33. Padri, figli e mappe
Era una bella domenica di sole, la scuola sarebbe rimasta chiusa fino a martedì per la Festa del Patrono. Beatrice pensò alla professoressa Ossolini, assente ormai da molto tempo, mentre pedalava in direzione della casa di Corrado. Oltrepassò alcune abitazioni molto eleganti, con giardini curati e cancelli invalicabili. Sui citofoni non si leggevano i nomi di chi ci abitava ma solo le iniziali.
Proseguì lungo il viale e nonostante le foglie degli alberi continuassero a cadere ormai da qualche settimana, Beatrice notò come a terra tutto fosse pulito e ordinato. Non c'erano automobili parcheggiate per strada, ma ognuna era riposta ordinatamente nel vialetto privato dell'abitazione.
Beatrice raggiunse l'ultima casa, quella con le tegole di un elegante blu scuro e i muri bianchi.
Si avvicinò al videocitofono guardandosi prima intorno. Lesse V.G – C.L., l'unica certezza era la G.
Suonò.
Rimase in attesa e dopo alcuni secondi rispose una voce femminile.
"Sono Beatrice, cerco Corrado... è in casa?" chiese con voce sicura.
"Un momento prego" rispose la donna. Quella non era sua madre.
Dopo circa un minuto Beatrice vide la porta d'ingresso aprirsi proprio sopra il patio. Corrado uscì scalzo, avvolto in malo modo in una felpa scura e si incamminò verso di lei.
"Ehi! Che ci fai qui?" chiese con leggero imbarazzo.
"Ciao, scusa se sono piombata qui così all'improvviso. Spero di non disturbare. Credo di aver trovato qualcosa di importante" spiegò Beatrice. Dalla finestra vide un ragazzino che osservava la scena da dietro la tenda, doveva essere Simone.
"Ok, allora...ehm, vieni. Vieni dentro" disse Corrado aprendole il cancello.
"Aspetta devo legare la bici..." rispose Beatrice cercando un modo per non guastare tutta quella perfezione con la sua bicicletta sgangherata.
Corrado le indicò il muretto accanto al garage.
"Portala dentro, mettila lì".
Beatrice armeggiò per qualche istante con la catena, Corrado sembrava piuttosto nervoso e lei se ne rese conto.
"Ehi, se ti crea problemi possiamo andare da qualche parte" disse fermandosi in mezzo al vialetto di ghiaia bianca.
"No tranquilla, andiamo dentro si gela".
Salirono il patio bianco in cui campeggiavano delle vistose coppe di marmo piene di succulente che ricadevano a cascata fino quasi a toccare il pavimento. Corrado non fece in tempo a sfiorare la maniglia della pesante porta blindata che quella si aprì da sola verso l'interno.
Beatrice sorrise.
"Wow"
"Sì, Evelina" spiegò Corrado. "L'abbiamo assunta soprattutto per le sue doti di preveggenza. E per gli arrosti".
Beatrice si ritrovò in un ingresso molto elegante e luminoso. Ogni angolo era curato nei minimi dettagli, probabilmente era tutta opera di Cecilia. L'arredo era moderno, ma accogliente allo stesso tempo. Non si aveva l'impressione di trovarsi in una di quelle abitazioni fredde e inospitali come gallerie d'arte, al contrario si percepiva molto calore, e la cura che era stata usata per gli arredi infondeva una sensazione di familiarità. Era una bella casa. Profumava di nuovo. E trasudava ricchezza.
"Piacere" disse Beatrice allungando la mano verso Evelina, che la guardò come un marziano.
"Vuole che le prenda la giacca signorina?" chiese lei con un accenno di sorriso.
"La giacca? Oh, certo, perché no... prego" rispose Beatrice in soggezione di fronte a tutta quella formalità, lei che era abituata a salutare i conoscenti saltandogli al collo.
Corrado la invitò ad entrare nel salotto, dove suo fratello se ne stava sdraiato sul divano con la televisione accesa su una qualche partita di campionato.
"Ciao!" disse Beatrice quando Simone sollevò lo sguardo verso di lei. "Tu, devi essere Simone".
"Già, e tu sei quella della festa" ribatté Simone mettendosi a sedere.
"Sì, sono quella della festa, ma puoi chiamarmi Bea".
Corrado se ne stava fermo come un albero cercando in tutti i modi di prevenire qualsiasi situazione imbarazzante, ma fallì miseramente nel suo intento proprio quando sua madre Cecilia fece il suo ingresso in salotto, vestita di tutto punto con un completo blu elettrico e i capelli ordinatamente raccolti.
"Beatrice! Ecco la ragazza che occupa i pensieri di mio figlio ormai da un bel po', finalmente ci conosciamo! Cecilia molto piacere!" disse porgendo a Beatrice una mano con le dita affusolate e le unghie laccate di rosso sangue.
"Piacere mio, signora" rispose Beatrice, trovandola bellissima.
"Non mi chiamare signora ti prego, mi fa sentire vecchia, allora... cos'è questa storia che porti il mio Corrado alle feste?" chiese ridendo.
"Mamma, ti prego..." borbottò imbarazzato Corrado trovando all'improvviso interessanti gli arabeschi del tappeto.
"Questa festa ha creato un certo scompiglio vedo" rise Beatrice.
Cecilia fece una smorfia indecifrabile. Squadrava Beatrice dalla testa ai piedi senza nascondersi nemmeno un po'. Probabilmente la trovava grottesca, avrebbe voluto rivoltarla come un calzino, tagliarle i capelli e magari tingerli, levarle di dosso quell'accozzaglia di colori in totale disarmonia e infilarla in un elegante abito scuro. Con le spalline e i tacchi alti. Molto alti.
"Ti posso offrire qualcosa cara? Una tisana? Un estratto? ...Spremuta?" chiese con una certa freddezza.
"Oh, no grazie sono a posto"
"Bene mamma, mi spiace interrompere l'idillio, presentazioni fatte, ora abbiamo da fare. Andiamo" disse Corrado allontanandosi.
Beatrice non capiva tutto quell'imbarazzo, in fin dei conti sua madre era stata gentile. Non si fece altre domande e lo seguì, salirono le scale e raggiunsero la camera di Corrado in fondo al corridoio.
Cecilia li seguì con lo sguardo finché non scomparvero al piano superiore.
"Vieni" disse Corrado facendo accomodare Beatrice. "Scusami per mia madre".
"Per cosa? È stata gentile. Quindi è questo il tuo piccolo rifugio?" chiese Beatrice dando una rapida occhiata in giro. Buttò lo zaino a terra.
Era felice di trovarsi lì.
Corrado richiuse la porta dietro di sé, sembrava agitato.
Si tolse la felpa restando in maniche corte. Beatrice non sentiva tutto quel caldo a dire il vero.
Si avvicinò al letto di Corrado e si sedette tastando il materasso, Corrado non osava avvicinarsi di più. Se ne stava lì impalato con le braccia conserte.
"Guarda che ho trovato" disse lei infilando la mano nella tasca dello zaino.
Bastò quella frase per spazzare via l'indecisione di Corrado che prontamente si sedette sul letto e afferrò il piccolo ritaglio di giornale che Beatrice gli stava porgendo.
"Che cos'è?" chiese.
"Qualcosa che forse ci può servire, leggi, credo che possa esserci un collegamento".
Corrado lesse velocemente l'articolo e il suo sguardo si fece all'improvviso più concentrato.
"Tu pensi che questo poveretto, potrebbe essere il nostro uomo?" chiese alla fine.
"È un'ipotesi"
"E come lo troviamo?"
Beatrice afferrò il ritaglio di giornale provando ad immaginare che fine avesse fatto il povero signor Buzzi. Gli venivano in mente solo prigioni buie, nascoste nelle segrete di castelli diroccati, custodite da energumeni sfigurati e sudaticci.
Non aveva idea di dove potesse trovarsi. In fin dei conti lo stavano cercando da due settimane e non c'erano riusciti, come avrebbero potuto riuscirci loro?
"Aspetta un secondo" disse Corrado. "Galeno, ha parlato di acqua ricordi?".
Beatrice annuì.
"Serve dell'acqua per tutta... la procedura giusto? Quindi se il Nucleo non deve essere spostato deve trovarsi per forza vicino a dell'acqua e di conseguenza anche il nostro uomo deve essere lì" disse con un lampo negli occhi.
"Ok, quindi? Lo diciamo alla polizia?" chiese Beatrice.
"Stai scherzando?"
"Non proprio, in fin dei conti si tratta di salvare la vita di un poveretto"
"Certo, lo so bene, ma credi che se non l'hanno trovato fino ad ora sia perché hanno cercato nel posto sbagliato?".
Beatrice non era sicura di aver afferrato.
"Ricordi, Galeno ha parlato di schermature, incantesimi, probabilmente qualcosa lo cela alla vista degli altri, non credo che la polizia possa essere d'aiuto. Piuttosto cerchiamo di capire dove può trovarsi".
In effetti Corrado non aveva tutti i torti, Beatrice doveva ammetterlo.
"Acqua, acqua..." bisbigliava Corrado tamburellando le dita sul mento.
"Fiumi, laghi, cascate...piscine?" provò a suggerire Beatrice.
"Io suggerirei qualcosa di remoto, di nascosto"
"Sì, un corso d'acqua poco visibile, una pozza... aspetta! Ci sono!" esclamò Beatrice.
Corrado la guardò mentre si alzava in piedi di scatto e si portava al centro della stanza con gli occhi spalancati.
"Mi ricordo di aver letto qualcosa quando ero in biblioteca! Dafne mi ha fatto riordinare tutto il reparto di Geografia Locale, una palla incredibile... comunque, ho letto di questo posto, accidenti non ricordo il nome" diceva gesticolando.
"Che posto?" chiese Corrado impaziente.
"Un posto, un posto... karmico!"
"Karmico?" strabuzzò gli occhi Corrado.
"Sì, un posto dove l'acqua si nasconde e poi esce di nuovo..."
"Aspetta, intendi dire carsico forse? Hai letto qualcosa sul carsismo?" chiese Corrado tendendole una mano.
"Ma certo! Intendevo quello, il carsismo...! Qui da qualche parte c'è una zona nei boschi, ricca di corsi d'acqua nascosti, grotte e pozze... me lo ricordo bene perché c'erano delle fotografie spettacolari" spiegò Beatrice.
"E come si chiama questo posto, non ricordi?"
"No, ma tra le immagini ricordo delle rovine abbandonate, con una torre".
Corrado sperava davvero che Beatrice avesse avuto l'intuizione giusta, si avvicinò alla scrivania e accese il computer. Beatrice si sedette sul bordo del letto e allungò il collo in direzione dello schermo.
Corrado digitò alcune parole sulla barra di ricerca e poi si concentrò a leggere i risultati.
La sua espressione era corrucciata, non sembrava soddisfatto di ciò che leggeva.
"Non trovo nulla che ci possa interessare, si parla di carsismo in generale ma nulla che riguardi queste zone" disse continuando a leggere.
"Il settore era Geografia e Storia Locale, quindi non credo di aver letto qualcosa che riguardasse altri luoghi..."
"Sì, certamente. Ma l'espressione locale può intendere anche l'intera regione"
"Ok, però Galeno ha detto che il Nucleo non può essere spostato e teletrasportato; quindi, è per forza da qualche parte qui vicino"
"Già, il problema è capire dove".
Beatrice provò a pensare a qualche soluzione mentre con lo sguardo scrutava la camera di Corrado.
Era piuttosto grande rispetto alla sua, le pareti bianche, tranne una che era stata dipinta di un elegante blu balena, scelta di Cecilia, quasi certamente. Due grossi scaffali di legno scuro traboccavano di libri, thriller e gialli perlopiù, ma c'erano anche diversi romanzi storici e un paio di saghe fantasy che conosceva. Un paio di locandine di film, che lei avrebbe certamente definito schifosi per la quantità di sangue versato, erano appese alle pareti.
C'erano diversi abiti sparpagliati in giro e dall'anta aperta dell'armadio Beatrice notò una fila di camicie inamidate. Le tornò in mente in quell'istante l'elegante abito blu che Corrado aveva indossato durante quel magico pomeriggio a Mezzanto, si chiedeva dove lo tenesse e per un secondo nella sua testa si immaginò Corrado con una di quelle camicie addosso.
Si ritrovò a pensare alle sue spalle, a quanto fosse alto, al suo fisico atletico sempre nascosto sotto a quelle felpe enormi. Pensò alla sua pelle ricoperta di lentiggini...
All'improvviso di nuovo quella strana sensazione le riempì il petto.
Basta Bea! Ma che ti prende?
Dovette fare uno sforzo notevole per togliersi quell'immagine dalla testa.
Si voltò dall'altra parte, dove una grande mappa del planisfero terrestre ricopriva l'intera parete.
Una mappa.
"Ma certo! Ci serve una mappa! Una mappa del territorio, tipo quelle che si usano per le gite in montagna" esclamò.
Corrado si voltò staccando lo sguardo dallo schermo del computer.
"Ferma un attimo, credo di avere quel che fa al caso nostro" disse alzandosi dalla scrivania.
Beatrice lo seguì fuori dalla stanza, finché non lo vide bussare ad una delle numerose porte scure che si affacciavano lungo il corridoio.
"Si può?" Corrado fece cenno a Beatrice di seguirlo.
"Certo, entra pure" rispose una voce maschile.
"Ciao papà, lei è Beatrice, ti ricordi di Beatrice?" chiese Corrado.
Beatrice salutò con un cenno della mano.
Vittorio si tolse gli occhiali dal naso e sollevò lo sguardo verso di lei, sorridendo.
"E come potrei ricordarla se non l'ho mai vista prima secondo te?" chiese avvicinandosi.
"Piacere signor Garmigli" disse lei stringendogli la mano.
Era un uomo piuttosto affascinante, alto, con un fisico asciutto ma con una leggera pancetta. Capelli grigi tagliati corti e camicia azzurra con le iniziali ricamate in basso.
Roba di classe.
"Chiamami Vittorio, piacere mio" le rispose gentile. "Che ci fate qui?".
Corrado attese qualche secondo prima di rispondere, come se volesse scegliere le parole giuste, sembrava quasi che si stesse sforzando più del dovuto per riuscire a emettere una frase di senso compiuto.
"Ti ricordi quelle mappe, quelle dei sentieri, che usavamo quando ero piccolo..."
"Certo, vuoi farti un scarpinata in montagna?" chiese Vittorio con sorpresa.
"No, cioè non ora almeno. Ma ci servirebbero per una ricerca"
"Una ricerca su che cosa? Ne ho centinaia di quelle mappe..."
"Corsi d'acqua, del territorio..." disse Beatrice.
Vittorio la guardò per un istante cercando di inquadrarla meglio, poi guardò Corrado.
"Ok, fatemi vedere se posso aiutarvi...".
Si avvicinò ad un grande mobile di legno scuro dove riposavano in file ordinate diversi volumi di diritto civile. E un paio di elegantissime lampade verdi.
Vittorio aprì un cassetto in basso e cominciò a rovistare al suo interno.
Beatrice e Corrado rimasero in attesa mentre lo sentivano bisbigliare.
La luce del pomeriggio filtrava dalle tende pesanti dello studio rendendo ogni cosa più morbida, addolcendo spigoli e tensioni.
Corrado stava in piedi con le braccia appoggiate alla scrivania del padre, indossava una maglietta grigia e un paio di jeans. Beatrice si ritrovò ad osservarlo con la coda dell'occhio. Ne seguì il profilo, la forma del viso, la curva dolce del collo, i muscoli tesi. I capelli biondi tagliati troppo corti che lo facevano sembrare un giovane soldato. L'espressione seria e il suo naso a punta.
Lui si voltò in quel momento e incrociò il suo sguardo. Beatrice restò per un attimo interdetta, senza reagire, bloccata in quegli occhi chiari. Sentì il cuore mancare un colpo.
Lui le sorrise appena ma lei non ci riuscì, lo fissò ancora per un secondo e poi distolse lo sguardo, sorpresa da quella reazione inaspettata.
"Credo di aver trovato qualcosa" disse Vittorio appoggiando un mucchio di vecchie cartine e mappe sulla scrivania.
Corrado si avvicinò afferrando la prima della pila.
Sentieri e percorsi della Valle del Sonno.
"Quella è specifica, per quella zona, ti ricordi quando ci andavamo?" chiese Vittorio a Corrado che cercava di dispiegare la mappa.
"Sì, certo" rispose.
"Dovremmo tornarci una domenica...".
Corrado non rispose e continuò ad armeggiare con quel lenzuolo di carta.
Beatrice notò nello sguardo di Vittorio una specie di preghiera, forse sperava di provocare nel figlio una reazione a quella proposta. Sperava di riaccendere una qualche complicità che si era affievolita negli anni. Ma Corrado non colse le intenzioni, o forse sì, ma fece finta di nulla.
Rimase impassibile e quella timida preghiera si indebolì sfumando nell'aria.
"Questa invece copre una zona più ampia e sono indicati chiaramente i corsi d'acqua" disse Vittorio porgendo a Beatrice una mappa ripiegata.
Beatrice la prese e cercò un posto per aprirla, scelse il pavimento.
"Aspetta, ti do una mano" disse Vittorio aiutandola a distendere l'enorme foglio. "Questa è quasi tutta la zona montana, noi ci troviamo circa qui sotto, appena fuori dal bordo. Dietro di noi partono i sentieri per le valli, questi qui in rosso vedete".
Vittorio indicava minuscole stradine e altri punti su quell'enorme pezzo di carta.
Erano tutti e tre accucciati a terra come indiani. Sembrava si divertissero a dire il vero.
"Io ho letto di un posto, dove si verifica il fenomeno del..."
"Carsismo"
"Carsismo, ecco grazie. Dove potrebbe trovarsi?" chiese Beatrice sperando che il padre di Corrado avesse nel suo curriculum anche degli studi di Geologia oltre a quelli di Diritto.
"Mmh, non saprei... tutta questa zona è ricca di corsi d'acqua, vediamo" disse mentre con le mani sondava la superficie della mappa come un rabdomante.
"Qui c'è parecchio azzurro" disse Corrado indicando una zona quasi al centro del foglio.
"Sì, ci sono anche delle cascate e più su una sorgente, vedete" disse poi Vittorio spostandosi con tutto il corpo in avanti.
Sulla mappa proprio sotto il suo dito, un intricato reticolo di linee azzurre si sviluppava coprendo quasi tre centimetri della superficie. Una zona enorme.
"Potrebbe essere questa la zona che vi interessa?" chiese Vittorio a Beatrice.
Beatrice annuì osservando meglio.
"E questo simbolo cosa significa?" chiese indicando un piccolo gruppetto di quadratini neri.
Vittorio lo osservò strizzando gli occhi, poi si spostò di nuovo sul riquadro della legenda.
"Ruderi, quello indica delle costruzioni vecchie, ma questa mappa ha più di trent'anni, potrebbe non esistere più nulla, anche i corsi d'acqua potrebbero essersi prosciugati".
"E dove si trova questo posto?" chiese Corrado avvicinandosi a Beatrice.
"Sarà a circa una ventina di chilometri da qui, sperduto in mezzo al bosco, non c'è nemmeno il sentiero per arrivarci" disse Vittorio. "Ma che cosa ci dovete fare con questa roba?" chiese alla fine smettendo i panni del complice e indossando quelli più noiosi del genitore.
"Nulla, è per una ricerca, dobbiamo trovare un posto reale e..."
"Inventarci una vicenda, tipo una storia" disse Beatrice.
"E per il discorso dei miti, delle leggende, sai dobbiamo documentare la cosa..." proseguì Corrado cercando di correggere il tiro.
"Ah, ok. Non ci dovrete andare di persona spero" disse Vittorio scrutando Corrado.
"Ma no! Ti pare che ci mandano nei boschi... basterà questa mappa, possiamo tenerla?" chiese Corrado.
"Certo, tienila pure".
I tre si alzarono dal pavimento e Vittorio ripiegò con cura la mappa, era l'unico che sapeva farlo.
Quei due tramavano qualcosa era chiaro come la neve, ma Vittorio fece finta di nulla perché in quella circostanza preferì ritornare a comportarsi come un amico piuttosto che come un padre. Ne aveva bisogno.
Era da qualche anno ormai che il rapporto con Corrado si era raffreddato, sicuramente l'adolescenza non era una passeggiata per nessuno e Vittorio lo sapeva bene. Ma nonostante tutto gli sarebbe piaciuto ritrovare quella complicità che aveva sempre avuto con suo figlio, erano una bella squadra insieme, condividevano la passione per le passeggiate in montagna, i sentieri, i boschi. Tutte cose che da qualche anno non facevano più, almeno non insieme. E Vittorio un po' le rimpiangeva, avrebbe voluto che Corrado lo cercasse, come quando era piccolo.
Quell'irruzione improvvisa nel suo studio, insieme a Beatrice, l'aveva colpito. Era contento che si fosse ricordato di lui, anche se quell'incontro frugale era dettato più dal bisogno che dal reale desiderio di passare del tempo insieme.
Infondo non poteva biasimarlo, era stato un adolescente anche lui e la natura prevede una fase della vita in cui i genitori diventano all'improvviso ingombranti e insopportabili.
"Ok... grazie, allora andiamo" disse Corrado prendendo la mappa dalle mani del padre.
"Arrivederci!" disse Beatrice con un sorriso.
"Ciao, è stato un piacere conoscerti. Spero che passerai a trovarci ancora" rispose Vittorio ritornando ai suoi affari seduto alla scrivania.
"Certo, volentieri".
Corrado richiuse la porta del corridoio dietro di sé e ritornò in camera seguito da Beatrice.
Tornarono a sedersi sul letto riaprendo la mappa davanti ai loro occhi.
"Tuo padre mi piace" disse all'improvviso Beatrice.
Corrado non rispose e si limitò ad annuire con la testa.
"Hai detto di aver visto una fotografia di una specie di castello vero?" chiese dopo qualche secondo.
"Sì, ricordo una torre mezza crollata"
"Vediamo se riusciamo a trovarlo..." disse Corrado sedendosi di fronte al computer.
Beatrice si allungò dalla sponda del letto.
Corrado digitò di nuovo alcune parole nella barra di ricerca e la rete gli restituì una serie di immagini di luoghi verdeggianti, montagne, cime innevate e gente con zaino e scarponi che sorrideva in vetta.
Cominciò a scorrere i risultati provando a scovare qualcosa di interessante.
Poi tornò a digitare e questa volta apparvero immagini di piccoli borghi, con case di sassi, tegole di pietra scura e vecchietti seduti.
"Aspetta, torna su!" disse Beatrice facendosi più vicina.
Corrado obbedì.
"Questa, questa clicca qui!" disse Beatrice osservando una piccola fotografia piuttosto sgranata.
L'immagine portava ad un blog amatoriale di appassionati di montagna, l'ultimo articolo postato risaliva a circa due anni prima. Probabilmente il progetto si era arenato.
Ma quella fotografia aveva un articolo a corredo e anche un breve didascalia.
Resti del castello del borgo di Acquamara.
"É la torre che ho visto, questa qui vedi?" disse Beatrice indicando sullo schermo una costruzione semidiroccata che svettava sopra le cime degli alberi.
"Sei sicura?" chiese Corrado.
"Sì, mi ricordo la forma delle finestre"
"Potrebbe essere il posto che cerchiamo? È nascosto, difficile da raggiungere e circondato da acqua"
"Non so, potrebbero essercene altri come questo"
"Sulla mappa però è l'unico, non c'è nessun'altro posto così" constatò Corrado, stampando la fotografia.
Beatrice lo fissò negli occhi cercando delle risposte. Avrebbe voluto avere la conferma che si trattava della strada giusta.
Ma Corrado non aveva risposte, solo una marea di domande e quella che più lo attanagliava era perché mai Beatrice lo facesse stare così bene e così male allo stesso tempo.
"Dobbiamo avvisare Galeno" disse lei alla fine distogliendolo dai suoi pensieri.
Poi si alzò e afferrò il suo zaino.
"Devo andare adesso, ho detto alla nonna che sarei passata al mercatino a dare un mano".
"Oh, certo... ti accompagno" disse Corrado con una punta di delusione, proprio ora che si stava abituando alla sua presenza. Non ebbe il coraggio di trattenerla.
Tornarono all'ingresso dove Evelina li aspettava non si sa come con la giacca di Beatrice in mano.
"Grazie" disse lei con una punta di sconcerto.
Corrado recuperò la bicicletta di Beatrice e l'accompagnò all'ingresso.
"Salutami tua madre" disse lei saltando in sella.
"Certo...".
Una folata di vento improvviso fece cadere le ultime foglie dagli alberi, Beatrice si strinse nella giacca a vento e chiuse gli occhi.
"Ehi, guarda che non sono così male, fanno del loro meglio..." disse poi infilandosi un berretto di lana giallo.
Corrado non seppe cosa rispondere.
"E comunque ha ragione tua sorella" disse poi allontanandosi giù per il viale.
"Mia sorella?" bisbigliò Corrado senza capire.
"Il quadro... è un vero vomitooo!" rispose Beatrice facendosi sentire da tutto il quartiere.
Corrado scoppiò a ridere mentre il puntino giallo di Beatrice scompariva dietro la curva.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top