Capitolo 5.
Capitolo 5.
Kris è seduta ad un tavolo. Ha davanti a sé una lattina di birra e ticchetta le dita a ritmo di musica sul tavolo. Mi avvicino lenta e mi siedo esattamente accanto a lei.
Finalmente si accorge di me e sorride.
«Prendi qualcosa?» Chiede come per rompere il ghiaccio. L'atmosfera è piuttosto seria ed io mi sto preoccupando e non poco.
Sospiro e faccio di no con il capo.
Lei deglutisce e mi fissa. «Sono scappata da Carter, non perché lui non volesse Lux... o me...» sospira. Gli occhi le diventano subito lucidi.
Cerco di capire qualcosa, ma nulla.
«Ho detto lui che Lux non è sua figlia» getta la bomba e il mio cuore quasi esplode. Non riesco a credere alle mie orecchie. «Lo so, lo so... non dire nulla» si copre il viso con entrambe le mani, mentre io cerco di mantenere la calma.
«E di chi è allora?» Sussurro a denti stretti.
I suoi occhioni pieni di lacrime mi scrutano. Un pensiero mi sorvola in testa, ma cerco di cacciarlo via immediatamente, aspettando una sua risposta.
«Prima di lui io sono stata solo con un ragazzo» aggiunge.
Ho capito tutto.
«Marcus» sentenzio senza più pensarci.
Lei annuisce e scoppia a piangere. «L'ho scoperto quando ci siamo lasciati che ero incinta... ma non l'ho detto a nessuno. Ho conosciuto subito dopo Carter e sono riuscita a mentire a tutti spudoratamente. Lui è stato sempre convinto che la bambina sia nata prematura ed è ciò che gli ho fatto credere io...» conclude.
«Hai idea di cosa succederà se Marcus... se Brandon lo venissero a sapere?» Le stringo una mano.
Lei spalanca gli occhi e scuote il capo. «Non posso dirglielo, capisci? » Continua a singhiozzare.
«Devi, Kris» dico.
«Tu non capisci. Marcus ha una vita, gliela stravolgerei completamente e Brandon non me lo perdonerebbe mai...» sospira asciugando le lacrime con una mano. «Rimarrò così per sempre, posso gestire la situazione.» Accenna un sorriso falso, la conosco troppo bene.
«Lux crescerà ed assomiglierà sempre più a suo padre. Lo sai questo no?» Cerco di farla ragionare, ma Kris è sempre stata troppo testarda. Non riesco a pensare che dovrò mantenere un segreto così brutto e grande per sempre. E' troppo anche per me. Avrei preferito non saperlo.
«Sì, me ne rendo conto...» abbassa lo sguardo e tace per qualche minuto.
«E allora? Che idea hai? Scomparire per sempre quando sarà la fotocopia di Marcus?»
«Troverò una soluzione, per adesso nessuno capirà nulla...» annuisce, «e Carter non vuole più saperne di me, quindi...» scrolla le spalle.
«Non appoggio la tua decisione, questo sicuro, ma non ti lascerò sola... questo devi saperlo.» Prendo un lungo respiro.
Lei mi sorride. «Grazie. Davvero.»
«Marcus comunque sarebbe l'uomo più felice del mondo...» sussurro sincera.
«Non ha bisogno di altri casini» decreta presuntuosa.
Scuoto il capo. «Un figlio non è mai un casino.» L'ho sempre pensata così, sempre. Insomma chi vogliamo prendere in giro? Anche io sono nata per sbaglio. Mamma me l'ha sempre detto scherzandoci su. Diceva sempre che in quella notte di Marzo, in mezzo ad un clima troppo passionale, Dio aveva deciso di mandarle una creatura come me. Nonostante la sorpresa, non ero stata per niente un casino, ma un piacevole imprevisto. E così era per Lux. Dovrebbe avere il meglio dalla vita, ma chi non potrebbe darglielo se non sua madre e suo padre?
Non condividerò mai il pensiero della mia migliore amica, come non le garantirò mai di riuscire a mantenere qualcosa di talmente forte dentro di me, ma sono sicura di una cosa: non lascerò sola, neanche nella più improbabile delle ipotesi. Lei ha bisogno di me. Ed io... magari, in un futuro prossimo, avrò bisogno di lei.
Accompagno Kris davanti casa e noto con piacere, dalla finestra , che Brady ha fra le braccia la piccola. Sorrido ed osservo la mia amica entrare in casa. Improvvisamente noto il display del cellulare illuminarsi. E' un messaggio. Controllo subito ed osservo il nome di mio fratello.
Sono anni che non ci parliamo, so che probabilmente non sarai con il sorriso stampato in viso leggendo questo messaggio e so che ancora ce l'hai con me, ma io ed Hanna vorremmo incontrarti... Ti prego... è importante. Ti voglio bene, sempre.
Il mio cuore cessa di battere. E' passato troppo tempo da quando la nonna è morta. L'ultima volta che ho visto quei due è stato al suo funerale, dopo di che, sono andati a vivere nella sua villa, in Florida. Abbiamo passato mesi ad odiarci, tartassandoci di messaggi cattivi. Non ci riconoscevamo più. La nonna non aveva lasciato nessun testamento e lui aveva deciso, essendo il fratello maggiore, per opera dei miei genitori, di impossessarsi di quella casa. Ero infuriata con lui e con mia madre. Non riuscivo a sopportare tutto ciò. Solo perché ero la sorella minore, ancora al college, dovevo tacere e abbassare la testa. No.
Inutile dire che per quattro anni, ci siamo sentiti pochissimo o quasi niente. Persino Hanna ho odiato. E adesso mi chiedo cosa vogliano da me. Sarebbe assurdo che mi lasciassero la casa, sarebbe surreale, ma stavolta accetterò di incontrare entrambi.
Ho deciso di abbattere un muro troppo alto. Sembra quasi che il passato non voglia liberarsi di me, in nessun modo.
Così, gli lascio un messaggio in segreteria.
«Ciao Nate. Sono passati troppi anni... dall'ultima volta che ti ho visto, che vi ho visti... ho deciso di smetterla di portare rancore e di comportarmi da persona matura. Ormai abbiamo entrambi una vita, una casa, e quasi una famiglia completa. Non so più niente di te... non so se ti sei sposato, se hai avuto un figlio, se lavori... non so niente del mio fratello maggiore e in quattro anni mi è sempre passato per la mente di chiamarti per chiederti cosa stessi facendo, se mi pensavi ancora qualche volta. In realtà... mi sono sentita così sola, che alla fine ho deciso di non fare nulla... avrei tante cose da raccontarti, che non sai di me e... mi farebbe piacere ricontrarti, abbracciarti e vedere l'uomo che sei diventato. Ammetto che mi manchi, ammetto che ti voglio un bene dell'anima...e quando vorrai tu, io ci sarò...»
Riattacco con le lacrime agli occhi. Non mi sembra ancora vero. Ho parlato di Nate solo con Noah, che tra l'altro lo detesta. Non pensavo che sarebbe arrivato così in fretta il momento in cui mi sarei trovata faccia a faccia con lui. L'idea di incontrarlo mi faceva paura, in passato. Adesso mi sento pronta e spero di non dovermi pentire di ciò che penso.
Quando rientro in casa, Noah sta dormendo sul divano. Gli accarezzo il viso, lasciandogli un bacio in guancia e salgo di sopra. Indosso il pigiama e mi infilo sotto le coperte.
Sembro un adolescente con il cellulare fra le mani e la lucetta dell' abat-jour che illumina un piccolo spazio della stanza.
Brady mi ha appena inviato un messaggio. Lo leggo senza esitare.
A quando la prova dell'abito?
Oh menomale! Me l'ha ricordato. Proprio domani ho appuntamento.
Domani mattina, ma probabilmente non ci potrai essere...
La sua risposta è immediata.
Lascerò il lavoro per qualche minuto, non importa... non potrei perdermi la Stewart in abito da sposa, ahahah.
Rido.
Bè, allora ci vediamo domani alle nove a casa mia. La sarta verrà lì...
Passano una manciata di minuti. Non so perché ma mi sento nervosa. Come quando hai un masso sullo stomaco così pesante che per giunta le gambe senti cedere. Brandon Felton mi rende sempre nervosa, ansiosa...
A domani allora. Buonanotte Splendido Passato.
Mi manca il respiro. Ho bisogno di un cuscino da stringere mentre urlo.
Non può fare così. Non cederò a tutto ciò. Brandon è furbo. Sa i miei punti deboli, ma non riuscirà a corrompermi. Io so cosa voglio nella mia vita.
POV BRANDON
Sono davanti casa di Emily. Sono le nove in punto, ma io non riesco ad uscire dall'auto. Sembro un bambino di due anni che si rifiuta di andare dal dottore. Mi fa troppo male.
Già avverto la terribile fitta al petto che non mi fa respirare.
Ma devo farcela. Sono un uomo, non una pappamolle. Devo affrontare la triste realtà: Emily non è mia, indosserà un abito bianco e arriverà all'altare insieme al suo uomo.
Accettarlo o no, non concluderà nulla. La mia opinione non conta nulla. La sua vita è troppo perfetta ed io non sono nessuno per rovinarla.
Con un'andatura lenta, quasi strisciando arrivo sulla soglia della porta.
Sistemo i capelli, respiro e suono il campanello. Una donna con un viso familiare apre la porta. Charlotte! I miei occhi si illuminano. Sono passati anni, ma la signora Stewart non invecchia mai.
«Brandon, mamma mia.» Sgrana gli occhi, ma il momento è interrotto da Emily che getta un urlo dal salotto.
«Mamma! Santo Dio, sarò ingrassata! La lampo non si alza.» Dice con voce stridula.
Mi fa cenno di entrare e quando noto Emily quasi svengo. E' bellissima. Ha una scollatura bassissima sulla schiena e l'abito le calza a pennello. Sembra una principessa.
Non appena mi vede sorride.
«Ehi, sei arrivato!» Esclama.
Sembra una riunione di famiglia. Grace è seduta sul divano, con le gambe accavallate, le braccia incrociate al petto ed una masticante fastidiosa fra i denti.
Mi schiaccia subito un occhio e sorride maliziosa. Quella ragazzina è il demonio. Rido al solo pensiero.
«Stai benissimo» ammetto avanzando di pochi passi. «Splendida» sottolineo a bassa voce.
Solo Charlotte riesce a sentirmi. Mi da una lunga occhiata incuriosita ed io cerco di abbozzare un mezzo sorriso per spezzare l'incantesimo che si è creato. Starà pensando che voglio rovinare il matrimonio della figlia o meglio che io stia progettando di sabotare tutto. In realtà è così stupenda, che non riesco ad apparire il Satana della situazione. Sono ammaliato da Emily e pagherei miliardi per essere il suo Noah.
Grace si avvicina come una pantera, posizionandosi al mio fianco. Mi fa quasi paura. La guardo di sottecchi senza fiatare. «Brandon... cerca di frenare l'uccello che hai nelle mutande.» Pronuncia quelle parole a bassa voce con una certa enfasi.
«Grace...» sussurro pacato osservando ancora Emily.
«Muori dalla voglia di saltarle addosso, lo so» sogghigna. Adesso la uccido.
Non rispondo.
«Qualunque cosa tu voglia fare, io ti appoggio sempre. Facciamo cadere dal trono Noah Connors.» Aggiunge.
«Non faremo un bel niente.» Sbotto.
«Vuoi davvero guardarla mentre dice "sì" a quel finocchio?»
Scoppio a ridere e mi becco le occhiate omicide della sarta, della Stewart e la madre.
«Stavo solo riflettendo su una cosa, scusate» mi giustifico.
«Lo farò cadere io il trono allora... e se tu non mi darai una mano giuro su Dio che ti metto nei guai... e tu sai come.» Grace ritorna a parlare ed io vorrei scappare. Quella sa come mettermi nei casini. E' l'adolescente con cui non si vorrebbe mai avere a che fare.
Finalmente mezz'ora dopo sono scomparsi tutti. Siamo rimasti solo io e lei. Mi sembra strano stare nella casa in cui vive con il suo futuro marito. Mi sembra strano avvertire quell'odore di colonia che mi ricorda Tom.
E' difficile persino per questo.
«Preparo un caffè» sorride mentre io prendo posto nella sedia di fronte al tavolo giocherellando con una mela.
«Quando è previsto il matrimonio?» Domando.
«La data la sveleremo presto» sorride. Non c'è proprio un cazzo per cui sorridere, ma ricambio. Ho un fuoco che mi ribolle dentro e vorrei sbatterla contro la cucina, senza pensare più a nulla. Farei saltare in aria quella macchinetta del caffè, poserei il suo bel sedere sul tavolo, facendo scivolare a terra ogni cosa ingombrante e le bacerei ogni parte del corpo. Ma devo tornare alla realtà.
«Ho conosciuto una donna» dico quasi senza pensare. Osservo la sua reazione.
Il caffè che ha nella tazza rotola sul pavimento e lei si scansa velocemente.
Cazzo.
«Tutto okay?» Mi alzo scattante, ma lei ha già preso un panno per pulire.
«Sì.. sì tran.. quillo.» Balbetta. Allora le importa! «Comunque sono felice!» Esclama osservandomi. Sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio sospirante e sorride.
Non sorridere, ti prego.
Socchiudo le palpebre e mi metto in piedi.
«Devo andare... il lavoro chiama» interrompo il tutto e mi avvio verso l'uscita.
Lei m'insegue attanagliandomi il polso. Le pulsazioni aumentano irregolarmente e mi volto con disinvoltura per osservare i suoi occhi da cerbiatta che mi scrutano. Celano malinconia.
«Sono contenta per te, davvero.» Mi accarezza il volto ed un brivido mi percorre la schiena. «Te lo meriti, tutti meritiamo di essere felici. Tutti meritiamo un amore per cui valga la pena lottare. Tutti meritiamo un amore che ci consumi fino a raggiungere il bene più assoluto. » Quelle parole mi lacerano internamente. Forse è solo arrivato il momento di smetterla seriamente. Ma come faccio? Dovrei scappare in un altro paese e non farmi più vedere, ma non servirebbe.
«Già.» Annuisco. «Lo merito» magari il trucco è solo passare avanti, conoscere qualcuno e provare ad andare oltre il semplice sesso. «Vado...» scompaio dietro la porta, monto in auto e mi rifugio nel campetto di basket in cui andavo da bambino.
E' così silenzioso qui. Un tempo eravamo una ventina di bambini che si scannavano per tirare a canestro una palla, adesso sono solo. Il canestro mi fissa ed io fisso lui, ma ciò di cui avrei bisogno adesso è solo mio fratello.
Rimango ancora qualche minuto seduto negli spalti, poi mi reco da lui.
Percorro un lungo vialetto, poi lo osservo. Eccolo lì. I fiori sono ancora intatti e profumano maledettamente.
Mi inginocchio lasciandogli un lungo bacio, spolverando la lapide.
«Ciao Tom... questa settimana passo per la terza volta.» Sorrido. «Oggi è una giornata di merda, sto saltando per giunta l'orario di lavoro e so già che il primario mi farà un culo così...» scrollo le spalle, «ma come puoi ben vedere, ciò che mi circonda mi rende la persona più fragile ed emotiva di sempre. Non so più se sia stato un bene rincontrarla, sai... me n'ero fatto una ragione, pensavo che non l'avrei più rivista... e che io sarei diventato vecchio, solo nella mia casa.» Faccio una lunga pausa. «Ma quando l'ho rivista qualcosa in me è scattato. Tutta quella repulsione, quella rabbia... quella strafottenza è scomparsa... ho provato ad immaginarmi in una casa, piena di marmocchi, con una moglie che mi aspetta dopo lavoro, con una donna da baciare, coccolare tutto il tempo, con cui farci l'amore senza preoccuparmi di essere un amante. Mi sento mancare qualcosa... ho bisogno di realizzare la mia vita anche in questo, di sentirmi amato da qualcuno, ho bisogno di qualcuno che non mi chiami alle tre di notte per una scopata e via, ma che mi dica "amore, sono le tre di notte, prendila tu la bambina che piange".» Ridacchio. «So che puoi capirmi... » sussurro rimettendomi in piedi. Nascondo le mani nelle tasche dei jeans e continuo ad osservare quella scritta THOMAS FELTON, così terribile. «E grazie per avermi ascoltato per l'ennesima volta, mi manchi, ti voglio bene cuore...» dico mentre indietreggio di qualche passo. Mi volto, poi, e proseguo per la mia strada.
Dove mi porterà mai?
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