38. Le parole di Otto
Corrado quella mattina si avviò verso il suo banco con un groppo alla gola. Beatrice ancora non si era vista. La classe vociava e sbadigliava rumorosa, ma lui nemmeno li sentiva.
Quando chiudeva gli occhi rivedeva solo quella luce verde, il volto deforme di Aezio e il sangue colare dal viso di Galeno.
Eppure, adesso era lì seduto al suo banco. Gli sembrava una cosa talmente inutile starsene lì seduto a quel banco senza fare nulla mentre là fuori, o forse avrebbe dovuto dire là Dentro, succedevano cose spaventose e terribili. La situazione era fuori controllo e lui non sapeva che fare.
Il supplente di italiano fece il suo ingresso in classe con largo anticipo. Era un tipetto esile, con gli occhiali posati in equilibrio precario sulla punta del naso e un paio di baffetti orribili. Indossava un abito grigio che lo faceva assomigliare del tutto ad una pantegana. E della pantegana aveva anche le movenze, si guardava intorno con fare sospettoso con quei suoi occhietti scuri, toccava in continuazione il registro allineandolo in modo quasi maniacale alla cattedra. Corrado pensò seriamente che avrebbe tirato fuori riga e squadra per ottenere un risultato migliore.
Quanto lo irritava. Per la prima volta nella sua vita, Corrado, provò una sensazione di fastidio nei confronti di un professore. Non gli era mai successo, di solito nutriva ammirazione per i suoi insegnanti, per quasi tutti, ma questa volta si sentiva disgustato. Forse era tutta la situazione che l'aveva reso ipersensibile o forse era l'attesa di Beatrice che lo snervava.
Attesa che per fortuna finì appena ebbe il tempo di pensarci.
Beatrice varcò la soglia imbacuccata come un orso, la punta del naso arrossata. Una giacca di un arancione sfacciato ai limiti dell'offensivo avanzò a grandi passi tra i banchi. Puntava dritto su Corrado come una rompighiaccio, lui deglutì temendo il peggio.
Senza cambiare espressione e senza proferire parola Beatrice oltrepassò il suo banco allungando una mano che lasciò cadere un piccolo biglietto ripiegato.
Corrado lo afferrò in fretta e lo nascose alla vista degli altri.
Beatrice raggiunse il suo banco e si sedette, sempre imbacuccata come un orso. Era sua intenzione rimanere così agghindata fino al suono dell'ultima campanella.
Corrado aprì lentamente il biglietto mentre Pantegana cominciava a fare l'appello.
C'erano scritte solo tre parole lapidarie.
Andiamo da Otto.
Corrado richiuse il biglietto e se lo infilò in tasca.
La mattina passò lentamente e noiosamente. Beatrice non si tolse nemmeno la sciarpa.
All'uscita Corrado si avvicinò con circospezione al portabiciclette, dove lei lo aspettava appoggiata al muro.
"Eccoti! Mi hai evitato tutta la mattina" le disse sottovoce.
"Sto cercando di passare inosservata"
"Vestita così?"
"A chi piace l'arancione scusa?" chiese Beatrice convinta che la scelta di quel colore avrebbe dissuaso chiunque dall'avvicinarsi. Corrado lasciò perdere. Non voleva nemmeno provare a capirla, se Beatrice si era convinta che vestita come un caco non avrebbe dato nell'occhio a lui stava bene.
"Sei strana, sicura di stare bene?"
"Ho un po' freddo"
"Sì, questo l'avevo notato".
Gli ultimi studenti stavano uscendo dall'edificio e dietro di loro li seguì Pantegana, che con sguardo circospetto percorse il perimetro del cortile praticamente a ridosso del muro, arrivato quasi alla fine si fermò, si diede una piccola grattata al naso con la mano sinistra e poi proseguì veloce uscendo dal cancello.
"Non mi stupirei se in quella valigetta ci trovassi del formaggio..." disse Corrado.
Beatrice rise.
"Che ne pensi?" chiese poi slegando la sua bicicletta.
"Che mi fa un certo ribrezzo"
"Ma no! Dico della mia idea! Andare da Otto, che ne pensi?"
"Oh, certo! Mi sembra una buona idea, lui potrà aiutarci, forse ha un altro di quei taccuini magici" disse Corrado pensando ad un modo per poter contattare Galeno.
"Ok, allora andiamoci nel pomeriggio, ora devo tornare a casa perché mia nonna stanotte è quasi svenuta quando mi ha visto rientrare conciata in quel modo..."
"Già, sei riuscita a dormire?"
"Poco e tu?"
"Quasi nulla, mi sono rigirato nel letto per tutta la notte e quando ho dormito ho avuto degli incubi tremendi".
Beatrice sospirò e si strinse nelle spalle.
"Sono molto preoccupata per Galeno".
Corrado non era sicuro che Galeno fosse vivo, ma voleva continuare a sperarlo.
"Sono certo che starà bene".
Si salutarono dandosi appuntamento alle 15.00 davanti al negozio di fiori di Otto.
***
Il pomeriggio era grigiastro e freddo. Il cielo minacciava pioggia e per la via non c'era molta gente. I negozi stavano per riaprire dopo la chiusura per la pausa pranzo, ma alcuni avevano ancora la serranda abbassata. Tra questi c'era quello di Otto Fracassi.
Corrado e Beatrice arrivarono nello stesso momento in sella alle loro biciclette. Trovarono un lampione per poterle legare e si avviarono verso il negozio.
"Dovrebbe essere già aperto" osservò Beatrice leggendo gli orari attaccati all'ingresso.
Corrado si guardò intorno, poi si avvicinò alla vetrina e cercò di osservare l'interno anche se con la serranda di ferro abbassata gli risultava difficile avvicinare il viso al vetro.
Non riuscì a vedere quasi nulla tranne alcune Stelle di Natale ammassate in un angolo. Spostò lo sguardo verso il bancone e notò che in terra c'era dell'acqua e poco distante alcuni fiori recisi giacevano sul pavimento.
"C'è qualcosa di strano, dobbiamo trovare il modo di entrare" disse allontanando il viso dalla vetrina.
Proprio lungo la parete si apriva un vicolo piuttosto stretto a fondo chiuso dove c'erano alcuni ingressi che portavano agli appartamenti del palazzo di fianco.
"Proviamo di qua" disse Beatrice incamminandosi nella stradina buia. Arrivarono fino in fondo e trovarono sulla destra, seminascosto, un cancello che immetteva in un cortile umido e buio. Provarono a forzare la serratura ma era chiusa con una grossa catena e un lucchetto di almeno dieci chili.
"Dobbiamo scavalcare" osservò Beatrice che per la buona riuscita della missione aveva optato per un travestimento molto più sobrio, giacca turchese con inserti di pelo finto e berretto rosso.
Almeno era natalizia.
Beatrice afferrò le sbarre del cancello con entrambe le mani e poi cercò un appiglio su cui puntare il piede. Lo trovò, spinse verso l'alto, tirò con forza sulle braccia e scivolò miseramente staccando di netto una grossa crosta d'intonaco dal muro.
"Ah! Sono una frana!"
"Ok, aspetta ti aiuto io" le venne in soccorso Corrado. "Metti un piede qui".
Così dicendo si abbassò e unì le mani in modo che Beatrice potesse fare leva con il piede e spingersi verso l'alto sull'inferriata. Con qualche difficoltà alla fine si ritrovò dall'altra parte. Corrado che la superava di un bel pezzo riuscì a scavalcare le sbarre senza troppo lavoro e le fece compagnia dall'altra parte.
"E ora?" chiese guardandosi in giro.
"Qualcosa mi dice che dobbiamo andare a destra" rispose Beatrice indicando quella che sembrava una struttura simile ad una serra.
Cercarono un ingresso secondario e dopo aver girato intorno alla costruzione notarono una porticina di legno sgangherata che non era completamente chiusa, la tirarono e non servì molto sforzo per aprirla completamente.
Si infilarono dentro e si ritrovarono immersi ancora una volta tra le piante e i fiori, l'aria era umida e i vetri superiori filtravano la luce del sole rendendo l'ambiente piacevolmente tiepido.
Si guardarono un po' intorno, c'erano piante che pendevano persino dal soffitto, con rami lunghi e rigogliosi che toccavano il pavimento di legno.
Sui banconi centrali stavano in bella mostra almeno dieci tipi di eleganti orchidee dai colori sgargianti, sulla parete a destra invece trovavano posto in file ordinate dei vasetti di piante grasse.
Corrado avanzò oltrepassando le file dei tavoli centrali, verso il mobile di legno dove Otto aveva nascosto il medium. Alcuni vasi erano rovesciati sul pavimento, ridotti in cocci, la terra sparsa dappertutto.
Beatrice si fermò di colpo e fece segno a Corrado di non fare rumore.
"Hai sentito?" chiese sottovoce.
"Cosa?"
"Una specie di... eccolo di nuovo?"
"Sembra un animale..." osservò Corrado.
Avanzarono ancora di un metro finché le file di tavoli terminarono per lasciare posto ad una zona meno luminosa dove erano stipati diversi sacchi di terra e sabbia. Scoprirono così che quello strano rantolo non era affatto un animale, ma non era altri che il povero Otto disteso lungo sul pavimento in una pozza di sangue, che a fatica riusciva appena a respirare.
"Otto!" urlò Beatrice.
"Che cosa è successo?" provò a chiedere Corrado, avvicinandosi.
Beatrice si inginocchiò sporcandosi i pantaloni di sangue.
Otto aprì lentamente gli occhi e sembrò riconoscere per un momento il viso dei due ragazzi, ma dopo un istante il suo sguardo si fece confuso.
"Chi siete?" chiese con un filo di voce.
Corrado gli teneva la testa appoggiata sulle sue gambe. Aveva una grossa ferita all'addome e diversi tagli su tutto il corpo.
"Che facciamo?" chiese Beatrice terrorizzata.
"Non lo so, non lo so" rispose Corrado. "Che cosa è successo? Otto?" chiese di nuovo con più insistenza.
"Chi siete?"
"Siamo noi Otto! Corrado e Beatrice! Cosa è successo?!"
"Dobbiamo chiamare un'ambulanza Corrado, cerca un telefono!" esclamò Beatrice agitandosi.
"No! No, rimanete qui vi prego!" esclamò Otto ridestandosi. "Le Falene, mi hanno... trovato, non sono... riuscito a difendermi" disse con il respiro in affanno.
"Sono state qui?" chiese Beatrice con il viso più pallido e spaventato di sempre.
"Chi?" chiese Otto. "Chi siete voi?".
Corrado e Beatrice si scambiarono uno sguardo preoccupato, avevano capito che il povero Otto non ce l'avrebbe fatta, era sempre più confuso e a fatica teneva gli occhi aperti.
"Otto, dobbiamo contattare Galeno, Aezio è tornato, dobbiamo fermarlo! Resisti ok? Devi resistere!" disse Corrado disperandosi.
Otto li fissava ma il suo sguardo rimbalzava da un viso all'altro senza riuscire a mettere a fuoco quei due ragazzi che lo imploravano di aiutarli.
"Dobbiamo chiamare aiuto!" urlava Beatrice.
Otto le afferrò la mano e finalmente sembrò riconoscerla.
"Beatrice..." disse cercando di sorridere. "Tu me la ricordi molto"
Beatrice guardò Corrado senza capire.
"Chi? Chi ti ricordo?" chiese stringendogli la mano.
"Sua figlia... voi dovete, voi dovete trovarla" disse con un filo di voce.
"Che sta dicendo?" chiese Corrado sempre più confuso.
"Mirene, lei vi aiuterà..."
"Mirene? Ma è morta, ricordi, ci hai raccontato di lei... è morta, Otto! Otto!" disse Beatrice.
Otto divenne pallido all'improvviso e con un ultimo sforzo pronunciò le parole che avrebbero segnato la fine della sua vita terrena.
"L'amore non muore, l'amore è l'unica via" disse.
Poi chiuse gli occhi, il suo corpo tremò come una foglia e all'improvviso svanì nel nulla lasciando Corrado e Beatrice attoniti e tremanti.
"Che succede? Dov'è andato?" chiese Corrado osservando che anche il sangue sui suoi pantaloni non c'era più.
"Credi che sia morto?" chiese Beatrice.
"Non lo so, i-io... non mi aspettavo che sparisse".
Corrado ci pensò un attimo e poi comprese che Otto aveva usato le sue ultime energie per teletrasportarsi via, forse di nuovo a Mezzanto o chissà dove. Aveva per un attimo ritrovato la capacità di farlo, i suoi poteri. Solo per poter andare via di lì.
Beatrice si alzò dal pavimento, non vi era più nemmeno una macchia di sangue in giro come se Otto non avesse voluto lasciare nessuna parte di sé in quella piccola serra buia. Fece qualche passo verso Corrado che la fissava con due occhi sgranati e lucidi.
"Che facciamo adesso?" chiese sentendo su di sé una grande paura e un senso d'impotenza che la devastava.
"Non lo so, andiamo via di qui, presto" rispose Corrado afferrandole la mano.
Prima di andarsene controllarono il vecchio mobile di legno sperando di trovare un altro medium che gli avrebbe consentito di contattare Galeno per sincerarsi che fosse vivo, anche se dopo quello che avevano appena visto, cominciavano a perdere le speranze di poterlo rivedere.
Non trovarono nulla, solo un vecchio paio di cesoie arrugginite dal tempo e qualche bulbo rinsecchito.
Uscirono di nuovo dalla porticina di legno della serra cercando di non farsi vedere, il cortile era deserto e proprio dal lato opposto un grosso cancello automatico stava per richiudersi dopo aver fatto uscire un'automobile.
"Presto!" disse Beatrice.
Corrado la seguì correndo come il vento, tagliarono il cortile a metà e si infilarono tra le due inferriate poco prima che queste si incontrassero. Il cancello fece un rumore metallico, diede uno scossone e poi tornò ad aprirsi.
Sgattaiolarono fuori dal cortile e si ritrovarono in una via secondaria. La percorsero velocemente fino al punto in cui si immetteva sulla strada principale di Camarelli. C'era un piccolo giardinetto seminascosto con un paio di panchine e alcuni alberi. Si infilarono lì dentro e si sedettero.
Ripresero fiato, in silenzio. Storditi. Impauriti. Disperati.
Corrado seduto con le gambe larghe fissava il vuoto davanti a sé, Beatrice aveva le mani sul viso e la testa reclinata all'indietro.
Restarono immobili per alcuni minuti incapaci di articolare una sillaba.
Poi Corrado si sistemò sulla panchina e si fissò i pantaloni puliti.
"Non avevo mai visto nessuno sanguinare prima... intendo sanguinare così tanto".
Beatrice non seppe rispondere.
Si limitò ad allungare la sua mano verso quella di Corrado.
La afferrò e la strinse con forza, le dita di Corrado si intrecciarono avidamente alle sue e Beatrice si sentì completamente avvolta in quella presa, come se quelle dita le toccassero il cuore.
Corrado aveva gli occhi gonfi di lacrime e il naso rosso, si sforzava di trattenersi ma non ci riuscì e le lacrime cominciarono a scorrere creando grosse macchie scure sui suoi pantaloni puliti.
"Che cosa stiamo facendo, spiegamelo..." disse con la voce rotta.
"Non lo so, mi dispiace, mi dispiace!"
"I-io avevo la mia vita, ok era noiosa... ma adesso ho visto un uomo morire, santo cielo mi è morto addosso! Questa cosa ci sta sfuggendo di mano! È più grande di noi ok?"
"È colpa mia, è solo colpa mia, non dovevamo venire qui è stata una pessima idea"
Corrado tirò su con il naso, si sentiva perso, svuotato e indifeso.
"Sarebbe andata così in ogni modo, che stai dicendo?"
"Sì, ma non l'avresti visto..." cercò di spiegare Beatrice.
Corrado la guardò con tenerezza. Stringeva ancora la sua mano e quella sensazione riuscì a tranquillizzarlo.
"Sto bene, non preoccuparti per me"
"Come faccio a non preoccuparmi?".
Rimasero ancora qualche minuto seduti in silenzio mentre il cielo cominciava ad imbrunire e le luci di Natale riscaldavano l'atmosfera.
Poi si alzarono e si incamminarono lungo la via, raggiunsero le biciclette e si guardarono negli occhi senza sapere che cosa dirsi e che cosa fare.
"Ho esaurito le idee, anche quelle cattive" disse Beatrice.
Corrado pensò che senza Otto, senza Elias e con Galeno fuorigioco non avrebbero potuto fare nulla e a dirla tutta si chiedeva in continuazione che cosa esattamente avrebbero dovuto fare. Erano solo due studenti di sedici anni, senza nessun tipo di abilità particolare se non quella di cacciarsi in guai più grossi di loro, non avevano poteri magici, non potevano spostare cose col pensiero o sollevarsi nell'aria.
Eppure, qualcosa dovevano fare.
Beatrice ripeteva in continuazione che il Destino li aveva messi in mezzo e non era un caso che tutta quella storia li riguardasse così da vicino. Corrado d'altro canto si chiedeva: se il Destino, qualunque cosa fosse, li aveva davvero messi in mezzo, perché non aveva dato loro anche le risorse per poter affrontare il nemico? Perché aveva continuamente l'impressione di essere solo una pedina caduta lì per caso?
"Perché Otto ci ha detto di cercare Mirene?" chiese sempre più confuso.
"Io credo che la sua mente fosse parecchio annebbiata, forse ha detto cose senza senso"
"Non lo so, cosa ha detto sull'amore?"
"Che non muore"
"Già... e quindi?"
"Quindi l'amore non muore".
Rimasero in silenzio per qualche secondo cercando di concentrarsi sulle ultime parole di Otto. Si chiedevano se le avesse pronunciate per caso, per sbaglio o invece avessero un qualche significato.
"Se l'amore non muore, vuol dire che è vivo giusto?" chiese Beatrice.
"Sì, ma che significa? Mirene è morta e questo la rende irreperibile sei d'accordo?"
"Sì certo... ma Otto ha parlato di amore, l'amore è l'unica via ha detto"
"Non ti seguo"
"Nemmeno io a dire il vero mi sto seguendo. Sto solo provando a capirci qualcosa, Otto sapeva che Mirene è morta, ma l'amore no. Pensaci, l'amore continua a vivere, la morte non uccide l'amore"
"Sì, l'ho sentito dire. Ma continuo a non seguirti"
"Mmh"
"Mmh..."
"Otto forse intendeva dire che l'amore per Mirene continua a vivere. Non è morto".
Corrado ci pensò un po' su, si spremette il cervello per capire cosa intendesse dire Beatrice. Lui di amore non ci capiva nulla, non era mai stato innamorato di nessuno e nessuno si era mai innamorato di lui, almeno che lui sapesse.
"Intendo" continuò Beatrice "che forse Otto si riferiva a qualcuno che l'ha amata, che ancora l'ama".
"Escludendo la madre che è morta, mi viene in mente solo suo padre, e non mi sembra uno capace di grandi slanci" osservò Corrado.
Le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere gelide. Corrado le sentì sulla pelle del viso e si tirò su il cappuccio della felpa.
"Mirene si era innamorata di qualcuno, per questo è fuoriuscita ricordi? Forse quel qualcuno è ancora vivo e può aiutarci" proseguì Beatrice.
"E chi sarebbe?"
"Forse qualcuno che conosce la storia"
Corrado si alzò sollevando il bavero della giacca.
"Non lo so, potrebbe essere. Non so più cosa pensare, credimi".
La pioggia si fece più insistente, diverse persone cominciarono a correre accelerando il passo. Proprio di fronte a loro una donna, si fermò nel mezzo del marciapiede, si inginocchiò e sorrise ad un bambino di circa tre anni che le camminava accanto, afferrò il cappuccio della sua giacca e glielo tirò sulla testa proteggendolo dalla pioggia. Poi lo prese in braccio, il piccolo si aggrappò al collo della madre con le braccia e affondò il viso nell'incavo della sua spalla. Alzò lo sguardo per un secondo appena, giusto il tempo di incrociare quello di Beatrice. Poi la donna si allontanò a grandi passi lungo la via mentre la pioggia ormai cadeva con vigore.
"Corrado" disse Beatrice all'improvviso. "E se avesse avuto un bambino?".
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