.
«Sì, mia cara Angela. Siamo un gruppo di ricerca», mi sostenne lui.
«Non è un gruppo aperto?».
«No, non per il momento. Magari un domani lo sarà. Ci salutiamo qui, Thomas, io devo andare», mi strinse amichevolmente una spalla, «Divertitevi».
«A presto, Michael», gli dissi, mentre i miei amici lo salutavano timidamente.
Raggiungemmo il Kebab più vicino e ordinammo.
Poco tempo dopo, io e Alberto, seduti all'unico tavolo, osservavamo perplessi la cena di Angela. Non si poteva bene definire un kebab, aveva fatto togliere praticamente tutto, mentre sia io che Alberto avevamo scelto l'abbondanza per sopravvivere al freddo e al resto della camminata. Poi lei era così sottile, sembrava fragile, come andava avanti con così poco?
«Vuoi un po' del mio?», le proposi, «Beh. Se avrai ancora fame!», precisai.
Lei arrossì e disse: «Veramente... sto facendo fatica a finirlo».
Alberto, che aveva già spazzolato tutto, guardò subito il mezzo panino che le rimaneva fra le mani e ci mancava poco che non si sentisse male a vederla combattere. «Io ne mangerei un altro».
Mi venne come il sospetto che ad Angela non piacesse davvero il kebab. Infatti glielo porse, «Prendi, mangia il mio... non reggo. Rotolerò».
Ridemmo ed Alberto accettò il dolce regalo, morso dalla sua Angela stupenda.
Volò così una giornata meravigliosa.
La sera dopo, mentre sfogliavo le foto scattate quel pomeriggio allegro, la quiete della pioggia e della fredda penombra venne disturbata da una notifica. Era Michael.
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