31. Si alzi il sipario!

Raggiunsero il centro di Camarelli dopo circa una ventina di minuti, non c'era molta gente in giro, nonostante fosse sabato. Legarono le biciclette ad un lampione e proseguirono a piedi. Camminarono per un po' lungo le vie illuminate per il Natale, poi Beatrice svoltò a destra e si infilò in un vicolo stretto che si immetteva nella via principale.

Circa a metà nascosto sulla parete grigia di un edificio senza finestre, c'era un piccolo portoncino verde di metallo. Beatrice lo raggiunse.

"Sei mai stato qui prima?"

"Credo di no" rispose Corrado guardandosi intorno.

Beatrice armeggiò con il portoncino, che non era del tutto chiuso ma solo accostato, anche se era impossibile aprirlo tirandolo.

"Che fai?"

"Aspetta un attimo, lasciami fare".

Infilò la mano nella fessura tra il portoncino e il muro e poco dopo un rumore metallico di un chiavistello risuonò nel silenzio della via.

Beatrice rimase in quella posizione per diversi secondi, con il braccio incastrato fra il muro e la porta.

"Arriva qualcuno!" disse Corrado sottovoce udendo dei passi.

Beatrice sfilò il braccio e notò poco lontano una figura che avanzava velocemente nella loro direzione. Un uomo robusto con il cappello calato sul viso e le mani in tasca camminava sull'altro lato del vicolo fissandoli, come se stesse cercando di capire le loro intenzioni.

Beatrice a quel punto spinse con forza Corrado contro la parete e gli gettò le braccia al collo, appoggiando il viso proprio vicino all'orecchio di lui.

"Dai! Abbracciami!" sussurrò.

Corrado fu colto di sorpresa, sentì una specie di tornado salire velocissimo dalle ginocchia fino alla testa. Il suo corpo reagì d'istinto e si strinse a Beatrice, la sua faccia affondò completamente nei capelli di lei, nascondendosi così alla vista dell'uomo con il cappello, che imbarazzato distolse lo sguardo e proseguì per la sua strada.

Corrado con la schiena appoggiata al muro, sentiva il cuore pulsargli nelle tempie, il respiro lento di Beatrice sul collo, il corpo di lei premuto sul suo lo stava mandando nel panico. Se quello poteva chiamarsi panico. Come doveva chiamarlo? Che cavolo succedeva? Voleva mollare la presa ma non ci riuscì, fu lei ad allontanarsi dopo qualche secondo.

E come se niente fosse riprese ad armeggiare con la serratura del portoncino, lasciando Corrado come una statua di sale incapace di proferire parola.

Ad un certo punto qualcosa scattò.

Corrado si svegliò.

"Ecco fatto!" disse Beatrice.

Il portoncino si aprì scivolando verso di loro come se qualcosa si fosse allentato all'interno, Corrado cercò di ricomporsi e la aiutò a spostare la pesante anta metallica.

Entrarono in uno spazio piuttosto buio, alto e vuoto, decisamente freddo, dove c'erano alcuni pilastri di pietra alti almeno venti metri e un lungo muro della stessa altezza.

"Ma che posto è?" chiese Corrado incuriosito.

"Ora lo capirai...".

Beatrice corse lungo il muro e lo oltrepassò, Corrado le andò dietro e quando la raggiunse davanti ai suoi occhi si aprì un grande spazio vuoto, sopra la sua testa un sistema di carrucole teneva sospesi alcuni fondali dipinti a mano, ai lati riconobbe delle quinte di velluto e di fronte un grande sipario rosso.

"Non siamo dove penso di essere vero?" chiese Corrado incredulo.

Beatrice si diresse verso il sipario ormai sbiadito, che se ne stava immobile davanti ai loro occhi, trovò l'apertura centrale e ci si infilò. Corrado la seguì oltre e come per magia si ritrovarono sul proscenio del vecchio teatro di Camarelli.

"Non posso crederci!" disse Corrado. "Come lo sapevi?"

"Me ne ha parlato la nonna, prima che chiudesse definitivamente ha lavorato qui, per arrotondare, al guardaroba. Mi ha portato con lei in qualche occasione, conosce ogni angolo di questo posto. Lei mi ha mostrato l'entrata di servizio e mi ha spiegato come aprirla" confessò Beatrice.

"Tua nonna è un mito" disse Corrado. "Guarda che posto! È bellissimo!".

La platea di poltroncine rosse si estendeva come un'aiuola fiorita. Tutt'intorno per tre ordini correvano i palchetti di legno dorato e in alto la galleria incorniciava il tutto.

"È chiuso, non ci viene nessuno da anni. Da quando hanno costruito il nuovo Auditorium questo posto ha perso di qualsiasi interesse. Forse lo demoliranno prima o poi, la nonna dice che non lo riapriranno mai più, troppo costoso. Non è un peccato?" chiese Beatrice.

"Sì, davvero" rispose Corrado con lo sguardo volto a contemplare le gallerie.

Beatrice si diresse verso il lato sinistro del palcoscenico, proprio dietro le quinte e si avvicinò ad un quadro elettrico vecchio e polveroso.

"Ehi! Che vuoi fare? Non credo che sia il caso" disse Corrado temendo di finire fulminato o peggio arrostito. Ma Beatrice neanche lo stava a sentire, si mise ad osservare le decine di interruttori che aveva di fronte finché non riuscì ad individuare quello giusto.

"Eccolo!" disse festosa.

Sollevò verso l'alto una grossa leva blu mentre Corrado pregava di non vedere uscire scintille dal muro o esplosioni dal soffitto. Non sarebbe stato in grado di aiutare nessuno. Sua madre l'aveva iscritto ad un corso di primo soccorso qualche mese prima, ma l'unica cosa che aveva imparato era come effettuare una telefonata d'emergenza corretta per chiedere aiuto. Di persone folgorate non avevano parlato minimamente. E men che meno di come spegnere un incendio.

Mentre cercava in giro un qualsiasi bastone di legno per spostare il cadavere carbonizzato di Beatrice le luci del palcoscenico si accesero insieme a quelle delle gallerie e dei palchetti.

"Signore e Signori le luci della ribalta! Inizia lo spettacolo!" disse Beatrice portandosi al centro del palco.

Fece un inchino al pubblico e poi provò ad improvvisare qualche passo di danza. Era buffa, con le braccia in alto mentre cercava di fare una piroetta che non le veniva in nessun modo.

"Avrei avuto un futuro come ballerina, lo so per certo, se solo avessi studiato" diceva mentre si metteva sulle punte. "E tu?"

"E io cosa?" chiese Corrado.

"Tu che fai?"

"Proprio nulla!"

"Dai, recita una poesia, qualcosa, sono sicura che ne conosci a centinaia a memoria" disse Beatrice ridendo.

"Neanche per sogno, non ci penso proprio!"

"Dai su! Quando ti ricapiterà di esibirti in un teatro?"

"Vuoto..."

"Ma no, ci sono io, sono il tuo pubblico selezionato!" disse Beatrice accomodandosi nella prima fila di poltroncine in platea.

Corrado se ne stava lì sotto la luce dei riflettori a pensare a come uscirne quando improvvisamente sentì un rumore provenire dal loggione.

"Ehi, cos'era? Hai sentito?" chiese scrutando nell'ombra.

Beatrice si alzò e correndo lo raggiunse sul palco. Si sentì di nuovo uno scricchiolio come se qualcuno stesse camminando fra i palchetti.

"Vieni, andiamo!"

Beatrice tirò Corrado per un braccio e andarono a nascondersi dietro la tenda del sipario.

Rimasero immobili, in silenzio con il cuore in gola per alcuni minuti.

Il rumore si udì di nuovo, sembrava avvicinarsi.

"C'è qualcuno" bisbiglio Beatrice.

"Non era abbandonato questo posto?"

"È quello che credevo"

"Cosa facciamo?".

Beatrice alzò le spalle senza sapere cosa rispondere. Pensò che la cosa migliore sarebbe stata starsene lì immobili come sassi ad attendere gli sviluppi.

"Dobbiamo uscire da qui" disse Corrado smentendola subito.

Lo scricchiolio si fece più intenso e più frequente, qualcuno stava chiaramente camminando all'interno del teatro, dirigendosi verso il palcoscenico.

"Forse è sorvegliato" bisbigliò Corrado.

Poi fece un passo nel buio e avvicinò il viso alla pesante tenda di velluto per sbirciare fuori. Scrutò interamente la platea, ma non vide nessuno anche se il rumore proveniva chiaramente dal pavimento tra le file di poltroncine.

"Non capisco, non vedo nessuno!" disse voltandosi verso Beatrice.

A quel punto Beatrice decise che ne aveva abbastanza e uscì allo scoperto sotto lo sguardo atterrito di Corrado.

"C'è qualcuno?" urlò dal centro del palcoscenico.

"Sei pazza! Torna qui, accidenti!" disse Corrado portandosi le mani alla testa.

Il rumore di passi si fece più forte e si avvicinò alla scaletta che saliva alla destra del palco. Si sentì il suono stridulo dei gradini di legno che si piegavano sotto il peso di qualcosa. Poi i passi continuarono sul proscenio, si avvicinarono sempre di più a Beatrice, che terrorizzata indugiava proprio nel mezzo della scena indecisa se urlare o scappare via.

Corrado saltò fuori dalle quinte, la raggiunse e le afferrò con forza la mano destra tirandola verso di sé, ma qualcosa dall'altra parte le afferrò la sinistra trattenendola al centro del palco.

"AAHH! Lasciami andare, lasciami andare!" urlò Beatrice in preda al panico.

"Ma che cavolo dici? Andiamo via di qui!" disse Corrado tirandola più forte.

"La mano, la mano!" urlava Beatrice.

"Oddio scusa!" rispose Corrado credendo di aver tirato troppo forte.

Le luci del teatro tremarono per alcuni istanti e fu in quel momento, proprio quando tutto si fece buio che alla sinistra di Beatrice, alto e parecchio divertito comparve Galeno che le stringeva la mano.

Le luci si riaccesero.

"Buonasera ragazzi!" salutò con un inchino.

Beatrice cacciò un urlo che sollevò la polvere di anni e fece tremare i muri.

"Sei completamente impazzito?! Vuoi farmi morire?!"

"Mi verrà un infarto uno di questi giorni..." disse Corrado buttandosi a terra.

"Scusate l'entrata ad effetto..." disse Galeno tranquillo, come se niente fosse. Indossava il suo solito soprabito nero e aveva i capelli raccolti.

"Ci stavo lasciando le penne maledizione" disse Beatrice.

"Scusatemi, voleva essere una sorpresa, un coup de théâtre" si giustificò Galeno guardandosi intorno.

"Sei serio?" chiese Corrado sollevando la testa dal pavimento.

"Mi sono nascosto, volevo essere sicuro che foste proprio voi due. E poi ci ho preso gusto lo ammetto".

Beatrice e Corrado si scambiarono uno sguardo incredulo pensando che Galeno non avesse tutte le rotelle a posto.

Galeno si ricompose e si portò proprio sul bordo del proscenio sedendosi con le gambe a penzoloni.

Beatrice e Corrado lo raggiunsero e si sedettero vicino rimanendo ad osservare l'enorme platea vuota.

"Che meraviglia questo posto, è abbandonato?" chiese.

"Sì, da parecchi anni"

"E che ci fate voi due in un teatro abbandonato? Ci ho messo un po' a trovarvi sapete?"

"È una storia lunga..." rispose Corrado.

Galeno lo guardò dubbioso ma non insistette.

"E tu come stai?" chiese poi rivolgendosi a Beatrice. "Sai, mi è dispiaciuto moltissimo che tu abbia saputo dei tuoi genitori in quel modo".

"Oh, va tutto bene, davvero. Non ti devi preoccupare, ora so come sono andate le cose, non è la verità che speravo di sentire, ma è pur sempre la verità. E tu? Perché sei qui?".

Galeno guardò il soffitto del teatro dal quale pendeva un lampadario circolare tempestato di cristalli.

"Credo che la storia stia per ripetersi" disse senza girarci troppo intorno.

"In che senso? Parli di Aezio?" chiese Corrado.

"Temo di sì, ricordate quando mi avete detto di non aver trovato nessuno quando siete usciti dal Varco?"

Beatrice annuì con il capo e Corrado rabbrividì al pensiero di quella stanza fetida.

"Qualcuno invece c'era e ho motivo di pensare che vi abbia visto. Temo che vi abbiano riconosciuti".

Beatrice guardò Corrado con gli occhi sgranati.

"Cosa vuoi dire?" chiese.

"Non lo so ancora con esattezza, ma potreste essere in pericolo. Non avrei dovuto portarvi con me, sono stato un idiota incosciente" rispose Galeno.

Passarono alcuni istanti di silenzio in cui nessuno riuscì ad andare oltre a quelle parole, che furono come una doccia fredda caduta a secchiate dal cielo.

"Cosa è successo a Tobia?" chiese alla fine Corrado immaginando la risposta.

"L'hanno ucciso, poco prima che del vostro arrivo presumo".

La situazione stava prendendo una piega ben diversa da quella che Corrado e Beatrice si sarebbero aspettati. Quella piastrina di metallo li aveva condotti su un sentiero sconosciuto che ogni giorno di più si faceva pericoloso e accidentato. Non si sarebbero mai aspettati di correre dei pericoli, dei seri pericoli. Non si sarebbero mai aspettati la Morte in persona a far capolino tra le righe di quella storia.

"Ma chi può aver fatto una cosa del genere? Tobia non mi sembrava un tipo così pericoloso..." disse Beatrice.

"No, affatto. Non è stato ucciso perché fosse pericoloso, era solo un ostacolo"

"Un ostacolo?"

"Si, sono quasi certo che chi l'ha ucciso avesse una fretta tremenda di uscire di lì e credo anche di sapere perché".

Corrado percepì per la prima volta, freddissimo, il pericolo sulla sua pelle.

"Credo che portasse un messaggio ad Aezio e visto che non si trattava di un Passante autorizzato ha dovuto liberarsi del Custode per poter oltrepassare il Varco" continuò Galeno.

"Ma perché rischiare di essere scoperti? Uccidere un Custode, insomma, non ti pare azzardato?" chiese Corrado.

"É quello che abbiamo pensato io ed Elias quando abbiamo rinvenuto il povero Tobia nel retro, dev'essere stata l'azione di uno sprovveduto, qualcuno che non si aspettava di dover compiere una cosa del genere. Non starò a spiegarvi quanto è stato raccapricciante".

Corrado ripensò a Tobia, per un attimo se lo immaginò mentre provava a difendersi. Come avrebbe potuto difendersi? Un uomo alto poco più di un bambino. Chi poteva essere stato così spietato?

"Sicuramente non può averlo fatto un mago esperto, chiunque avrebbe usato il teletrasporto per uscire da Mezzanto di nascosto, non di certo un Varco presidiato" disse Galeno.

"Forse non ne era capace?" suggerì Beatrice.

"È probabile"

"E che cosa aveva da dire ad Aezio?" provò a chiedere Corrado.

"Vorrei sbagliarmi, ma temo che abbia riferito di voi due, o almeno quella doveva essere la sua intenzione, non ho altra spiegazione".

Corrado cercò di immaginarsi Aezio in una qualche forma non umana, nascosto là fuori, in attesa di vendetta che veniva a sapere di lui e Beatrice per mano di uno squilibrato assassino di custodi. Un brivido lo percorse dalla testa ai piedi.

"E quindi ora che facciamo?" chiese a quel punto Beatrice con l'aria sempre più afflitta.

Galeno si portò al centro del palco e si fermò proprio sotto le luci della ribalta.

"Cosa sapete sulla Decimazione?" chiese a quel punto.

"Che è orribile" rispose Beatrice.

"Già, lo è davvero. Ma la cosa che non sapete è che è reversibile. Chi viene decimato non deve subire quella condizione per sempre e la condanna varia a seconda della gravità del reato commesso".

"E quanti anni avrebbe dovuto scontare Aezio?" chiese Beatrice che nel suo cuore si augurava un numero a tre cifre.

"Ventisette" rispose Galeno.

"2022 quindi" disse Corrado dopo un rapido conteggio.

"E chi vi dice che una volta libero, dopo tutti quegli anni non avrebbe portato avanti comunque la sua vendetta?" chiese Beatrice.

"Nessuno, in effetti, ma non si può tenere un uomo in quelle condizioni per sempre, non si tratterebbe più di giustizia, sarebbe crudeltà".

Beatrice lo capiva perfettamente a livello teorico, ma ora era nella condizione di trovarsi dalla parte della vittima e l'unica cosa che avrebbe desiderato era di uccidere Aezio con le sue stesse mani.

"Quindi ad un certo punto il Nucleo viene riunito al corpo?" chiese Corrado che ormai aveva chiuso in un cassetto qualsiasi remora scientifica e si muoveva nei meandri dell'assurdo come se fossero i vicoli di Camarelli.

"Sì, i corpi vengono conservati per anni in apposite celle e poi con una procedura che si chiama Decimazione Inversa il Nucleo viene riunito al suo corpo, il detenuto poi dovrà passare ancora qualche anno prigioniero, solo dopo questo periodo verrà rilasciato definitivamente. Anche se la sorveglianza su di lui resterà attiva per sempre, come se fosse marchiato" spiegò Galeno.

"Aspetta, non capisco, il corpo di Aezio non è stato trafugato dico bene?" chiese Beatrice a quel punto.

"Esatto è ancora conservato e guardato a vista nella prigione di Mezzanto. Ed è l'unico"

"E quindi come può-"

"Ha bisogno di un altro corpo" la interruppe Galeno.

Corrado strabuzzò gli occhi e cercò di balbettare qualcosa che non fu in grado di uscirgli dalla bocca.

"Un corpo...vero? Intendi un cadavere?" chiese Beatrice a metà tra il terrorizzato e il nauseato.

"No, assolutamente, il corpo gli serve vivo!" rispose Galeno. "Solo in questo modo potrà essere prima decimato e poi potrà accogliere il Nucleo di Aezio".

"Questa storia è assurda, non posso credere che ne stiamo davvero parlando!" esclamò Corrado senza nascondere la paura.

"Sempre che non sia già successo..." osservò Galeno.

"E chi potrebbe fare una cosa simile?" chiese Beatrice avvicinandosi a Galeno che osservava la sua ombra stagliata sul pavimento di legno del palcoscenico.

Galeno ci pensò un po' su, in realtà ci aveva sicuramente già pensato prima, ma diede l'impressione che quel pensiero gli affiorasse alla mente proprio in quel momento preciso.

"Conosco solo una persona che sarebbe in grado di compiere uno scempio simile" rispose abbassando la voce.

"Chi?" chiese Corrado.

"Oh, non vi cambierebbe nulla conoscere il suo nome, vi basti sapere che è uno degli stregoni più potenti e pericolosi dei Sette Distretti. Non saprei da quanto tempo è su questo mondo forse da sempre. Per quel che mi riguarda è una specie di spettro vivente" spiegò Galeno.

"Aspetta, c'è qualcuno che è peggio di Aezio?" chiese Beatrice.

"Molto peggio" fu la risposta.

Corrado fece qualche passo in direzione delle quinte, arrivò a toccare il sipario che ondeggiò lievemente liberando alcune nuvole di pulviscolo nell'aria.

"Galeno, dimmi la verità, come fermiamo tutto questo?" chiese poi voltandosi.

Beatrice se ne stava immobile al centro del palco, vicino a Galeno che aveva l'aria afflitta e impotente.

"Vorrei avere la risposta, non lo so davvero, ma qualcosa va fatto. Non possiamo lasciare che compia una strage, non di nuovo. Questa volta andrà fino in fondo" disse.

Corrado decise che anche se la scienza in quel momento era l'ultima cosa a cui appellarsi, poteva comunque essere d'aiuto. Decise di procedere per gradi, come faceva sempre.

"Cerchiamo di essere razionali, hai detto che servirà un corpo giusto? Un corpo vivo, quindi molto probabilmente qualcuno dovrà essere rapito in qualche modo"

"Qualcuno che sia forte..." aggiunse Galeno.

"Ok, un uomo forte e poi cos'altro serve?" chiese Corrado.

Galeno ci pensò un po' su, chiedendosi se davvero quel ragazzo alto con il viso pieno di lentiggini fosse seriamente intenzionato a trovare una soluzione.

"Dell'acqua, serve dell'acqua" rispose.

"Intendi dell'acqua, come per una pozione?" chiese Beatrice.

"No, ne serve molta, nelle Camere Ambrate abbiamo delle vasche apposite, le Vasche di Decimazione, i corpi vengono immersi lì per il processo".

Corrado rabbrividì, pensò a Frankenstein, ai cadaveri gonfi rinvenuti nell'acqua, ebbe l'urto del vomito ma cercò di rimanere lucido.

"Ok, quindi serve un luogo con dell'acqua in cui immergere un corpo" concluse.

"Quanto può resistere il Nucleo all'Esterno?" chiese Beatrice.

"Decenni, ma solo se ben conservato, il problema è che non può essere spostato facilmente perché fortemente instabile, deve rimanere fermo nello stesso posto il più possibile, e non può affatto essere teletrasportato perché quello lo distruggerebbe. Questo ci fa pensare che sia da qualche parte qui fuori, non può aver fatto molta strada" rispose Galeno.

"Questo ci darebbe un vantaggio" pensò Corrado a voce alta.

"Ok, ma anche ammesso che riuscissimo a trovarlo? Cosa possiamo fare?" chiese Beatrice. "lo affrontiamo a mani nude?".

"No, di certo. Chiederemo aiuto, serviranno tutte le forze possibili" disse Galeno riflettendo.

"Dove lo avete cercato?" chiese Corrado.

"Nei dintorni della città, per qualche chilometro. Ma finché l'Altor non si decide a diffondere l'allerta non possiamo fare molto. Ho raccolto alcuni volontari, ma ci muoviamo di nascosto. Non siamo autorizzati. E poi non è così semplice, le Falene non sono stupide avranno protetto il luogo in cui si nascondono, sarà schermato o qualcosa del genere" replicò Galeno.

Beatrice aveva l'aria preoccupata ma era decisa a fare qualsiasi cosa pur di fermare quell'individuo.

"Se si nasconde davvero qui fuori lo dobbiamo trovare".

Galeno si voltò e si avvicinò a lei.

"Credo di doverti delle scuse sai, a tutti e due. Insomma, non avrei dovuto coinvolgervi in tutto questo. Mi sono lasciato trascinare, ho pensato che non sarebbe stato un pericolo. Anzi credo di non aver pensato e basta. Non mi era mai capitato prima di parlare con degli Estranei, di parlarci davvero intendo".

Mentre parlava Galeno gesticolava e si muoveva leggero per il palcoscenico.

"Voi sapete come stanno le cose davvero e non avete idea del sollievo che ho provato parlandovi. È stato liberatorio potervi dire la verità. È come se per la prima volta potessi far sapere che esisto. So che non avrei dovuto farlo, ne sono consapevole" concluse scuotendo lievemente il capo.

Che cosa poteva significare per Galeno e per gli abitanti delle Comunità magiche vivere perennemente nascosti, senza far sapere all'Esterno della loro esistenza? In effetti, era come se non esistessero affatto. Non esistevano per niente. Solo lui e Beatrice ne erano a conoscenza. Ora capiva cosa intendesse dire Galeno quando parlava di libertà.

"Su, non sentirti in colpa" cercò di tranquillizzarlo Beatrice. "È il destino che l'ha voluto, ci avete detto che eravamo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Beh, io non ci credo. Io credo che fossimo esattamente dove dovevamo essere. Credo che i tasselli di questa storia stiano finalmente andando al loro posto. E ne sono convinta nonostante tutto quello che ho scoperto" disse avvicinandosi.

"Io al destino non ci ho mai creduto, ma dopo tutto quello che è successo credo che dovrei cominciare a tenerlo seriamente in considerazione" disse Corrado quasi con rassegnazione.

"Pensaci Galeno, fra tutti quelli che potevano vederti, proprio noi? Proprio io che sono direttamente coinvolta in questa storia. Che razza di coincidenza!" disse Beatrice.

Corrado sorrise e alzò gli occhi al cielo.

"Perché le coincidenze non esistono! È tutto collegato! È talmente chiaro!  Si tratta della manifestazione del vostro mondo! E dell'influenza che esercita sul nostro! Non sono certo di come funzioni ma pensateci, cercavamo un fuoriuscito e chi abbiamo trovato? Otto! Dove? Qui! Toccava a noi per forza, ok forse toccava a lei, io magari ci sono finito per caso o forse no..."

Corrado era in pieno delirio.

"Ti sta fumando il cervello" disse Beatrice.

"Si lo so, ma riuscirò a venirne a capo, fosse l'ultima cosa che faccio"

"Questa cosa delle coincidenze ti manderà al manicomio lo sai vero?"

"Sicuramente, ma prima di finirci devo documentare tutto quanto. Scriverò un libro. Promettetemi di conservarlo in un luogo sicuro quando finirò internato e nessuno mi crederà"

"Io verrò a trovarti"

"Sì, anche io" rise Galeno.

Sembrava sollevato, forse si era convinto che quei due avessero ragione dopotutto.

"Insomma dobbiamo trovare l'acqua".

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top