47. Serve un piano
La mattina di Natale Beatrice si svegliò assonnata.
Al momento di prendere sonno si era ritrovata ad un tratto incapace di chiudere occhio. Si era sentita irrequieta, agitata. Nel suo cuore aveva percepito profondamente la mancanza di qualcuno.
E lei sapeva di chi si trattasse anche se aveva una paura folle di ammetterlo.
Aveva quindi estratto il suo cartacanto da sotto il materasso, lì dove lo teneva nascosto. L'aveva aperto curiosa di leggere ciò che le pagine immacolate avrebbero deciso di mostrarle.
Mentre fuori era buio e la neve cadeva silenziosa, Beatrice lesse di un giovane soldato di nome Almarino che di ritorno dalla guerra si ritrovò solo e senza nessuno da cui tornare, la sua compagna era morta di stenti e la sua famiglia di origine era stata uccisa dalle bombe molti mesi prima. Il suo paese era ridotto ad un cumulo di macerie e lui si era ritrovato a doversi ricostruire una vita proprio su quel nulla che lo circondava.
Il suo umore non doveva essere dei migliori se quella era la storia che il cartacanto le proponeva di leggere, pensò.
Beatrice resse finché le palpebre non le caddero sugli occhi e Almarino ritrovò e seppellì il cadavere della compagna.
Quella notte Beatrice dormì un sonno agitato ma sognò, intensamente e nitidamente.
Sognò Corrado.
Sognò il suo viso che in tre anni di liceo era cambiato e lei nemmeno se n'era accorta.
Sognò le sue spalle, e la sua pelle sotto la maglietta grigia. Le lentiggini, si rese conto di adorare quelle lentiggini. Sognò la sua mano che le scompigliava i capelli, cosa che lui non aveva in realtà mai fatto. Un gesto così spontaneo non era tipico di Corrado.
Sognò il suo sorriso che si faceva serio mentre lo vedeva avvicinarsi, sempre di più.
Sognò il suo incedere deciso che non era il suo, ma era sua la voce. Una carezza dietro la nuca. Lei fatta di ghiaccio che si scioglieva in un mare caldo.
Sognò un bacio che non aveva mai dato, non a lui. Eppure, erano sue le labbra.
Il sogno fu così reale, così fisico che alla mattina, una volta sveglia ancora ne ricordava i dettagli. Sentiva qualcosa morderle lo stomaco ogni volta che ci ripensava. Ed era una cosa che non le capitava da parecchio tempo. Nascose il viso tra i cuscini provando imbarazzo all'improvviso.
Beatrice che ti succede?
Fuori dalla finestra tutto era bianco e immacolato, aveva nevicato per tutta la notte e ancora non si decideva a smettere.
Beatrice si rotolò pigramente sotto le coperte, Adriana era passata poco prima e aveva spalancato le imposte facendo entrare la luce bianca del giorno.
Beatrice indossava solo una maglietta e fuori si gelava, non aveva nessuna voglia di lasciare il tepore delle coperte ma si fece forza e si mise a sedere.
Cercò i pantaloni della tuta e il maglione a righe, li indossò e si alzò in piedi infreddolita.
Il pavimento di legno scricchiolò sotto il suo peso.
Dal piano di sotto si sentivano le voci di Adriana e Wanda che chiacchieravano di bufere di neve, gatti e vicini di casa. Adriana non aveva permesso a Wanda di tornarsene a casa e passare il Natale da sola, quindi la professoressa, che ormai Beatrice faticava a vedere come tale, si era fermata in via del Crocicchio per condividere il pranzo con loro.
Beatrice scese in salotto dopo essersi infilata un paio di calzini. Cinque le venne incontro strofinandosi sui polpacci.
"Buongiorno micione" disse grattandogli la testa.
"Tesoro, ben svegliata e buon Natale" disse Adriana dalla cucina.
Il caminetto era acceso e la legna scoppiettava, l'albero addobbato scintillava vicino alla finestra e il tavolo del salotto era stato liberato dagli oggetti che di solito lo affollavano, per far posto al pranzo di Natale. Nell'aria si sentiva profumo di caffè, biscotti a burro, sciroppo all'arancia e rosmarino.
Beatrice non aveva idea di che cosa avessero preparato Wanda e la nonna, si erano messe all'opera due giorni prima, dicendo che nonostante le brutte notizie di quei giorni avrebbero comunque festeggiato il Natale, come una famiglia.
Beatrice andò in cucina e si servì una tazza di caffelatte.
"Ma che avete combinato? C'è cibo per un esercito!" disse osservando i fuochi accesi e le padelle fumanti.
"Ma no sono quattro cosette!" rise Adriana.
"Oh! Eccoti qui, buon Natale!" le disse Wanda abbracciandola alle spalle.
Profumava di fiori.
"Ho qualcosa per te" disse prendendo un pacchetto rosso dal ripiano alto della cucina.
Beatrice bevve un sorso di caffelatte e poi afferrò il pacchetto che Wanda le porse.
"Grazie, non dovevi disturbarti" disse scartandolo.
Dentro c'era una scatola di legno scura, chiusa da un piccolo gancetto dorato. Beatrice l'aprì e, adagiato sul fondo di velluto blu della scatola, trovò uno specchio.
Lo afferrò e se lo rigirò tra le mani.
"È stupendo, grazie" disse osservando quell'oggetto dall'aspetto prezioso.
"Viene dalla bottega di mio padre, ricordo quando lo fabbricò tanti anni fa. Prese dell'argento, una piccola pepita grande non più di un chicco di riso e della madreperla e dopo alcuni minuti, ecco! Fra le sue mani comparve questo specchio. L'ho tenuto con me per tutto questo tempo senza sapere da dove provenisse" disse Wanda con un sorriso triste.
"Ma è un ricordo di famiglia, sicura di volerlo dare a me?" chiese Beatrice.
"Più che sicura, voglio che tu ricordi chi sono veramente. Nel caso dovessi dimenticare tutto di nuovo".
Adriana si avvicinò e osservò il piccolo specchio.
"È davvero un bell'oggetto Wanda".
"Sì, ma ho qualcosa anche per te" disse tirando fuori un altro pacchetto, stavolta era verde.
Adriana ricevette due fermagli decorati con dell'ambra che si appuntò subito alla base della sua lunga treccia, mentre a Wanda fu donato un taccuino nel quale avrebbe potuto appuntare tutti i suoi ricordi e scrivere la sua storia dall'inizio.
All'ora di pranzo Adriana portò in tavola ogni ben di Dio, c'erano una quindicina di antipasti caldi e freddi, pane appena sfornato, verdure ripassate al burro, purè di patate, arrosto di vitello, sformato di pasta e salsicce, arancini, panzerotti e sarde alla greca. Vino bianco e vino rosso.
Era un menù assolutamente incongruente, ma Adriana aveva sempre sostenuto che i pranzi migliori sono quelli che piacciono. Quindi non si era fatta il minimo problema nel mischiare carne, pesce e formaggi.
Wanda aveva sposato la causa, che trovava a tratti eroica e stavano quasi per godersi tutto quel cibo, quando il campanello suonò all'improvviso.
"Chi può essere?" chiese Wanda riponendo il tovagliolo.
"Aspetta nonna, vado io" disse Beatrice alzandosi.
Raggiunse la porta d'ingresso e scostò la tenda per vedere chi fosse al cancello del giardino.
"Oh Santo Cielo! Non ci posso credere!" disse mettendosi a urlare.
Poi si precipitò fuori sotto la neve che cadeva copiosa e andò ad aprire.
Adriana si alzò e Wanda la seguì verso la porta d'ingresso. In quel momento una folata d'aria gelida le travolse in pieno e dopo un istante sulla soglia di casa videro Beatrice che rientrava insieme a Carlo e suo padre Arturo.
Wanda si portò le mani alla bocca e soffocò un gridolino di gioia.
"Ma che... cosa... che ci fate qui?" chiese sorpresa ma felice di vederli entrambi.
Beatrice richiuse la porta.
"Che sorpresa ci avete fatto! Non ci aspettavamo di vedervi!" disse abbracciando Carlo.
Wanda si avvicinò ad Arturo, cercò il modo per dimostrare il suo entusiasmo senza sembrare invadente ma alla fine lo abbracciò forte e gli disse quanto fosse felice che fossero venuti.
Adriana li fece accomodare e prese le giacche.
"Abbiamo portato un dolce" disse Arturo.
"Benissimo, lo metteremo con tutto il resto! Venite stavamo per cominciare!" fece strada Adriana.
Beatrice aggiunse subito altri due piatti e fece spazio al tavolo per altre due sedie.
"Scusate se vi siamo piombati qui così, non sappiamo ancora bene perché l'abbiamo fatto. Ma sentivamo che dovevamo essere qui con voi oggi. Questo non significa che io creda a tutta quella storia assurda, ma diciamo che sono favorevole ad analizzare la questione. E poi Carlo ha insistito" spiegò Arturo guardando i presenti.
Adriana gli sorrise. "E ha fatto bene!".
Arturo ebbe come la sensazione che in quel salotto ci fosse la soluzione ai mali del mondo, era come se quelle persone fossero una specie di balsamo per l'anima, si sentiva così, ad un tratto rincuorato.
Si accomodò a tavola insieme a Carlo, pregustando con gli occhi il cibo delizioso che aveva davanti.
Adriana versò il vino nei calici e tutti brindarono.
Carlo sembrava sentirsi a suo agio, aveva perso il pallore dell'ultima volta, era sempre bianco come il latte, ma meno cadaverico del solito. Wanda incrociò il suo sguardo diverse volte e lui le sorrise. Fu un sorriso inatteso, come quello che un pomeriggio di pochi anni prima le sciolse il cuore.
Mangiarono tutti fino a scoppiare, Arturo raccontò di quanto sua moglie amasse abbuffarsi ad ogni ora del giorno e Beatrice si sentì stranamente tirata in causa. Dovette difendere la sua posizione spiegando che il suo appetito era conforme alla fase di crescita che stava attraversando e che non c'era proprio nulla di male nel servire le patate con la crema alla nocciola. Se a uno piaceva.
E poi lei pedalava come una forsennata su e giù per le strade di Camarelli, aveva bisogno di energie perché il dispendio di calorie era altissimo.
Carlo si teneva sulle ginocchia Cinque che l'aveva scelto come suo ospite preferito, mentre Wanda ridacchiava in continuazione a qualsiasi battuta, anche la più stupida e aveva le gote arrossate per il vino rosso. Riprovò con la giostra della frutta e sotto lo sguardo più atterrito che sorpreso di Arturo, le riuscì di far volteggiare a mezz'aria persino un ananas!
Erano quasi le tre e Adriana, visto che un generale assopimento stava per impossessarsi dei presenti, stava per preparare il caffè quando fuori dalla finestra della cucina vide un grosso fuoristrada nero lucido avvicinarsi al cancello. Non ne aveva mai visti di simili in quella zona della città, non erano molti gli inquilini delle case popolari lungo la via che potevano permettersi automobili di quel livello anzi, nessuno.
Beatrice la raggiunse in cucina portando alcuni piatti.
"Credo che ci sia qualcuno per te" disse Adriana.
Beatrice guardò fuori dalla finestra e il suo cuore mancò un colpo.
"Vai a prenderlo tesoro, mi sembra un tantino spaesato" disse Adriana.
Beatrice si precipitò fuori dalla cucina e percorse l'ingresso fino alla porta. Si infilò un paio di stivali e corse fuori veloce, verso il cancello del giardino. Lo spalancò e uscì sul marciapiede imbiancato.
"Pensavo che non saresti venuto" disse mentre una nuvoletta di vapore si dissipava davanti alla sua bocca.
In piedi, sotto la neve che si posava sul suo berretto Corrado le sorrise.
"Ma sei matta?"
"E tua madre?" chiese Beatrice cercando di trattenere l'emozione.
"Ha accettato la cosa" rispose lui guardando verso la macchina ancora parcheggiata.
Beatrice si avvicinò al finestrino abbassato sul lato del guidatore.
"Buongiorno Vittorio, buon Natale" disse.
"Ciao! Buon Natale anche a te, tua nonna mi ha assicurato che gli farà lavare i piatti ogni giorno, siamo d'accordo vero?" chiese.
"Per me va benissimo!"
"Allora vi saluto, sono contento che Corrado stia qui con voi".
Poi salutò Corrado, alzò il finestrino e si allontanò lungo il viale innevato senza fare alcun rumore.
Beatrice non riusciva in nessun modo a trattenere il sorriso che si stava disegnando a forza sulla sua faccia. Afferrò il braccio di Corrado e ci si aggrappò con tutto il corpo.
"Dai vieni entriamo, si gela qui fuori. Non indovinerai mai chi è venuto a pranzo oggi!"
***
Verso le nove di sera si ritrovarono tutti davanti al caminetto che ancora scoppiettava. Arturo e Wanda erano seduti sul divano e se la intendevano come due vecchi amici mentre Adriana li stava ad ascoltare dalla poltrona accanto. Carlo e Corrado invece erano seduti a terra sul tappeto appoggiati ai cuscini di fronte al caminetto. Beatrice arrivò in quel momento dalla cucina.
Si accomodò di fronte ai ragazzi, indossava un maglione verde certamente non suo. I capelli scuri le ricadevano lungo il collo sottile e Beatrice li attorcigliava in continuazione attorno alle dita.
La luce del caminetto le illuminava il viso. Si prese una coperta a quadretti colorata e se la portò sulle spalle.
"Che cosa intendete fare ora?" chiese Arturo a quel punto.
"Qualcosa" rispose Corrado senza staccare gli occhi da Beatrice.
"Non mi sembra un gran piano"
"Non lo è infatti. Con Galeno fuorigioco sinceramente non abbiamo molte possibilità" rispose lei.
Carlo era piuttosto pensieroso e sedeva in silenzio accarezzando Cinque che non lo mollava dal pomeriggio.
"Io che cosa dovrei fare in tutta questa storia?" chiese timidamente alzando lo sguardo.
"Sembra che tu possa in qualche modo fermare Aezio. Ma credo che nessuno dei presenti sia in grado di capire come" rispose Wanda.
"Senza contare che Galeno non sa nulla di tutto questo!" aggiunse Beatrice.
"E non c'è un modo per potersi mettere in contatto con lui? Non avete detto che è possibile comunicare con il pensiero? Wanda perché non ci provi?" chiese Adriana.
"Perché non l'ho mai appreso, non saprei davvero da che parte cominciare e poi non conosco Galeno" rispose.
"E senza medium per noi è impossibile riuscirci..."
Passarono alcuni secondi di silenzio, anche se il rumore dei pensieri che frullavano nell'aria si sentiva benissimo. La legna nel caminetto scoppiettava e le fiamme vivaci lanciavano bagliori dorati sui volti dei presenti.
"Credo che l'unica soluzione sia oltrepassare il varco" disse Carlo sorprendendo tutti.
Beatrice lo guardò come se fosse pazzo, ma dentro di sé lo stava ringraziando per aver avuto il coraggio di dire esattamente quello che anche lei pensava da parecchio tempo.
"Ehi, ehi! Aspetta un attimo, ho accettato di essere qui e di fidarmi di tutti voi nonostante questa storia sia una totale follia, ma questo non significa che ti permetterò di correre dei rischi" disse prontamente Arturo.
Aveva accettato la cosa a modo suo, con razionalità. Ovvero si era fidato della coincidenza di date, di luoghi e di persone. Il suo cervello gli diceva che c'erano dei fatti congruenti e che quindi le cose non potevano che stare così. Doveva fidarsi, ma quando provava ad approfondire la questione ecco che emergeva una sorta di rifiuto per tutta quella faccenda di magia e nuovi mondi, c'era un muro invalicabile che non riusciva proprio a buttare giù. Anche se lo sguardo di sua moglie dal comodino gli diceva amorevolmente di mettere da parte i dubbi e i limiti della sua mente. E l'ananas sul soffitto in effetti aveva contribuito a fargli rivedere le sue posizioni in merito a tutta quella faccenda.
"La stessa cosa vale anche per te Bea" disse Adriana.
"Cosa?" chiese lei stupita.
"Se quell'uomo è davvero così spietato, tu devi stragli il più lontano possibile".
Beatrice aggrottò le sopracciglia e si mise dritta con la schiena, mentre la coperta le ricadeva dalle spalle.
"Nonna, stiamo parlando dell'uomo che li ha uccisi, ricordi?" disse con voce calma.
"Beatrice è una pazzia anche solo pensarci ok? Non potete fare nulla contro di lui, non è una faccenda alla vostra portata"
"Alla nostra portata? Siamo gli unici che possono fare qualcosa, nonna!"
"E come pensi di poterlo fermare? Sentiamo"
"Beh, ancora non lo so, ma di certo non me ne starò qui ad aspettare che faccia una strage!"
"Tu non puoi fare proprio nulla Beatrice! E se credi che ti permetterò di affrontare questa follia ti sbagli di grosso!" replicò Adriana.
Beatrice a quel punto sbottò.
"Quindi dovrei starmene qui senza far niente? Davvero?!"
Ma Adriana sbottò più forte.
"Ho già perso una figlia! Non voglio perdere anche te!".
Nel piccolo salotto calò il silenzio.
Wanda si morse il labbro e guardò Arturo.
Beatrice si alzò in piedi.
"Io l'ho visto con i miei occhi e se penso a cosa ha fatto, preferisco morire piuttosto che starmene qui seduta ad aspettare che tutto finisca! Perché tutto finirà nonna! Finirà tutto quanto se non lo fermiamo! Tutto quanto!"
"Tesoro adesso cerca di calmarti" disse Wanda prendendole la mano.
"Tu non ti muoverai da qui, dovessi chiuderti a chiave in soffitta!"
"Ahahah!" urlò Beatrice allontanandosi dal salotto lasciando cadere la coperta sul pavimento. Salì di corsa le scale ed entrò in camera sua sbattendo la porta.
Adriana fece per alzarsi ma Wanda la trattenne.
"Lascia che si sfoghi, questa situazione sta provando tutti e lei si sente così coinvolta" disse.
"Mi capite vero? Non posso lasciarla fare, non posso" disse Adriana stringendosi nelle spalle.
Arturo la guardò con affetto. In quel salotto era l'unica persona ad aver provato il dolore più lacerante possibile. Ed ora le si leggeva chiara l'angoscia negli occhi.
Corrado si alzò dal tappeto, attraversò il salotto sotto lo sguardo dei presenti e si diresse al piano di sopra. Ad ogni gradino si chiedeva che cosa diavolo stesse facendo.
Arrivò davanti alla porta della camera di Beatrice e bussò.
"Si può?" chiese affacciandosi.
Beatrice era raggomitolata sul letto con gli occhi lucidi e lo sguardo pieno di rabbia.
Corrado entrò e richiuse piano la porta alle sue spalle, poi si avvicinò lento e si sedette sul bordo del letto.
Era la prima volta che si trovava in quella camera. Si guardava in giro incuriosito. Alle pareti c'erano appesi numerosi ritagli e fotografie, per lo più ritraevano donne con lo sguardo malinconico. Diversi schizzi realizzati a matita e acquerello erano attaccati un po' dappertutto sui muri.
Sopra la scrivania un paio di lunghi scaffali ospitavano libri, polvere e scatole di vario genere che contenevano matite, pastelli, pennelli.
C'era un grande armadio bianco e in generale regnava il disordine. I vestiti erano ammucchiati sulla sedia e in fondo al letto.
Sul comodino vicino alla lampada accesa Corrado vide la foto di Maria Sole e Pietro.
Beatrice si tirò su a sedere e Corrado cominciò ad agitarsi.
"Come fa a non capire?" chiese mentre stringeva il copriletto fra le dita.
"Ha solo te nella vita, è una reazione più che normale. Non puoi biasimarla".
Beatrice lo guardò negli occhi.
"Quindi cosa dovremmo fare secondo te?"
Corrado non era certo di cosa fosse meglio rispondere, in ogni caso lei avrebbe fatto comunque di testa sua. Senza ascoltare niente e nessuno.
"Non me ne starò qui ferma ad aspettare lo sai vero?"
"Certo che lo so, secondo te perché sono qui?".
Beatrice sorrise.
"Perché lo fai?".
Corrado alzò le spalle.
"Non lo so, perché è giusto, perché non posso più tirarmi indietro"
"Vorresti tirarti indietro?"
"No, mai. Non lo farei mai. A questo punto come possiamo tirarci indietro?".
Beatrice giocherellava nervosamente con i capelli, la punta del suo ginocchio sfiorava appena quella di Corrado che le sedeva di fronte. Deglutì e ripensò al sogno della notte precedente.
Corrado si guardava intorno, il suo sguardo si posava dappertutto tranne che su Beatrice.
"Li hai fatti tu quelli?" chiese con la voce che tremava mentre indicava i numerosi disegni appesi alle pareti.
"Sì, ti piacciono?"
"Certo, non sapevo che disegnassi così bene. In effetti non sapevo nemmeno che ti piacesse disegnare".
Beatrice si sentiva confusa, frastornata, sorpresa da quello che sentiva. Le sudavano le mani. Adesso lo guardava seria e niente avrebbe potuto distrarla da quelle lentiggini chiare che alla luce della lampada si vedevano appena. Dalla curva del collo che scendeva piano fino alla nuca. E la linea del mento che si congiungeva perfetta a quella della bocca.
Quella bocca.
Si spostò piano sul letto, dicendosi che era una pessima idea, finché il suo ginocchio non premette definitivamente contro quello di lui. Dentro di sé si ripeteva di non farlo, ma ormai, chissà come l'aveva già fatto.
Corrado continuava a non riuscire a voltarsi mentre sentiva il suo cuore scalciare nel petto come un puledro. Lei cercava i suoi occhi e lui fuggiva.
In quel momento si sentirono alcuni passi dal corridoio, poi qualcuno bussò piano alla porta.
Beatrice cambiò subito posizione e Corrado si ritrovò in piedi con un cuscino fra le mani senza sapere perché.
"Nonna tranquilla è tutto ok".
La maniglia ruotò verso il basso e la porta di legno si aprì di uno spiraglio.
"Ehm... sono io" disse Carlo affacciandosi.
"Oh, ciao" disse Beatrice sollevata nel non vedere il volto della nonna.
Carlo chiuse la porta e si avvicinò al letto, guardò entrambi serio come una lapide.
"Come si entra in quel varco?" chiese di getto.
Gli angoli della bocca di Beatrice salirono fino al cielo.
"Vuoi davvero farlo?" chiese afferrando un cuscino e stringendolo sulla pancia.
"Certo che voglio farlo!"
"Convinto?"
"Non sono mai stato più convinto di così nella vita" rispose Carlo.
La luce della lampada si rifletteva nei suoi occhi chiari.
"Come facciamo?"
"Serve un piano" disse Corrado tornando a sedersi.
"Dobbiamo andare al Varco e riuscire ad attraversarlo e poi una volta fuori, cioè dentro, dobbiamo trovare Galeno" rispose Beatrice.
"È una cosa folle" osservò Corrado
"E molto pericolosa"
"A me sta bene" annuì Carlo.
Beatrice e Corrado sorrisero nel vederlo così entusiasta, sembrava quasi un altro ragazzo, in tre anni non avevano mai avuto con lui una conversazione così lunga e sensata.
"Se mia mamma davvero apparteneva a quel mondo voglio vederlo, se c'è qualcosa di lei anche dentro di me...insomma, io devo capire chi sono davvero. Oggi ho visto un ananas volare sul soffitto! E la prof di italiano è una specie di strega!"
"Io ho sempre avuto il sospetto comunque..." disse Beatrice.
"Che fosse una strega?"
"Sì, che fosse un po' strana... un po' svampita!"
"E che mi dite di quel tipo, Aezio?"
"È terrificante".
"Sì, e completamente pazzo. Deve essere fermato, nessuno qui fuori si sta rendendo conto del pericolo. Nessuno!" spiegò Corrado.
"Quindi è davvero mio nonno?"
"Così pare..."
"Che situazione del cavolo".
Erano tutti e tre seduti sul letto, i loro volti illuminati dalla luce della lampada come se fossero riuniti davanti ad un falò. Quello era un giuramento, un patto di sangue, un vincolo che li avrebbe tenuti legati per sempre.
"Se quello che ha detto Otto aveva davvero un senso allora credo che tu Carlo sia la chiave per fermarlo" continuò Beatrice.
Carlo fece una smorfia.
"Mmh, non ho esattamente l'aspetto di uno che possa fare grandi cose..."
"Non dire così! Quella specie di terremoto nel tuo salotto chi pensi l'abbia provocato?".
Corrado alzò le mani.
"Io no di certo!"
"Credete che sia stato io? E come avrei fatto?"
"C'è del sangue magico che ti scorre nelle vene Carlo! Tu puoi fare cose che nemmeno ti immagini! Noi l'abbiamo visto!" disse Beatrice afferrandogli le mani a mostrare i palmi.
Carlo si fece serio e deglutì, poi li guardò con gli occhi che tremavano.
"Sono certo che troverai le risposte che cerchi a Mezzanto" disse Corrado.
"Dobbiamo solo capire come raggiungerla. Il problema è che Elias è sparito e quel Varco non è ancora stato disincantato. Potremmo non uscirne mai più! Ricordi cosa ha detto Galeno? Potremmo vagare lì dentro per anni! Supposto che riusciamo ad entrarci" osservò Beatrice.
"Sì non ci avevo pensato..."
"E come si... disincanta?" chiese Carlo incespicando con le parole.
"Sono i Passanti a farlo, qualcuno come Galeno, se solo riuscissimo a metterci in contatto con lui, forse troverebbe il modo di aiutarci..."
"Se non l'hanno già ammazzato".
Carlo li guardò come se si aspettasse delle risposte certe che però non arrivavano. Ci pensò un po' su e alla fine si convinse. Doveva fare almeno un tentativo.
"Forse potrei provare" disse sottovoce.
"A fare cosa?"
"Contattare Galeno..."
Corrado e Beatrice si guardarono incerti sul da farsi. Corrado si grattò la fronte.
"Non prendetemi per matto, è tutta la vita che vengo preso per matto" disse Carlo. "Ma se davvero faccio parte di quel mondo, allora forse anche io potrei riuscire a comunicare come fanno lì..."
"Con il pensiero intendi?"
"Sì, mi avete spiegato come funziona quel medium giusto?"
"Sì, ma l'abbiamo perso in mezzo al bosco" disse Beatrice.
"Ok, ma se io provassi a concentrarmi allo stesso modo pensando a Galeno, forse potrei riuscire a fargli arrivare un messaggio"
"Ma tu non sai nemmeno come è fatto Galeno, come farai a-"
"Ti sbagli! Io me lo ricordo bene invece! Quella sera in macchina con mio padre, quando poi mi hanno portato in ospedale, quello insieme a voi era Galeno giusto?".
Corrado cercò di ricordare i dettagli e ripercorse velocemente gli avvenimenti delle ultime settimane, non gli sembrava vero che fosse trascorso tutto quel tempo. In effetti si ricordò di quella sera, quella della Festa del Patrono. Si ricordò di Galeno, del tracciatore, del bosco umido e della luce verde. E poi si ricordò del viso di Carlo, pallido che fissava Galeno dal sedile dell'auto di Arturo e di come lui rimase colpito da quegli occhi che l'avevano come pietrificato.
"Certo! Tu l'hai visto! Che stupido!" esultò Corrado.
"Ok, però nessuno me l'ha mai spiegato... non sono certo di come si faccia"
"Provaci lo stesso, è l'unica speranza che abbiamo!" lo pregò Corrado.
"Se il Destino ha deciso di metterti in questa storia allora questo è il tuo momento" disse Beatrice che amava tirare in ballo il Destino e affidargli qualsiasi aspetto incomprensibile della sua vita.
Carlo sentiva su di sé una responsabilità importante, non sapeva davvero da che parte cominciare. Avrebbe dovuto chiudere gli occhi forse? Fare un respiro profondo prima?
"Aspettate che cosa devo dire?" chiese.
"Che stiamo per attraversare il Varco e abbiamo bisogno di aiuto"
"E che abbiamo la chiave di tutto" disse Beatrice.
Carlo annuì, fece un lungo respiro e poi chiuse gli occhi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top