27. Sangue rappreso
Elias chiuse il volume e lo ripose con cura tra i libri impilati sullo scaffale della sagrestia. La funzione era terminata da un pezzo e lui aveva provveduto a chiudere tutte le porte e spegnere le luci prima di rifugiarsi in quella che da molti mesi ormai era diventata casa sua. Normalmente il compito di un Custode era quello di sorvegliare il Varco, aprirlo e chiuderlo su richiesta dei Passanti che intendevano attraversarlo, percorrerlo periodicamente per controllare che non si fossero formate duplicazioni o ramificazioni, sondarne le energie per accertarsi che fossero sempre in equilibrio e in quello specifico caso tenere lontani gli Estranei dall'ingresso.
Sì, perché un Varco disincantato poteva essere chiuso o aperto senza problemi, ma uno ancora acerbo non avrebbe obbedito a nulla. Anche se per gli Estranei che si aggiravano per la Cattedrale sarebbe stato comunque impossibile oltrepassare quella piccola porta di legno e ritrovarsi così all'ingresso del Varco.
Elias si trovava quindi in quella circostanza, a dover porre un'attenzione costante su quella vecchia porta incastonata nella parete di pietra, motivo per cui si era fatto incaricare direttamente dal parroco di Camarelli come sagrestano.
In quel modo però oltre a custodire il prezioso passaggio doveva occuparsi anche di faccende più pratiche, come controllare che nell'ampolla ci fosse sempre il vino, perché l'acqua poteva pure passare inosservata ma il vino no, doveva poi lucidare e disporre ordinatamente tutti quei piattini, coppe e coppette con nomi che non avrebbe mai imparato e che don Candido utilizzava ad ogni funzione riempiendoli di ditate. Ma la cosa che più delle altre lo impegnava era andare d'accordo con Imma, che tutti chiamavano La Perpetua, una vecchia megera insopportabile, storta come un tronco di vite, che la vita aveva privato di qualunque grazia e morbidezza d'animo e che si muoveva nell'ombra come un topo, spiando, bisbigliando, origliando e seminando discordia e odore di naftalina.
Compito arduo. Anche per un tipo mite come lui.
In fondo alla sagrestia c'era una porta di legno che portava ad un corridoio piuttosto lungo che conduceva ad un altro edificio nel quale era stato ricavato una specie di monolocale. In realtà non era più che una stanzetta, affacciata sul cortiletto della canonica. C'erano un letto, un armadio, un tavolino con una sedia di plastica blu. All'esterno, appena fuori dal corridoio un modestissimo bagno e in fondo una stanza da pranzo con una piccola cucina a gas. Sulle pareti erano appese alcune immagini sacre e un crocifisso di metallo.
Una finestra quadrata si affacciava sul cortile interno, dove il parroco lasciava la bicicletta e qualche gatto randagio trovava rifugio tra i vasi. Elias si era abituato presto a quelle ristrettezze, non era un uomo di molte pretese, la sua vita era il suo lavoro, fin da quando l'aveva scelto. Sapeva che per quella professione avrebbe dovuto sacrificare legami e rapporti sociali, ma non gli importava. Era sempre stato un tipo solitario lui e amava starsene per i fatti suoi. Certo l'Ordine non gli faceva mancare nulla e in caso di necessità poteva tranquillamente contare sulle sue abilità magiche.
Elias stava per uscire dalla Sagrestia, quando sentì la voce di Galeno risuonare nitida nella sua testa.
Gli diceva di farsi trovare all'uscita del Varco di Camarelli in dieci minuti.
Elias fu sorpreso di sentirlo. Era a conoscenza della sospensione che l'Alto Consiglio gli aveva inflitto e quel messaggio improvviso da parte sua non faceva presagire nulla di buono. Che ci faceva all'Esterno?
Prima o poi si sarebbe messo nei guai.
Elias si alzò in piedi, afferrò il suo soprabito scuro e si portò al centro della sala. Chiuse gli occhi e rimase immobile, ascoltando il silenzio della Cattedrale deserta. Respirò per un istante il profumo di incenso che permeava la sagrestia e poi sparì nel nulla lasciando dietro di sé solo un lieve movimento dell'aria.
La hall dell'Hotel Commercio era buia e desolata.
La puzza di muffa si era fatta più intensa e un odore acre e pungente soffocava l'aria già fetida di quel posto.
"Elias?" disse Galeno portandosi alla luce che filtrava dalle vecchie persiane.
Qualcuno si mosse nella zona dei tavolini da caffè.
"Sono qui" rispose Elias facendo alcuni passi nel buio.
Galeno lo raggiunse camminando sulla vecchia moquette logora dell'hotel.
"Non dovresti essere qui, sei stato sospeso o sbaglio?" chiese Elias come se parlasse a suo figlio.
"No, non ti sbagli ma devi vedere una cosa" rispose Galeno dirigendosi verso il banco della reception.
Elias lo seguì senza fare rumore, oltrepassarono insieme il bancone ricoperto di polvere ed entrarono nel retro da una piccola porta.
Quel posto puzzava in modo insopportabile, Elias dovette coprirsi il naso con il braccio per poter proseguire.
"Cos'è questo tanfo?" chiese cercando di respirare il meno possibile.
"Ecco cos'è" disse Galeno indicando qualcosa di scuro nell'angolo della stanza.
Elias avanzò verso Galeno cercando di abituarsi al buio di quella stanzina minuscola. Arrivò circa ad un metro da quello che sembrava un grosso sacco nero buttato a terra continuando a non capire di cosa si trattasse ma poi vide il sangue.
Una pozza enorme di sangue rappreso ricopriva il pavimento e ce n'erano diverse macchie anche sui muri e sugli scaffali. Elias osservò nuovamente quell'ammasso nero e ne riconobbe la statura, il viso e i capelli portati di lato.
"Tobia? Cielo, che gli è successo?" chiese senza distogliere lo sguardo dal cadavere martoriato del custode adagiato nell'angolo.
"Non ne ho idea" disse Galeno.
Elias si avvicinò al corpo immobile del povero Tobia, si abbassò lentamente sulle ginocchia e lo sfiorò appena con le dita della mano, come se volesse provare a confortarlo.
"Era vivo quando sono tornato indietro, gli dissi di lasciare il Varco aperto perché i ragazzi sarebbero tornati a breve" disse affranto.
"Già, ma loro non l'hanno più visto quando sono tornati indietro"
"Come? Chi può essere stato?"
"Non lo so, ma dev'essere successo mentre ci trovavamo in città"
"Trovavamo?"
"Io e i ragazzi"
Elias lo fulminò con lo sguardo.
"Avrei dovuto scortarli al Varco lo so, lo so, ma gli ho concesso una passeggiata... per la città" spiegò Galeno aspettandosi la strigliata di Elias che infatti non tardò di un secondo.
"Per la città? A Mezzanto?" esclamò incredulo. "Li hai portati a Mezzanto? Galeno cosa ti dice il cervello?"
Galeno sapeva che Elias si sarebbe adirato ma non era il caso di avere segreti in quel momento, e poi era sicuro che se lo sarebbe tenuto per sé.
"Senti, so che non avrei dovuto farlo. Se avessi saputo che piega avrebbero preso le cose credimi, non l'avrei mai fatto. Comunque, erano ben camuffati".
Elias pensò una volta di più che Galeno fosse solo un incosciente. Si sarebbe meritato molto più che sette tramonti, almeno una quarantina come minimo.
"Quanto tempo siete rimasti?"
"Un paio d'ore al massimo"
"Quindi abbiamo una finestra di due ore in cui il Varco è rimasto aperto, prima che i ragazzi tornassero qui. Probabilmente Tobia era già stato ucciso, ma loro non hanno notato il corpo" disse Elias guardandosi intorno cercando di immaginarsi la scena.
Galeno si sentì all'improvviso responsabile per quella situazione, per la morte di Tobia, si portò le mani alle tempie e cercò di rimanere il più possibile lucido. Elias notò il suo disagio.
"Non prenderti le colpe di qualcun altro Galeno" gli disse.
"Non avrei dovuto portarli con me"
"Già, e io non avrei dovuto chiedere a Tobia di lasciare aperto il Varco e l'Altor Scalisi ancora non si decide a diffondere l'allerta"
"Mi sono lasciato trasportare, la verità è che non mi era mai capitata un'occasione del genere. Parlare con due Estranei, ne ho incontrati molti all'Esterno ma non è la stessa cosa. Loro sanno di esserlo, insomma. Non ho dovuto mentire Elias, per la prima volta nella vita. É stato bellissimo poter dire la verità per una volta soltanto" cercò di giustificarsi Galeno.
Elias comprendeva benissimo quella sensazione, poter rivelare quell'enorme segreto a qualcuno che veniva dall'Esterno, vedere nei loro occhi la meraviglia, smettere di fingere e dire per una volta come stavano realmente le cose. Era qualcosa di liberatorio, di catartico. L'aveva provato anche lui, quel pomeriggio alla sagrestia. Significava essere sé stessi senza condizioni, rivelarsi nella propria forma, uscire allo scoperto senza timore. Per la prima volta esistere davvero.
"Comunque sono molto più coinvolti di quel che pensi" continuò Galeno. "Sanno tutto di Aezio e di quello che ha fatto".
Elias ritornò con la mente in quella stanzetta sudicia dove giaceva immobile il cadavere di Tobia.
"E come lo sanno?".
"Hanno trovato Otto, Otto Fracassi, lui gli ha raccontato tutto"
"Otto? Non è possibile! Avrebbe dovuto dimenticare già da un pezzo, Galeno, non ha senso!"
"Eppure ricordava, fin troppo bene".
Elias temporeggiò qualche secondo rendendosi conto in quel momento che Corrado e Beatrice avevano ascoltato ogni sillaba dell'ultima conversazione che avevano avuto alla Cattedrale, e non solo avevano capito che avrebbero dovuto trovare uno dei Fuoriusciti ma avevano trovato l'unico che miracolosamente non aveva dimenticato nulla. Elias sentì gli angoli delle labbra salire verso l'alto, come per compiacersi dell'impresa che avevano portato a termine quei due ficcanaso. Quella leggera sensazione di soddisfazione stava però per infrangersi come cristallo sotto ad una sassaiola.
"E non è finita..." disse Galeno guardando Elias.
"Che c'è?"
Galeno cercò nella sua testa le parole giuste che però non trovò affatto.
"Aezio ha ucciso i genitori di Beatrice e lei l'ha scoperto, ieri pomeriggio".
Elias spalancò gli occhi.
"Cosa? E tu come lo sai?"
"Ho fatto delle ricerche, agli archivi, lei mi aveva raccontato di averli persi entrambi quando era bambina. Gli anni erano quelli, Elias, ho avuto subito il dubbio che non fosse stato solo un incidente".
Elias ripensò a Beatrice, alla paura che le aveva messo quando l'aveva costretta a seguirlo con la magia fino all'Hotel, alle lacrime di lei nella camera 21 terrorizzata a morte, convinta com'era che lui fosse un assassino. Era affranto, in preda allo sconforto e alla rabbia. Una sensazione di sconfitta lo pervase, non l'avrebbe mai detto ma si era affezionato a quei ragazzi, non avrebbe voluto che corressero alcun pericolo; eppure, ora si rendeva conto che il pericolo l'avevano già scampato una volta. Almeno Beatrice. E ora si trovava nell'assurda situazione di averle messo fra le mani una verità orrenda.
"È terribile..." riuscì a dire.
"Dobbiamo fermarlo e dobbiamo fare in fretta, questo Varco dev'essere chiuso"
"A questo ci penso io. E Tobia?" chiese Elias dando un'ultima occhiata al povero Custode.
"Lo riporto a casa" rispose Galeno.
"Chi pensi sia stato?"
"Da come è ridotto questo posto non credo che sia stato qualcuno con notevoli capacità, Tobia è stato accoltellato, è stato colto di sorpresa non ha nemmeno provato a difendersi"
"Quello che non mi spiego è perché passare di qui? Intendo, tutti sanno che i Varchi sono custoditi e normalmente sono chiusi, ci vuole un lasciapassare per poterli attraversare giusto? Io li controllo di persona, nessuno può entrare o uscire senza che il Custode ne sia a conoscenza. Chi ha fatto tutto questo come poteva sapere che il Varco sarebbe stato aperto? E proprio in quel momento?"
"Non credo che lo sapesse, non ci vedo nulla di pianificato. Mi sembra solo il tentativo maldestro di qualcuno che aveva solo fretta di uscire" provò ad ipotizzare Galeno.
"Fretta? Perché tanta fretta?"
"Non ne ho idea".
Elias temeva il peggio, non sapeva che cosa aspettarsi ma era certo che tutta quella faccenda sarebbe degenerata in qualcosa di ben peggiore. Non si spiegava quella successione di fatti; eppure, doveva esserci una logica che li legava l'uno all'altro. Corrado e Beatrice vengono portati a Mezzanto, si fermano più del dovuto, perché Galeno si prende la briga di portarseli in giro, mannaggia a lui, nel frattempo il Varco resta aperto, quando i ragazzi ritornano non trovano il Custode e dopo qualche giorno ecco che il povero Tobia ricompare cadavere.
Non aveva senso; eppure, un senso doveva esserci.
Perché prendersi il rischio e soprattutto perché tanta fretta, da lasciarsi dietro addirittura un cadavere?
"Galeno, io credo che tutta questa faccenda c'entri con Aezio" disse Elias dopo aver provato ancora per qualche secondo a trovare una risposta a tutte quelle domande.
"Sì, ne sono convinto anch'io. E credo che chiunque sia passato di qui volesse raggiungerlo là fuori, ovunque si trovi" aggiunse Galeno.
Si, ma raggiungerlo perché? Cosa aveva spinto quell'individuo ad uccidere, a rischiare di essere arrestato pur di raggiungere l'Esterno. Elias si arrovellava cercando una spiegazione quando dopo pochi istanti nei suoi occhi balenò un lampo di terrore che lo fece sbiancare come un lenzuolo.
Si rese conto in quel momento che l'unica spiegazione possibile coincideva con la più terribile delle ipotesi, tutto prendeva forma, tutto acquistava senso man mano che nella sua mente si faceva largo quella possibilità. Il pensiero che le cose fossero andate nell'unico modo in cui tutti si auguravano che non sarebbero dovute andare, gli gelò il sangue.
"Li hanno riconosciuti" disse lentamente.
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