21. Le coincidenze
Il pomeriggio era soleggiato, l'aria fredda e c'era un leggero venticello che tagliava la pelle.
Beatrice arrivò come sempre in sella alla sua bicicletta, imbacuccata a dovere dentro ad un giubbotto a righe colorate che avrebbe messo in fuga anche il banco di nebbia più ostinato.
Si sedette su una delle panchine nel cortile della biblioteca e rimase lì con la faccia al sole.
Corrado si trovava lì già da una buona mezzora, ma se ne stava nascosto dietro l'angolo e solo quando vide Beatrice sedersi, uscì dal suo nascondiglio raggiungendola di corsa come se avesse appena finito di salvare il mondo e l'umanità intera.
"Ciao", disse simulando l'affanno.
"Ti ho visto"
"Cosa?"
"Dietro l'angolo, ti ho visto"
Corrado cercò nella testa una scusa plausibile per giustificarsi, ma più cercava e più si sentiva stupido.
Si arrese.
"A volte sono ridicolo, lo so"
"E chi non lo è?" rispose lei.
La biblioteca li osservava immobile, la luce del sole e il cielo terso rendevano il bianco delle pareti accecante. Nel cortile non c'era nessuno, solo una vecchietta curva sul suo bastone che camminava a passi lentissimi verso i giardini antistanti.
"Allora, l'unica cosa che ho capito è che qualcuno è uscito dal Varco e sembra essere piuttosto pericoloso, almeno dalle facce che avevano all'Alto Consiglio" disse Beatrice alzandosi i piedi.
"E Galeno era sulle sue tracce quando l'abbiamo beccato. Quando si è fatto beccare." aggiunse Corrado.
"Giusto"
"E anche se non voleva che lo notassimo, io l'ho visto molto preoccupato"
"Era ovvio che fosse preoccupato! Come tutti gli altri, li hai sentiti anche tu. Chi volevano ingannare?" esclamò Beatrice.
"Comunque c'è solo un modo per saperne di più"
"E quale sarebbe?"
Corrado indicò il campanile della Cattedrale che svettava oltre la biblioteca. "Parlare con Elias".
"Genio, andiamoci subito" disse Beatrice incamminandosi.
Corrado la seguì a passo svelto, attraversarono di nuovo il cortile della biblioteca oltrepassandola e si ritrovarono proprio sul fianco sinistro della Cattedrale, dove dietro il viale alberato se ne stava immobile la piccola porta di legno.
"Pensi che lo troveremo?"
"Se deve presidiare il Varco, ci sarà" rispose Corrado.
Entrarono nella Cattedrale, la luce del sole filtrava dalle enormi vetrate colorate rendendo l'ambiente molto più luminoso di come lo ricordassero.
Si guardarono in giro ma di Elias non v'era traccia, la Cattedrale però era aperta quindi doveva essere per forza nei paraggi. Si diressero nell'unica area chiusa di quel posto: la sagrestia.
Spinsero piano la porta di legno e si ritrovarono in una stanza piuttosto grande. Alte armadiature di legno percorrevano le pareti e al centro troneggiava un lungo tavolo scuro. Ad un capo del tavolo sedeva Elias con un volume aperto tra le mani.
"Sapevamo di trovarti qui" disse Corrado.
Elias alzò il naso dalle pagine e sorrise ai ragazzi, sembrava piacevolmente sorpreso di vederli.
"Che ci fate da queste parti? Allora non vi hanno rinchiuso nelle segrete di Mezzanto?"
Beatrice fece pochi passi in direzione del tavolo.
"No per fortuna, ci hanno lasciato andare, abbiamo conosciuto Galeno, ci ha portati-"
"Fuori da varco subito" la interruppe Corrado lanciandole un'occhiataccia.
Beatrice si morse la lingua.
La sagrestia era illuminata dalla luce delle finestre, le ante semichiuse degli armadi mostravano appese all'interno alcune divise da chierichetto.
"Cosa leggi?" chiese Corrado.
"Oh, beh... mi avete incuriosito con quella storia dell'Inferno sapete" disse Elias mostrando una copia della Divina Commedia.
"Una lettura leggera, buona fortuna"
"Galeno, ci ha detto che tu sei uno dei Custodi migliori di Mezzanto e per questo ti trovi qui" disse Beatrice andando dritta al sodo.
"Sono un bravo portinaio, apro e chiudo il Varco con estrema grazia" rispose Elias. "Galeno è un bravo ragazzo, lo conosco da anni e conosco suo padre da molto prima che lui nascesse. È un Passante estremamente capace, ha coraggio da vendere e sa fare bene il suo lavoro, ha solo un difetto però... parla troppo ed è terribilmente incosciente".
Corrado ricordò in quel momento la conversazione tra Galeno e Zibone e il momento esatto in cui anche lui avesse pensato che Galeno fosse completamente impazzito.
"Quando ci hai lasciato al Consiglio, che è stato davvero assurdo, con tutte quelle persone che ci guardavano e poi le guardie, la tensione, insomma una cosa pazzesca. Comunque, quando ci hai lasciato lì, abbiamo sentito delle cose e ci chiedevamo se potessi dirci di più" provò a chiedere Corrado.
"Riguardo a...?"
"A qualcuno che è uscito da qui, che ora state cercando" rispose.
Corrado rimase in attesa, vide lo sguardo di Elias rimbalzare dal suo volto a quello di Beatrice ripetute volte, come se stesse cercando di capire se facessero sul serio. Certo che facevano sul serio, erano lì apposta. Alla fine, sembrò decidersi a parlare.
"Molti Passanti escono dai Varchi, ogni giorno, da tantissimi anni. Vengono qui, vi osservano, vi studiano e cercano di conoscere il vostro mondo, perché tutto questo per noi-"
"Rappresenta una minaccia, lo abbiamo capito fin troppo bene" lo interruppe Corrado.
"Già, per noi è fondamentale che i Varchi siano sotto controllo, ne va della nostra sopravvivenza" disse Elias invitando i ragazzi a sedersi con lui.
Beatrice e Corrado si accomodarono. Le sedie di legno grattarono il pavimento con un suono stridulo.
"Non so cosa abbiate sentito, ma quello che vi posso dire è che tutti i giorni moltissimi Passanti attraversano i Varchi per poter osservare l'Esterno, stanno bene attenti a non farsi vedere, ma anche se li vedeste in realtà non sareste in grado di distinguerli dagli Estranei, dalla vostra gente. Potreste forse avere qualche percezione ma nulla di più"
"In che senso?" chiese Corrado togliendosi la sciarpa.
Elias appoggiò i gomiti al tavolo e unì le mani, tamburellò con le dita per qualche secondo.
"Vi è mai capitata qualche strana coincidenza? Per esempio, di incappare in qualcosa o in qualcuno a cui avevate appena pensato o di cui avevate letto a riguardo magari il giorno prima o la mattina stessa?"
"Sì, a me è capitato. Più di una volta" rispose Beatrice.
"Ecco, quello è uno dei segnali. In quel momento nei paraggi potrebbe esserci, dico potrebbe, una persona con delle doti magiche"
"Veramente?" chiese Beatrice mentre le sue sopracciglia si inarcavano.
"Oppure potreste trovarvi vicino ad uno di noi quando vi capita un déjà-vu, sapete di cosa parlo?"
"Quando ti sembra di aver già vissuto quel momento" rispose Corrado.
"Esattamente. Anche quello è un altro segnale, e poi il freddo improvviso. Il brivido" aggiunse Elias.
Beatrice lo ascoltava con estrema attenzione.
"Sto cercando di ricordare tutte le coincidenze assurde della mia vita, aspetta adesso che ci penso... è successo proprio qui! Me lo ricordo bene! La prima volta che ti abbiamo visto! Non ci credo!" disse.
Elias annuì sorridendo.
Corrado incrociò le braccia e si appoggiò pensieroso allo schienale di legno.
"Sapevo che doveva esserci una spiegazione, ne ero più che sicuro. Non ho mai creduto alle coincidenze, non potevano essere solo coincidenze. Avevo persino elaborato una teoria, la Teoria dei Fili, una specie di connessione neurale tra esseri umani, ma dimostrarla sarebbe impossibile e comunque inutile a questo punto" spiegò.
"La teoria dei fili?" lo squadrò Beatrice.
"Sì, lascia stare. Ora che conosco la verità anche a me sembra una teoria assurda. Non che la verità sia meno assurda intendiamoci".
Elias ridacchiava e nei suoi occhi, grandi e scuri come castagne, brillava una strana luce.
"Ma di quanti Passanti parliamo, quante persone passano i Varchi ogni giorno?" chiese Beatrice.
"Il numero esatto non lo conosco, saranno migliaia, in tutte le Comunità Magiche. E ci sono anche parecchi di noi che hanno deciso di non tornare più" disse Elias, pentendosi quasi subito di aver pronunciato quella frase.
Corrado strabuzzò gli occhi.
"Non tornare più? Cosa vuoi dire?"
"Li chiamiamo i Fuoriusciti. Persone che per qualche motivo hanno deciso di vivere nel mondo esterno" dovette spiegare Elias arrendendosi al fatto che avrebbe dovuto sciorinare tutta la storia.
"E perché uno dovrebbe voler vivere qui, quando ha Mezzanto?" chiese Corrado senza riuscire a capire.
Elias ci pensò su un po', si mise comodo sulla sedia di legno che scricchiolò sotto il suo peso e poi incrociò le braccia sul petto. Le rughe sul suo viso divennero ancora più marcate.
"Suppongo perché l'Esterno ha dato loro qualcosa in più, qualcosa che non riuscivano a trovare, per svariati motivi, perché sapere che là fuori c'è un intero mondo da scoprire può rappresentare un'attrattiva molto forte, no?" spiegò Elias.
In effetti non aveva tutti i torti, pensò Corrado.
"Se voi umani veniste a conoscenza delle comunità magiche, probabilmente fareste la stessa cosa" continuò.
"Quindi vuoi dire che in mezzo a noi vivono dei maghi?" chiese Beatrice.
"Sì, ma non è così semplice come sembra, potreste percepire delle sensazioni come vi ho spiegato ma non credo che potreste riconoscerli e nemmeno loro forse potrebbero farlo" rispose Elias.
"Cosa intendi dire?"
"Intendo dire che il vostro mondo ci assorbe, annulla i nostri poteri lentamente, chi decide di lasciare le Comunità Magiche diventa a tutti gli effetti un Estraneo" spiegò Elias.
"E come è possibile?"
"La nostra magia è qualcosa che in un certo senso ci protegge, è parte della nostra vita, è la nostra vita. Se non può servirci, si indebolisce, si avvizzisce fino a svanire e con essa tutto ciò che ci portiamo con noi, i ricordi, le sensazioni, le emozioni che abbiamo vissuto. L'unico modo per conservarla è praticarla di continuo, esserne circondati".
Beatrice aveva la bocca semichiusa e un'espressione più affranta che stupita.
"È terribile" disse.
"Sì, lo è, ma alcune persone decidono di rinunciare a tutto questo comunque. A volte è complicato sentirsi parte di qualcosa, alcuni di noi sentono di non appartenere a quel mondo, vanno alla ricerca del proprio posto, almeno ci provano. Anche agli Estranei capiterà forse"
"Però noi non acquistiamo poteri magici dopo un soggiorno a Mezzanto, giusto?" chiese Corrado.
"No, è escluso. Ed è proprio per questo, che dobbiamo proteggerci, perché i nostri poteri sarebbero in pericolo, potrebbero diventare un'arma se qualcuno di voi riuscisse in qualche modo a governarli, venendo a conoscenza del nostro mondo".
"Ma come si vive senza ricordi, senza passato?" chiese Beatrice ancora scossa da quella rivelazione.
"Se ne creano altri, la nostra mente sostituisce i nostri ricordi con qualcosa di fittizio, qualcosa che permea dall'ambiente che ci circonda, per questo vi dicevo che nemmeno i Fuoriusciti sanno di esserlo, almeno quelli che sono fuori da molto tempo, ci vuole qualche anno prima di dimenticarsi completamente chi siamo" disse Elias.
"Ed è irreversibile?" chiese di nuovo Beatrice.
"Questo non lo sappiamo, finora nessuno è mai tornato per raccontarlo" rispose Elias. "I Fuoriusciti ormai sono parte del vostro mondo, Estranei a tutti gli effetti, con le loro vite, non hanno più nulla a che fare con noi e noi rispettiamo la loro scelta".
"Ma di quante persone stiamo parlando?" chiese Corrado.
"Centinaia, forse migliaia".
Corrado era sbalordito. Non capiva come qualcuno potesse scegliere di rinunciare alla sua vita per sempre, in fin dei conti era un po' come morire e rinascere, ma ad un prezzo altissimo. Rinunciare agli affetti, ai ricordi, a tutto quello che era stato. Forse non li poteva capire davvero, forse la magia poteva rappresentare un fardello insostenibile per alcuni di loro, forse c'era qualcosa nel mondo esterno che valeva di più. Era il salto nell'ignoto, lo sconosciuto, il nuovo ad attrarli. In fin dei conti era la sensazione che avevano provato loro quando avevano pregato Galeno di accompagnarli a Mezzanto.
Ma lui avrebbe rinunciato a tutta la sua vita per Mezzanto? Avrebbe potuto scordare il suo passato, dimenticarsi chi era stato per Mezzanto?
"Elias dicci la verità, cosa sta succedendo? Perché Galeno ha parlato di pericolo?" chiese a quel punto Beatrice cercando di persuadere Elias a dare una risposta soddisfacente.
"Perché Galeno parla troppo ve l'ho detto!" disse Elias sorridendo. "Sentite, è stata un'avventura lo so, mi rendo conto che tutto questo sia qualcosa di folle per voi, ma datemi retta, statene fuori, non ficcate di nuovo il naso in affari che non vi riguardano".
"Ma forse questi affari riguardano anche noi non credi?" chiese Beatrice.
"Accidenti, siete due testoni, non vi dirò una parola di più".
Beatrice capì in quel momento che non avrebbe cavato un ragno dal buco da quella conversazione. Elias era un uomo ligio al suo dovere e non avrebbe parlato, tantomeno a loro.
Si appoggiò allo schienale guardando Corrado, il suo sguardo diceva che quella non era la strada giusta e dovevano trovare un altro modo per avere informazioni.
"Vi consiglio di tornare alle vostre vite e dimenticare tutto questo" disse Elias come se stesse parlando ai suoi figli.
Beatrice si alzò.
"Ti sembra facile? Dimenticare tutto questo...".
Poi fissò Elias con l'espressione più implorante e commovente che le riuscì di trovare sperando di spezzargli il cuore, di scalfirlo almeno un pochino, di penetrare di qualche millimetro appena in quella corazza dura e spessa.
"La nostra vita non sarà più la stessa, lo capisci?".
Il labbro di Beatrice tremò.
Passarono alcuni secondi, Elias deglutì.
"Sentite io non posso proprio dirvi nulla, ma forse troverete qualcuno disposto a farlo".
Crack. Beatrice vide la luce entrare dalla crepa, nessuno poteva resistere ai suoi occhioni tristi.
"Che intendi dire?" chiese Corrado.
"Che io-non-posso-dirvi-nulla. Siete due ragazzi più che svegli, non c'è bisogno che aggiunga altro" rispose Elias.
Beatrice se ne stava in piedi senza capire esattamente dove Elias volesse andare a parare, ma contenta di aver provocato quel piccolo cedimento.
"Ora per favore lasciatemi in pace, questo passaggio è terribilmente complesso" disse afferrando di nuovo la Divina Commedia aperta sul tavolo.
Corrado si alzò e si rimise sulla spalla lo zaino. Uscirono silenziosamente lasciando Elias immerso nelle terzine dantesche.
Percorsero la navata centrale illuminati dalla lucedelle vetrate e uscirono nuovamente sul grande sagrato di pietra grigia.
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