9. l'Hotel Commercio
Elias accostò la macchina in un piccolo vicolo nei pressi di Viale del Tasso. Pochi metri più avanti campeggiava logora l'insegna dell'Hotel Commercio, un tempo ritrovo di uomini d'affari e industriali in visita in città, ridotto nell'ultimo periodo di attività ad una bettola di terz'ordine e ormai chiuso e abbandonato da anni.
Corrado sedeva sui sedili posteriori, immobile. Accanto a lui Beatrice. Non poteva voltare la testa per osservare il suo viso ma era certo che fosse terrorizzata a morte quanto lo era lui.
Che cosa stava succedendo? Non riusciva a spiegarsi come ci fossero arrivati in quella macchina, ricordava di aver camminato sulle sue gambe senza però volerlo fare, poi si era accomodato senza proferire parola, Beatrice l'aveva seguito in silenzio ed Elias aveva messo in moto. Aveva guidato per una decina di minuti circa, dalla Piazza della Chiesa fino al centro storico e ora eccoli lì.
"Eccoci arrivati, ora scenderete dalla macchina e verrete con me e non guardatemi con quelle facce per favore! Mi ci avete costretto voi!" disse Elias voltandosi verso i sedili posteriori.
Corrado cercò di urlare ma dalla sua gola non usciva nessun suono.
"So che siete spaventati, ma vi assicuro che non vi succederà nulla di male" provò a tranquillizzarli Elias.
Quelle parole non sortirono alcun effetto calmante e Corrado sentiva il suo stomaco che si contorceva come un lombrico al sole, provocandogli delle fitte che si irradiavano in tutto l'addome. Probabilmente avrebbe vomitato.
"Ora potrete parlare, ma vi prego di non urlare e non dare in escandescenze, altrimenti dovrò zittirvi di nuovo" disse Elias allungando le mani verso i volti dei due ragazzi.
Beatrice fu la prima a riprendere possesso delle corde vocali e cacciò un urlo liberatorio come se fosse un neonato al primo vagito.
"Lei è completamente pazzo! Ci faccia uscire da qui!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo,
"Che cosa ci hai fatto? Cosa sei una specie di santone psicopatico?" seguì Corrado a voce alta, felice di sentire di nuovo la sua gola vibrare. Si sforzò di muoversi ma non ci riuscì.
"Santone psicopatico?" sorrise Elias.
"Non c'è niente da ridere! Perché non posso muovermi? Voglio muovermi!" urlò di nuovo Corrado in preda al panico.
"Ok, ok! Non avrei voluto farlo davvero, ma era l'unico modo, sono molto dispiaciuto. Di solito non utilizzo questi metodi barbari, non è nel mio stile" disse Elias guardandolo dritto negli occhi.
Adesso gli sembrava sincero e pure dispiaciuto.
Le sue mani nodose si avvicinarono di nuovo e improvvisamente Corrado sentì il suo corpo rispondere.
Scattò come una molla e cercò di aprire la portiera.
"Apri subito questa dannata macchina!"
"Facci scendere da qui!" urlò Beatrice.
Poi prese a pugni il vetro del finestrino nella speranza di intercettare qualche passante per la via.
"Aiuto, vi prego! Aiuto!"
"Dovete stare calmi, ve lo ripeto non ho intenzione di farvi alcun male!" disse Elias, che aveva lo sguardo colpevole, come se sapesse di aver combinato un pasticcio.
"Non me ne frega niente delle tue intenzioni, facci scendere subito!" urlò Corrado.
Elias si rabbuiò e si voltò di nuovo nell'abitacolo.
"Maledizione, io gliel'avevo detto che sarebbe stata una grossa stupidaggine! Ma loro, no! Portali qui Elias è la cosa migliore. E poi perché proprio io? Potevano chiedere a qualcun altro!".
Ma che stava farneticando adesso?
Corrado cercava in tutti i modi di sbloccare la portiera senza riuscirci.
"Ti faremo arrestare, dannato pazzo! Suo padre è avvocato!" lo minacciò Beatrice indicando Corrado.
Elias lo guardò con lo sguardo confuso.
Corrado si sentì in dovere di rispondere.
"Ehm sì, divorzista..."
"Cosa?" fece Beatrice.
"Mio padre, è divorzista..." cercò di spiegarle con delicatezza.
"Ti sembra il momento di cercare il pelo nell'uovo?" ribatté lei stizzita.
"No, certo...".
Diritto civile, diritto penale, sottigliezze.
Elias li guardava entrambi probabilmente senza sapere come procedere.
Corrado si chiedeva quando Beatrice avesse indagato sul lavoro del padre e soprattutto perché.
Lei malediceva il mondo intero mentre prendeva a calci il sedile, facendo sobbalzare l'intera vettura.
A quel punto Elias cambiò espressione, rilassò le spalle e distese il viso come se un balsamo gli avesse calmato i nervi all'improvviso.
"D'accordo ragazzi, come volete, ora aprirò la macchina e potrete andarvene, ma prima ridatemi la piastrina per favore, devo riportarla al suo proprietario. Sì, quello del muro, non avete avuto le allucinazioni".
Ok.
Ok, questo cambiava le cose.
Corrado guardò Beatrice che puntava i piedi sul poggiatesta cercando di sfondarlo.
"Avete visto qualcosa che non avreste dovuto vedere, per questo siete qui" proseguì Elias.
Beatrice si ricompose.
"Suona come una minaccia"
"Non è mia intenzione minacciarvi, né farvi alcun male" ribadì Elias. "C'è qualcuno che desidera parlarvi, tutto qui. Potete decidere di seguirmi e ascoltare cosa avranno da riferire. Oppure tornatevene a casa, chiamate la polizia e raccontate che un vecchio vi ha rapito, ma siete stati voi a seguirlo sulle vostre gambe, poi vi ha immobilizzato con la forza della mente e alla fine vi ha lasciati andare via. Vi crederanno".
Corrado provò ad immaginarsi la scena e vide chiaramente un lungo corridoio bianco, sua madre in lacrime in uno dei suoi completi firmati, mentre un paio di infermieri lo trascinavano di peso verso una piccola cella con le pareti imbottite.
No, non gli avrebbero mai creduto.
"E chi ci assicura che non ci succederà niente?" chiese d'un tratto Beatrice, mentre Corrado si domandava se non stesse per caso cercando di scendere a patti con quello squilibrato.
"Credo che potrei farlo io" rispose Elias.
Era tutto assurdo. Niente aveva senso, Corrado avrebbe voluto solo uscire da quella dannata macchina all'istante; eppure, Beatrice ora sembrava temporeggiare. Che cosa le frullava per la testa? Perché quel cambio di direzione all'improvviso? Corrado la guardava mentre i suoi occhi scuri scrutavano Elias interrogandolo.
"Ok, va bene" disse infine Beatrice a bassa voce.
Elias sorrise. Corrado per poco non sputò fuori il cuore dalla bocca. Sentì le guance andare in fiamme.
"COSA?!".
Beatrice si voltò verso di lui, sembrava calma.
"Non so, è strano ma sento che possiamo fidarci di lui".
Corrado non credeva alle sue orecchie.
"Tu senti che possiamo fidarci di lui? E cosa ti dà tutta questa fiducia così dal niente adesso? Ci ha immobilizzato, zittito e sequestrato e tu ora lo vuoi seguire? Sei impazzita?"
"Sì, lo so che è assurdo, ma voglio capire cosa sta succedendo, sei libero di tornare a casa se vuoi".
Corrado si mise le mani nei capelli. Fissò quella strana ragazza che la vita aveva colpito così duramente e pensò che forse proprio per quello fosse così incosciente, perché ciò che aveva di più caro in effetti l'aveva già perduto. Tanto valeva rischiare.
Abbassò le braccia e infilò la mano destra in tasca. Le dita toccarono il metallo freddo della piastrina di ottone.
Voleva saperne di più, ma certo che voleva saperne di più su quella faccenda.
Non sapeva quello che stava facendo, per la prima volta nella sua vita era confuso, impaurito, fuori controllo. Sarebbe dovuto andare via da lì, subito, ma per qualche inspiegabile motivo decise di restare.
Gli occhi di Beatrice erano puntati nei suoi, in attesa.
"D'accordo" si convinse infine, maledicendo quelle parole e sé stesso un secondo dopo.
Elias si illuminò di colpo e un sorriso di soddisfazione apparve sul suo viso rugoso.
"Benissimo, allora seguitemi".
La sicura delle portiere scattò e Beatrice scese dalla vettura appoggiando le scarpe sul suolo freddo.
Corrado la raggiunse, teneva il berretto in mano mostrando i suoi capelli biondi tagliati sempre troppo corti.
"Senti, siamo sicuri? Non stiamo andando a cacciarci in qualche guaio?" chiese.
Beatrice lo afferrò per un braccio.
"Temo che ci siamo già".
"Da questa parte" li guidò Elias, dirigendosi versol'ingresso dell'Hotel Commercio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top