35. Acquamara
La torre diroccata si stagliava alta contro il cielo della notte, sotto ad una volta di stelle splendenti.
L'aria era fredda e umida, c'era odore di muschio e terra bagnata. Non si sentiva nessun suono eccetto il richiamo di qualche rapace notturno e il rumore del vento tra gli alberi.
Ad un tratto un veloce movimento dell'aria sollevò alcune foglie secche proprio in cima ad una radura, i fili d'erba si piegarono come se fossero schiacciati da una grande mano invisibile.
"Eccoci" disse Galeno mentre ancora teneva strette fra le sue le mani di Corrado e Beatrice.
I ragazzi aprirono lentamente gli occhi temendo il peggio, l'odore di frittelle era sparito e aveva lasciato il posto ad un intenso profumo di bosco.
"Santo cielo! Ci siamo arrivati veramente!" disse Corrado tastandosi il viso con le mani per controllare di avere ancora ogni cosa al suo posto. "Mi serviranno anni di psicoterapia per accettare questa cosa lo sapete vero?".
"É stato pazzesco! E non mi sono accorta di nulla, ho chiuso gli occhi e bum! Assurdo!" esclamò Beatrice.
Galeno si sistemò la giacca.
"Sì, la prima volta è speciale... poi ci si abitua, state bene vero? Niente vertigini, senso di vuoto, parti mancanti?"
"Parti mancanti?"
"Dai su! Sto scherzando!"
"Corrado sei impossibile! Rilassati una buona volta!" disse Beatrice.
Corrado abbozzò un sorrisetto, ma la verità è che pochi minuti più tardi senza farsi beccare, avrebbe controllato che tutte le sue parti fossero dove si aspettava di trovarle. Proprio tutte.
Galeno fece qualche passo verso destra nella radura, si fermò e poi tornò indietro. Annusava l'aria come un segugio e teneva gli occhi chiusi, nonostante quello non inciampava. I suoi piedi si muovevano sicuri sul suolo come se non avesse fatto altro che calpestare solo quel fazzoletto di terra per tutta la vita.
"Di qua. Seguiamo l'acqua" disse incamminandosi lungo il fianco della collina.
Tre Lumi leggeri comparvero nel buio e si posizionarono illuminando loro il cammino.
Corrado sentiva il profumo del bosco dentro le narici, l'aveva sentito altre volte prima, certo non si era mai avventurato su per i boschi di notte, ma il buio non gli toglieva comunque la sensazione familiare che quell'ambiente gli trasmetteva. Beatrice gli camminava davanti, ad ogni passo cercava di non cadere, si appoggiava ai tronchi degli alberi, a terra, imitando i movimenti di Galeno che guidava il piccolo gruppo ad una velocità piuttosto sostenuta. Ogni tanto si voltava per sincerarsi che Corrado fosse ancora fra di loro e lui le sorrideva.
Galeno si fermò all'improvvisò e fece segno con la mano ai due di fare lo stesso.
"Che c'è?" chiese Corrado a bassa voce dalle retrovie.
"Sentite? Acqua, ci siamo quasi" rispose Galeno ricominciando a muoversi.
Il sentiero, o meglio la strada che a fatica si stavano aprendo in mezzo al bosco passo dopo passo, scendeva ora in modo più ripido e il rumore dell'acqua che scorreva si faceva ogni minuto più intenso.
Beatrice procedeva a fatica forse a causa delle scarpe poco adatte a quel tipo di terreno, tant'è che poco dopo inciampò in una qualche grossa radice fuoriuscita dal suolo, non riuscì a tenere l'equilibrio e scivolò sul fianco sinistro cadendo a terra.
Corrado appena dietro di lei riuscì ad afferrarla per un braccio evitando che scivolasse ancora più giù e in un attimo si ritrovò trascinato a terra anche lui, con il viso a pochi centimetri da quello di Beatrice.
Rimasero per un attimo così, immobili congelati nell'imbarazzo, poi la voce di Galeno li riportò alla realtà.
"Tutto bene là dietro?" chiese avvicinandosi ai due per non urlare.
Beatrice si rialzò di scatto cercando di ricomporsi come meglio poteva, si tolse la terra dai vestiti e le foglie secche impigliate ai capelli.
"Stai bene?" chiese Galeno aiutandola a scendere di qualche metro.
"Sì, sì certo... sono solo scivolata, nulla di che".
Galeno si accertò che nessuno si fosse ferito e poi si rimise in testa al gruppo.
Beatrice lo seguì affrettandosi, Corrado si sollevò diede uno strattone allo zaino che si era impigliato fra i rami e si accodò nuovamente al gruppo.
Il rumore di una cascata indicava chiaramente che a poche decine di metri ci doveva essere un corso d'acqua. Camminarono in discesa ancora per un tratto poi non fu più possibile procedere oltre perché uno strapiombo si apriva ai loro piedi proprio sopra ad una grande pozza.
Una sottile cascatella vi si tuffava esattamente sul lato opposto producendo una leggera schiuma bianca. Lo specchio d'acqua si riversava poi con un balzo di una ventina di metri, in una pozza sottostante molto più ampia. Il rumore del ruscello in caduta avrebbe certamente coperto quello dei loro passi.
"Che facciamo adesso?" chiese Corrado constatata l'impossibilità di proseguire oltre.
Galeno era piuttosto pensieroso, si guardava intorno cercando una soluzione. Si alzò in piedi e con la mano destra diresse i tre Lumi nel folto del bosco. Il fitto fogliame buio si illuminò all'improvviso di una luce calda rivelando un'incrinatura nel fianco della collina che permetteva, con una buona dose di abilità e coraggio, di superare quella pozza.
"Dobbiamo passare da lì?" chiese Beatrice preoccupata di scivolare di sotto.
Galeno richiamò i Lumi.
"Temo di sì se vogliamo proseguire"
"Non ci possiamo teletrasportare più avanti?" chiese Corrado che ormai ci aveva preso gusto.
"No, è troppo rischioso, meglio proseguire a piedi".
Galeno si avvicinò al fianco della collina e cominciò a risalirlo lentamente, lentamente per i suoi standard, perché in realtà si muoveva veloce come una lepre.
Corrado e Beatrice lo seguirono aggrappandosi ovunque pur di non finire di sotto, se avessero potuto avrebbero usato anche i denti. Dopo un breve ma impervio tratto in salita la roccia sotto i loro piedi si allargò consentendo ai tre di arrivare proprio sopra la pozza successiva.
Il rumore dell'acqua era molto forte e non si vedeva quasi nulla perché la vegetazione era fitta e copriva tutto.
Galeno accucciandosi, si infilò in un cespuglio che bloccava la strada e sparì alla vista degli altri che rimasero immobili ad aspettare che tornasse.
Un tenue bagliore si accese per un istante tra le foglie proprio nel punto in cui Galeno era appena passato.
"Di qua, venite".
Corrado e Beatrice si infilarono a quattro zampe dentro a quell'ammasso di foglie, dovettero lottare non poco con rami e rametti che si impigliavano dappertutto trattenendoli come artigli, ma alla fine riuscirono a raggiungere il luogo in cui Galeno li attendeva, acquattato a terra dietro ad una roccia.
Fece segno loro di raggiungerlo in silenzio.
Corrado si accucciò dietro a quel masso freddo e umido e Beatrice si sistemò come meglio poteva dietro di lui.
Si udivano delle voci molto confuse tra il rumore dell'acqua che scrosciava imperterrita. Galeno si sporse leggermente con il viso oltre il masso e dopo pochi secondi si ritrasse. Aveva l'aria preoccupata e un'espressione cupa si disegnò sul suo volto.
"Avevate ragione, li abbiamo trovati".
Corrado ebbe un tonfo al cuore e sentì le gambe che diventavano di gelatina, ma cercò di farsi coraggio e di restare calmo. Beatrice dal canto suo sembrava più eccitata che impaurita.
Galeno spense i tre Lumi con un gesto della mano e si allungò oltre la grande roccia per osservare meglio.
Più giù, proprio sulla riva della pozza si erano radunate una trentina di persone, forse di più, ma il buio non permetteva ai suoi occhi di vederle bene, nonostante la volta stellata del cielo.
Erano immobili come statue, con i piedi appoggiati sulla ghiaia bagnata del torrente.
Uno di loro era immerso nella pozza gelida fino alla vita, ma non sembrava patire il freddo. Se ne stava con le braccia allungate in avanti protese sopra a qualcosa che galleggiava sullo specchio d'acqua.
Galeno non riusciva a capire che cosa fosse, era grande non più del palmo di una mano e l'acqua lo sommergeva ripetutamente.
"Ma che fanno?" chiese Beatrice che nel frattempo si era avvicinata.
"Credimi non lo so, non ho mai visto niente di simile prima d'ora, ma so chi è l'uomo immerso nell'acqua, quello è Devidio".
Corrado deglutì realizzando in quel momento che di fronte a loro si trovava uno dei più spietati nemici del genere umano. Quello di cui Galeno aveva parlato loro quella sera nel teatro abbandonato di Camarelli.
"Aspettate un attimo" disse Beatrice guardando meglio. "Quella cosa nell'acqua è...è... una faccia!".
Galeno osservò meglio.
Gli occhi pieni di terrore.
Guardarono tutti quel piccolo cerchio bianco che galleggiava proprio sotto le braccia del Maestro e notarono solo in quel momento un paio di occhi chiusi, un naso che si ergeva come una vela e una bocca serrata che compariva e scompariva ad ogni increspatura dell'acqua.
"Non sarà quel tipo? Quello che stanno cercando?" chiese Corrado.
"Temo di sì e credo che sia già troppo tardi" rispose Galeno.
"Vuoi dire che è morto?" chiese Beatrice con la paura stampata sul volto come una maschera.
Galeno si voltò verso i due ragazzi sapendo che la sua risposta li avrebbe lasciati nello sconforto.
"Decimato. Siamo arrivati tardi".
Beatrice avrebbe voluto mettersi ad urlare ma sapeva di non poterlo fare, era in preda alla paura; il pensiero di quella cosa, la Decimazione, le metteva i brividi, le dava il voltastomaco e le incuteva un terrore che non aveva mai provato prima. Come avevano anche solo potuto pensarla una cosa tanto atroce era per lei un mistero!
"Devo fermarli, devo fare qualcosa..." disse Galeno nervoso.
"Dobbiamo chiedere aiuto non possiamo farcela da soli!" gli fece notare Corrado che era l'unico che sembrava mantenere un po' di raziocinio in quella situazione.
"L'ho già fatto ma è difficile localizzare questa posizione, nessuno di noi ci è mai stato non arriveranno in tempo. E non posso aspettare che..."
"..."
"Che lo facciano tornare!" disse alla fine.
In quel momento il Maestro Devidio si allontanò lentamente e uscì dall'acqua, trascinandosi le pesanti vesti inzuppate. Un secondo uomo che finora se n'era rimasto in disparte tra la folla, lo raggiunse, in mano reggeva una piccola torcia accesa che ardeva in modo flebile.
Il Maestro la afferrò con le mani tremolanti e si avvicinò di nuovo allo specchio d'acqua.
La fiamma era verde.
Il quel momento il viso dell'uomo che galleggiava a pelo dell'acqua sparì completamente immergendosi. Si crearono diversi cerchi concentrici che piano piano svanirono allargandosi fino ai lati della pozza.
Devidio si voltò verso i presenti e con voce rauca ma forte disse. "Accogliamo ciò che la Luce riporta".
A quel punto si abbassò sulle ginocchia e con un veloce gesto immerse completamente la torcia nell'acqua. Il bagliore verde durò qualche secondo e poi sembrò sciogliersi sotto la superficie trasparente.
Beatrice trattenne il respiro.
Poi tutto piombò nel buio.
Sembrava che persino il cielo si fosse spento. Il silenzio era assordante, non si muoveva più una foglia e persino il grido di caccia dei rapaci notturni cessò.
Galeno aveva i muscoli tesi pronti a scattare in avanti per buttarsi sulla preda. Si chiedeva che cosa sarebbe successo e non ne aveva idea. Si sentiva impotente, avrebbe solo voluto distruggerli tutti ma non era in grado di farlo. Almeno non da solo.
Corrado si voltò verso Beatrice e vide la sua paura riflessa negli occhi di lei.
All'improvviso un vento minaccioso di sollevò investendo la piccola pozza d'acqua e tutti i presenti. La vegetazione fu scossa da quell'enorme folata e le fronde degli alberi cominciarono a sbattere una contro l'altra come fruste impazzite. Le nubi coprirono il cielo in pochi secondi e alcuni lampi illuminarono la pozza.
Il rumore delle cascatelle si fece più intenso come se il fiume si fosse ingrossato all'improvviso riempiendo uno dopo l'altro i canali e le pozze circostanti. Il livello dell'acqua cominciò a salire e un profondo mulinello si creò proprio al centro del piccolo laghetto.
In quel momento un bagliore verde senza nessuna origine illuminò l'ambiente, come se una bomba fosse esplosa. Il vento era fortissimo, ululava incessantemente e le persone presenti dovevano tenersi aggrappate agli alberi con forza per non essere trascinate via.
"Che succede?" urlò Beatrice cercando di rimanere il più possibile vicina al suolo.
Corrado si proteggeva il viso con le braccia. "Non lo so!".
Quel posto sembrava l'anticamera dell'inferno, la luce verde restituiva al bosco un'atmosfera malsana. Gli alberi sembravano demoni in preda al delirio e l'acqua si gonfiava come il ventre di una rana.
In quel sabba spettrale di foglie, vento e pioggia Galeno lentamente si aggrappò con le mani alla roccia e si mise in piedi al masso, sotto gli occhi impauriti e increduli di Corrado e Beatrice.
"Che fai? Sei impazzito?" urlò Corrado cercando di avvicinarsi.
"Così ti farai beccare! Galeno!" lo chiamò Beatrice.
Ma Galeno non li ascoltava più, era immobile come una statua. Sembrava posseduto e fissava quel mare vorticoso e verdastro che si agitava ai suoi piedi.
Corrado e Beatrice non riuscivano a capire che intenzioni avesse, probabilmente avrebbe provato a fermarli, ma si chiedevano come avrebbe fatto.
"Il tracciatore!" urlò ad un certo punto voltandosi verso di loro. "Usate il tracciatore!".
Furono le sue ultime parole e senza che potessero nemmeno provare a fermarlo Galeno si buttò di sotto.
"Oddio no! No! No! No!" urlò Beatrice.
Corrado si arrampicò veloce sulla roccia e lo vide raggiungere la pozza come un proiettile mentre dalle sue mani due enormi raggi di luce azzurra colpivano lo specchio dell'acqua proprio dove il mulinello aveva creato una voragine buia. Galeno fu inghiottito da quella bocca infernale. L'acqua si increspò in un'onda e il vento sembrò calare per qualche secondo, anche le fronde degli alberi si acquietarono ma subito dopo ripresero ad agitarsi e il vento ricominciò a soffiare con molta più forza di prima.
Dopo pochi secondi, Galeno fu letteralmente sputato fuori dalla pozza d'acqua come se quella belva bagnata non avesse gradito il suo sapore. Si schiantò a terra sulla ghiaia e in un attimo una decina di persone gli furono addosso. Lo immobilizzarono bloccandogli gambe e braccia.
Uno degli uomini più corpulenti gli sferrò un calcio nel basso ventre che lo fece piegare in due dal dolore.
"No!" urlò Beatrice terrorizzata ma Corrado prontamente le mise una mano sulla bocca.
Il vento cessò all'improvviso, smise di soffiare rabbioso e tornò ad essere solo l'aria gelida di novembre. Anche il bagliore verde si spense riportando quel piccolo antro di bosco alla quasi normalità.
Le fronde degli alberi si calmarono, esauste e le ultime foglie svolazzarono leggere appoggiandosi al suolo.
Corrado mollò la presa, era sconvolto aveva il cuore che gli scoppiava nel petto, ma trovò la forza di scivolare di nuovo dietro la roccia che li separava alla vista del gruppo di uomini sottostante.
Beatrice lo seguì cercando di calmarsi, aveva il viso bagnato di fango e lacrime.
"Che gli faranno adesso?"
"Non lo so, non lo so" rispose Corrado sporgendosi appena per osservare meglio.
Due uomini robusti tenevano Galeno sollevato per le braccia, un terzo più esile si avvicinò.
"E tu chi saresti? Cosa pensavi di fare?" chiese avvicinando il suo viso appuntito a quello di Galeno.
"Fermarvi" rispose questi sollevando a fatica il capo, ancora provato dal colpo ricevuto poco prima.
L'uomo che gli stava di fronte indietreggiò scoppiando in una sonora risata, seguito da tutti i presenti.
"Fermarci, ma davvero?" lo schernì rivolgendosi agli altri. "E come pensi di farlo sentiamo?".
Galeno non rispose, cercava invano di liberarsi ma i due uomini lo tenevano ben stretto.
"Perché non si teletrasporta?" chiese Beatrice a quel punto.
"Forse non riesce, non lo so, lo avranno bloccato in qualche modo" provò a spiegarsi Corrado che si era arrampicato di nuovo sul grosso masso.
"Solo un pazzo proverebbe a fermarci" disse poi l'uomo di fronte a Galeno.
"Allora consideratemi un pazzo"
"No, tu non sai quello che dici, il suo potere è immenso, nessuno potrà fermarci questa volta. Dovessero sguinzagliare tutti i Passanti dei Sette Distretti"
"Siete solo degli assassini! Non permetteremo che la storia si ripeta!" urlò Galeno.
"Davvero? E come avresti intenzione di fare sentiamo? Sparando scintille come hai fatto poco fa?" rise l'uomo.
Beatrice si arrampicò lentamente verso Corrado, vedeva i due uomini che trattenevano Galeno, poteva vedere il viso di lui con i capelli fradici che gli gocciolavano sulle guance, gli occhi fissi sull'uomo che gli stava di fronte.
"Tammonio" disse una voce rauca poco distante dal gruppo.
L'uomo si voltò e raggiunse il Maestro al limitare della pozza.
"Ci siamo, questo è il momento che stavamo aspettando" disse questi indicando l'acqua.
Galeno alzò lo sguardo terrorizzato. La superficie dell'acqua era immobile e la luce delle stelle si rifletteva su di essa tremolante.
Qualcosa cominciò ad emergere molto lentamente dal centro della pozza.
Era tondo e scuro.
Emergeva dall'acqua avvicinandosi alla riva, ad ogni centimetro guadagnato sul pelo dell'acqua avanzava di mezzo metro.
Si distinse a quel punto una calotta, poi una fronte alta, capelli bagnati e scuri.
Camminava lento sulle proprie gambe.
Gli occhi spalancati non sbattevano mai le palpebre, nemmeno quando l'acqua si trovò esattamente al livello delle iridi chiare e gelide.
Emersero il viso, il collo e le spalle.
Beatrice si portò le mani alla bocca e soffocò un gemito.
"È quel tipo, quello del giornale!" esclamò Corrado con la voce spezzata.
"No, quello è solo il suo corpo. Quello è Aezio" disse Beatrice guardandolo con l'orrore stampato in volto.
Aezio emerse fino alla vita, era nudo.
Due uomini accorsero portando una lunga veste scura che adagiarono con timore sulle sue spalle.
Lui non mosse un muscolo e non disse una parola, la veste scura si adagiò come una seconda pelle sul suo corpo, coprendolo mentre avanzava fuori dall'acqua.
Nonostante fosse inzuppata sembrava essere leggerissima.
Galeno osservava con timore Aezio procedere verso la riva, ormai era quasi completamente emerso dalla piccola pozza. Il Maestro Devidio gli si avvicinò incerto sulle gambe.
Aezio sembrò riconoscerlo, si fermò con i piedi nudi affondati nella ghiaia bagnata e gelida, si voltò verso il Maestro e fece un lieve cenno con il capo.
Poi chiuse gli occhi per la prima volta, respirò a fondo l'aria fredda di novembre e si portò le mani al volto. I suoi polpastrelli disegnavano i lineamenti, percorrevano gli zigomi, l'incavo degli occhi, il naso arcuato e le labbra sottili.
Poi scesero lungo il collo.
A quel punto Aezio riaprì gli occhi e la linea della sua bocca si deformò.
Ne uscì un ghigno, che divenne poi una risata sommessa. Ma nessuno osava ridere con lui. Il terrore intorno alla pozza era tangibile.
Galeno si agitò tra le braccia dei suoi carcerieri.
"Maledetto!" disse rivolgendosi direttamente ad Aezio.
Questi divenne nuovamente serio e si avvicinò piano a Galeno che cercava invano di liberarsi dalla stretta dei due energumeni.
"Sì, sono stato maledetto a lungo" disse Aezio fermandosi di fronte a Galeno. La sua voce era calma e profonda. Il silenzio che accoglieva le sue parole, terrificante.
"Cherobosco. Sei proprio come tuo padre, con più coraggio devo ammetterlo" continuò. "Riuscì a fermarmi è vero, solo perché fui tradito. Eravate senza speranza allora, così come lo siete oggi. La sola differenza è che questa volta andrò fino in fondo"
"Non finché ci sarò io sulla tua strada" rispose Galeno.
"Bene, abbiamo un impavido! O dovrei dire un povero sciocco, non sai con chi hai a che fare adesso. Non immagini neanche lontanamente la forza che sento scorrere nelle vene. Potrei distruggerti solo pensandolo se volessi!".
Dicendo questo Aezio sollevò le braccia pallide verso l'alto e osservò attentamente la forma sconosciuta delle sue mani, aveva braccia molto più forti di quelle che a fatica ricordava, il suo nuovo corpo era possente e saldo come una quercia.
Si sentiva rinato, ricostruito, forgiato da zero dal più capace dei fabbri. Non era suo quel sangue, non era suo quel cuore che pulsava, eppure la sensazione di esserne totalmente padrone era indiscutibile. Quello era il suo corpo ora e non avrebbe più permesso a nessuno di portarglielo via, non di nuovo.
Avrebbe preferito morire.
Ma i suoi piani non contemplavano nemmeno quell'opzione.
"Ho atteso per sette lunghissimi anni, intrappolato come una mosca senza possibilità di volare. Senza sentire l'aria sul viso, l'ossigeno nei polmoni, la vita così come la conoscevo prima era svanita eppure ero vivo. Esistevo ancora. E se oggi sono di nuovo qui lo devo a voi. Sono tornato e insieme concluderemo ciò che abbiamo iniziato" parlò rivolto ai presenti e in particolare a Tammonio.
"Tagliavento, il tuo viso testimonia la tua indiscussa fedeltà e devozione. Non ho altri ricordi che la tua voce, unico balsamo in quella bolla di non vita a cui sono stato condannato per troppo tempo. Hai la mia gratitudine eterna".
Chinò il capo chiudendo gli occhi in direzione di Tammonio, che stava ritto davanti a Galeno guardando in direzione dell'acqua. Rispose anch'egli con un lieve inchino. Era così emozionato nel vedere finalmente Aezio tornato alla vita, che faticava a contenere l'entusiasmo.
"Quanto a te Cherobosco, ritengo improbabile se non impossibile che tu e un manipolo di inutili Passanti possiate anche solo pensare di fermarmi in qualche modo; quindi, ti risparmierò la fatica di provarci".
"Ti fermeremo Aezio, giuro che ti fermeremo!"
"Vorrei proprio vedere come!" rise Aezio voltandosi verso gli astanti.
Questa volta la piccola folla radunata alla pozza rise con lui.
Galeno in quel momento, approfittando dell'ilarità generale che aveva provocato un allentamento della presa tenace dei due energumeni, si divincolò, si sollevò veloce nell'aria come un uccello sopra le teste dei presenti e in un secondo scaraventò una lama di luce vibrante, bianca e accecante direttamente sulla faccia di Aezio.
Tutto il bosco si illuminò a giorno. Il raggio lo colpì in pieno viso, Galeno teneva le braccia tese e concentrava tutta la sua forza in quel gesto mentre si spingeva sempre più in alto per sfuggire da un gruppo di Falene che si erano sollevate in aria nel tentativo di acciuffarlo.
Continuava a premere, quasi allo stremo delle forze, quando all'improvviso la forza del raggio si indebolì come se il bersaglio dalla parte opposta avesse ceduto di colpo. Galeno si sbilanciò in avanti con il corpo e solo in quel momento si rese conto che Aezio se ne stava ritto a fissarlo con due occhi di fuoco mentre con la bocca spalancata in modo disumano inghiottiva la lama di luce.
La scena era raccapricciante, il viso di Aezio deformato appariva mostruoso e la sua bocca aperta in modo innaturale gli dava l'aria di un serpente che inghiotte intera la sua preda.
Galeno inorridito provò nuovamente a colpirlo, intensificando il raggio di luce, ma le Falene gli furono addosso come dei rapaci e lo trascinarono a terra, colpendolo ripetutamente al volto e all'addome.
"No!" urlò Beatrice che assistette a tutta la scena con il cuore in gola e le mani che tremavano.
Urlò così forte che questa volta si fece sentire.
Corrado indietreggiò d'istinto trascinando Beatrice con sé e si appiattì come meglio poté dentro al grosso cespuglio, ma non fecero in tempo a nascondersi tra le foglie che dal nulla comparve Tammonio, seguito da un paio di uomini.
Afferrarono Beatrice per le braccia e la trascinarono di peso verso il masso dove fino a poco prima aveva pensato si essere al sicuro.
"Lasciatemi andare! Lasciatemi!" urlava scalciando come un vitello.
Un uomo massiccio con una barba rossa lunga fino alla cintola, la teneva stretta per le spalle, quasi sollevandola dal terreno senza il minimo sforzo apparente.
"Qui ce n'è un altro" disse un secondo uomo tirando fuori Corrado dal suo nascondiglio.
"Ehi, non c'è bisogno di strattonare! Calma, possiamo parlarne!".
In pochi secondi si ritrovarono con i piedi sull'orlo dello strapiombo, Beatrice e Corrado terrorizzati incrociarono lo sguardo atterrito di Galeno che li osservava da sotto con il viso sanguinante.
"Lasciateli, loro non c'entrano nulla!" disse con un filo di voce mentre il sangue si mischiava alla saliva.
Galeno sperava nei rinforzi, ma sapeva perfettamente che sarebbero serviti a poco in quella situazione, aveva appena usato uno degli incantesimi più potenti a sua disposizione; eppure, non aveva fatto nemmeno un graffio ad Aezio. Sarebbe stato difficile fermarlo questa volta, ma non poteva perdere la speranza, nemmeno in quel momento proprio mentre la vista si annebbiava e la ghiaia sotto il suo viso si tingeva di rosso.
"Portateli qui" tuonò Aezio.
I tre uomini si sollevarono in aria contemporaneamente, l'uomo con la barba rossa cingeva Beatrice in vita trasportandola sul fianco come un pacco postale. Lei urlava terrorizzata più dall'altezza che dalla situazione.
Corrado poco dietro era sostenuto per le braccia dagli altri due, che lentamente discesero fino alla riva del laghetto dove li attendava Aezio con un'espressione rabbiosa e poco dietro di lui, Galeno ormai privo di sensi, accasciato a terra.
La folla li osservava in silenzio domandandosi chi fossero quei due.
Tutti tranne uno, un piccolo ragazzo ossuto che si fece avanti proprio in quel momento, tenendo il suo berretto in mano.
"S-sono loro!" disse indicando Corrado e Beatrice. "Gli Estranei!".
Il Maestro Teucro si voltò verso Aezio e vide chiaramente un piccolo lampo di luce accendersi nel fondo delle sue pupille.
Tammonio e l'uomo con la barba rossa trascinarono con forza Corrado e Beatrice e li fecero inginocchiare sulla ghiaia.
Aezio li osservava, era alto, possente, con muscoli forti e scolpiti. I capelli scuri portati indietro lasciavano scoperta la fronte alta e lucente. Non aveva un filo di barba, nemmeno l'ombra come se non ne avesse mai avuta in vita sua.
La sua pelle era pallida e liscia come quella di un pesce, a tratti trasparente lasciava intravedere le vene che trasportavano per il corpo un sangue sconosciuto.
Beatrice lo guardò dapprima con terrore, che poi si tramutò in odio.
"Estranei, la mia ragione di vita" disse Aezio avvicinandosi al suo viso.
"Non toccarmi" disse lei scostandosi di lato per evitare la sua mano gelida.
"Che modi sono questi, non ci siamo nemmeno presentati"
"Lasciala stare!" urlò Corrado poco distante mentre Tammonio lo bloccava alle spalle.
Aezio si voltò.
"Allora inizieremo da te, come preferisci. Non voglio nemmeno sapere che cosa vi ha portato qui, ma immagino sia opera di Cherobosco. Un motivo in più per liberarmene".
Corrado si guardò intorno in cerca di aiuto o di una possibile via di fuga. Galeno giaceva a terra privo di sensi, il viso immerso in una pozza di sangue. Guardò negli occhi i presenti, uno ad uno, cercando nello sguardo di qualcuno una traccia di benevolenza, ma nessuno sembrò concedergliela.
Erano immobili e attendevano quella che si prefigurava come una specie di esecuzione.
"Ricomincerò esattamente da dove ero rimasto! Sarà l'inizio di una nuova era, un nuovo corso della storia comincia oggi, una storia che non vi contempla. E tu, mio caro, avrai l'onore di aprire le danze!" disse Aezio rivolgendosi a Corrado con tono trionfale, provocando nella piccola folla grida di approvazione e risate.
"Non provare a toccarlo!" urlava Beatrice. "Sei solo un assassino! Un maledetto pazzo!".
Il maestro Devidio che fino a quel momento era rimasto immobile come una statua nelle retrovie, sembrò ridestarsi al suono delle urla squillanti di Beatrice che riecheggiavano nell'aria. Mosse il capo ripetutamente come per evitare che quella voce potesse raggiungere le sue orecchie.
Beatrice stretta nella morsa d'acciaio dell'uomo con la barba rossa non sapeva che fare, più provava a liberarsi più quello la schiacciava a terra. Sentiva le ginocchia dolerle sopra i piccoli sassi.
Corrado era ad un paio di metri.
Beatrice si chiedeva con che coraggio un uomo come Aezio potesse prendersela con un ragazzo, era solo un ragazzo. Non aveva nulla con cui difendersi, non aveva la forza fisica per contrastarlo, non aveva nessun potere magico, nulla.
Corrado fissava terrorizzato gli occhi di Aezio, avvicinarsi sempre più. Il cuore gli scoppiava nel petto ed era sul punto di piangere, ma si tratteneva per qualche assurdo motivo, non voleva mostrarsi debole di fronte a lui. Stava per morire se lo sentiva fin dentro alle ossa, ma non cedette terreno.
A quel punto Beatrice si ricordò delle parole di Galeno e un barlume di speranza si riaccese nel suo cuore.
Il tracciatore.
Dovevano assolutamente usare il tracciatore, quella era l'unica via d'uscita!
Beatrice cercò in tutti i modi di attirare l'attenzione di Corrado, abbassò lo sguardò sul terreno e vide un sasso più lucente degli altri, verde piuttosto grosso, proprio davanti al suo ginocchio destro. Doveva provare il tutto per tutto, non avrebbe mai lasciato che facessero del male a Corrado, non sarebbe rimasta ferma a guardare Aezio ucciderlo davanti ai suoi occhi.
Prese tutto il coraggio che aveva, tutta la rabbia e la disperazione e fece una di quelle cose che di solito funzionano solo nei film. Non aveva altre idee, altre possibilità, non le rimaneva che quel disperato e folle ultimo tentativo.
Sapeva perfettamente che non avrebbe causato grossi danni, ma puntava sull'effetto sorpresa.
Doveva guadagnare qualche secondo, solo qualche dannato secondo di distrazione.
Respirò profondamente.
Poi veloce, afferrò con la mano sinistra la lunga barba rossa del suo carceriere e tirò verso il basso con tutta la forza che aveva in corpo, quello allentò la presa e Beatrice riuscì a sollevarsi. Bastò una frazione di secondo e tutto il sangue freddo possibile. Beatrice strinse il sasso verde tra le dita, si voltò alzandosi di scatto e colpì l'uomo dritto sul naso.
Ci mise tutta la rabbia di cui era capace e quello accusò il colpo.
Riuscì a divincolarsi.
"Corrado, il tracciatore!" urlò mentre l'uomo si premeva le mani sul naso sanguinante.
Poi corse veloce verso Corrado che, constatata la possibilità di sopravvivere, con la mano destra cercò il tracciatore nella tasca del giubbino e una volta trovato lo strinse forte, pregando che quella pazzia funzionasse. Tammonio non ebbe il tempo di capire che cosa stesse succedendo, vide Beatrice saltare letteralmente addosso a Corrado stringendolo al collo.
Corrado la guardò mentre chiudeva gli occhi, tuffandosi su di lui come un proiettile.
"Ritorno!" urlò chiudendo gli occhi a sua volta e affondando il suo viso nei capelli scuri di lei.
Tammonio rimase impietrito a osservare l'aria e le sue mani che stringevano il nulla, mentre Aezio contorceva le labbra in una smorfia di disappunto e rabbia.
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