Riepilogo, che cosa è successo?
Ciao carissime persone che leggete, un capitolo un pochino strano, visto che non potevo non farvi vedere cosa era successo a Severus in tutta la faccenda del capitolo precedente e neanche fare un papiro lunghissimo con continui cambi di POV, vi ho fatto un piccolo riassunto delle parti che vi siete perse. Spero che vi ricordiate bene quello che è successo nello scorso capitolo, perché non ripeterò tutto quanto!
Ricordate, quando trovate questo simbolo ⫷⫸ a centro pagina, significa che c'è stato un cambio di POV, oppure un salto temporale in avanti. In questo capitolo ci sono solo salti temporali, per non ripetere sempre le stesse cose, ho omesso quelle che erano state dette nel capitolo precedente...
Spero di non aver creato confusione.
Baci
Noy
Il preside lo ricevette non appena arrivò nel suo studio: lo stava aspettando. «Allora Severus, il vostro trucchetto ha avuto successo?»
Se non lo avesse conosciuto bene, Severus avrebbe potuto essere indotto a pensare che il preside fosse quasi felice di accoglierlo. «Non so a cosa si stia riferendo, signor Preside, ma porto buone notizie»
Il vecchio abbandonò la finestra da cui stava osservando il parco e si degnò finalmente di girarsi verso di lui.
«Immagino che sarà lieto di sapere che il ministero ha reputato di ritirare tutte le accuse contro il signor Zabini» Quanta soddisfazione nel pronunciare quelle poche parole. Il suo piano aveva funzionato meglio di quanto avesse immaginato.
Silente aveva solennemente attraversato tutto il suo studio e si era seduto alla scrivania, le dita incrociate sotto il mento, i pollici affondati nella barba.
«Ne sono lieto, in effetti, quel ragazzo non meritava che gli spezzassero la bacchetta, sarebbe stata una punizione esagerata»
L'espressione serena del Preside lo mandava spesso fuori dai gangheri, ma non quel giorno, era troppo felice di aver vinto. «Sono d'accordo» Aveva rischiato, si era opposto al volere del vecchio e aveva raggiunto la vittoria. Che dolce, dolce sensazione.
Gli occhi di Silente scintillarono per un istante. «Ora che la sua situazione è stata chiarita, il signor Zabini potrà frequentare qualunque scuola di magia, confido che scriverai buone referenze per il tuo ex studente»
No! Non poteva fargli questo!
La grossa fenice rossa del vecchio si mosse sul suo trespolo, sbattendo le ali.
«Non può dire sul serio. Il ragazzo è stato scagionato»
Albus non si scompose. «Ha alzato la bacchetta su un insegnante» Allora era così che sarebbe andata. «Non possiamo fingere che non sia accaduto, quale insegnamento daremo agli altri studenti?»
Gli mancava il respiro. «Ne vuoi fare un esempio, non è così?»
«Temo di non aver altra scelta» Il preside avanzò verso di lui.
Severus retrocesse. «E non ti importa dei suoi amici? Dei legami che ha stabilito qui?»
«Mi rincresce certamente, eppure temo che avrebbe una cattiva influenza sui suoi compagni. Ritengo che un cambiamento possa essere solo positivo, a questo punto» Non lo ascoltava neanche più.
Non avrebbe mai immaginato che il preside potesse vendicarsi a quel modo. «Non hai nessuna intenzione di riammetterlo, vero?» Come avrebbe fatto a dare la notizia a Draco? A dirgli che aveva fallito, che lo aveva deluso?
Ancora una volta.
Il vecchio si sistemò gli occhiali sul naso. «Per la precisione, Severus»
Uscì, senza neppure salutare il Preside, Silente lo aveva deluso, per l'ennesima volta e lui non poteva lasciare che finisse così.
Ora doveva avvisare i suoi studenti, poi avrebbe pensato al da farsi.
Farò tornare quel ragazzo a scuola, a qualunque costo!
Era una sfida ormai.
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I ragazzi, come aveva previsto, non l'avevano presa bene e le cose stavano prendendo una piega inaspettata.
La signorina Parkinson aveva deciso che quello era il momento buono per raccontare la sua disavventura. «La vice preside mi ha chiesto di lasciare la scuola, per non dare il cattivo esempio alle altre ragazze»
Aveva quasi dimenticato quell'episodio, con tutto quello che era successo dopo, ma non aveva scordato l'indignazione che lo aveva portato a prendere le difese della sua studentessa e la decisione che aveva preso.
Devo parlare con Draco e doveva andarsene immediatamente da lì, se le cose avessero preso la via che sembrava avrebbero preso, era meglio che lui non ne sapesse niente. «Signor Malfoy... avrei necessità di scambiare qualche parola con lei»
Draco lo fissò con preoccupazione e lo raggiunse. Lui lo afferrò per un gomito e lo portò nell'angolo più appartato. Quelle dannate lucette che i suoi studenti creavano per le feste in Sala Comune gli danzavano attorno, affamate di note.
«E' successo ancora qualcosa?» Chiese il ragazzo.
Lui scosse la testa. «Non che io sappia. Ho bisogno di chiederti un grande favore» Gli occhi di Draco si fecero attenti e il ragazzo si sporse verso di lui. «So che sei ancora in possesso del medaglione della famiglia Black»
Draco fece di sì con la testa, Bene, ora doveva solo chiedere. Se solo fosse stato facile. Fece finta di non sentire la signorina Weasley che chiedeva a Potter di prendere il comando della protesta che stavano organizzando, ma anche il ragazzo doveva averci fatto poca attenzione a giudicare dalla risposta frettolosa che le aveva dato.
«Papà, allora? Volevi sapere solo se ce l'ho ancora? Non temere, non ho intenzione di usarlo» Disse Draco.
«Lo spero bene, visto che ora sai a cosa serve. Mi chiedevo invece, se tu non valuteresti di prestarmelo»
Draco deglutì. «Vuoi che ti presti il medaglione per... cioè hai intenzione di usarlo? Per quello per cui è stato fatto?»
«Nonostante il tuo deprecabile modo di esprimerti, sì, hai riassunto perfettamente le mie intenzioni»
Draco si morse un labbro. Severus poteva benissimo vedere la sua lotta interiore dipinta su quel viso che conosceva tanto bene, la tentazione di dire di no, di continuare quella conversazione fino a quando uno dei due non avesse convinto l'altro a cedere e la spinta all'obbedienza che gli era stata impressa nel corpo e nelle mente.
Sollevò su di lui i suoi occhi di ghiaccio, quasi senza colore nella penombra della sala comune. «Mi fido di te, papà» Disse solo, mettendosi una mano in tasca e porgendogli il medaglione.
Alla fine né l'egoismo né la paura avevano prevalso, quell'uomo straordinario che era suo figlio aveva trovato una terza via e lui non poteva esserne più orgoglioso, mentre accettava il gioiello maledetto dalle sue mani.
Cosa doveva fare ora? Quella parte del piano era riuscita oltre le sue aspettativa, ma la prova più difficile ancora lo attendeva.
Percorse in fretta i pochi piedi che dividevano la porta del suo ufficio dalla sala comune e si fermò davanti al camino, la metropolvere l'avrebbe condotto lì in un istante.
Afferrò la polvere volante, una grossa manciata, dal sacchetto che teneva sul caminetto. Scintillava nel sul pugno, ora doveva solamente gettarla nel camino.
Tuttavia non si sentiva ancora pronto. Aveva bisogno di pensare e la lunga camminata attraverso il parco ancora innevato della scuola, per raggiungere il limite oltre il quale avrebbe potuto smaterializzarsi, gliene avrebbe fornito l'opportunità. Uscì dal suo ufficio e s'incamminò a passo svelto lungo i corridoi deserti.
Non c'era molta luce, ma a lui non serviva, li conosceva così bene, dopo le lunghe notti trascorse a pattugliarli. I suoi passi producevano echi che riempivano il silenzio e in brava fu nell'atrio.
Il grosso orologio a pendolo batté l'ora: otto rintocchi, l'ora di cena era appena passata.
«Esci, Severus?» Il preside era dappertutto, quella sera.
Severus si fermò a fronteggiarlo. «Mi è proibito?»
Il preside avanzò di qualche passo, uscendo dall'ombra e si mise fra lui e il portone. «Naturalmente no, ragazzo mio. Però credevo che saresti stato con i tuoi studenti, stasera» Inclinò la testa. «Hanno appena saputo che non rivedranno il loro compagno, non avranno bisogno del tuo sostegno?»
Severus sogghignò. «Non sono Grifondoro sentimentali, Albus» Riprese a camminare verso la porta. «Le mie serpi sanno molto bene come reagire a certi colpi» Sibilò, passando accanto al preside.
Proseguì senza fermarsi fino al portone e questo si aprì davanti a lui senza che lo toccasse. Il freddo intenso di febbraio lo avvolse. Non aveva con sé il mantello, ma non gli importava.
«Spero che tu abbia ponderato bene le tue decisioni» Gli disse il preside, come se fosse un commiato.
Lui si portò una mano al collo e, da sotto le vesti estrasse una catena. L'anello che vi era appeso tintinnò contro il piccolo cilindretto d'oro che era l'altro ciondolo appeso. Si voltò verso Silente e lui spalancò gli occhi: lo aveva riconosciuto. «E tu, signor Preside?»
Uscì, senza aggiungere altro. La neve scricchiolava a ogni suo passo, ma nessun altro rumore disturbava le sue riflessioni. Era certo di quello che si apprestava a fare? Come avrebbe potuto esserne certo?
Un gufo chiurlò nel cielo scuro. No, non un gufo, una civetta... la civetta candida di Potter! Abbassò gli occhi alla catena che teneva ancora fra le mani. Il cilindro dorato scintillava sotto la luce fioca della Luna. Cosa gli avrebbe detto lei? Lo avrebbe spronato a fare la cosa giusta, come sempre. Che altro?
Sorrise al ciondolo e lo rimise sotto la camicia. Era ghiacciato e lo fece rabbrividire, ma i cancelli erano a pochi passi da lui, sarebbe stato presto al caldo, poteva resistere fino a allora.
Si materializzò nella piazza antistante la sede dell'ordine e attese che la casa apparisse fra la palazzina al numero undici e quella al numero tredici.
Era intirizzito dal freddo quando suonò al campanello, ma la sua mente era molto più calma. Aveva preso la sua decisione.
Remus lo accolse. «Severus, entra. Che ci fai qui? Credevo che stessi festeggiando con i tuoi alunni» Parlava a voce bassissima, per non risvegliare il terribile ritratto della signora Black, ma sorrideva, come ogni volta che lo vedeva.
Severus amava quel sorriso.
«I festeggiamenti sarebbero stati fuori luogo, visto che Blaise non è stato riammesso a Hogwarts» Erano entrati in casa, un piacevole tepore li aveva accolti. C'era un'atmosfera, come di casa e Severus sospettava che non fosse dovuta solo al fatto che l'abitazione era molto meno tetra, ma piuttosto che alcune delle persone che amava di più al mondo, vivessero o avessero vissuto sotto quel tetto.
Remus lo aveva preceduto in cucina. «Temo di non capire, le accuse sono state ritirate» Un bollitore iniziò a fischiare. Un colpo di bacchetta e un'altra tazza si aggiunse a quella che aveva già preparato sulla tavola.
Severus si sedette. «A quanto pare questo non basta a Silente: vuole farne un esempio»
Remus si immobilizzò, il bollitore bollente in una mano e la tazza nell'altra. «Povero ragazzo, sarà un colpo molto duro» Riempì la mug e la posò sul tavolo, prese la sua e ripeté l'operazione, poi fece levitare il bricco del latte e gliene versò qualche goccia.
«Credi che riuscirà a sopportarlo?» Chiese, anche se non era solito legare con i suoi alunni, quel ragazzo era pur sempre il migliore amico di suo figlio.
Remus soffiò sulla bevanda calda, portandosela alle labbra. «A quell'età sono molto sensibili, soprattutto i ragazzi, non sarà facile e poi deve gestire anche la situazione con sua madre. Non so»
Prese un sorso di the: senza zucchero e solo un goccio di latte, perfetto!
«Sai, non è l'unico motivo per cui sono venuto qui, stasera» Disse, infilando la mano in tasca per sfiorare il medaglione.
Remus sollevò gli occhi dalla tazza. «Ti sto ascoltando» Aveva capito che si trattava di qualcosa di importante? Lo conosceva già tanto bene? Eppure...
Severus prese fiato. «Stiamo assieme da poco» Remus piegò la tasta di lato, la sua versione del sopracciglio alzato. «Ma ci siamo inseguiti per così tanto tempo, tanto tempo sprecato» Afferrò la catena e se la passò fra le dita nervosamente.
«Severus, ne abbiamo parlato, non è stato uno spreco»
«Lo so, è quello che ci voleva, per riuscire a capirci, a accettarci, hai ragione. Però non posso fare a meno di pensare che, se fossi stato un pochino più tollerante, forse...»
Remus allungò la mano sul tavolo e afferrò la sua che reggeva la tazza, sorridendo comprensivo. Ecco perché i ragazzi lo amavano tanto come professore, non perdeva mai la calma, neppure con uno zuccone come lui.
«Siamo qui, adesso. Questo è quello che conta, nonostante tutti i giri che abbiamo fatto, ci siamo trovati, abbiamo deciso di provarci»
«Non ho bisogno di provarci!» Lo interruppe. Remus spalancò gli occhi. «Voglio dire, che io ci sono. Niente prove, niente tentativi, so quello che voglio» Sollevò l'angolo della bocca, l'unico modo in cui si concedeva di sorridere.
«Io... non so che dire, cioè... lo sai quello che provo» Arrossì. Sembrava un ragazzino imbarazzato.
Severus sbuffò. «Sto solo cercando di dirti che ti amo, sciocco!»
Remus rise, sempre più in imbarazzo. «Ce ne hai messo di tempo. Faremo mai una cosa in modo normale, noi due?»
«Per quale ragione dovremmo farlo? La normalità è banale!» Adorava quei momenti, tanto rari, quando potevano permettersi il lusso di scherzare assieme.
«Non sei venuto qui solo per questo, non è vero, Sev?» Che disonesto! Lo sapeva come si sentiva quando o chiamava così. Solo lei lo aveva chiamato a quel modo!
«Mi conosci bene, c'è un'altra cosa, qualcosa che desidero da molto tempo, ma che non avrei mai pensato di poter avere per me... ma fino a poco fa non credevo neppure che esistesse una persona che... hai capito» Era il suo turno di essere imbarazzato, sentì le guance riscaldarsi e non per effetto del caminetto che ardeva nella stanza.
Merlino! quanto tempo era che non arrossiva? Non sarebbe mai riuscito a dirlo a voce.
Estrasse il medaglione dalla tasca e posò al centro della tavola, fra loro. La gemma verde illuminò il legno vecchio mettendone in evidenza tutte le imperfezioni, tutti i tagli.
Remus la fissò.
«Sai che cos'è?»
«Non la vedo da anni, ma credo di ricordarlo. Severus, perché lo hai tu?» La sua voce tremava.
«L'ho chiesta in prestito a mio figlio» Rispose, cercando di mantenere la voce calma, anche se una tempesta di emozioni agitava il suo animo. Per fortuna era addestrato a nascondere i propri sentimenti.
«Hai intenzione di dirmi quello che ne vuoi fare o pensi di tenermi in sospeso ancora a lungo?» Ancora quel tremito nella voce, non o aveva mai sentito tanto agitato. «Se hai intenzione di distruggerlo... io ti capisco, ma ti chiedo di rifletterci. Un giorno Draco e Harry potrebbero averne bisogno» Gli disse e la sua voce divenne un sussurro, quasi le parole si rifiutassero di uscire.
«Non voglio distruggerlo, ho anzi intenzione di indossarlo... se tu sei d'accordo» Aggiunse e ora anche la sua voce tremava, in barba a tutti gli anni di addestramento. Remus vuotò la sua tazza di the in un solo lungo sorso, il pomo d'Adamo danzava sulla sua gola, poi la posò sulla tavola e, il colpo si udì per tutta la casa.
«Severus tu... non stai suggerendo di... fare qualcosa con quello addosso?» Lui annuì e Remus si alzò, buttando la sedia a terra. «Mi stai... mi stai chiedendo di... fare un figlio?»
Lui si alzò a sua volta, prese due bicchieri dalla credenza e infilò il braccio fino in fondo, dove sapeva che Black nascondeva il Firewhisky migliore. «Ci vuole qualcosa di più forte» Disse, posando il bicchiere pieno di liquore davanti a Remus.
«Lo sai che io non posso ubriacarmi»
«Ci hai mai provato da quando hai smesso di trasformarti?»
Il licantropo guardò il bicchiere con un rispetto nuovo, Severus tornò a sedersi al suo posto e attese che Remus lo imitasse. «Nel momento stesso in cui ho preso mio figlio fra le braccia, ho capito che l'unica cosa che desideravo era essere suo padre. Non so se questa cosa ha senso per te» Iniziò. La pendola alla parete batté sei rintocchi. «Non mi aspettavo una razione diversa, anche se, forse un po' ci ho sperato e capisco bene quello che provi. La nostra relazione è solo all'inizio» Si fermò, cercando nello sguardo del compagno qualcosa che gli suggerisse come proseguire il discorso, ma Remus lo fissava con un'espressione terrorizzata. «Io non ho bisogno di tempo, ho fatto la mia scelta, non cambio idea!»
Remus si versò un altro bicchiere di liquore. Severus avrebbe tanto voluto prenderlo per le spalle e scuoterlo fino a cavargli di bocca le parole, ma doveva "far raffreddare la pozione". Quindi attese.
Dopo un tempo che gli parve infinito, Remus sorrise. «Merlino! Severus, devi tenerci veramente molto, se usi parole come "sentimenti" e "relazione", come un romantico Tassorosso. Potrebbe essere la strada giusta per convincermi, sai?» Rise e Severus sentì il proprio cuore riprendere a battere.
«Quindi la risposta è sì?» Quasi non riusciva a parlare.
«Ho mai avuto la possibilità di negartelo? Però... non sarebbe meglio se lo indossassi io?» Severus sollevò un sopracciglio. «Insomma, non vorrei risvegliare brutti ricordi»
«Smettila! Adesso sei tu un Tassorosso credulone! Pensi davvero che qualsiasi cosa mi possa fare tu sarà anche lontanamente simile allo schifo che mi ha fatto passare Potter? Potter Senior» Precisò.
Per qualche oscura ragione avvertiva la forte necessità di distinguere Harry da suo padre, ma non era il momento ora di perdersi in simili facezie. «E poi... mi spiace ma non puoi indossarlo tu, la licantropia non è debellata e potrebbe nuocere al bambino...»
«Capisco» Commentò Remus asciutto. Forse avrebbe dovuto indagare sul tono che aveva assunto o su quello sguardo triste che ora era spuntato negli occhi del suo compagno, ma non gli sembrava il momento giusto neppure per quello.
«Remus. Saliamo in camera?» Non voleva certo restare impelagato in qualche altro contrattempo e in quella casa vivevano almeno altre due fonti di contrattempi. Remus si avviò verso le scale e Severus lo prese per mano.
Lo sguardo triste scomparve.
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«Come facciamo a sapere se ha funzionato?» Sussurrò Remus.
Severus, avvolto solo in un candido lenzuolo, era intento a sondare le nuove meravigliose sensazioni del suo corpo. Allora era vero, per le donne era veramente più bello. E chi se lo sarebbe aspettato? «La magia del medaglione dovrebbe funzionare alla prima volta, ma credo sarebbe saggio riprovare»
Lupin sorrise. «Lo trovi saggio quindi?» Afferrò il lenzuolo che si teneva addosso e lo tirò pian piano, fino a scoprire i due piccoli seni sensibilissimi.
Severus si sporse in avanti catturando le sue labbra. «Tanto per essere sicuri, capisci vero?»
«Temo che sarò costretto a sacrificarmi ancora, quindi» Rispose Remus. «Per Merino, quanto sei bella!» Rispose al bacio e le loro lingue intrecciate danzarono nelle loro bocche unite, anche solo questo era meraviglioso.
«Fai pure con calma, non ho nessuna intenzione di uscire da questo letto, almeno fino a domani mattina»
Remus, che era passato a baciarle la gola e si avvicinava in maniera molto invitante al seno, si fermò. «Quale onore! Mi concedi un'intera notte con me?» I suoi occhi brillarono di desiderio.
Severus sbuffò divertito. «Avevo pensato che un paio d'ore ti potessero essere sufficienti, ma ci sono alcuni aspetti che si sono rivelati interessanti»
«Interessanti? Ed è per questo che hai deciso di dedicarci più tempo? Non c'entrano nulla le invocazioni a tutti gli dei del pantheon, vero?» La mano curiosa e impudente accarezzava la sua femminilità così inaspettatamente vorace, senza però addentrarcisi. Che insolente. Come osava negarsi così?
«Potrebbe darsi, Lupin, ma non lo scopriremo mai, se continui a girarci attorno!» Un bacio imperioso le tappò la bocca e, stavolta, la lingua del suo amante non fu l'unica cosa a entrare in lei.
Allora, è spuntato un cilindretto misterioso e un altro anello, che ne dite? Silente non sembrava spaventato anche a voi? Invece su Severus ha avuto un effetto calmante... che ne pensate? Fatemi sapere.
Baci.
Noy
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