53. Fuoco
Una falce di luna fece capolino tra le nubi proprio nel momento in cui la seconda sentinella cadde riversa a terra colpita da una freccia lucente.
"Via libera" disse Iano.
Il gruppo di Passanti guidato da Malia uscì silenzioso dall'imboccatura del Varco. Finalmente respiravano di nuovo l'aria fresca dell'esterno e nonostante li aspettasse un'ardua impresa erano contenti di non trovarsi più bloccati in quel tunnel di pietra.
Carlo, Corrado e Beatrice li seguivano come ombre, passo dopo passo, cercando di replicare gli stessi movimenti nel buio. Sapevano quanto la situazione fosse rischiosa ma erano giovani e incoscienti abbastanza da non rendersene conto davvero.
Gli uomini che li precedevano erano in grado di muoversi senza provocare il minimo rumore nonostante fossero tutti ragazzi alti e ben piazzati. Doveva essere una capacità innata o forse era solo il duro addestramento dell'Accademia.
Percorsero il perimetro interno del cortile e raggiunsero un'apertura sul retro dell'edificio, la porta era divelta e l'enorme stanza con le vasche di decimazione ormai in disuso apparì di fronte al gruppo. C'erano tre vasche in pietra, dentro le quali un tempo si sarebbe trovata dell'acqua. Alcuni arbusti infestanti cresciuti nel cortile esterno avevano allungato le loro radici sottoterra fino a raggiungere la zona delle vasche, avevano gettato nuovi germogli che nel tempo erano riusciti a farsi largo tra la pietra grigia e ora crescevano rigogliosi proprio al centro delle vasche vuote. Quel luogo aveva tutta l'aria di essere abbandonato da secoli, probabilmente qualche animale vi aveva addirittura costruito la tana. Le vetrate della sala erano in gran parte in frantumi e sul pavimento c'erano ancora i vetri rotti coperti di polvere.
"Mi chiedo perché questo posto sia ancora in piedi" disse Iano.
"Non saprei, ma per noi è una fortuna che lo sia" rispose Malia.
Attraversarono la sala velocemente, passando tra le vasche profonde. Faceva piuttosto freddo e l'umidità del posto aveva favorito la crescita di una muffa violacea che ricopriva le pareti fino al soffitto. C'era un odore dolciastro nell'aria, forse dovuto proprio a quel particolare tipo di muffa che proliferava lì dentro.
Raggiunsero una porta di metallo dall'aria massiccia e resistente.
"Da qui in avanti dobbiamo stare in guardia, lungo il corridoio potremo incontrare qualche vedetta. Non dobbiamo esitare. Chiaro?" disse Malia ai suoi uomini.
Beatrice capì che dall'esitazione di quei ragazzi dipendeva la loro sopravvivenza o quella dei loro nemici.
Gli uomini annuirono e Iano aprì lentamente la porta. Un primo gruppo entrò silenzioso come un serpente mentre il secondo attese all'esterno di avere il segnale di via libera. Corrado, Carlo e Beatrice attendevano con il fiato in gola sperando di non veder comparire nessuna sentinella lungo il percorso.
Il segnale arrivò dopo poco e anche il secondo gruppo si addentrò lungo il corridoio. Le luci erano spente, il corridoio saliva e conduceva al braccio delle vecchie celle dove speravano di trovare Galeno. Gli uomini procedevano in silenzio, con le frecce incoccate negli archi pronte per colpire il bersaglio.
Carlo era agitato e il pensiero che quei ragazzi rischiassero così tanto solo per proteggere lui gli fece rabbia. Proseguì dietro agli altri tenendo gli occhi bene aperti finché qualcuno in cima al gruppo fece segno di fermarsi.
Si arrestarono tutti quanti. Uno degli uomini spinse Corrado e gli fece segno di non fiatare per nessuna ragione. Carlo e Beatrice si schiacciarono contro la parete anch'essi con il cuore che per poco non scoppiava.
Si udirono dei passi avvicinarsi velocemente poi alcune voci dissero qualcosa di incomprensibile e scoppiarono in una risata grassa. Due uomini oltrepassarono la porta che dava sul corridoio dove il gruppo di Passanti si nascondeva nell'ombra. Si sentì un forte cigolio metallico e poi un botto come se qualcosa di pesante fosse caduto al suolo.
Poi ci fu solo silenzio.
Passarono alcuni secondi, Iano osservò il corridoio e vide che era vuoto.
"Sembra che se ne siano andati" disse Malia sottovoce.
"Da qui possiamo raggiungere le celle facciamo presto" rispose lui facendo segno agli altri.
Aprì la porta e Malia seguita dal gruppo si introdusse nel corridoio, davanti a lei a pochi metri, un pesante cancello nero sbarrava loro la strada.
Senza esitare Malia alzò la mano destra continuando a correre, creò una piccola sfera di luce che trattenne come una palla fino a che si trovò ad un paio di metri dal cancello. La sfera era diventata bianca e luminosa, Malia chiuse gli occhi, respirò a fondo e poi scaglio quella piccola palla di luce direttamente sul cancello.
Il metallo scuro fu scosso come se qualcuno lo stesse percuotendo e dopo un attimo la serratura andò in frantumi liberando il passaggio.
Carlo non ebbe il tempo di realizzare cosa fosse appena successo, quando qualcuno lo spinse a muoversi. Entrarono nel braccio delle celle, le fiaccole alle pareti erano quasi spente e tutto era avvolto nell'ombra.
Fecero solo pochi passi e alcuni prigionieri li riconobbero.
"Iano! Malia! Tirateci fuori di qui!" disse un uomo ferito in una delle prime celle.
"Certo che vi tiriamo fuori" rispose Iano riconoscendo uno dei suoi compagni.
"Riesci a camminare?" gli chiese.
"Ce la faccio" rispose l'uomo alzandosi in piedi. "Le guardie si allontanano la notte e ritornano all'alba, all'inizio non lo facevano mai, ma qui siamo tutti prigionieri da settimane ormai. Si sentono tranquilli. Nessuno può scappare. Molti di noi non ce l'hanno fatta, ci stanno lasciando morire come topi!" spiegò.
Malia diede ordine ai suoi di aprire le celle e farli uscire tutti. I Passanti percorrevano il corridoio facendo saltare le serrature delle celle come Malia aveva fatto in precedenza con il cancello di ingresso. I prigionieri cominciarono a correre lungo il corridoio per raggiungere l'uscita sul lato opposto, alcuni di loro erano troppo deboli per camminare e dovevano essere trasportati.
Malia corse in avanti lungo le celle ancora chiuse cercando di riconoscere tra quei volti quello di Galeno.
"Galeno!" chiamò nel buio.
Nessuno rispose.
Beatrice la raggiunse e si mise a cercare nelle celle successive.
"Galeno! Galeno dove sei?" chiamava.
"Siamo qui! Da questa parte!" rispose una voce.
"Malia! Di qua!" urlò Beatrice.
Malia corse veloce raggiungendo l'ultimo tratto del corridoio mentre i Passanti avevano ormai aperto quasi tutte le celle e i prigionieri si dirigevano verso l'esterno.
"Siamo qui!" disse la voce di un uomo.
Beatrice osservò l'interno della cella buia cercando di riconoscere Galeno ma vide solo un vecchio calvo.
"Elias! Sei tu?" chiese appoggiandosi alle sbarre.
"Beatrice!"
"Elias! Presto! Dobbiamo farlo uscire da qui!" disse cercando lo sguardo di Malia.
"Pensate prima a lui, non resisterà ancora a lungo" disse Elias indicando la cella accanto.
Malia si spostò di un metro appena e raggelò alla vista di Galeno con il viso tumefatto e il corpo esangue adagiato a terra.
Scaglio una sfera di luce rabbiosa che frantumò il cancello e richiamò l'attenzione degli altri.
"Galeno! Galeno rispondi per favore!" disse prendendogli la testa fra le mani.
"Cosa gli hanno fatto?" esclamò Beatrice vedendolo ridotto in quelle condizioni.
"Dobbiamo portarlo fuori da qui, subito" disse Malia.
Beatrice afferrò la mano di Galeno.
"Come? Da che parte?"
"Giù al canale, c'è una barca che ci aspetta"
Beatrice vide al polso il bracciale frangiluce di cui parlava Malia e capì con quanta ostinazione Galeno aveva provato a levarselo.
"Prendete le mura, rimanete in alto. Ci portano quelli che non ce l'hanno fatta da quella parte. Troverete una scalinata di pietra lungo la parete che vi condurrà fuori, fino al canale. Rimanete in alto!" disse Elias indicando la curva del corridoio oltre le celle.
Corrado e Carlo arrivarono in quel momento e trasalirono.
"È vivo?" chiese Carlo sorpreso nel sentirsi rispondere che sì, era vivo.
"Cosa gli hanno fatto?" chiese Corrado.
"L'hanno torturato, per giorni, povero ragazzo. Ma lui non ha parlato" spiegò Elias mentre uno dei Passanti lo liberava.
Un paio di uomini sollevarono Galeno per le braccia e lo portarono di peso fuori dalla cella.
In quel momento si udirono delle grida nel corridoio oltre il cancello divelto.
"Presto via di qua!" urlò Malia facendo segno ai suoi di dirigersi verso l'esterno del braccio.
Un gruppo di Falene si avvicinava feroce verso di loro e alcune sfere di luce furono scagliate nella loro direzione. Si udirono grida e il rombo delle esplosioni fu tremendo. Gli uomini che reggevano Galeno barcollarono andando a sbattere contro la parete.
Corrado si precipitò ad afferrare Galeno e se lo caricò addosso afferrandolo per un braccio.
"Lo porto io"
"Ok, allora muovetevi presto! Noi cerchiamo di fermarli".
Corrado non se lo fece ripetere e insieme al giovane Passante che reggeva Galeno per l'altro braccio si avviò di corsa verso l'uscita.
Oltrepassarono la porta alla fine del corridoio e si ritrovarono all'esterno lungo il perimetro delle mura. Alla loro destra una scalinata scendeva ripida verso il cortile, ma loro proseguirono dritti in direzione delle mura che salivano, come aveva detto Elias.
L'aria della notte era fredda e il cielo si era fatto ancora più scuro e minaccioso, la luna che si era mostrata timida poco prima era di nuovo coperta dalle nubi.
Dietro di loro gli ultimi prigionieri liberati correvano cercando di mettersi in salvo, alcuni li superarono altri invece imboccarono la strada in discesa.
"Dai, forza resisti" pensava Corrado rivolgendo quella supplica un po' a Galeno e un po' a sé stesso.
Percorsero a fatica il passaggio che collegava l'ala vecchia con quella nuova.
A circa metà del passaggio le Falene ammucchiavano i corpi di chi non era sopravvissuto agli stenti della prigione o al dolore delle torture. Semplicemente giacevano lì ammucchiati e quando il mucchio diventava troppo grande qualcuno appiccava un fuoco. Erano stati accesi già diversi fuochi da quando Aezio sedeva sullo scranno dell'Altor e gli abitanti di Mezzanto che ancora non erano riusciti a lasciare la città osservavano con sgomento quella colonna di fumo che si alzava nel cielo come un monito.
"Presto, continua a camminare" disse il giovane ragazzo alla sua destra leggendo la paura negli occhi di Corrado.
"Non guardare, cammina e basta".
"Ok..."
"Cammina, continua a camminare".
Corrado si concentrò sulle sue scarpe rovinate che ostinatamente continuava a non voler cambiare. Quelle scarpe che sua madre Cecilia detestava. Si concentrò su di lei, sulla sua voce, su tutte quelle cose che reputava detestabili e che in quel momento invece gli parvero un balsamo. Fece finta di non sentire quell'odore acre, quell'odore pungente che penetrava con forza nelle narici.
Ebbe voglia di piangere.
Sentì la nausea salire violenta.
Sentì che aveva paura.
Si fece forza, oltrepassò quel mucchio di corpi con la vista offuscata dalle lacrime, scese giù a perdifiato lungo la scala pregando di non cadere.
Arrivarono al canale e raggiunsero una piccola imbarcazione ormeggiata al buio in un canneto.
Adagiarono Galeno che a fatica muoveva appena la testa e il ragazzo cominciò poi a slegare una delle cime.
"Aspetta" disse Corrado.
"Che fai?"
"Non posso venire con voi, devo tornare indietro"
"Ti farai uccidere! Non essere stupido!" rispose il giovane Passante.
"Sono ancora là dentro, li ho già persi una volta" disse Corrado indietreggiando lungo la passerella di pietra che costeggiava il canale.
"Ho l'ordine di portarlo via da qui! Non posso aspettare!"
"Non devi! Portalo via, noi... ce la caveremo".
Il giovane ragazzo che dimostrava pochi anni in più di Corrado si morse le labbra e guardò verso l'alto la scalinata che avevano appena percorso. Il suo sguardo incrociò quello di Corrado. Aveva gli occhi scuri, profondi e preoccupati.
"Dieci minuti. Non uno di più. Poi me ne andrò"
Corrado annuì, si voltò e cominciò a risalire lungo le mura.
***
Il fragore dei colpi che udiva lasciava ad intendere che le Falene non avevano ancora ceduto.
Ma nemmeno Malia.
Corrado rientrò nel corridoio delle prigioni e una bomba di luce azzurra colpì il muro all'altezza della sua testa aprendo un grosso buco nella parete di pietra. Corrado fece appena in tempo a spostarsi, si buttò a terra e cercò di sbirciare oltre lo spigolo del corridoio.
Il cuore gli batteva all'impazzata.
Se per disgrazia uno di quei colpi l'avesse centrato si sarebbe ridotto in poltiglia.
A metà del corridoio protetti all'interno di una cella vide Malia e altri Passanti che lanciavano senza sosta decine di sfere di luce in direzione delle Falene per impedire loro di avvicinarsi di più.
Poco distanti dal lato opposto riparati in una specie di magazzino c'erano Elias, Beatrice, Carlo e il compagno di cella di Elias che non era riuscito a mettersi in salvo paralizzato com'era dalla paura. Beatrice cercava inutilmente di tranquillizzarlo ma, ogni volta che uno dei colpi lanciati andava a segno provocando un boato, quell'uomo ricominciava a tremare come una foglia.
"Devo riuscire a togliere questi maledizione!" disse Elias cercando in tutti i modi di sfilarsi i bracciali.
"Dobbiamo andare via di qui Elias, ne arriveranno altri!" rispose Carlo prima che l'ennesimo colpo si abbattesse sul pavimento a meno di un metro dai loro piedi.
"Ragazzi!" urlò Corrado cercando di farsi vedere da dietro il muro.
Beatrice si voltò riconoscendo la sua voce e il suo cuore si riempì di gioia. Avrebbe dovuto desiderare il contrario lo sapeva bene. Saperlo in salvo e al sicuro all'esterno della prigione, questo avrebbe dovuto rallegrarla e invece si sentì meglio nel vederlo di nuovo lì in mezzo al pericolo. Si chiedeva se lei sarebbe stata capace di comportarsi allo stesso modo.
"Che ci fai ancora qui? Dov'è Galeno?" gli chiese Elias vedendolo accucciato a terra.
"Giù, al canale. Dobbiamo muoverci!" rispose.
Beatrice a quel punto si alzò e si diresse nell'angolo di quel piccolo magazzino dove le Falene stipavano legna da ardere e olio per le torce. Cominciò a rovistare fra i ceppi di legna ammassati sul pavimento in cerca di qualcosa che potesse aiutarli.
"Che fai?" le chiese Corrado, cercando di stare il più possibile dietro al muro del corridoio.
"Prendo queste" disse Beatrice voltandosi. Tra le mani stringeva un paio di latte piene di olio combustibile.
"Elias! Guarda, ce ne sono altre qui dietro!" disse poi indicando la parete.
"Possiamo farli saltare in aria!" disse Carlo trionfante.
Elias li guardava e non riusciva a capire se si trattasse di pazzia o semplice incoscienza, ma si rispose che in quel momento non importava. Malia e i suoi uomini erano quasi allo stremo e ben presto sarebbero sopraggiunte altre Falene in aiuto. Doveva creare un diversivo e permettere ai ragazzi di scappare via.
"Ok, facciamolo" disse afferrando una delle latte. "Corrado, prendila e svuotala lungo il muro".
Poi mentre i colpi delle Falene continuavano a schiantarsi spargendo polvere e pietre ovunque, lanciò la latta di olio a Corrado facendola scivolare sul pavimento. Il buio del corridoio giocava a loro favore perché da quella distanza e con quell'oscurità le Falene non erano in grado di vederli.
Corrado afferrò la latta d'olio estrasse il suo coltellino da intagliatore, regalo di qualche prozio dimenticato e cominciò a pugnalarla.
Un rivolo scuro e denso ne fuoriuscì cominciò a scorrere seguendo la curva del corridoio. Circa a metà strada, complice la pendenza del pavimento, deviò verso sinistra raggiungendo così la zona dove le Falene si riparavano dai colpi.
Iano notò il liquido scorrere lentamente a terra e fece segno a Malia. I Passanti intensificarono i colpi per evitare che le Falene si accorgessero dell'olio che le stava raggiungendo. Una pioggia di sfere lucenti si schiantò possente dritta addosso alla Falene che prese com'erano a difendersi e contrattaccare non si resero conto di ciò che accadeva ai loro piedi.
Corrado continuava a svuotare latte e il sottile rigo di olio si ingrossava sempre più, mentre una pozza cominciava ad ingrossarsi nella cella delle Falene, proprio sotto il primo gradino. Corrado continuò finché non svuotò fino all'ultima latta. Poi rimase immobile ad attendere con il coltellino stretto fra le dita e la testa appoggiata alla parete.
Malia si alzò mentre gli altri Passanti esplodevano colpi senza tregua.
"Devo avvicinarmi di più" disse.
Creò una piccola fiammella che bruciava nel palmo della sua mano, attese finché non divenne bianca come una supernova.
"Aspetta!" la fermò Iano. "Non puoi riuscirci così".
Dopodiché si alzò e con lui anche tutti gli altri.
"Che fanno adesso?" chiese Corrado con il cuore in gola.
"Che succede? Non vedo nulla!" disse Carlo.
"Non so, credo che vogliano uscire" disse di nuovo Corrado, che dalla sua posizione riusciva a vederli meglio.
Malia guardò Iano, annuì e poi si voltò.
In una frazione di secondo il pesante cancello della cella venne giù come un foglio di carta, il gruppo di Passanti uscì in massa avvolto dalla luce delle piccole sfere che ad ogni secondo crescevano fra i palmi delle loro mani. Ne lanciarono a decine in quei pochi secondi, mentre Malia si sollevava in aria come un uccello e mirava dritto al pavimento con la sua sfera infuocata.
La fiamma volò come una cometa, le Falene non ebbero il tempo di realizzare nulla. Qualcuno di loro si voltò per capire dove Malia avesse voluto lanciare quel colpo infuocato, ma non ebbe il tempo di capirlo perché un muro di fuoco divampò come un'onda travolgendoli tutti quanti.
L'olio aveva impregnato i loro stivali e i lembi dei soprabiti scuri che in un attimo presero fuoco, bruciando come paglia secca.
"Via di qui presto!" urlò Malia, mentre il fuoco risaliva veloce il rivolo d'olio lungo la parete.
Uscirono tutti dalle celle e si precipitarono correndo verso l'uscita. Elias fu l'ultimo ad allontanarsi, si voltò e osservò il rogo in cui ancora si agitavano convulsamente i corpi delle Falene.
"Bruciate maledetti insetti" disse.
Non fece in tempo a voltarsi perché uno di loro in un ultimo disperato tentativo scagliò un colpo tremendo che andò a segno colpendolo alla spalla.
Elias cadde riverso sul pavimento, esanime, mentre il fuoco lentamente gli lambiva le vesti.
Beatrice si voltò, scossa dal boato e lo vide a terra.
"Elias! Elias!" urlò, ma lui ormai non poteva sentirla.
Cercò di tornare indietro, disperata, ma Iano la trattenne per un braccio.
"Non puoi fare più niente per lui! Andiamo! Dobbiamo andare via!" disse mentre gli altri già percorrevano le mura esterne.
"Elias! No! Ti prego! Elias!".
Beatrice lo vide prendere fuoco, tremò come una foglia, gli occhi le si riempirono di lacrime per il fumo e per la rabbia. Iano la spinse via con forza dal corridoio. Beatrice corse fuori sapendo che un pezzo del suo cuore sarebbe rimasto in quel lungo corridoio buio a bruciare per sempre.
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