65. L'amore non muore

"Non avere tanta fretta di morire!" gli urlò Beatrice mentre con le mani stringeva forte il rametto di faggio donatogli dalle streghe in modo provvidenziale. Davanti ai loro occhi uno scudo invisibile li stava proteggendo dalla forza di Teucro che iniziava piano piano a venir meno.

Beatrice spinse lo scudo facendolo indietreggiare, Corrado euforico per essere ancora vivo le diede una mano e in due fecero indietreggiare quel fantasma fino al cumulo di cenere fumante al centro della sala.

"E comunque" urlò Beatrice, mentre Teucro sembrava provare dolore al suono della sua voce.

"Non mi hai fatto finire la canzone!".

In quel momento lo spettro di Teucro mollò la presa, portandosi le mani alla testa, si accasciò al suolo e la sua veste scura lo ricoprì completamente trasformandolo in un mucchio di stracci.

Dopo un istante si dissolse e svanì nell'aria.

Lo scudo che li proteggeva si spense all'improvviso e Beatrice barcollò in avanti seguita da Corrado, caddero insieme sul pavimento proprio mentre le Falene sfondavano la porta d'ingresso.

Corrado e Beatrice si voltarono atterriti sapendo che non sarebbero riusciti a difendersi dalle loro spade, dopo un istante però parve loro che quel gruppo di uomini armati non fossero del tutto convinti di sapere quel che facevano. Si guardavano fra di loro con sguardo ebete come se si stessero chiedendo quale fosse la ragione che li aveva spinti a buttare giù la porta.

Nel dubbio comunque scelsero di attaccare quei due ragazzi stesi a terra che li fissavano terrorizzati; quindi, si diressero spade sguainate verso di loro con l'intenzione di farli a fette.

Non poterono fare che pochi passi perché in un baleno un intero plotone di uomini armati fino ai denti si materializzò davanti ai loro occhi impedendogli di andare oltre.

L'esercito della capitale in tutta la sua magnificenza aveva appena fatto la sua comparsa in quella piccola sala senza finestre.

Questo significava solo una cosa, che il maledetto scudo era stato annientato!

Le Falene dopo essersi rese conto che non avevano nessuna possibilità contro i soldati di Babliska gettarono le armi a terra e si inginocchiarono in segno di resa.

Corrado ansimante si sollevò sui gomiti, incredulo.

"Ce l'abbiamo fatta, non ci credo... ce l'abbiamo fatta!".

Beatrice che gli stava accanto rimase immobile per qualche secondo. Poi si voltò a guardarlo e senza provare a trattenersi gli si buttò al collo, abbracciandolo forte. Corrado perse l'equilibrio e si ritrovò di nuovo sdraiato a terra nella cenere con Beatrice che lo stritolava.

"Credo di avere una costola rotta" le disse stringendola a sua volta.

Sentì il corpo di Beatrice vibrare e scuotersi e capì che stava piangendo.

"Ehi, ehi va tutto bene! È finita, è tutto finito".

Ma Beatrice lo stringeva affondando il viso nell'incavo della spalla, mentre i singhiozzi si facevano più forti. Corrado sentì le sue dita stringergli le spalle e le sue lacrime calde che scendevano lungo il collo.

Beatrice piangeva a dirotto, come una bambina.

"Va tutto bene Bea, stai tranquilla".

Ma lei era un fiume in piena.

"Ho pensato che ti avrei perso! Ho pensato che saresti morto!" disse con la voce rotta.

"Non mi hai perso, non mi perderai mai te lo prometto! Mai!".

Beatrice gli si aggrappò addosso con tutto il corpo.

"Ti voglio bene" disse tra gli spasimi.

"Cosa?" chiese Corrado.

"Ti voglio bene, tantissimo"

Corrado la strinse ancora di più e le accarezzò i capelli.

"Anche io".

Per un momento desiderò veder sparire tutto il resto, avrebbe voluto rimanere così per sempre con Beatrice sdraiata su di lui. Voleva solo sentirne il peso del corpo, le sue braccia attorno al collo, sentire i suoi capelli scuri che gli solleticavano le guance.

Avrebbe voluto baciarla.

Di nuovo. E ancora. Per tantissimo tempo. Per un tempo infinito.

Ma Beatrice aveva paura. Lui l'aveva capito. Giurò a sé stesso che l'avrebbe tenuta stretta quella paura, fino a vederla spegnersi del tutto. Avrebbe soffocato quella paura. Avrebbe atteso se necessario.

Ma non si sarebbe mosso da lì, non avrebbe mai rinunciato a lei.

Beatrice si sollevò piano e lo guardò con quel viso sporco di cenere e lacrime.

Gli sorrise singhiozzando e si asciugò gli occhi con il dorso della mano.

Corrado le accarezzò la testa ignorando la fitta nel fianco.

Un soldato vestito di una lucente armatura dorata si avvicinò proprio in quel momento.

"State bene? Siete feriti?"

"Credo di no grazie. Non troppo" rispose Beatrice voltandosi.

"Siamo noi che dobbiamo ringraziarvi, venite" disse aiutandoli ad alzarsi. Poi li accompagnò fuori dalla sala, lungo il corridoio del piano superiore.

Di Galeno non v'era traccia e per un momento Corrado e Beatrice temettero il peggio.

Quando uscirono videro l'atrio ai loro piedi, era completamente pieno di soldati che arrestavano le ultime Falene e le trascinavano all'esterno, nessuno opponeva la minima resistenza.

"Erano tutti controllati, così come lo era lo scudo" spiegò il giovane soldato che li accompagnava. Proprio come aveva ipotizzato Malia.

A terra c'erano numerosi corpi di uomini caduti durante lo scontro e un numero considerevole di animali aveva perso anch'esso la vita.

Una delle due grandi aquile giaceva a terra con le ali spezzate e la testa china in una pozza scura, mentre la seconda se ne stava appollaiata in cima a quello che una volta era l'albero rigoglioso che cresceva nel mezzo della fontana ma che ora era ridotto ad uno scheletro decrepito. Ad intervalli regolari emetteva dei richiami striduli che non ricevevano alcuna risposta.

Il soldato che li accompagnava li afferrò entrambi per la vita e sollevandosi nell'aria come un uccello li trasportò al pianterreno oltrepassando ciò che restava dell'enorme scalone di marmo bianco.

Quel breve volo improvvisato scrollò di dosso ad entrambi gli ultimi residui di paura.

Non appena misero i piedi a terra incrociarono lo sguardo di Galeno. Era seduto ai piedi della fontana, sembrava ferito ma i suoi occhi sorridevano e questo lasciava intendere che tutto sommato non doveva essere conciato male.

Lo raggiunsero di corsa urlando il suo nome.

Non appena l'ebbero raggiunto lo abbracciarono, stritolandolo come se fosse fatto di pezza.

"Avete un aspetto orribile!" disse lui guardandoli.

"Anche tu!"

"Che bello vedervi. Sono stato travolto là fuori mi dispiace. Ma come avete fatto? Come?" chiese lui ancora incredulo di vederli vivi e vegeti di fronte ai suoi occhi.

"È stata lei, non guardare me!" rispose Corrado indicando Beatrice.

"Non ci sarei mai riuscita da sola, non fare l'idiota"

"Più tardi potrete litigare, adesso spiegatemi come ci siete riusciti" insistette Galeno.

Beatrice spiegò per filo e per segno ciò che avevano trovato all'interno della sala e come erano riusciti dopo numerosi tentativi andati a vuoto a togliere il controllo a Teucro o a quella specie di spettro.

"Dovrai insegnarmi quella canzoncina" rise Galeno.

"Già, non credo di avergli fatto troppo male comunque. Insomma, non era lui quella cosa, era una specie di fantasma"

"Un incantesimo diabolico, l'importante è che tu l'abbia spezzato. Di Devidio ovunque sia ce ne occuperemo, stanne certa" la rassicurò Galeno.

In quel momento li raggiunsero trafelati Malia e Iano, erano entrambi ricoperti di graffi e ferite. Avevano i volti scuri e preoccupati.

"Che succede?" chiese Galeno mettendosi in piedi.

"Carlo, venite" rispose Malia facendo strada.

Si diressero correndo verso il corridoio degli archivi dove poco tempo prima Carlo era stato visto allontanarsi in compagnia di Aezio. Lo percorsero tutto fino a che raggiunsero una sala estesa per larghezza più che per lunghezza che aveva l'aspetto di una biblioteca. Le pareti erano ricoperte di scaffali dai quali traboccavano volumi rilegati in pelle e numerosi rotoli di pergamena ordinatamente disposti. Sul soffitto catene di Lumi si intrecciavano tremolando e illuminando l'intero ambiente di una luce soffusa, mentre dalle finestre i primi bagliori del mattino si intravedevano all'orizzonte.

Al centro un gruppo di uomini dell'esercito di Babliska tenevano sotto tiro qualcuno intimandogli di non muovere un solo muscolo pena la morte immediata.

Corrado e Beatrice oltrepassarono le lucenti armature dei soldati e si trovarono di fronte ad una scena che non si sarebbero mai aspettati di vedere.

Carlo in piedi davanti ai soldati faceva da scudo umano ad un Aezio completamente sfigurato in volto, la sua faccia era una maschera di paura e dolore.

"Carlo..." provò a chiamare Beatrice ma lui non rispose e rimase fisso con le braccia spalancate a proteggere Aezio.

Galeno si avvicinò cercando di capire le sue intenzioni.

"Carlo, spostati di lì" disse calmo.

"Lo ucciderete" rispose lui con un filo di voce appena.

"Spostati ti prego, è pericoloso"

"Non lo è, non lo è mai stato. Voi non capite" rispose Carlo indietreggiando.

Galeno e Malia si guardarono cercando una spiegazione a quel comportamento senza però riuscire a trovarla.

"Che significa non lo è mai stato? Hai ucciso i miei genitori e migliaia di persone innocenti te lo sei dimenticato forse?" chiese Beatrice incredula.

"Sì, ha fatto delle cose orribili ma non lo desiderava, lui non è mai stato un assassino"

Beatrice era allibita.

"Ma che diavolo stai dicendo! Sei fuori di testa?"

"Carlo, è Aezio Fontamala! Le Falene, tutto questo è accaduto per colpa sua!" disse Galeno indicandolo.

"Voi dovete aiutarlo!" disse Carlo voltandosi verso Aezio, che stava in piedi con l'aria smarrita, senza più traccia dell'uomo spietato e vendicativo che tutti avevano visto e conosciuto.

"Aiutarlo? Sei impazzito?" chiese Corrado non potendo credere alle sue orecchie.

Fu a quel punto che Aezio provò a parlare, le sue parole fuoriuscivano a fatica mentre gli angoli della bocca si allungavano verso il basso.

"Vi chiedo perdono" disse cercando di raggiungere Carlo, le guardie si mossero all'unisono e Aezio alzò le mani come a palesare le sue buone intenzioni.

"Vi prego non ho intenzione di opporre alcuna resistenza, vi chiedo solo di ascoltarmi, perché non credo che mi sarà concesso di parlare di nuovo" fece una pausa e Carlo si voltò cercando i suoi occhi.

"Io amavo mia figlia, più di ogni altra cosa al mondo e come lei amavo la mia vita e mia moglie. Certo è vero non ho mai nascosto una certa avversione per l'Esterno e i suoi abitanti, ma questo solo perché temevo che rappresentassero un pericolo. Non avrei mai fatto niente per distruggerli, e quando mi sono reso conto di ciò che avevo fatto, credetemi, ho capito che chi mi ha condannato ad una pena peggiore della morte, non aveva scelta. Io avrei fatto lo stesso.

Non mi perdonerò mai per ciò che ho commesso ma dovete credermi quando vi dico che nel mio cuore... nel mio cuore io non l'ho mai desiderato".

Rimasero tutti in silenzio, interdetti da quelle parole che nessuno si sarebbe mai aspettato di sentire uscire dalla sua bocca.

"Ma l'avete fatto lo stesso" disse poi Beatrice mentre due lacrime rabbiose le rigavano il volto sporco di cenere.

Aezio la guardò, riconobbe la ragazza di quella sera nel bosco, anche se era come se la vedesse per la prima volta.

"Beatrice, io so di non meritare il tuo perdono, non potrei mai chiederti tanto ma ti prego solo di capire che non ero in me, non so cosa mi sia successo ma non avrei mai voluto niente di tutto questo. Morirei qui e ora, senza remora alcuna, pur di ridarti quello che ti è stato tolto" disse Aezio.

Beatrice faticava a riconoscerlo, si ricordava della sua espressione crudele, di quella luce negli occhi quando era sorto dalle acque, quando quella notte nel bosco li aveva minacciati, quando aveva giurato di sterminare tutti gli Estranei in nome dei suoi folli ideali. Quando stava per uccidere Corrado! Non era più lo stesso uomo di allora, questo era evidente e questo fatto fece crescere in lei una rabbia sconosciuta e primitiva.

"Allora chi li ha uccisi? Chi? Devo avere una risposta! Mi merito una dannata risposta dopo tutto questo!" urlò con la voce rotta.

"Li ha uccisi lui! Io c'ero, ero presente quando tutto questo ebbe inizio. Mio padre rischiò la vita pur di fermarlo e ora è morto! Non aveva nessuna intenzione di fare del male? È una menzogna! Stiamo parlando di migliaia di innocenti! Morti per il volere di un pazzo!" disse Galeno cercando di trattenersi. Avrebbe voluto spaccargli la faccia con un pugno.

"Iano! Iano ricordi quel che mi hai detto di tua madre?" chiese Carlo.

Iano si sentì all'improvviso chiamato in causa e fece qualche passo in avanti portandosi più vicino ai soldati.

"Diceva che era un uomo innamorato e un padre affettuoso, ricordi? Tu stesso me l'hai raccontato!"

Iano annuì guardando Galeno che lo interrogò con lo sguardo.

"Che sta dicendo?"

"Che non è sempre stato così, non era un uomo cattivo" cercò di spiegare Iano.

"E questo cosa vorrebbe significare?" chiese a quel punto Corrado.

"Che è successo qualcosa!" sentenziò Carlo senza muoversi dalla sua posizione.

Beatrice non ci vedeva più dalla rabbia.

"Cosa?! Cosa diavolo è successo?" urlò scagliandosi contro Carlo.

Corrado e Malia la trattennero cercando di calmarla e di farla ragionare.

Ad Aezio per un attimo parve di osservare Mirene, la stessa testardaggine, lo stesso impeto, la stessa forza, lo stesso identico coraggio. Si rimproverò per tutte le discussioni, per tutte le parole odiose che le aveva rivolto negli anni pur non avendo nessun desiderio di ferirla. Eppure, l'aveva fatto. Non capiva né come né perché eppure aveva distrutto la sua famiglia, mandato in rovina la sua vita e quella di altre migliaia di persone.

Era certo che sarebbe morto senza avere una spiegazione, un perché a tutta quella sofferenza. Dubitava di Teucro, era quasi certo che l'avesse solo usato per i suoi scopi ma che importava adesso? Sarebbe cambiato qualcosa? Teucro era un nemico per tutti, lo era sempre stato e lui gli era stato a fianco per anni, per decenni. Poteva essere stato tanto ingenuo, tanto stupido da non capire che in realtà era solo una pedina nelle sue mani? Che cosa ci aveva guadagnato?

"Non mi merito nessuna compassione" disse guardando Carlo. "So che per me non ci sarà più nulla, ma questa è la mia verità e prima che prendiate qualsiasi decisione sentivo nel mio cuore che dovevate conoscerla. Non saprò mai che cosa mi è successo veramente, ma sappiate che se fosse dipeso da me nulla di tutto questo sarebbe accaduto"

"Non prenderanno nessuna decisione, io non permetterò che succeda di nuovo. Io ti credo e so che non hai più nessun motivo di mentire".

Aezio lo guardò con affetto, dopo tanti anni sentì di nuovo il suo cuore scaldarsi e l'amore che provava per sua figlia riemerse in superficie trascinato da quel ragazzo e dalla luce che brillava nei suoi occhi di ghiaccio.

Non fece in tempo ad assaporare quella sensazione nuova quando sentì un dolore improvviso trafiggergli il petto. Una fitta lancinante si propagò togliendogli l'aria dai polmoni, sentì un fiotto caldo fuoriuscire copioso dal petto, poi qualcosa di duro che era penetrato nella sua schiena trapassandolo da parte e parte si ritirò strappandogli via il respiro del tutto.

Aezio si accasciò a terra mentre il sangue gli usciva dalla bocca e gli riempiva i polmoni.

"No!" urlò Carlo avvicinandosi, tentando invano di fermare quel fiume scuro che stava inondando il pavimento.

Dietro ad Aezio un enorme cervo con le corna gocciolanti apparso così dal nulla, indietreggiava a piccoli passi lasciando orme brune sul pavimento, mentre le sue narici si allargavano annusando l'aria. I suoi occhi lucidi e scuri incrociarono quelli di Carlo, poi la grossa bestia si voltò e si allontanò correndo verso l'uscita.

Galeno lo riconobbe.

"Fosco..."

"No, no, no, ti prego no!" urlò Carlo mentre tra le sue braccia il volto di Aezio impallidiva sempre più.

Beatrice assistette alla scena e nonostante fino a pochi secondi prima avesse desiderato in cuor suo di prendere a schiaffi Carlo per come aveva preso le difese di Aezio in modo così tenace, ora non poteva fare a meno di provare una grandissima pena.

Carlo soffriva immensamente, per quell'uomo che era stato strappato alla vita per la seconda volta. Nei suoi occhi chiari c'erano solo dolore e un grande rimorso, c'erano rabbia e dispiacere per non essere riuscito a salvarlo, per non aver potuto fare di più per quell'uomo ormai in fin di vita che era parte del suo passato e che sarebbe certamente stato parte del suo futuro.

Beatrice non si spiegò quel gesto, ma si avvicinò piano e strinse forte Carlo alle spalle, mentre Aezio gli rivolgeva un ultimo sguardo pieno d'amore.

"Grazie" gli disse prima che il suo ultimo respiro gli uscisse dalle labbra portandosi dietro la sua anima.

Restarono tutti attoniti e increduli di fronte a quella scena, nessuno disse una parola, non sarebbe servita.

Beatrice stringeva Carlo scosso dagli spasimi, lo stringeva e dimenticò ogni rancore, ogni rabbia, ogni cosa. C'era solo quel dolore immenso che lei conosceva benissimo, c'era solo quello squarcio aperto che nulla avrebbe riempito.

Carlo, a metà tra due mondi. Carlo che faticava a scrivere, Carlo che era sempre stato lì davanti ai loro occhi, eppure nascosto chissà dove.

Beatrice sentì che si meritava tutto l'amore del mondo.

"Mi dispiace" gli disse piano, come un sussurro.

Corrado si avvicinò alla finestra, nessuno si sarebbe aspettato quell'epilogo e fu soprattutto la reazione di Carlo, il suo dolore che veniva a galla come una bolla d'aria inattesa, a creare sconcerto. Si sarebbero aspettati da parte sua paura, timore, senso di impotenza ma non compassione, pena per quell'uomo che era in effetti tutto ciò che gli restava della sua famiglia. Della famiglia di cui era stato tenuto all'oscuro per tutta la vita e che ora gli veniva strappata via definitivamente.

Carlo era riuscito a colpirlo dritto al cuore, l'aveva come risvegliato.

Corrado ripensò in quel momento alle parole che Otto Fracassi aveva pronunciato in punto di morte e che all'improvviso gli parvero così ovvie. Non si era mai trattato di forza, di sopraffazione del nemico, di strategia, di arte della guerra, no. Niente di tutto ciò, si era sempre trattato solo di amore, nel modo più semplice e chiaro possibile. Sarebbe stato l'amore a fermare Aezio e solo Carlo poteva riuscirci.

L'amore non muore, l'amore è l'unica via, pensò.

All'improvviso ebbe voglia di piangere.

E pianse.

Come era chiaro, adesso che lo vedeva lì davanti ai suoi occhi, quell'amore che fluiva per sempre dal cuore spezzato di Aezio e quello stesso amore che si rifletteva nelle lacrime copiose di Carlo, mentre stringeva il corpo esanime del nonno.

Corrado distolse lo sguardo da quella pietà e lo rivolse all'orizzonte.

Sembrava un giovane soldato sopravvissuto alla battaglia, si guardò le mani ferite, osservò i suoi abiti sporchi di giorni. La sua immagine riflessa nel vetro della finestra che si affacciava sulla città, la città di nuovo libera. Faceva fatica a riconoscersi in quel volto coperto di cenere, con i capelli mai stati tanto lunghi in tutta la sua vita.

Si chiese a che cosa fosse servito tutto quello che avevano passato, ripensò alla cattedrale, a Galeno che si infilava nel muro come uno spettro. Rivide tutto ciò che era stato, ciò che avevano perduto. E si chiese come sarebbe stata la sua vita da lì in avanti. Tutto gli sembrò farsi piccolo e lontano. Ebbe paura.

Poi la vide, laggiù in fondo.

La vide crescere ad ogni secondo e farsi più forte e luminosa, lei da sola avrebbe sconfitto le tenebre ancora e ancora. Per mille giorni e mille anni.

Un'alba luminosa sorgeva all'orizzonte.

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