57. Sorella Tucca

L'interno della capanna era caldo e accogliente. Nell'aria c'era un buon profumo di erbe cotte e terra.

Sembrava di trovarsi all'interno della tana di qualche animale. Dalle pareti e dal soffitto pendevano piante e fiori essiccati, appesi a testa in giù ad asciugarsi. Diversi scaffali ricoprivano le pareti per tutta la loro lunghezza e ospitavano vasi di vetro colmi di sassi, terre di ogni colore, cortecce polverizzate, semi, bacche e radici. E poi libri che sembravano più antichi del mondo stesso, rotoli di pergamena ingialliti, penne di corvo, artigli di rapaci, zampini pelosi di bestiole conservati sotto spirito.

Ovunque si posasse lo sguardo c'era qualcosa che chiedeva di essere osservato meglio. Su di un tavolo era acceso e funzionante un grosso alambicco di metallo che distillava un liquido scuro.

Al centro della sala un vivace fuoco ardeva illuminando l'ambiente, sopra di esso un intruglio bollente gorgogliava in un paiolo di ferro appeso con una catena al soffitto.

I Passanti posarono finalmente a terra la lettiga e scoprirono il volto di Galeno che aveva un aspetto sempre più malandato.

Sulla parte destra della capanna c'erano dei ceppi disposti in fila lungo il perimetro che facevano da sedie, di fronte ad essi un tavolo ricavato da una sezione di tronco sul quale sette tazze fumanti erano disposte in fila come se qualcuno attendesse ospiti.

Una tenda scura su un lato della stanza si aprì all'improvviso e un'anziana signora piuttosto esile ne uscì. Si portò al centro della stanza in prossimità del braciere con passo lento e leggero.

"Ben arrivati" disse con un lieve cenno del capo e il sorriso mostrò una fila di sinistri denti d'argento. Fece qualche passo verso il gruppo che sostava all'ingresso appena sotto la breve scalinata di legno. Portava una lunga veste blu legata in vita e in testa una fascia di tessuto annodata alla nuca che scivolava lungo la schiena.

Aveva la pelle rugosa, piuttosto scura e sul viso che sembrava di corteccia, erano tracciati alcuni disegni proprio sotto gli occhi. A guardar bene parevano due mezzi soli, uno per ogni lato della faccia e il raggio centrale, quello più lungo si allungava fino a raggiungere il mento. Anche le mani e le braccia erano completamente ricoperte di strani segni scuri.

La donna squadrò Malia dalla testa ai piedi e dopo averlo fatto si diresse immediatamente verso la lettiga dove giaceva Galeno.

Si chinò a terra e tirò via la coperta, scoprendo il suo corpo per intero.

"Non toccarlo!" disse Malia precipitandosi su di lui.

"Se volete che gli tolga quegli affari, dovrò toccarlo per forza" rispose la donna con estrema calma, indicando i due frangiluce ai polsi di Galeno.

"Non siete forse venuti per questo?".

Iano si avvicinò e scostò Malia posandole una mano sulla spalla. Malia si fece indietro riluttante ad affidare Galeno alle mani di una strega, ma si rese conto di non avere alternative. E guardando il viso di Galeno sempre più pallido si convinse a lasciarla fare.

In quel momento la porta della capanna si aprì con un cigolio e una delle due bambine che li avevano guidati all'interno del bosco, quella più grande, comparì portando fra le mani una cesta piena di terra.

"Silla, vieni avanti" disse la donna. "Ora vedrai qualcosa di davvero speciale".

"Eccomi sorella Tucca" rispose la bambina attraversando scalza la sala. I suoi lunghi capelli toccavano il pavimento di legno. Raggiunse la lettiga sotto gli occhi ansiosi dei presenti e posò il recipiente con la terra proprio a fianco di Galeno.

"Brava, proprio quello che ti avevo chiesto" la ringraziò Tucca.

Carlo allungò il collo per sbirciare meglio dato che non aveva osato farsi più avanti. Tucca si voltò di scatto come se si fosse resa conto solo in quel momento della sua presenza nella stanza. Incrociò il suo sguardo e rimase immobile a fissarlo per qualche secondo, un tempo sufficiente a gelare il sangue nelle vene di Carlo.

"Vieni avanti occhi di ghiaccio, non avere paura" disse infine tornando a concentrarsi su Galeno.

A Carlo scoppiò il cuore in gola, ma si fece coraggio e si avvicinò a Tucca facendosi largo tra i Passanti.

Tucca afferrò i polsi di Galeno osservò con attenzione i due bracciali metallici e i segni che avevano scavato nella carne viva. Fece una smorfia indecifrabile e poi glieli posò sul petto incrociandoli in modo che i bracciali si toccassero l'uno con l'altro. Galeno mosse leggermente il capo.

"Questo è ciò che succede quando uno stolto si crede un saggio" disse mentre la bambina inseriva tra le dita di Galeno alcune foglie secche, una radice bianca e nodosa e un paio di pietre, una per mano.

"Di chi parlate?" chiese Carlo trovando il coraggio di rivolgere parola a Tucca.

"Di colui a cui devi la tua esistenza in questo mondo" rispose lei.

Carlo che aveva appena ripreso colore tornò a farsi pallido come un fantasma, rendendosi conto di essere stato appena scoperto. Essere il nipote di Aezio Fontamala lo faceva sentire colpevole a priori, solo per il semplice fatto che lo stesso sangue di un assassino gli scorresse nelle vene.

"Non temere, occhi di ghiaccio. Non basta uno stupido legame di sangue a fare di te un uomo" disse Tucca leggendo i suoi pensieri mentre con la terra portata da Silla ricopriva i polsi di Galeno fino a formare una piccola montagna proprio sul suo petto.

"Bene, ora state indietro" disse.

Dicendo quelle parole si alzò, chiuse gli occhi e respirò profondamente.

Corrado e Beatrice che fino a quel momento erano rimasti in disparte, fecero qualche passo indietro e Beatrice istintivamente cercò la mano di Corrado nella penombra della stanza.

"Fa che ci riesca, fa che ci riesca" disse sottovoce.

Corrado strinse forte la mano di Beatrice e intrecciò le sue dita con quelle di lei.

Tucca sollevò le braccia e le distese proprio sopra il petto di Galeno mentre Silla si era alzata anch'essa e la fissava con gli occhi che brillavano come gemme in una caverna.

Tucca fece un movimento impercettibile con i polsi rivolgendo i palmi delle mani verso il suolo, poi pronunciò sottovoce alcune parole che nessuno dei presenti comprese. Doveva trattarsi di qualche formula magica recitata in una lingua antica e sconosciuta, utilizzata solo dalle streghe. Forse solo da Tucca.

Un tremore percorse la capanna passando sotto i piedi dei presenti. Iano barcollò e dovette appoggiarsi alla parete per non perdere del tutto l'equilibrio. I numerosi vasi e le ampolle di vetro stipati sugli scaffali tintinnarono gli uno contro gli altri. Anche il calderone fumante accanto a Galeno ondeggiò per alcuni secondi prima che il vapore che ne fuoriusciva di disponesse di nuovo in una colonna verticale attirata verso il camino sul soffitto.

"Cos'è stato?" chiese Corrado.

"Guarda" disse Beatrice indicando con lo sguardo il mucchio di terra sul petto di Galeno.

Del fumo usciva dalla piccola montagna di terra salendo lentamente verso l'alto. Aumentò di volume e intensità facendosi sempre più denso e biancastro finché sulla sommità della piccola montagnola di terra non comparve una fiamma.

Malia che se ne stava in disparte ad osservare la scena con preoccupazione ebbe un sussulto alla vista di quella fiamma che bruciava a pochi centimetri dal viso di Galeno. Quando il fuoco divampò all'improvviso coprendo interamente il petto di Galeno, Malia non si trattenne e si precipitò di corsa verso di lui. Fu di nuovo Iano a fermarla.

"Fermati! Lasciala fare!" le disse bloccandola per un braccio.

"Finirà per ucciderlo! Non dovevamo portarlo qui!" rispose Malia con rabbia.

A quel punto Silla le si avvicinò silenziosa come un piccolo animale, le prese la mano e la guardò negli occhi.

"Non devi avere paura, lei è la più potente fra le sorelle" disse con la sua voce di bambina indicando Tucca con lo sguardo.

Malia non rispose ma si trattenne, gli occhi fissi su Galeno che iniziava a muovere la testa a destra e a sinistra come in preda ad un incubo.

Tucca teneva le braccia tese in avanti e gli occhi serrati mentre le sue labbra si muovevano piano ma continuamente come se stessero cantando una nenia sottovoce.

Il fuoco cresceva e ardeva sempre di più finché non consumò tutta la terra, poi divenne bianco, accecante e nessuno vide più nulla fino a che non si spense come una lampadina. Così all'improvviso.

Ci fu un boato, alcuni vasi di vetro caddero a terra frantumandosi, riversando semi e altre stranezze sul pavimento. La stanza ripiombò nella penombra e dopo pochi secondi la luce del braciere lentamente tornò a tremolare sui volti dei presenti.

Tutti tacevano in attesa che Tucca facesse la prima mossa.

"Ci è riuscita?" chiese Beatrice in ansia sciogliendo l'intreccio delle dita e facendosi più vicina a Galeno.

Sul suo petto non c'era più traccia della montagna di terra e i bracciali frangiluce giacevano spezzati lungo i suoi fianchi.

Beatrice sorrise felice nel vedere che Tucca era riuscita finalmente a liberarlo da quei maledetti affari, ma la sua felicità durò poco perché in quel momento il viso di Galeno sbiancò e la sua testa cadde riversa sul lato.

"Galeno! Galeno!" Malia si precipitò su di lui afferrandogli il viso.

Tucca non batteva ciglio, si alzò con calma e rimase ad osservare Malia che tentava inutilmente di svegliare Galeno.

"Non puoi fare nulla per lui" disse gelandole il sangue nelle vene.

"Cosa?" chiese Malia con lo sguardo pieno di paura.

Silla a quel punto uscì di corsa come se qualcuno le avesse ordinato di farlo e tornò dopo pochi istanti portando con sé diversi rami di quell'edera bianca che avevano visto crescere sul tetto della capanna.

Si avvicinò a Tucca che accennò un timido sorriso, le diede i rami e poi fece segno a Malia di spostarsi.

Malia indietreggiò scossa e senza sapere cosa aspettarsi.

Tucca si chinò nuovamente su Galeno e gli afferrò delicatamente i polsi. Erano segnati da dei profondi solchi viola, alcuni dei quali sanguinavano.

"Quei bracciali" disse Tucca con calma, "se indossati a lungo, diventano parte del corpo stesso, si legano come un morbo, un parassita".

Mentre pronunciava quelle parole avvolgeva intorno ai polsi di Galeno i rametti di edera, come se fossero una fasciatura. Lo fece lentamente ed eseguendo dei gesti molto precisi.

"Quindi togliendoli provocano delle lacerazioni profonde, che non sono visibili come delle normali ferite, ma possono fare molto più male a chi porta la magia dentro di sé" spiegò Tucca.

"E potete guarirle? Le ferite?" chiese Carlo sempre più affascinato e attratto da quel mondo e dalle sue leggi magiche.

"Io no, ma l'argentelix può farlo" disse mentre con lo sguardo indicava i lunghi rami flessuosi di edera bianca che avvolgevano i polsi lacerati di Galeno.

"Trattiene l'energia vitale all'interno del corpo in modo che non si disperda e si possa rigenerare. Sono incredibili le proprietà di queste piccole foglioline. Bisognerebbe sempre averne una scorta da usare all'occorrenza" disse alla fine alzandosi.

Diede un ultimo sguardo a Galeno che giaceva immobile, chiese quindi ai Passanti di sollevarlo dalla lettiga sudicia. I Passanti obbedirono quasi come se fosse stata Malia ad impartire quell'ordine. Adagiarono Galeno su una pelle di cervo accanto al fuoco e lo coprirono fino al petto lasciando che continuasse a dormire.

Malia fissava Tucca con sospetto e soggezione, non si sarebbe fidata di lei fino a che non avesse visto Galeno di nuovo in piedi sulle sue gambe.

"Ora non ci resta che aspettare" disse Tucca, avvicinandosi al tavolo di legno basso accanto all'ingresso.

"Venite, sarete affamati".

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top