24. Ricordi, segreti e rivelazioni
Beatrice fissava l'insegna sopra la sua testa senza parlare.
Quello era il simbolo scolpito nel mezzo della piazza di Mezzanto, non v'erano dubbi. Non poteva trattarsi di una coincidenza. E anche se fosse stata una coincidenza a quel punto era da tenere in considerazione.
Sarebbe stata una cosa impossibile ritrovare quel disegno così particolare da qualche altra parte che non fosse Mezzanto. Anche se dovevano ammettere che la parola 'impossibile' aveva assunto un significato decisamente meno assolutistico negli ultimi tempi.
"Cosa facciamo?" chiese Corrado con il dépliant aperto tra le mani.
"Entriamo e vediamo chi c'è" rispose Beatrice.
"Ok, ma non possiamo entrare così come se niente fosse e chiedere se per caso qui lavora un... mago"
Beatrice ci pensò su un attimo.
"Cosa vende questo negozio?"
Corrado lesse la scritta incisa sotto al simbolo del fiume, recitava Fracassi Piante e Fiori.
"Fiori! Perfetto, non poteva andarci meglio di così!" annunciò Beatrice.
"Fammi capire, hai in mente qualcosa?"
"Tu lascia fare a me".
Beatrice percepì che quella era una cosa che avrebbe mandato Corrado in fibrillazione, lasciar fare agli altri. Però era convinta di quel che faceva e inoltre non le sembrò che lui avesse qualche idea su come procedere.
Si avvicinò alla porta d'ingresso del negozio e la spinse in avanti. Si sentì lo scampanellio che avvisava l'entrata di clienti nel negozio. Corrado la seguì e lasciò che la porta si richiudesse dietro di loro scampanellando di nuovo.
Il negozio non era grandissimo, ma era ben fornito. C'erano molti vasi appoggiati a terra colmi di fiori recisi di specie diverse, sugli scaffali stavano in bella mostra bonsai, orchidee, spathyphillum, anthurium, sanseveria, stelle di Natale e moltissime varietà di succulente. Dietro al bancone si intravedeva una porta che si affacciava su una serra di modeste dimensioni dove erano esposte altre piante da esterno.
Il profumo dell'aria era dolciastro.
"Arrivo" disse qualcuno dalla serra.
Beatrice attese con ansia di vedere chi sarebbe uscito da quella porta, si chiedeva che aspetto avrebbe avuto, quello di un mago con la barba lunghissima, oppure sarebbe stata una strega con i capelli viola?
Nessuna delle due in verità.
Dalla porta sbucò un uomo con i capelli grigi, piuttosto alto, sul viso un vistoso paio di baffi neri ben curati nascondeva le labbra.
"Salve ragazzi, come posso aiutarvi?" chiese sorridendo.
"Buongiorno", disse Beatrice senza riuscire a nascondere la sua espressione sorpresa.
Corrado tremava.
"Stiamo cercando una pianta molto particolare, ci chiedevamo se lei la vendesse" proseguì.
"Di che pianta si tratta, sentiamo" disse l'uomo appoggiando le grosse mani al bancone.
"Si chiama... Pulcella" disse Beatrice con estrema calma.
L'uomo li guardò con un'espressione incerta, squadrandoli dalla testa ai piedi.
"No, mi dispiace non l'ho mai sentita" rispose secco, le sue dita iniziarono a tamburellare sul ripiano di legno.
Corrado diede un colpo di tosse.
L'uomo guardò verso l'uscita come per controllare che nessuno stesse per entrare, i suoi occhi tremolavano.
Corrado tossì di nuovo un po' più forte.
"Allora forse potrebbe avere dei Grammapenduli?" insistette nuovamente Beatrice, senza pensare che forse Corrado le stava dicendo qualcosa con quel suo fare da tisico.
L'uomo fece un passo indietro, la bocca leggermente schiusa. La paura gli si disegnò sul volto come una maschera. Impallidì.
"Chi siete? Cosa volete da me?" chiese con la voce che tremava.
A quel punto Corrado intervenne.
"Non si agiti, ci chiedevamo solo se lei potesse parlarci dei Varchi, di Mezzanto" disse spietato come un coltello in una bistecca.
L'uomo indietreggiò ancora finché non urtò lo scaffale retrostante facendo vibrare i numerosi vasi di vetro esposti sui ripiani. Si guardò in giro e cominciò ad agitarsi farfugliando parole senza senso.
Beatrice restò in attesa sperando che di lì a poco si sarebbe calmato e avrebbe parlato con loro, ma non lo fece.
"Andate via!" tuonò all'improvviso. "Uscite subito di qui!".
Beatrice indietreggiò e urtò un vaso di calle rovesciandone l'acqua e i fiori immacolati sul pavimento.
"Mi scusi, non volevo" provò a scusarsi, ma l'uomo si avvicinava sempre più agitato e scosso.
Corrado la afferrò per un braccio e la trascinò verso l'uscita.
"Ok, ok ce ne andiamo!" disse aprendo la porta.
L'uomo li raggiunse e li spinse fuori dal negozio con forza, buttandoli in mezzo al marciapiede. Per poco non caddero a terra.
"Non provate a farvi rivedere qui intorno!" disse poi sbattendo la porta e chiudendola a chiave.
Beatrice e Corrado rimasero per un attimo in silenzio, con il cuore in gola ad osservare la porta del negozio.
Sapevano di avere colpito nel segno, quell'uomo sapeva qualcosa, la sua reazione aveva parlato per lui. Ma non si sarebbero aspettati certo quel tipo di reazione.
"Ecco, e ora?" chiese Corrado.
"Beh almeno sappiamo che è lui" provò a giustificarsi Beatrice.
"Non potevamo pensarci un attimo, pianificare la cosa, prima di entrare in questo modo?"
"Pianificare che cosa? È chiaramente sconvolto, le tue pianificazioni non l'avrebbero sconvolto di meno, stanne certo"
"E ora hai in mente qualche altra mossa vincente?"
Beatrice si incamminò lungo il marciapiede.
"Abbiamo smosso le acque, ora aspettiamo che si calmino" rispose lei con tranquillità.
Camminarono per alcuni metri, sopra di loro un gruppo di operai stava appendendo un grosso fiocco di neve che entro poche ore si sarebbe acceso insieme a tutti gli altri illuminando il centro cittadino che si preparava per le festività natalizie. Il traffico iniziava a crescere, l'orario di uscita delle scuole era passato da poco e numerosi ragazzini camminavano per strada con i loro zaini sulle spalle e l'andatura goffa.
Erano passati un paio di minuti e Beatrice osservava Corrado, stretto nel suo giubbotto con il berretto calato sulla fronte, la sciarpa sul naso e le mani in tasca. Si vedevano solo gli occhi chiari e le ciglia bionde. Non aveva un'espressione soddisfatta, anzi era piuttosto irrequieto.
"Ehi, voi due!" urlò una voce dietro di loro.
"Vedi? Avevo ragione" disse Beatrice tronfia guardandolo.
"Questa è fortuna, tu sei matta come un cavallo".
I due si voltarono e videro l'uomo di prima affacciato alla porta del negozio che faceva loro cenno di avvicinarsi. Si incamminarono nella sua direzione, circospetti.
Quando gli furono di fronte lui li invitò ad entrare.
"Scusatemi, non avrei dovuto buttarvi fuori in quel modo, ero molto scosso, entrate vi prego".
Entrarono e l'uomo chiuse la porta a chiave e voltò il cartello su 'chiuso'.
"Andiamo di là, parleremo con più calma".
Si diressero verso la piccola serra sul retro del negozio, l'ambiente era molto luminoso e il profumo di fiori permeava l'aria. L'uomo li fece accomodare come meglio poteva su alcuni sgabelli di legno. Corrado appoggiò lo zaino a terra.
"Allora chi siete? Come sapete di Mezzanto?".
Beatrice e Corrado si presentarono a quell'uomo dallo sguardo gentile, che mostrava un sincero rammarico per come li aveva aggrediti poco prima.
"Ci siamo stati"
"Ci siete stati? Fisicamente?" chiese l'uomo gesticolando.
"Sì, abbiamo visto un Passante una sera per caso fuori da un Varco, in realtà non sapevamo che fosse un Varco e non sapevamo nemmeno che lui fosse un Passante" cercò di spiegare Beatrice.
Corrado raccontò brevemente come erano andate le cose quel pomeriggio.
"Quindi ci hanno interrogato all'Alto Consiglio e poi hanno deciso di lasciarci andare" aggiunse Corrado.
"Volete dirmi che siete entrati a Mezzanto e poi hanno deciso di lasciarvi uscire? Questo mi sorprende"
"Non tutti erano d'accordo in effetti, c'era quel tale, vestito di nero..."
"Candella. Immagino"
"Sì, lui. Avrebbe voluto trattenerci o non so cos'altro... ma lei chi è?" chiese Corrado a quel punto.
L'uomo si passò la mano fra i capelli grigi.
"Mi chiamo Otto Fracassi, un tempo vivevo a Mezzanto".
Beatrice si mise comoda sullo sgabello.
"E se la ricorda ancora, Mezzanto?"
"Sì, come potrei dimenticarla, ho vissuto quasi tutta la mia vita lì. So che prima o poi i ricordi svaniranno, si confonderanno e non avrò più memoria di nulla, ma per ora sono ancora tutti qui" disse Otto indicando la testa con il dito indice.
"Questo non la rende triste? Dimenticare tutto quanto?" chiese Beatrice.
"Non esattamente, ci sono molte cose che voglio dimenticare, ma voi non siete qui per parlare di me dico bene?"
"No, in effetti siamo qui perché speravamo che lei potesse darci alcune informazioni" spiegò Corrado.
"Che tipo di informazioni?"
"Abbiamo sentito parlare di un pericolo imminente durante l'udienza all'Alto Consiglio, parlavano di qualcuno che è stato portato fuori, qualcuno che sembra essere molto pericoloso..."
Otto impallidì e sotto i grossi baffi la sua bocca si mosse.
"Riguarda l'Esterno vero?" chiese Beatrice.
Otto Fracassi era un omone alto, aveva l'aspetto di un orso. Sembrava uscito da una qualche capanna sperduta nel bosco e se ne stava lì seduto con tutta la sua mole su quel minuscolo sgabello di legno. Beatrice lo osservava con il suo grembiule verde, la camicia di flanella scozzese e quegli stivaloni dove lei avrebbe potuto infilarcisi dentro per intero. Chi era davvero? E perché si trovava lì?
"È curioso che io non abbia ancora scordato tutto, sapete. Sono passati cinque anni, ho perso ormai quasi ogni potere ma i ricordi quelli no. Quelli sono ancora qui, aggrappati con le unghie e non mi spiego il perché" disse Otto con voce calma.
Beatrice ascoltava osservando quei baffi neri che si muovevano tenendo celate le labbra.
"Ho sempre avuto un'affinità con i fiori e le piante, persino a Mezzanto mi prendevo cura del mio giardino come se fosse un figlio. Quando sono venuto qui ho pensato di mettere a frutto questa mia capacità; quindi, ho aperto questo posto e devo dire che non mi aspettavo sarebbe stato così appagante. Le persone entrano e parlano con me, sono gentili e io riesco a soddisfare le loro richieste, questo mi fa stare bene".
Fece una pausa e si accomodò meglio sullo sgabello di legno che scricchiolò sofferente sotto il suo peso.
"Non so spiegare il perché di quell'insegna, sono sincero. Quel simbolo rappresenta la mia vita passata, che avrei dovuto dimenticare e che invece resta lì immobile a fissarmi come un gufo. In realtà solo ora ho capito che forse tutto questo ha un senso, adesso che vi ho qui seduti davanti".
"Cosa intende dire?" chiese Corrado.
"Che forse è proprio quel simbolo che mi ha permesso di non dimenticare. Quel fiume dorato che ho avuto davanti agli occhi in tutti questi anni ha mantenuto vivi i miei ricordi e credo lo abbia fatto per un motivo. Perché io potessi raccontare. Insomma, noi Fuoriusciti dimentichiamo tutto nell'arco di due, massimo tre anni, io invece no e ora voi venite qui e mi chiedete di raccontarvi storie del mio passato. So che sembra strano, ma non penso che tutto questo sia una coincidenza".
"Scriverò un trattato sulle coincidenze" disse Corrado.
"Come prego?"
"Oh, no nulla. Continui pure"
"Che cosa è successo?" chiese Beatrice.
Otto si schiarì la voce e cominciò a raccontare.
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