51. Le cinque dame

Beatrice aprì gli occhi per prima e non vide nulla, fu solo accecata dal bianco che la circondava.

Si tirò su a sedere e vide Corrado che sembrava dormire alla sua destra mentre, con grande sorpresa, alla sua sinistra c'era Carlo che proprio in quel momento apriva lentamente gli occhi.

"Carlo!" disse aiutandolo ad alzarsi.

"Credevamo fossi morto! Perché ti sei buttato in quel modo! Ci hai fatto prendere un colpo!"

Carlo si guardò intorno stranito.

"Dove siamo?" chiese.

Beatrice non seppe rispondere, si limitò a vagare con lo sguardo in cerca di qualcosa su cui soffermarsi.

"Siamo morti?" chiese Corrado aprendo gli occhi e osservando il posto dove si sarebbe dovuto trovare il cielo.

Beatrice si voltò guardandolo steso a terra.

"Stai bene anche tu, menomale!"

"Credo di sì" disse lui mettendosi a sedere, il suo sguardo puntato dritto all'amico. "Si può sapere che diavolo ti è preso?".

Carlo si sentì stranamente in colpa ma cercò di spiegare.

"È stata lei a dirmelo, ha detto che sarebbe andato tutto bene che dovevo fidarmi" spiegò.

"Lei chi?" lo incalzò Corrado mentre con le mani si massaggiava le tempie.

"Mia madre" rispose Carlo alzandosi in piedi.

Tutta l'acqua era sparita, non vi era traccia della balaustra di pietra da dove si erano lanciati poco prima e i loro vestiti erano completamente asciutti. Gli zaini erano adagiati sul pavimento proprio di fronte a loro.

Si ricomposero cercando di capire come fossero finiti in quella landa desolata e accecante. Avevano saltato, tutti e tre. Ma nessuno di loro riportava ferite o peggio fratture, stavano bene e non si ricordavano nulla a parte la sensazione terribile di lanciarsi nel vuoto.

"Beh, sono contenta di essermi liberata di quelle persone lassù" disse Beatrice rabbrividendo all'idea delle mani gelide che l'avevano afferrata poco prima.

"Quali persone?" chiese Carlo ignaro.

"Mentre tu ti buttavi qui sotto, noi siamo stati attaccati da un branco di...di persone bagnate" cercò di spiegare Corrado.

"Persone bagnate?"

"Sì, persone bagnate" disse Corrado secco.

Carlo scattò.

"Ehi! Ce l'hai con me per caso?"

"Sì, perché ti dovevi fermare!"

"Forse se vi foste buttati con me non sareste stati aggrediti da quei tizi bagnati!"

"Buttarci giù per un precipizio!?"

"Non è quello che avete fatto?"

"Perché non avevamo scelta!"

"Ehi! Perché le decisioni devi sempre prenderle tu?"

"Perché tu ti butti dai precipizi!"

"Me l'ha detto mia madre! Lo vuoi capire o no? Guardaci, siamo qui stiamo bene. Forse voleva solo aiutarci! O non ti sta bene che qualcun altro possa avere ragione?" chiese Carlo colpendo il bersaglio.

Il viso di Corrado si contrasse in una smorfia e la sua bocca divenne una fessura sottile.

"Non è quello, è che non... non riesco a fare così ok? Non riesco ad agire così come un animale, senza pensare"

"Avresti molto da imparare dagli animali sai..." rispose Carlo quasi sottovoce.

Corrado si sentì colpito e affondato. Era incredibile come Carlo fosse sempre più a suo agio in quella situazione folle, più di quanto non lo fosse mai stato fuori, per tutta la sua vita.

Parlava con una lucidità che spiazzava, tutto iniziava ad essere finalmente chiaro nella sua testa, anche se di chiaro in quel posto c'era solo il panorama. La sua mente si era illuminata e le sue parole riflettevano quella luce, aveva paura certo. Ma era in grado di comprenderla finalmente, la poteva quasi toccare.

Corrado dal canto suo faceva appello alla razionalità che ad ogni minuto che passava veniva meno, facendolo sentire inadeguato, tradito da quello che per tutta la vita aveva considerato un ottimo modo di agire e che ora mostrava i suoi limiti. In cuor suo sapeva che l'istinto e la ragione avrebbero dovuto andare a braccetto, ma la sua ragione non voleva sentire ragioni. Era ingombrante, soffocante e sempre più spesso si era trovato nella difficile situazione di dover zittire il suo cuore e la sua pancia perché la sua testa si metteva di mezzo.

"Senti, mi dispiace ok? Questa situazione è assurda, non è facile per nessuno..." disse Carlo deponendo l'ascia di guerra.

Corrado annuì guardando a terra.

Beatrice era rimasta ad ascoltare per tutto il tempo cercando di non intromettersi. Sapeva bene quanto Corrado fosse intelligente e quanta energia mettesse in ragionamenti e congetture, quando la maggior parte della gente, lei compresa, semplicemente se ne fregava.

"Sentite, io credo che ognuno qui debba fare la sua parte. È inutile che ci mettiamo a discutere adesso su come sarebbe meglio agire, guardateci! Siamo in mezzo al niente! Dentro ad un Varco che porta ad un altro mondo! A volte mi sembra assurdo sentirmi parlare così! Dobbiamo solo rimanere lucidi e uscire da qui! Qualsiasi modo va bene..." disse Beatrice cercando di riportare l'armonia.

"Allora andiamo" disse Carlo avviandosi in quella landa desolata.

"E tu non provare a chiedere dove!".

Corrado sorrise a Beatrice e alzò le mani.

"Ok, ok!".

Si incamminarono senza nessuna direzione, come formiche su un foglio di carta immenso. Si guardavano intorno cercando qualche punto di riferimento in quel bianco senza limiti che li circondava.

Non riuscivano a capire quanto tempo fosse trascorso da quando si erano addentrati nel Varco. Diverse ore forse persino giorni. Avevano inspiegabilmente quasi terminato le loro scorte di cibo; eppure, non ricordavano di aver mangiato e la sensazione di restare bloccati lì dentro si faceva ogni minuto più forte.

Vagarono in preda all'ansia ancora per diverso tempo finché finalmente videro qualcosa comparire all'orizzonte.

"Laggiù! Guardate!" esclamò Corrado indicando una zona in mezzo al bianco, dove i suoi occhi scorgevano dei piccoli puntini neri in fila.

Si misero a correre emozionati sperando di essere finalmente arrivati alla fine di quella folle attraversata.

Si avvicinarono sempre più a quelle sagome scure fino a che poterono distinguere cinque grossi rettangoli in fila uno accanto all'altro.

Ancora rettangoli!

Alla fine, si rivelarono delle cornici, alte un paio di metri. Al loro interno erano ritratte delle graziose damigelle con le gote rosee, vestite in abiti settecenteschi che sorridevano gentili a chi le osservava.

"Questa non me l'aspettavo devo ammetterlo" disse Carlo.

"Nemmeno io" gli fece eco Corrado avvicinandosi ai grandi dipinti.

Le dame sorridenti erano tutte ragazze piuttosto giovani, avevano perlopiù i capelli rossi e biondi, solo una aveva una chioma di capelli corvini che le scivolava sulla spalla destra. C'era quella che intrecciava ghirlande di fiori, quella che mostrava una canestra di frutta, chi ricamava e tesseva, la più giovane accarezzava un coniglio mentre la più prosperosa teneva un libro aperto fra le mani.

"Io credo di averle già viste" disse Beatrice osservando quei visi rosei e quelle mani delicate.

Ci pensò un po' su e poi il suo volto si illuminò come una giornata di primavera.

"Ma certo! La biblioteca! I dipinti nel corridoio, non mi posso sbagliare sono loro!" esclamò.

"Ne sei certa?" chiese Corrado che pur essendo stato parecchie volete in biblioteca, non riusciva a ricordare quei dipinti.

"Certo, sono solo molto più grandi di quelle appese nel corridoio, forse anche più belle".

Si spostarono più volte da destra a sinistra osservando quei dipinti, scrutandone ogni piccolo particolare per cercare di capire se potessero nascondere qualche indizio utile.

Carlo avvicinò il viso alla superficie del terzo dipinto osservando con quanta minuzia era stato riprodotto il pelo grigio del coniglio che la giovane ragazza teneva fra le braccia. Ogni singolo pelo era al posto giusto, sembrava talmente soffice che Carlo sentì il desiderio di accarezzarlo.

Lo sfiorò appena con la punta delle dita e quello per tutta risposta arricciò il naso e si mosse!

"Aaaah!" urlò Carlo facendo il balzo all'indietro.

"Che succede?" chiese Corrado raggiungendolo.

Carlo indicò il piccolo animale che si stava agitando tra le mani della giovane, la quale iniziò a ridacchiare cercando di non farlo scappare via.

"Che succede adesso?" chiese Beatrice osservando quelle ragazze dipinte animarsi davanti ai suoi occhi.

Alcuni frutti scivolarono fuori dalla canestra e la ragazza con i capelli rossi cercò di raccoglierli facendone cadere altri, la seconda scoppiò a ridere, posò a terra il tombolo su cui ricamava e con le mani si raccolse i lunghi capelli neri. Il coniglio alla fine era scappato via e la più giovane si era alzata in piedi e si guardava intorno per cercarlo. Non riusciva a vederlo da nessuna parte quindi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si affacciò fuori dal dipinto sotto lo sguardo attonito di Carlo e degli altri che le stavano davanti.

Si guardò un po' intorno, poi con le mani raccolse le vesti ingombranti e facendo attenzione scavalcò la cornice con un piede. Era scalza.

In un attimo fu fuori in carne ed ossa, con le braccia, le gambe e tutto il resto.

Corrado deglutì.

"Che fanno adesso?".

La dama con la ghirlanda di fiori se la mise in testa e poi decise di seguire l'amica e così fece anche l'ultima dopo aver chiuso il libro che non aveva mai iniziato a leggere.

Nessuno diceva una parola, si sentivano solo delle risatine sommesse provenire dalle ragazze che si guardavano intorno un po' sperdute ma molto divertite. Come se stessero facendo per la prima volta qualcosa che desideravano da tempo e che gli era proibito.

Furono seguite anche dalle altre due che abbandonarono frutta e ricami per darsi a qualcosa di più avventuroso.

Quando furono tutte all'esterno delle loro cornici si guardarono l'una con l'altra, poi cominciarono a ridere più rumorosamente. Si toccavano i capelli, si tiravano le vesti per scherzo e cominciarono ad inseguirsi correndo intorno. Erano così belle e allegre che Corrado, Carlo e Beatrice non poterono fare a meno di essere contagiati da quell'allegria.

In quel girotondo di pizzi, merletti, risate e capelli al vento, si sentirono improvvisamente felici.

La ragazza con i capelli neri che era di una bellezza disarmante si avvicinò a Corrado mentre le altre continuavano ad inseguirsi trovando la cosa molto divertente.

Corrado indietreggiò di qualche passo, ma lei lo raggiunse. Notò in quel momento che era l'unica ad indossare degli abiti molto meno sfarzosi delle altre, anzi portava una semplice camicia bianca che le scopriva le spalle, una gonna marrone e un grembiule logoro. Le unghie delle mani erano sporche di terra e la sua carnagione arrossata dal sole.

Si avvicinò sempre di più fissando Corrado negli occhi, i capelli neri le ricadevano sulle spalle lisci e lucenti. Si fermò a pochi centimetri da Corrado, che impietrito non osava dire nulla.

Poi chiuse gli occhi, avvicinò il suo viso a quello di lui e lo baciò sulle labbra.

Corrado rimase immobile con gli occhi spalancati mentre le labbra di lei premevano contro le sue. Erano calde e morbide.

Corrado aveva il cuore che stava per esplodere come una bomba mentre un calore improvviso percorse tutto il suo corpo.

Poi la giovane ragazza allontanò il suo viso, afferrò la mano di Corrado e se la posò sul petto, proprio sopra la camicetta bianca.

Il suo viso si fece all'improvviso triste e cupo. Lo fissava, quasi implorandolo e tutto il dolore del mondo si mostrò proprio dietro i suoi occhi scuri. Corrado sentì fortissima la sua disperazione. Percepì un grumo denso che gli strozzava la gola e fu quasi sul punto di piangere.

Le altre dame smisero di giocare a rincorrersi e si avvicinarono.

La presero per mano circondandola, come se volessero proteggerla poi si voltarono e cominciarono a camminare allontanandosi.

In pochi secondi scomparvero nel bianco.

"Che è successo?" chiese a quel punto Carlo.

"Non lo so" rispose Corrado ancora sconvolto. Non aveva mai baciato nessuno prima.

Beatrice cercava di nascondere il disagio che provava.

"E... che cosa ti ha detto?"

"Nulla, era solo molto triste. Sembrava disperata".

Carlo notò che Beatrice cercava un punto qualunque su cui appoggiare lo sguardo in mezzo a tutto quel bianco.

"Beh, possiamo proseguire allora?" disse lei alla fine, dirigendosi verso le cornici vuote.

"Da che parte?" chiese Corrado.

Beatrice osservò il buio all'interno di una delle cornici.

"Di qua"

"Vuoi entrare lì dentro? In mezzo a quel buio totale?" chiese Carlo scrutando quel nero di pece immenso che si celava all'interno dei quadri.

"Non vedo altre possibilità in mezzo a tutto questo bianco"

"Potremmo seguire le ragazze" azzardò Corrado.

Carlo lo guardò scuotendo la testa.

Beatrice senza rispondere, a disagio per il suo stesso disagio, scavalcò la cornice e si infilò nell'ombra scomparendo alla vista.

"Davvero non ci arrivi..."

"Perché? Cosa ho detto? Io intendevo dire che forse ci avrebbero guidato da qualche parte" cercò di giustificarsi Corrado mentre seguiva Carlo nell'oscurità.

Carlo si affrettò a raggiungere Beatrice che nel frattempo aveva acceso la sua torcia.

Il buio li circondava, fecero solo pochi passi e le cinque porte di luce bianca da cui erano entrati scomparvero lasciandoli nella più totale oscurità.

"Non si vede nulla accidenti!" disse Corrado accendendo la sua torcia.

Si misero in fila indiana e proseguirono lentamente, camminando senza direzione e senza orientamento. La luce delle torce si perdeva nel buio a pochi metri da loro e non illuminava un bel niente, solo un pavimento scuro sotto i loro piedi.

"Come ne usciamo adesso!?" chiese Carlo agitandosi.

"Continuiamo a camminare" rispose Corrado.

Così fecero. Camminarono per minuti, forse ore. Camminarono percorrendo chilometri nell'oscurità senza incontrare niente e nessuno sul loro cammino. Anche se quello forse era un bene date le circostanze.

Beatrice guidava la piccola carovana cercando di scorgere davanti a sé qualsiasi cosa che potesse darle la speranza di terminare quel viaggio pazzesco. Era scoraggiata e piuttosto stanca quando mise un piede in fallo e sentì il suolo mancarle sotto i piedi.

Vide la torcia caderle davanti agli occhi e scomparire nel buio. In una frazione di secondo perse l'equilibrio e si sbilanciò in avanti con tutto il peso del corpo. Urlò cercando di aggrapparsi a qualcosa.

Corrado cercò di afferrarla ma le sfuggì di un niente e con il cuore in gola rimase ad osservare il buio che la inghiottiva.

"Beaaa!" urlò appoggiandosi con le mani a terra, cercando a tentoni i confini di quel buco maledetto.

Non si vedeva nulla, solo un'oscurità accecante.

"Dov'è andata?" chiese Carlo.

"Laggiù nel buio!"

"Che facciamo?"

"Non lo so! Beaaaa! Rispondi!!" urlava Corrado in direzione del buio.

"Credo che dovremmo saltare"

"Perché questa mania si buttarsi dai precipizi?!"

"Vuoi lasciarla là sotto?!"

"No, certo che no".

Corrado aveva le mani che tremavano.

"Senti, abbiamo fatto un volo di cinquanta metri e siamo qui a raccontarlo"

"Questo non mi consola per niente".

Guardarono quel nero profondo che si estendeva ai loro piedi senza vedere un bel nulla. Beatrice però era là sotto e non poteva restarci.

"Ok, al mio tre" disse Corrado alzandosi.

E per la seconda volta si ritrovò a doversi lanciarenel vuoto.

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