56. L'ombra
Corrado si avvicinò di corsa all'amico.
"Cos'era?" chiese osservando la vegetazione che sfumava nell'oscurità.
"Non lo so" rispose Carlo.
Malia li raggiunse a grandi passi.
"Tenetevi lontani dal bosco, non sappiamo cosa si nasconde lì dentro, cammineremo lungo il fiume finché potremo" disse mentre con lo sguardo cercava di sondare il buio che aveva davanti.
Poi si allontanò verso la riva, aggiustandosi la cinghia della faretra sulla spalla.
Carlo annuì, diede un'ultima occhiata al bosco prima di tornare verso il gruppo che si accingeva a partire e mentre osservava la vegetazione notò qualcosa di insolito pendere da un ramo.
Si addentrò di un paio di metri e afferrò quello che sembrava un cappuccio di lana grigia. Era piuttosto piccolo, sarebbe calzato bene ad un bambino. Riuscì a strapparlo e lo portò agli altri.
"Guardate, credo di aver visto qualcosa là dentro poco fa" disse mostrando l'oggetto appena raccolto al resto del gruppo.
"Cos'è?" chiese Beatrice osservandolo.
"Non lo so".
Iano li raggiunse e osservò la cappa di lana grigia che Carlo stringeva fra le mani. La afferrò e se la porto al naso.
"Credo che qualcuno ci stesse osservando" disse dopo poco.
Carlo si voltò nuovamente verso il bosco e deglutì.
"Presto, adesso dobbiamo andare" disse Iano toccandogli la spalla.
Il gruppo cominciò a muoversi lentamente lungo la riva sinistra del fiume, in direzione delle montagne. Il bosco si estendeva per chilometri davanti ai loro occhi, avrebbero potuto costeggiare il fiume per un tratto, ma poi avrebbero dovuto per forza spostarsi all'interno del bosco.
Galeno giaceva inerme nella lettiga che avevano ricavato con il legno dell'imbarcazione, due Passanti lo trasportavano cercando di evitare qualsiasi urto. Per loro fortuna Galeno oltre ad essere piuttosto leggero era anche semisvenuto e non avrebbe fatto certamente caso a sobbalzi o scossoni improvvisi.
Malia guidava il gruppo camminando lentamente ma senza fermarsi, teneva il suo arco pronto nella mano sinistra in caso avesse dovuto incoccare una freccia. Non era mai stata in quella parte del bosco, nessuno di loro ci era mai stato in effetti, solo Galeno si era addentrato nella vegetazione durante l'addestramento, spingendosi ben oltre i confini che i suoi superiori avevano all'epoca stabilito. Nessuno lo seppe mai, ma lui rimase affascinato da quel posto tanto che vi tornò spesso da solo, negli anni a venire, nella speranza di incontrare una delle streghe che si diceva, vivessero proprio nascoste tra quegli alberi. Non le incontrò mai, ma gli capitò di vedere molti animali durante le sue perlustrazioni, tra i quali un grosso cervo con magnifiche corna che si confondevano con i rami della vegetazione. Rammentava ancora gli occhi scuri, le narici dilatate e lo sguardo profondo che incrociò il suo e il modo in cui l'animale con eleganza aveva reclinato il capo quasi a volerlo salutare per poi scomparire tra le foglie imbrunite dell'autunno.
In ogni caso nemmeno Galeno si era spinto così lontano, avevano oltrepassato il punto in cui aveva incontrato il cervo già da un paio di chilometri ed ora procedevano su un territorio completamente inesplorato.
Quando alla fine alcuni massi comparvero sulla riva del fiume bloccando loro la via, dovettero proseguire all'interno. Si spostarono verso la boscaglia e accesero altri Lumi che si disposero intorno a loro volteggiando lentamente. Le chiome nere degli alberi coprivano il cielo stellato e la luce della luna scomparve all'improvviso.
Corrado camminava cercando di fare attenzione a dove metteva i piedi e Beatrice davanti a lui cercava di fare la stessa cosa. Dopo l'esperienza nel bosco di Acquamara aveva deciso di indossare scarpe più adatte alla loro missione.
"Quando arriveremo?" chiese Corrado a Iano che gli camminava a fianco.
"Non ne ho idea, nessuno di noi è mai stato qui prima d'ora" rispose sincero.
"E come sappiamo se la direzione è quella giusta?"
"Io non penso che ci sia una direzione giusta o sbagliata, credo che più ci addentriamo nel bosco e più saranno loro a trovarci".
Corrado deglutì e si guardò intorno, tutto era immerso nella più totale oscurità. Si erano allontanati dal fiume e il rumore dell'acqua si sentiva appena. Era ansioso di arrivare ma allo stesso tempo ne era terrorizzato. Non sapeva che cosa pensare sulle streghe, non si era fatto un'idea precisa su di loro, sapeva che erano donne molto sagge e riservate, di cui però era meglio non fidarsi; quindi, non era certo di capire i suoi sentimenti nei loro confronti. Ne era intimorito, ma allo stesso tempo ne era attratto e si rese conto in quel momento che quello strano miscuglio di sentimenti lo accompagnava ormai da parecchi giorni.
Proseguirono spediti seguendo un sentiero piuttosto nascosto che però riuscirono ad individuare tra gli alberi e presto raggiunsero un punto del bosco in cui la vegetazione diradava. La luce della luna riusciva a penetrare in qualche punto fra le chiome degli alberi illuminando il suolo di azzurro. Una nebbia bassa e densa li avvolgeva nascondendo loro i piedi e facendoli sembrare sospesi.
Malia si avvicinò alla lettiga che i Passanti avevano posato a terra e scostò la coperta scoprendo il viso di Galeno. Era molto pallido. Appoggiò una mano sulla sua fronte e si rese conto che bruciava.
Beatrice colse la sua preoccupazione.
"Ce la farà?" chiese impaziente.
"Deve" rispose Malia appoggiando un panno inumidito sulla fronte di Galeno.
Beatrice si chinò sulla lettiga.
"Gli vuoi molto bene vero?".
Poi prese il panno umido dalla mano di Malia che tremava. "Lascia, faccio io" disse.
Malia la osservava, era solo una ragazzina; eppure, qualcosa nel suo sguardo e nella sicurezza con cui si stava muovendo la rincuorò. Pensò che in quei gesti che eseguiva in modo talmente naturale come se nella vita non avesse fatto altro che asciugare la fronte ad altri esseri umani, fosse racchiusa la sua essenza più vera. Si sentì ad un tratto sollevata nel vederla lì, davanti a sé, chinata a prendersi cura di Galeno. Era del tutto irrazionale ma sentiva che tra le sue mani sarebbe stato al sicuro, sentiva che sarebbe andato tutto bene se quella ragazzina ossuta con i capelli arruffati avesse continuato a prendersi cura di lui. Beatrice bagnò ancora il panno con l'acqua della sua borraccia e lo appoggiò sulla fronte bollente di Galeno che cominciava a respirare a fatica.
"Per me è come un fratello, non posso pensare di perderlo. Ci siamo sempre protetti l'uno con l'altro, lui c'era sempre quando ne avevo bisogno. È parte della mia vita" disse Malia.
Beatrice sollevò lo sguardo e le sorrise.
"Dev'essere una bella sensazione" rispose.
"Che cosa?"
"Avere qualcuno"
"Perché dici così? Qui vedo almeno una persona che perderebbe volentieri un occhio per te" disse Malia facendo un cenno con il capo.
Beatrice sorrise.
"Sai quanto mi sento egoista per questo?"
"Perché tu non...?"
"Oh no! Aspetta! Non mi fraintendere, io non parlavo di... quello. Io mi riferivo al vuoto, che sento sempre, nonostante sia circondata da persone che mi vogliono bene, mia nonna per prima. Eppure, non riesco a sentirmi avvolta da quell'amore, lo sento sì, ma non arriva dove vorrei sentirlo arrivare, ecco. E mi sento talmente in colpa per questo! Non so se riesci a capirmi" spiegò Beatrice, mentre sotto la sua mano il viso di Galeno si distendeva.
"Perfettamente. Io sono cresciuta con mio zio Otto, non ho mai conosciuto i miei genitori. Conosco molto bene quel vuoto che senti, che in certi momenti ti risucchia, come se fossi un albero senza radici."
Fece una pausa, mentre Beatrice con delicatezza continuava a rinfrescare il volto emaciato di Galeno.
"Sai, niente riempirà mai quel vuoto, niente. Ma ci sono persone che possono aiutarti a dimenticarlo, che sono in grado di tenere chiusa quella porta in modo che lui non si faccia sentire. Devi solo lasciare che ci provino. Lasciale entrare non avere paura" disse Malia guardando Galeno.
Beatrice ascoltò con attenzione le parole di Malia e per la prima volta trovò un senso in tutto quello che di assurdo le era capitato. Si sentiva davvero come un albero senza radici e solo Malia avrebbe potuto parlarle in modo così chiaro, così sincero. Non le sembrava più tanto folle essere nel mezzo di un bosco spettrale ad attendere che delle streghe li trovassero dopotutto. Si sentiva esattamente dove doveva essere.
Fu Carlo a riportarla con i pensieri proprio in quel bosco.
"Cos'è quello?!" urlò terrorizzato con il dito puntato verso l'alto.
Tutti si voltarono a guardare e notarono qualcosa di oscuro che si muoveva a mezz'aria fra i tronchi degli alberi, puntati dritti nel terreno come spilloni.
"State indietro! Indietro presto!" urlò Iano afferrando l'arco.
"Che cos'è quella cosa?" chiese Corrado indietreggiando verso Beatrice che si era alzata, coprendo Galeno in modo che non fosse visto.
Malia si alzò velocemente, si parò davanti a Carlo spingendolo di qualche metro indietro insieme agli altri e afferrò una freccia dalla faretra.
Davanti ai loro occhi un essere alto almeno quattro metri, nero come la pece li osservava. Levitava nell'aria senza toccare il suolo. Indossava un lungo abito scuro che sembrava sciogliersi alle estremità, le braccia erano lunghe e nodose come rami secchi. Lunghe dita appuntite toccavano il terreno. Il volto non si vedeva, solo due enormi cavità vuote e oscure li scrutavano con insistenza.
"Che diavolo è?" fece Malia puntandogli una freccia contro.
"Sembra uno spettro, potrebbe essere un messo delle streghe. Ne ho sentito parlare ma non so come siano fatti" rispose Iano.
Lentamente la creatura si mosse e dalle sue vesti scure che si confondevano con il buio del sottobosco uscirono due creature più piccole con un'aria molto più amichevole. Erano due bambine, una sembrava non avere più di sette anni, l'altra qualcuno in più. I loro capelli erano lunghi, sciolti lungo le spalle. Erano entrambe scalze e indossavano due tuniche leggere di panno verde.
La più piccola, che aveva gli occhi verdi come la giada, fece qualche passo in avanti finché non si liberò completamente dai lembi delle vesti dell'orrenda creatura che le volteggiava sopra la testa. Si avvicinò ancora di più mentre tutti trattenevano il fiato e le frecce, in attesa di capire che intenzioni avesse. Era solo una bambina che male avrebbe potuto fare dopotutto?
La piccola oltrepassò Malia e Iano senza curarsi minimamente delle loro frecce affilate che la puntavano dritta al cuore. Si diresse verso Carlo che tremava non tanto per l'avvicinarsi di quella fanciulla scalza quanto per la mostruosità da cui era appena fuoriuscita. Gli fu davanti e lo fissò dritto negli occhi di ghiaccio.
"Ho freddo" disse con una vocina di miele.
Carlo rimase impietrito per un secondo sotto lo sguardo attonito degli altri, poi capì. Estrasse dal giubbino il piccolo cappuccio di lana grigia e tentennando lo porse alla bambina.
Lei lo afferrò, se lo mise attorno alle spalle e se ne tornò in fretta verso la creatura oscura senza averne il minimo timore.
"Seguiteci" disse infine prima di addentrarsi nella macchia scura del bosco.
I Passanti raccolsero in fretta la lettiga e attesero un cenno di Malia che alla fine annuì con il capo. Si misero tutti in cammino cercando di stare dietro alle bambine che scomparivano tra i cespugli come piccoli animali notturni.
L'orrenda creatura si voltò lenta e cominciò a muoversi come un'ombra fra gli alberi del bosco, finché si confuse con l'oscurità e nessuno riuscì più a vederla.
Percorsero un tratto di sentiero che si snodava fra alcuni grossi abeti, poi il terreno cominciò a salire leggermente mettendo a dura prova le gambe già stremate dei due Passanti che trasportavano la lettiga.
Iano maledisse per l'ennesima volta i bracciali frangiluce che Galeno indossava che impedivano di utilizzare qualsiasi tipo di magia su di lui. Levitazione inclusa.
Arrivarono in cima, oltrepassarono alcuni cespugli di rovi che sembravano volerli trattenere a tutti i costi e davanti ai loro occhi comparve un piccolo villaggio immerso nella nebbia e completamente mimetizzato fra gli alberi e gli arbusti.
Le due bambine corsero velocemente verso le prime case e ci si infilarono dentro. Sparirono come conigli nella tana lasciando Malia e il suo gruppo incerti sul da farsi. Questi decisero di proseguire all'interno del villaggio sperando che qualcuno di amichevole sarebbe presto venuto a fare gli onori di casa.
Il villaggio era formato da una ventina di costruzioni in tutto, alcune piuttosto piccole altre invece molto più imponenti. Tutte erano perfettamente nascoste tra la vegetazione. Quelle che si trovavano a livello del terreno erano fatte di terra e sassi, avevano il tetto curvo e tondeggiante su cui crescevano edera, muschio ed erba. Poi c'erano quelle costruite sugli alberi, a cui era possibile accedere tramite delle scale a chiocciola. Erano fatte di legno e molte di esse erano interamente inglobate nel tronco dell'albero che le ospitava, nascoste tra le fronde. Avevano dei tetti appuntiti e spioventi, da cui spuntavano dei comignoli sottili che oltrepassavano la chioma degli alberi.
Se non fosse stato per alcuni Lumi che ronzavano per il villaggio come api illuminando gli ingressi delle abitazioni sarebbe stato impossibile vederle. Almeno di notte.
Beatrice pensò che quel posto non avesse nulla di sinistro considerando che si trattava di streghe. Anche se dopo aver fatto la conoscenza di quella creatura orrenda che le avrebbe guastato il sonno per anni a venire, non era più sicura di nulla.
Attraversarono il villaggio e raggiunsero le ultime case, una grossa quercia sembrava segnare il confine, oltre il quale il bosco ricominciava a crescere fitto. Osservandola con attenzione notarono alcune escrescenze mai viste prima che pendevano dai suoi rami. Erano strane formazioni grigie lunghe circa un paio di metri, alcune più corte. Solo quando giunsero proprio sotto i rami imponenti dell'albero si resero conto che si trattava di lunghe trecce di capelli.
Beatrice rabbrividì e subito pensò ai capelli intrecciati di sua nonna. Si chiese di chi fossero e che cosa ci facessero appese ai rami di quell'albero.
Proseguirono ancora di pochi metri finché sulla destra un sentiero sottile e tortuoso si aprì tra alcune rocce.
Carlo osservò meglio per capire dove portasse e i suoi occhi scorsero nell'oscurità un meraviglioso cervo che si muoveva silenzioso. Era un animale possente, con il manto scuro e lucido, un paio di corna appuntite che portava come una corona e due grandi occhi neri e bagnati.
"Wow" disse sottovoce e l'animale si voltò di scatto. Carlo pensò di averlo spaventato e fece qualche passo in avanti per poterlo osservare meglio, prima che scappasse via. Non aveva mai visto un cervo dal vivo prima di quel momento e la cosa lo emozionava, soprattutto perché non si aspettava che fossero così grossi. Quello per tutta risposta invece di scappare si avvicinò. Carlo deglutì indietreggiando constatando che i palchi di quella bestia lo superavano in altezza di almeno un metro e mezzo.
"Ehi!" disse temendo di finire incornato. Gli altri lo raggiunsero mentre il grosso cervo allungava il suo muso umido verso il viso impaurito di Carlo.
Stava quasi per toccarlo quando una voce risuonò dal fondo del bosco.
"Fosco! Stai indietro, lascia stare i miei ospiti" disse.
Si voltarono tutti in direzione di quella voce e notarono alla fine del sentiero una capanna incastonata fra gli abeti come una gemma. Il cervo si ritrasse, si voltò verso la capanna e indietreggiò tornando a brucare erba e funghi poco lontano.
"Venite avanti, vi prego!" li invitò la voce. Era quella di una donna, piuttosto anziana si sarebbe detto.
Malia e gli altri percorsero il breve tratto di sentiero che si allungava davanti ai loro occhi, era punteggiato di piccoli funghi viola, gli stessi che il cervo Fosco andava annusando per poi mangiarli. Alcuni Lumi si spostarono dal centro del villaggio e li precedettero lungo il cammino che ben presto li condusse di fronte all'ingresso alla capanna.
In quel momento un grosso uccello nero apparve tra le chiome degli alberi agitando le piume per poi posarsi in modo sgraziato sul ramo di un faggio poco distante. Rimase fermo lì per qualche secondo roteando la testa e il lungo becco come se fosse interessato alla scena. Poi con un breve volo raggiunse il tetto della capanna gracchiando rumorosamente. Aveva una zampa bianca.
L'edificio era diverso dagli altri, era grande ma basso, pareva avere una forma circolare anche se era impossibile girarci intorno perché il retro era fuso insieme al legno di tre grossi abeti cresciuti a ridosso di un gruppo di rocce. Le pareti erano di legno scuro, quasi nero, il tetto aguzzo terminava con un'apertura da cui usciva del fumo bianco e denso. Il tutto era ricoperto di muschio, funghi e una sottile edera bianca che si arrampicava fin sopra il tetto.
La porta di legno scuro era semichiusa e di nuovo la voce di donna li invitò ad entrare.
L'uccello sul tetto della capanna agitò le ali sbilanciandosi sulle zampe e gracchiò di nuovo facendo un gran baccano.
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