San Mungo
Lasciare Hogwarts, con i suoi dodici alberi di Natale, le fatine e le decorazioni barocche a ogni angolo, per trovarsi al San Mungo, fu uno shock. Natale non esisteva, o meglio, c'era un piccolo albero di natale triste e sbilenco sul bancone della receptionist.
«Mi scusi...»
L'infermiera si sistemò una ciocca di capelli grigio topo dietro la stanghette degli occhiali e gli piazzò davanti un plico di documenti e una piuma.
«Compili questi e attenda, la chiamiamo noi» Lo piantò lì e afferrò al volo tre o quattro foglietti che uscivano dal camino alle sue spalle. Li lesse con una velocità allarmante e li infilò in alcuni tubi che partivano dalla sua postazione e correvano veloci su fino a infilarsi nel soffitto.
Draco sfogliò le pergamene, ma non erano i moduli giusti, lui non aveva bisogno del pronto soccorso. «No, non sono...»
«Senta! Aspettiamo da un'ora!» Una bassa strega con un forte accento scozzese lo spinse di lato. Aveva una grossa vescica sul naso, che rischiava di esplodere riversando pus su tutta la faccia e diverse chiazze sui vestiti lasciavano intuire che ne avesse avute altre in tutto il corpo. Una reazione allergica a un incantesimo o era venuta a contatto con qualche erba?
«Tutti i medici sono occupati, Signora. Deve attendere» Le rispose l'infermiera alla reception, mentre prendeva la cartella di un altro paziente, un uomo di mezza età che camminava con passi piccoli e lenti. «Le ho detto di andarsi a sedere!»
Cosa? Ce l'aveva con lui? «No, ascolti, io...»
«C'ero prima io!» Si lamentò la donna, no, non era colpa di un'erba, forse aveva provato a lanciare un incantesimo che le era rimbalzato addosso, sarebbe bastato un colpo di bacchetta.
«Mia figlia si è ustionata con l'ardemonio! Presto» Urlò una donna, spalancando la porta d'ingresso, dietro di lei, un uomo correva con una bambina dai boccoli dorati in braccio. Per essere infortunata sembrava piuttosto tranquilla, aveva solo un piedino nudo su cui una piccola chiazza violacea denunciava una scottatura forse di primo grado.
«E no! Non posso aspettare» La strega pustolosa si piazzò di fronte al bancone, la vescica sul suo naso pulsava. Draco si spostò di un paio di passi e urtò il mago, che non era ancora riuscito a allontanarsi. Una smorfia di dolore attraversò il suo viso.
«Mi scusi» L'uomo scosse il capo, come a voler dire che non faceva niente, era tanto sofferente da non poter parlare? «Posso aiutarla?» Si offrì, era solo un apprendista, ma qualcosa aveva imparato e lui sembrava soffrire molto. Un altro anziano mago, si avvicinò, guardava il paziente come fosse di cristallo.
«No, ci scusi, è una cosa un po' delicata» Lo prese per mano e lui lo guardò con risentimento, azzardando un paio di passetti ondeggianti. Cosa poteva avere che non lo lasciasse neppure camminare? Aveva le gambe impastoiate? No, non era quello, a giudicare da come rifiutava di sedersi, dalla schiena rigida e... Oh Merlino! Lui l'aveva già vista quella situazione, dannati Tassorosso curiosi, quando erano venuti in infermeria ci erano volute ore per costringerli a confessare cosa si erano infilati nel...
«Che diamine sta facendo?» Si lamentò la medistrega alle sue spalle, la polla di pus doveva essere esplosa, perché la puzza si sentiva anche da lì, ma a lui non importava molto. Si avvicinò alla coppia, che se ne stava in disparte.
«Non vuoi neanche provare a sederti Herbert?» Herbert fulminò l'altro con un'occhiataccia!
«Provaci tu imbecille! Appena torniamo a casa facciamo cambio e vediamo come ti sentirai comodo su queste sedie durissime» Sussurrò in risposta. Sembravano un duo comico, ma a Draco non facevano ridere.
«Chiedo scusa» Lo fissarono come avrebbero guardato un doxy nella loro zuppa di piselli. «Non voglio essere invadente, ma posso?» Indicò il mantello che uno dei due teneva in mano. Non era l'ideale, ma avrebbe fornito un minimo di privacy. Solo che il mago non sembrava intenzionato a darglielo. «Glielo restituisco fra pochi minuti» A fatica, lasciò che gli sfilasse l'indumento dalle braccia, poi lo drappeggiò sulle spalle del paziente che, troppo stupito dal suo comportamento non fece a tempo a lamentarsi, infine mormorò la formula di estrazione.
Un rumore, come un forte risucchio, partì dalla zona inguinale del paziente che gemette digrignando i denti e, dopo un istante, sospirò di sollievo. Non era stato difficile.
«Che gli sta facendo?» Urlò l'altro mago. Draco strabuzzò gli occhi, davvero voleva che glielo spiegasse lì? Davanti a tutti?
«Taci Ubert, andiamo a casa» Fu il turno di Ubert, di spalancare gli occhi.
«Ma il tuo... non ti ha ancora visto un medico! Come facciamo a... levarlo?» Mormorò, abbassando la voce, già alcuni altri pazienti si erano voltati a osservare incuriositi la scena.
«Non ce ne sarà bisogno!» Herbert, con le gambe malferme per il sollievo, si sporse ad abbracciarlo. «Grazie dottore! Di cuore. Muoviti» Aggiunse rivolto al compagno. «Devo cambiarmi i pantaloni» Lo afferrò per un braccio e si smaterializzarono davanti a lui. Buffo. Credeva che al San mungo non ci si potesse smaterializzare, ma forse per il pronto soccorso non valeva.
Un urlo, dietro le sue spalle lo costrinse a voltarsi. «In bocca! Ne ho una in bocca!» La povera strega ricoperta di pustole, tentava di parlare con la lingua fuori dalla bocca, accentuando il suo accento già molto marcato. Il padre della bambina ustionata, nel frattempo, aveva abbandonato la piccola, che si era trovata un amichetto e correva per tutta la sala, per afferrare il piccolo albero di Natale e minacciare tutti.
Che caos. Con un colpo di bacchetta Draco fece evanescere il liquame che imbrattava il pavimento, il bancone della reception e i vestiti di tutti. «Si calmi. Che incantesimo stava eseguendo quando sono comparse le prime pustole?» La donna lo fissò shoccata.
«Non so... non me lo ricordo» Biascicò. «Forse...»
Draco mormorò il contro incantesimo e, in un attimo, le pustole scomparvero, poi prese dalla tasca una provetta di essenza di dittamo e appellò la bambina. «Ecco fatto!» Esclamò. mentre spalmava la crema sul piedino arrosato. «Starà bene, ma credo vi convenga portarla a casa e farle un bel bagno» Nonostante il pus non ci fosse più, l'odore era rimasto e la piccola non profumava affatto di bimba.
La pelle del piede da viola tornò rosata e la madre ricominciò a respirare. Altri ringraziamenti, mani da stringere, per fortuna la strega con le pustole si era defilata non appena aveva voltato la faccia, non avrebbe retto anche a un suo abbraccio.
L'infermiera era livida. «Chi credi di essere, ragazzino? Solo i medici possono eseguire certe procedure e dove è finito il tizio con una carota su per il...»
«Io sono un medico!» Urlò Draco per coprire l'ultima parte della frase. Per Merlino, c'erano dei bambini in quella sala! La donna alzò un sopracciglio, lo sapeva, avrebbe dovuto presentarsi già con il camice addosso, ma sembrava tanto presuntuoso. «Oggi è il primo giorno, se fosse così cortese da dirmi dove posso trovare il guaritore Jonson...» L'espressione sul viso della donna mutò, da sorpresa a rassegnata.
«Tirocinante» Gli sputò addosso, come se fosse una colpa. «Siediti lì e non avvicinarti ai miei pazienti!» Gli indicò una seggiolina dietro il bancone, mentre scarabocchiava un appunto con una mano sola e lo infilava in uno di quei tubi.
Gli voltò le spalle e la ressa ebbe presto il sopravvento, un giovane mago entrò in barella, seguito dalla madre in lacrime, che cosa aveva? Avrebbe potuto aiutarlo? Una medistrega con il camice azzurro, macchiato in più punti e gli occhiali sbilenchi sulla faccia si precipitò a fianco alla barella e lo portò via senza mai smettere di mormorare incantesimi diagnostici. Draco la seguì con gli occhi fino a che poté, senza riuscire a capire cosa fosse successo. Sarebbe stata così da quel momento in poi?
«Malfoy?» Una voce maschile richiamò la sua attenzione. «Draco Malfoy?» Scattò in piedi, mano alzata.
«Sono io. Draco Malfoy» Il ragazzo lo guardò sorridente.
«Non serve alzare la mano, non siamo a scuola» Gli tese la mano. «Sono Zachary Jonson, ti faccio da tutor» Draco tentennò prima di stringergli la mano, che gli prendeva? Eppure il ragazzo, di poco più grande di lui, non aveva affatto un aspetto minaccioso. «Se sei pronto cominciamo con un breve tour. Non preoccuparti se non ci capirai niente, all'inizio è sempre così» Gli spiegò, incamminandosi con passo svelto.
Parlava veloce quanto filava svelto lungo i corridoi. «Qui ci sono le ferite accidentali da magia involontaria» Indicò un padiglione da cui giungevano urla di bambini. «E' il posto più tranquillo, di solito i bambini non si fanno troppo male, più che altro sono i genitori» Gli rivolse un cenno, come a dire che erano tutti matti, se l'assaggio che aveva avuto quella mattina era un esempio, si rendeva conto del problema. Il tempo di pronunciare questa breve frase ed avevano salito la rampa che li separava dal reparto successivo. «Ustioni e avvelenamenti da bella donna. Non so cosa abbiano in comune, non sempre le cose hanno un senso, qui» Si strinse nelle spalle. «Da dove hai detto che vieni?»
«Ho... Hogwarts» Sbiascicò. Insomma che gli prendeva? Il ragazzo non era poi così vecchio e autoritario, da metterlo in soggezione, certo, i corti capelli mori erano perfettamente acconciati e il camice candido e senza la più piccola piegolina, avrebbe fatto sembrare sciatto persino Lucius, che pure era fissato con certe cose... ed erano un paio di Vantonucci che portava ai piedi? Non che Draco notasse certe cose, se le aveva chieste per il suo decimo compleanno, senza ottenerle perché era assurdo spendere più per un paio di scarpe che per una villa in Toscana, era solo per vantarsi con i suoi amici, non che ci tenesse. Cavolo erano dell'ultima collezione.
«Non restare in dietro, per favore» Draco arrossì e forzò il passo per raggiungerlo, cavolo, come faceva a non sudare con tutto quel movimento? Eppure dal ragazzo veniva un piacevole profumo muschiato. «Facciamo un salto qui, c'è una paziente che devo vedere, se non ti spiace»
«Ma certo» Biascicò, un'altra figura da idiota.
«Sei di poche parole, mi piace» Commentò e lo precedette in un reparto dove le pareti erano verdoline e strani dipinti di cicogne ornavano le pareti. «Vediamo se indovini dove siamo?» Una donna, il grosso ventre prominente e un marito ansioso al fianco, venne loro in contro sbuffando.
«Ginecologia?» Gracchiò Draco, aveva già avuto quella esperienza, avrebbe fatto volentieri a meno di ripeterla. Il guaritore Jonson gli battè una mano sulla spalla.
«E bravo Malfoy. Allora sei solo timido» E cosa aveva creduto? Che fosse scemo?
«Ehm ecco... io...» Non aveva tutti i torti.
«Aspettami qui, ci metto un minuto» Lo abbandonò nel centro del corridoio, in mezzo a infermiere che correvano, medici che si spostavano di stanza in stanza sfogliando pacchi di pergamene e un sacco di gestanti che passeggiavano sbuffando e massaggiandosi i pancioni gonfi. E non lo aveva neanche lasciato finire di parlare! Non che avesse chissà quale concetto da esprimere. Si sentiva strano, non era mai stato "timido", ma quando si trovava davanti quel ragazzo, con il suo sorriso aperto, quei denti bianchissimi e perfetti e quegli occhi che sembravano due luminoso laghi alpini... oh cavolo! Lo trovava... attraente!
La rivelazione lo colpì come uno schiaffo in pieno viso. Dannazione, era anche il suo tutor. Avrebbe avuto a che fare con lui per tutto il tirocinio. Era un guaio!
«Ecco fatto. Sei pronto?» Draco quasi saltò sul posto. Dove era finita tutta la sua eleganza aristocratica? Si sentiva un ragazzino imbranato. Senza attendere risposta Jonson imboccò un altro corridoio, sempre indicandogli i reparti a cui passavano davanti.
«... in fondo a questo corridoio c'è "malattie e ferite magiche" forse ne avrai sentito parlare, qualche anno fa abbiamo ricoverato Gilderoy Allock, era parecchio famoso»
Draco scosse il capo, non sapeva molto di quella storia, tranne che erano coinvolti, come al solito, Ron ed Harry... Harry! Che strano, era tutta la mattina che non pensava a lui.
«Ti senti bene? Sei impallidito all'improvviso» Il suo tutor si avvicinò e lui sentì le guance andare in fiamme, e non solo perché si sentiva attratto da lui, ma anche perché era la prima volta che guardava un altro ragazzo che non fosse Harry! «Forse dovrei portarti in mensa, quando lavorerai qui da un po' imparerai a non sentire fame o sonno fino a quando non è finito il turno e anche oltre se hai un'emergenza» Lo prese sotto braccio e Draco sentì uno strano calore nascergli da dentro. Una cosa mai provata prima. Non era mai stato tanto agitato o intimidito prima.
Perfetto! Passare per il pivello che non riesce a ritardare il pranzo di un paio d'ore era proprio l'impressione che voleva dare. «Davvero, non c'è bisogno» Tentò di giustificarsi, ma Jonson non sembrava che lo ascoltasse.
«Se hai cali di zuccheri, devi assicurarti di mangiare con regolarità, non vorrai avere un crollo durante un intervento?» No, lui non era così. Non voleva apparire uno sprovveduto che non sapeva neanche prendersi cura di se stesso. «Devi imparare a prenderti cura di te stesso, per prima cosa» Merlino! Draco non voleva che credesse quello di lui, ma non riusciva proprio a fermarlo.
Una ragazza li raggiunse di corsa. «Zachary! Per fortuna che sei qui» Lo prese per un braccio e cominciò a trascinarlo nella direzione contraria a quella che stavano seguendo.
«Afrodite! Che ti prende?»
La ragazza, (Afrodite? Davvero? Povera lei!) si voltò sbuffando. «Ti puoi muovere? Non ce la faccio da sola» Indicò una stanza, da cui giungevano muggiti disperati. C'era una mucca lì dentro?
«Dovrei portare quello nuovo a mangiare un boccone...»
Se pensava che lui si sarebbe perso una cosa simile per mettere qualcosa sotto i denti si sbagliava di grosso. Qualunque cosa ci fosse dietro quelle porte sbuffava e scalciava.
«Te lo scordi!» Dichiarò, infilandosi nella camera. «Salazar benedetto! Ma quello è... è....»
La ragazza lo raggiunse. «Un minotauro, novellino! Un incantesimo di trasfigurazione finito male. Ben venuto nel mondo reale!»
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