2. Mattina

Liceo Scientifico Augusto Aliberi.

Istituito in onore dell'omonimo poeta e scrittore, per oltre cinquant'anni orgoglio della città. Dentro le sue mura si consumavano ogni anno tragedie, commedie, interrogazioni in tre atti, nascevano amori, poi morivano, poi resuscitavano, per poi perire miseramente sotto il fuoco incrociato di tradimenti, pettegolezzi, sette in condotta e infamie indelebili sulle piastrelle dei bagni.

Terzo anno. Classe terza C. Piano rialzato, ala destra, affacciata sul giardino.

Beatrice varcò la soglia prima del suono della seconda campanella, raggiunse il suo banco posizionato dietro una semicolonna, si tolse la giacca e si accomodò aggiustandosi i capelli.

Non riuscì a trattenere un vistoso sbadiglio.

"Buongiorno", le sorrise Alessandro allungandosi dall'ultima fila di banchi.

"Ciao".

Alessandro negli ultimi tempi le stava addosso come un segugio, non è che le desse fastidio, anzi quelle attenzioni non le dispiacevano affatto, anche se lui non era esattamente il suo tipo.

"Che c'è?" gli chiese Beatrice ridacchiando.

Lui si dondolò sulla sedia un paio di volte. Sorrise.

"Nulla"

"Oggi Puntaspilli interroga vero?"

"Sì, ma si offre Garmigli".

Dal corridoio giungeva il vociare degli ultimi studenti restii ad entrare nelle rispettive aule.

Un inconfondibile rumore di tacchi risuonò e la professoressa Wanda Ossolini, per tutti Puntaspilli, fece il suo ingresso.

"Cari ragazzi, buongiorno a tutti" disse con voce soave, posando l'enorme borsa con la leggerezza di una farfalla.

Si accomodò sulla sedia. Quanta grazia c'era in quella donna!

Si sistemò i capelli di un colore a metà tra il vino e il sangue, si aggiustò gli occhiali sul naso con la punta delle dita e aprì il registro davanti a sé.

Sembrava che le sue dita camminassero sulla carta.

Fece l'appello annotando che l'andamento dell'influenza stagionale peggiorava, mentre il ritardo dei trasporti pubblici rimaneva stabile, anche se senza dubbio la variabile 'interrogazione alla prima ora' aveva contribuito ad alzare in modo esponenziale il livello di assenze, che si assestava quel giorno a circa metà della classe.

"Molto bene, cari superstiti, vi vedo pronti per affrontare il vostro destino" disse facendo scorrere il dito su e giù per il registro.

In classe calò un silenzio spettrale. Beatrice scivolò piano sulla sedia cercando di nascondersi sotto al banco.

"Questo è il vostro momento di combattere, di dimostrare che dentro a quelle teste qualcosa si muove. Dunque, senza paura e ulteriori indugi, oggi interroghiamo!".

Applausi dall'ultima fila. Il solito scemo.

"Grazie Marinelli. Sfortunatamente lei è già stato interrogato la settimana scorsa e sa bene che non oserei ripetere il supplizio, altrimenti avrei certamente premiato il suo entusiasmo" disse la Ossolini, mentre il suo dito indice si fermava sul nome del malcapitato.

Beatrice ebbe un crampo allo stomaco che le tolse il fiato. Si voltò e guardò Alessandro.

Lui lanciò un'occhiataccia a Corrado Garmigli intimandogli di muoversi.

La tensione era palpabile, la sopravvivenza dell'intera classe era nelle mani di un solo uomo. Il sacrificio di uno, la salvezza della città.

E Garmigli come sempre non deluse le aspettative.

"Professoressa, se fosse possibile vorrei offrirmi" disse Corrado alzando la mano.

Forse l'avevano scampata.

La Ossolini alzò lo sguardo da sopra gli occhiali e posò la penna sul registro.

"Garmigli. Sempre lei. Perché sempre lei? Venga Garmigli" rispose.

Anche i muri della classe sospirarono sollevati, si percepì chiaramente il rumore.

Le interrogazioni della Ossolini erano notoriamente eterne e con Corrado la professoressa ci avrebbe sicuramente preso gusto, probabilmente avrebbero intavolato una qualche discussione fitta fitta, come due vecchi accademici di fronte ad una tazza di tè. Avrebbero dimenticato il resto della classe e l'orario. Sarebbe stata la campanella ad interrompere l'idillio.

Perfetto.

Beatrice, messi a tacere i crampi, si mise comoda sulla sedia e appoggiò il mento alle mani. Guardò fuori dalla finestra. Il cielo era bianco d'ovatta, gonfio.

Sbadigliò di nuovo. Quella notte si era svegliata diverse volte, sapeva di aver sognato ma non ricordava che cosa. Le capitava sempre più spesso nell'ultimo periodo.

La nonna le aveva preparato un qualche intruglio bollente nel cuore della notte e l'aveva appoggiato sul comodino accanto al letto, ancora le sembrò di percepirne il profumo speziato.

"Che succede? Qualche spiritello?" le aveva chiesto accarezzandole i capelli.

Beatrice sorrise ripensando a quelle parole, ma dopo pochi secondi la sua espressione si fece cupa, poteva sentire Corrado in sottofondo che raccontava di donne angeliche e amori impossibili. Ma non lo ascoltava veramente. Era solo un brusio, troppo lontano dalla sua testa e dai suoi pensieri.

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