Nuovo piano
«Siamo chiusi dentro e tua zia mi ha preso la bacchetta» Harry cercò tentoni la porta, come immaginava era chiusa e non c'era neppure la maniglia. Aprirla dall'interno era impossibile. «Immagino che tu non abbia la tua, vero?»
Stavolta lo scintillio compiaciuto dello sguardo di Draco gli arrivò forte e chiaro. «Guarda qua» Non ci vedeva molto bene, ma quella sembrava proprio una bacchetta.
«E' quello che credo che sia?» Un'ombra di speranza gli animava la voce.
«Si sono presi la mia bacchetta e non mi hanno perquisito» Draco faceva roteare il prodigioso oggetto fra le dita, le lunghe dita sottili che sarebbero state così bene intrecciate alle sue. «Questa era di una mia paziente... ce l'avevo ancora in tasca» C'era qualcosa di strano nella voce di Draco, una nota triste. Ma le cose stavano andando bene... cioè, erano meno tragiche di quanto apparissero, e allora cos'era?
«Che succede?» Si sporse e afferrò le dita tentatrici, Draco non fece resistenza, per fortuna non era sciocco quanto lui.
«E' che non potrò mai restituirgliela... è morta» C'era altro che non voleva dirgli, Harry lo sentiva, ma non lo interrogò. Lo attirò al suo petto e lo strinse come un bambino in cerca di conforto. Draco si rilassò, gli avrebbe confidato il resto quando si sarebbe sentito pronto, ammesso che fossero usciti vivi da lì.
D'istinto, piegò la testa sulla sua e cercò le sue labbra. Draco si immobilizzò per un istante, ma non si ritrasse Harry attese che decidesse se accoglierlo o respingerlo. La sua bocca profumava di menta e d'amore, quando Draco socchiuse le labbra fu come tornare a casa, un lungo perfetto istante di pace, prima di riemergere dalle profondità del bacio, con la testa leggera e le farfalle nello stomaco.
Ma non avevano il tempo per lasciarsi andare a quello, dovevano agire. Alzarsi e lasciare Draco sul pavimento fu come strapparsi un cerotto, doloroso e sconcertante. «Allora? Cosa possiamo fare?» Passare all'azione era il solo modo per riscuotersi. «Siamo solo noi due, con una sola bacchetta... potremmo attirare uno di quelli di guardia dentro la cella e assalirlo di sorpresa, così almeno avremmo una bacchetta a testa»
Draco si alzò a fatica. «Certo, e già che ci siamo lo tramortiamo con una grossa clava» Non serviva essere ironici! «Come in quei cosi... i cartoni magici... no, animagici»
«Cartoni animati? E quando li hai visti?»
Draco sbuffò. «Sono un tipo pieno di sorprese, Pot-Harry» Gli mise in mano la bacchetta. «Tienila tu, io ho altre frecce al mio arco» Un pochino più criptico no?
«Quando fai così sembri tutto tuo padre!» Oh Merlino! Severus... che ne era stato di lui? E Remus? Respirò a fondo cercando di calmarsi, non poteva farsi venire un attacco di panico proprio in quel momento.
«Stai bene?» Draco si sporse verso di lui.
Harry annuì. «Mi serve solo un piano. Immagino che questa porta non si apra con un alohomora, vero?» Si raddrizzò ricominciando a respirare regolarmente.
«No, ma non serve aprirla per andarsene» Draco lo prese per mano, così forte che Harry ebbe l'impressione che non lo avrebbe più lasciato. «Ci penso io a farci uscire, poi andiamo da Voldemort e allora sarà solo fra lui e noi!» Sembrava determinato, forse però non aveva tenuto conto di un paio di cosette.
«Non credo sarà così semplice, non sappiamo neanche dove siamo e sono praticamente certo che là fuori sia pieno dei suoi Mangiamorte»
Draco sghignazzò. «Io lo so dove siamo!» Cosa? E come faceva? «Questo è il pied a terre di Lucius a Hogsmeade... insomma, l'appartamento dove portava i suoi amanti.» Harry poteva giurare di averlo sentito arrossire. «Solo che non è un appartamento, ma una villa a quattro piani, con ventisette stanze e un piccolo parco»
«Discreto!» Commentò Harry, così erano a casa di un mostro, con un altro mostro. Ironico!
«Infatti.» Draco si mosse verso il muro laterale e ci appoggiò la mano. «La prima volta che Voldemort è salito al potere, Lucius deve averglielo offerto come base,» Accarezzava il muro come fosse un gattino, oddio, che aveva che non andava? «L'unica volta che mi ha portato qui c'era una stanza che non mi ha concesso di aprire, diceva che c'era qualcosa di importante... credo che fosse la dimora del mostro, avrà lasciato lì qualcosa, magari un altro...»
«Un altro diario?» Harry non aveva idea di come ciò fosse possibile, ma Draco sembrava saperne molto più di lui su questa faccenda.
«Non credo, il diario di Tom era unico, poi è passato ad altri oggetti» Harry si voltò verso di lui, ma non ebbe il coraggio di chiedere niente, non era necessario. «Ti spiego in un altro momento, ma non devi preoccuparti, li abbiamo distrutti tutti... io e Silente»
Harry tirò su con il naso, non poté proprio impedirselo, e rivide dietro le palpebre chiuse la testa mozzata del preside che compiva la sua parabola. Un bolo di bile gli risalì in gola.
Ma Draco non sembrava disposto a lasciargli il tempo di sprofondare nel cordoglio. «Adesso vieni con me»
«Dove? Contro il muro? Che pensi di fare per farci evadere? Accarezzare la parete fino a consumarla?» Magari un bell'incantesimo esplosivo sarebbe servito di più, anche se rischiavano di tirarsi addosso delle attenzioni indesiderate.
Draco rise, era contento che fosse allegro, però non aiutava molto. «Non hai capito, questo posto era di Lucius, faceva parte della sua eredità» Draco battè il pugno chiuso contro la parete. «Quel mostro di Voldemort può credere che sia sua, ma si sbaglia di grosso.» Raddrizzò le spalle, si voltò verso il muro e si schiarì la voce. «Sono io il nuovo Lord Malfoy!»
Fu come se avesse usato un sonorus, tutto l'edificio tremò, le luci si accesero, le pareti si fecero più dritte. Tutta la casa era sull'attenti!
«Che diavolo hai fatto?»
Draco gli strizzò l'occhio e stavolta Harry la vide bene l'espressione compiaciuta di trionfo, anche con un occhio nero Draco era... mio Dio! Era sempre stato così bello?
«La casa obbedisce a me ora»
«Obbedire? Come fa una casa a obbedire?» Era lì, davanti ai suoi occhi, Harry lo poteva vedere, eppure non riusciva ancora a crederci.
«Oh, amore» Cinguettò il Serpeverde. «Non hai visto quello che sono capace di fare a Grimmault Place? Bene, qui è peggio, molto peggio» Diede ancora un piccolo pugno al muro, come stesse bussando, e dalle fessure fra i mattoni cominciarono a filtrare fibre di legno, liquide come acqua.
Ricoprirono una parte di muro e, prima che Harry se ne rendesse conto, davanti ai suoi occhi c'era una porta. Alta e massiccia, di legno scuro. Non una porta dozzinale, ma una vera e propria opera d'arte, di quelle che si trovano nei musei o all'entrata delle chiese. Lucida e splendidamente intagliata, sulla cima spiccava lo stemma della famiglia Malfoy.
Draco afferrò la maniglia dorata, ma che cazzo! Non era "dorata" era proprio d'oro massiccio! La piegò lentamente e aprì la porta. Neanche il più piccolo cigolio dai cardini, sembrava lì da sempre. «Dopo di te, amore»
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«Si può sapere dove siamo?»
«Non ci vuole un genio per capirlo, Harry» Draco non aveva tutti i torti. Le grosse pentole che sbuffavano sui fornelli e il plotone di elfi che correvano qua e là non lasciavano molto spazio all'immaginazione.
«Ok, siamo in una cucina, ma voglio dire... sembra di stare a Hogwarts. Pensavo fossero in una casa privata, che ci fanno qui tutti questi elfi domestici?»
Draco lo guardò malissimo. «Che vuoi dire? I Malfoy sono una nobile famiglia e come tale hanno molti...»
«Crucio!» Il resto della frase si perse in un urlo. Draco crollò a terra in preda alle convulsioni.
«NO!» Urlò Harry. Doveva fare qualcosa, prendere l'incantesimo su di sé! Ma chi l'aveva lanciato?
«Guarda guarda chi si vede, fuori dalla cella!» Il Mangiamorte si alzò da un tavolo sul fondo della sala, non lo avevano visto. «E chi abbiamo qui? Potter! Non sapevo che fossi nostro ospite»
«Lascialo bastardo! Prendi me» Chi diavolo era quello? Draco urlava e la testa di Harry si spaccava in due. Si mise fra la bacchetta del Mangiamorte e il suo ragazzo, ma non successe nulla. La maledizione lo attraversava senza fargli nulla.
Il Mangiamorte si avvicinò. «Scommetto che non sai neanche il mio nome, stupido ragazzino!» Harry lo guardò, il viso olivastro coperto da rughe, sfregiato da una cicatrice che gli attraversava l'occhio destro, l'orbita vuota lasciata in bella vista... no, un tipo del genere se lo sarebbe ricordato di sicuro. Scosse il capo. «No? Sai è un peccato che tu sia arrivato proprio adesso. Non vedevo l'ora di cavare gli occhi a questo qui.» Sventolò la bacchetta, Draco si sollevò a mezzaria.
«Smettila! Fallo a me, ma lascia stare lui!» Le sue stesse parole gli suonavano piagnucolose e patetiche. Draco continuava a soffrire.
«Il Signore Oscuro aveva promesso di lasciarmelo fare» Prese un cucchiaio dalla tavola e si avvicinò a Draco. «Come ricompensa, visto che è stata quella puttana di tua madre a farmi questo!» Un movimento fulmineo e il cucchiaio colpì Draco, affondando nella carne tenera a lato dell'occhio.
«Basta!» Le prime gocce di sangue rigarono il viso di Draco. «Accio!» Il cucchiaio volò nelle sue mani, era sporco di sangue, lo gettò sul pavimento.
«Ah sì? Vuoi negarmi la mia giusta vendetta? Crucio!» Draco ricominciò a urlare. Doveva fare qualcosa! Doveva prendersi il dolore su di sé.... oppure...
«Avada ke... avada...» Niente! Non riusciva a finire l'incantesimo!
«Che diavolo pensi di fare stupido ragazzino?» Il Mangiamorte senza nome scoppiò a ridere. «Ci vogliono le palle per lanciare quell'incantesimo» Lasciò andare Draco che finì sul pavimento ansimante. «Avada...»
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