14. Nella bottega di Zibone

Proseguirono per una cinquantina di metri all'interno del vicolo finché Galeno si fermò davanti ad un'elegante bottega, sulla cui insegna illuminata da due lanterne a Lumi, campeggiava la scritta Montelana abiti su misura.

"Mi spiace ma non potete andarvene in giro per la città agghindati a quel modo, dareste troppo nell'occhio" disse Galeno squadrandoli entrambi dalla testa ai piedi.

"Vi ho portati dal miglior sarto della città, oltre che mio caro amico" disse aprendo la porta d'ingresso.

Corrado non era molto entusiasta all'idea di cambiare abito, del resto, non era avvezzo ad occuparsi di faccende come il vestire bene, quello che faceva era più che altro coprirsi. Ma se questo avesse significato poter passare inosservati l'avrebbe fatto, con riluttanza, ma l'avrebbe fatto.

La bottega del sarto era come quasi tutto il resto a Mezzanto, enorme.

Un grande salone rivestito di moquette verde punteggiata di rombi dorati li accolse, scaffali zeppi di rotoli di stoffe e tessuti di ogni genere e colore, rivestivano tutte le pareti. A destra nelle cabine di prova larghi specchi circolari si nascondevano dietro le pesanti tende di velluto ocra. Un ballatoio di legno scuro, sulla quale scorrevano diverse scale a pioli percorreva tutto il perimetro del salone. Nell'aria si percepiva un elegante odore di legno e resina.

Corrado si guardò intorno scrutando ogni particolare.

Dietro al lungo bancone al piano terra erano stipati sugli scaffali, chiusi in contenitori di vetro, bottoni di ogni misura e colore, nastri, cordini, lacci, inserti preziosi, pietre, madreperla, fili e rocchetti, aghi, forbici, metri arrotolati, catenelle e catenine, fibbie, piccoli animali di stoffa, fiori, frutti e cucchiaini da tè.

Che cosa c'entrava quella roba col cucire abiti?

Beatrice sembrava su di giri. Corrado dal canto suo era impietrito e non aveva nessuna voglia di spogliarsi.

"Galeno! Amico mio che ci fai qui?" un giovane uomo si affacciò dal ballatoio.

Corrado si voltò.

Non era molto alto, portava i capelli corti, aveva una barba scura appuntita e una voce molto profonda. Era vestito in modo elegante, come probabilmente si addiceva ad un sarto.

Scese una delle scale a pioli appoggiandosi appena con la mano sinistra.

Aveva un certo stile bisognava ammetterlo.

Galeno si avvicinò e lo abbracciò calorosamente.

"Avevo bisogno di vedere un volto amico, è stata una giornata intensa e mi sono appena preso una sospensione dall'Alto Consiglio...".

"Come? Perché?" chiese l'uomo.

"Ti spiegherò con calma, ora abbiamo bisogno di te e delle tue abili mani" rispose Galeno voltandosi verso i ragazzi.

"Lui è Zibone Montelana, forse, anzi che dico, sicuramente il sarto più talentuoso di Mezzanto e ora vi sistemerà per le feste. Zibone loro sono Beatrice e Corrado".

Corrado tremava.

"Piacere", disse Beatrice sorridendo.

"Piacere mio, sentiamo, di che cosa avete bisogno esattamente?" chiese Zibone squadrandoli dalla testa ai piedi. "Un abito da cerimonia, da passeggio, da colazione? Un semovente?"

"No, niente di tutto ciò Zibone. Camuffali e basta, così che non sembrino quello che sono" disse Galeno.

Zibone tamburellò con i polpastrelli e lo guardò perplesso.

"E che cosa sono?".

Galeno sospirò, fece una pausa, poi li guardò entrambi quasi con affetto.

"Estranei, sono Estranei" disse infine.

Corrado trasalì e un brivido gli percorse la schiena fino alla nuca.

Ma che stava facendo Galeno adesso? Era impazzito? Che gli era saltato in mente?

Zibone impallidì e il suo sguardo si posò sulle sneakers che indossava Beatrice, sui suoi capelli arruffati, sullo zaino impermeabile buttato a terra. Stava per svenire.

"Intendi estranei, Estranei?" chiese con un filo di voce.

"Sì, hanno passato il Varco, Elias li ha portati qui. La responsabilità è mia, per questo mi hanno dato sette tramonti. Sono stati interrogati dall'Alto Consiglio e ora dovrebbero essere a casa ma mi sono lasciato convincere e gli ho promesso una visita alla città" rispose Galeno con estrema naturalezza.

Zibone abbassò il viso e sgranò gli occhi verso l'amico.

"Galeno, ti rendi conto...".

"Ascolta, faremo solo un giro, quando mi potrà capitare di nuovo? Poi li riaccompagnerò personalmente al Varco, non c'è nulla di cui preoccuparsi"

"Io non credo che sia una buona idea-"

"Faremo solo un giro, non c'è nessun pericolo. Fidati di me".

Corrado se ne stava impalato ascoltando in silenzio, Zibone era perplesso e scrutava Galeno. Probabilmente pensava che gli avesse dato di volta il cervello.

All'improvviso la porta della bottega si aprì quasi sbattendo. Un giovane ragazzo magro come un chiodo entrò senza presentarsi.

"Consegna! Mi scuso per il ritardo, c'è stato un contrattempo giù al porto, una maledetta chiatta si è messa di traverso e tutto il carico è finito in acqua, dannati incapaci..." disse varcando la soglia carico di rotoli di stoffe.

"Oh! Mi scusi signor Montelana, non pensavo avesse clienti a quest'ora" si tolse il berretto rosso di vergogna.

"Non ti preoccupare Favorino, metti pure tutto nel retro" rispose Zibone indicando la strada al fattorino.

"Non credo che sia prudente Galeno, forse dovresti riportarli al Varco e basta" proseguì poi sottovoce.

"Abbiamo dato la nostra parola, Signore" disse Beatrice che aveva colto la preoccupazione del sarto.

"Oh, chiamami Zibone ti prego e dammi del tu"

"Non vogliamo creare nessun problema, è solo che tutto questo è pazzesco e non possiamo davvero andarcene via così, si metta nei nostri panni" continuò Beatrice.

Zibone guardò Galeno.

"Sanno essere piuttosto convincenti sai".

Corrado non proferiva parola e osservava con tensione i rotoli di stoffe colorate, convincendosi che nessuno di quelli che vedeva poteva essere adatto a lui. No davvero.

"Bene allora, se Galeno si fida di voi allora lo farò anch'io. Una cosa è certa però, nei vostri panni, questo mai!" sorrise Zibone indicando i vestiti decisamente poco raffinati che indossavano.

"Forza allora, li trovate i camerini toglietevi i vestiti, vediamo cosa posso fare per voi".

Corrado si avviò verso il camerino più lontano come si avvia un condannato al patibolo.

Beatrice era impaziente di osservare Zibone al lavoro.

Galeno si accomodò su una poltroncina mentre Favorino uscì dalla bottega salutando i presenti, posando le ultime scatole sul bancone.

"Tutti i vestiti?" chiese Corrado con un filo di voce mentre si sfilava controvoglia il maglione a righe.

"In tanti anni di carriera non ho mai preteso che qualcuno si togliesse la biancheria" rise Zibone, arrotolandosi le maniche della camicia.

Corrado si rasserenò, ma si sentiva tremendamente in imbarazzo all'idea di mostrarsi là fuori in mutande, davanti a tutti, davanti a Beatrice.

Sbirciò fuori dalla tenda.

Zibone agitava le mani in tutte le direzioni e diversi metri di stoffa cominciarono a srotolarsi davanti ai suoi occhi, lui li scrutava, li toccava, li annusava persino e poi ne selezionava alcuni, mentre gli altri ritornavano ordinatamente sugli scaffali fluttuando come spettri. Anzi come alterazioni di flussi. Cavolo, quella storia l'aveva sconvolto!

File di bottoni uscirono dai recipienti di vetro e si misero a volteggiare nel grande salone danzando una danza invisibile.

"Sarei pronta" disse Beatrice affacciandosi alla tenda dopo pochi minuti.

"Anche io, pensò di aver trovato quello che fa per te signorina" disse Zibone gesticolando.

A quel punto dieci metri di seta purissima di un colore cangiante tra il blu e il verde, si srotolarono a mezz'aria e un paio di forbici li tagliarono volando letteralmente sopra le teste dei presenti. Il tessuto raggiunse Beatrice avvolgendola completamente come un uovo di Pasqua. Corrado non poté fare a meno di posare gli occhi su di lei mezza nuda prima che fosse completamente avvolta dalla seta. Aveva la pelle chiara e un corpo esile.

Una dozzina di rocchetti di filo si misero in marcia verso il grosso vortice andando in soccorso di Beatrice che estasiata ammirava quel mare bluastro che le girava intorno. Rideva divertita come non rideva da un pezzo. La grossa massa di tessuto si strinse intorno alla sua vita, poi si ripiegò formando una gonna, mentre i fili si infilavano tra una piega e l'altra cucendo i lembi di stoffa. Una fila di bottoncini di madreperla chiuse il corpetto sulla schiena, facendo così risaltare i suoi fianchi sottili, solitamente ben nascosti sotto strati di tessuto, mentre un filo scuro ricamava arabeschi sull'orlo della gonna, sul colletto e sulle spalline.

A completare il tutto arrivarono una finissima cappa di lana grigia e un paio di stivali di pelle marrone che le calzavano a pennello.

Un nastro nero le raccolse i capelli in uno chignon.

"Non ci credo, guardate qui che roba!" disse Beatrice osservandosi allo specchio. "Non sembro più io"

Zibone la osservò compiaciuto.

"Ti sta a pennello".

Galeno annuì dalla poltroncina.

Corrado si tratteneva dietro la pesante tenda, gli sembrò strano vedere Beatrice indossare quell'abito, abituato com'era a vederla con i suoi scarponi da trekking e la sua collezione di magliette che spesso colorava lei stessa, con risultati improbabili. Non poteva negare però che vestita così fosse bellissima.

"Non mi sono dimenticato di te, sai" gli disse Zibone.

Corrado tremò, mise un piede fuori dal camerino e a fatica trascinò il resto del corpo. In mutande così, senza scampo. Che diavolo di situazione!

"Ora, immobile" gli intimò Zibone con uno sguardo di sfida.

Come un direttore d'orchestra impazzito gli scaraventò addosso metri e metri di tessuto leggero di lana blu che lo seppellirono completamente.

Corrado sentì Galeno e Beatrice che se la ridevano là fuori.

"Siamo sicuri che non sia troppo?" disse dalla pancia di quel mostro di tessuto che sembrava divorarlo.

"Il blu non è mai troppo" rispose Zibone indaffarato a combatterlo.

Dopo un vorticoso turbinio di fili, tessuti e bottoni Corrado emerse vestito di tutto punto con un elegante abito blu zaffiro, completo di camicia, panciotto, scarpe e cintura.

"Beh?" chiese guardandosi allo specchio ancora stravolto.

"Decisamente meglio, un figurino" disse Zibone.

Si, non era male dopotutto.

Si voltò e vide gli occhi di Beatrice posati su di lui. Aveva un'espressione così seria, quasi si sentisse a disagio. Corrado percepì un leggero calore sulle guance.

Galeno scattò in piedi come una molla.

"Bene ragazzi, direi che possiamo andare".

Zibone lo guardava con aria preoccupata ma non disse nulla.

Galeno infondo era adulto abbastanza da potersi assumere le sue responsabilità. In fin dei conti era un Passante, aveva scelto di esserlo e questa scelta comportava dei rischi, ogni volta che esplorava un Varco si trovava di fronte a potenziali pericoli, molti dei quali ignoti. Una visita alla città non poteva rappresentare un compito tanto rischioso per un tipo come Galeno. Anche se in compagnia di due Estranei.

"Devi stare tranquillo, so quello che faccio, si tratta solo di un paio d'ore" disse Galeno rassicurandolo, leggendo il suo timore negli occhi.

Zibone annuì poi guardò verso Beatrice.

"Credo sia arrivato il momento di salutarci, è stato un piacere conoscervi. Non avevo mai visto due Estranei prima, Galeno me ne ha parlato diverse volte ma vedervi di persona è un'altra cosa"

"Grazie per questi abiti meravigliosi" disse Beatrice facendo roteare la gonna di seta.

"Come possiamo sdebitarci?" chiese Corrado constatando in quel momento che non aveva un soldo in tasca. Si chiese poi che tipo di moneta usassero in quel posto, aveva tantissime domande e non vedeva l'ora di conoscere le risposte.

"Non mi dovete nulla, solo cercate di fare attenzione" rispose Zibone aggiustandosi le maniche della camicia. Poi con un lieve gesto della mano destra raccolse gli abiti dei ragazzi nei camerini, li ripiegò con cura e li mise nello zaino di Corrado. Chiuse lentamente le dita della mano, in quell'istante lo zaino con tutto il suo contenuto si rimpicciolì fino a raggiungere le dimensioni di una noce.

"Così potrai metterlo in tasca, meglio nasconderlo. E poi rovinerebbe la mia creazione" disse porgendolo a Corrado. "Non preoccuparti, quando arriverete al Varco riavrete i vostri abiti".

Corrado osservò il minuscolo zaino nel palmo della sua mano e tremò all'idea che lì dentro ci fossero tutti i suoi appunti per il compito della Ossolini, oltre che i documenti e le chiavi di casa.

"Ora andiamo, ci aspetta una visita alla città!" disse Galeno.

Salutarono Zibone e si diressero verso l'uscita con i loro nuovi abiti fiammanti cuciti addosso.

Fuori era buio, ma la città era illuminata in ogni angolo e la via brulicava di gente.

"Venite, vi porto a vedere il fiume".

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