13. La città sull'acqua
MEZZANTO
La città sull'acqua.
Di Evabella Pontecorvo de Mantis
Il visitatore che per la prima volta si appresti a visitare la città resterà certamente colpito da un lato dalla magnificenza dell'architettura e dagli edifici più moderni, dall'altro non potrà che soffermarsi sulle innumerevoli tracce di un passato che perdura ancora oggi negli scorci pittoreschi delle antiche botteghe, nei canali d'acqua cristallini che lambiscono le strade e i vicoli addentrandosi spesso fino a raggiungere i cortili nascosti delle vecchie abitazioni.
Mezzanto è la città dai due volti, quello antico e rassicurante dei primi navigatori che qui si fermarono per la prima volta circa duemila anni orsono interpretando quello che lessero come un segnale benevolo del fato. Narra infatti la leggenda che durante la navigazione le acque del fiume si arrestarono all'improvviso e le chiatte smisero di navigare, i navigatori scelsero quindi quel luogo per stabilire la loro prima dimora, il villaggio delle chiatte, ancora oggi visibile sulla riva sinistra del fiume che porta anch'esso il nome della città.
Mezzanto appunto, che sta nel mezzo, perché sorta a circa metà del fiume il cui corso si snoda per 620 chilometri, dalla sorgente situata alle pendici dei Monti Pallidi fino alla foce sulle rive del Mare di Antaria.
La città come dicevo, mostra agli occhi dei visitatori soprattutto il suo volto più moderno e innovativo. Quello che più di tutti racconta l'evoluzione di un mestiere, che anno dopo anno si è perfezionato a tal punto da ricevere riconoscimento e prestigio in ogni angolo dei Sette Distretti e che venne riconosciuto tra gli ordini cittadini proprio perché diventato emblema della città.
Mi riferisco ovviamente ai Mastri Costruttori, che di Mezzanto hanno fatto la loro espressione più sopraffina, tanto che venne fondata proprio nella città la prima Accademia dei Costruttori.
La tecnica di questi abili artigiani, affinata e perfezionata nel tempo grazie anche al sempre più efficace utilizzo delle arti magiche, è divenuta scuola e lo stile architettonico della città riconoscibile e riconosciuto.
Perlopiù si ammira la lucentezza dei marmi e delle pietre levigate, la trasparenza delle opali, il verde intenso della giada e l'iridescenza magnetica della madreperla, che i Mastri costruttori acquistano nelle botteghe dei commercianti pietrai in piccolissime quantità per poi trasformarle con sapienza negli edifici maestosi che possiamo ammirare passeggiando tra le vie della città o semplicemente alzando lo sguardo verso l'alto.
Ma Mezzanto non è solo architettura e bellezza, no di certo.
È una città che offre infinite possibilità, che ogni giorno si alimenta grazie all'intricata rete di canali dalle quali è attraversata e che ne rappresenta a tutti gli effetti la linfa vitale. Linfa che nasce principalmente dalle acque navigabili del fiume che ogni giorno trasportano mercanzie di ogni specie dirette fuori e dentro la città. Vale la pena di visitare il porto commerciale per rendersi conto della quantità di scambi e della ricchezza delle merci e dei prodotti che questa città offre.
Vale la pena di visitare il Padiglione del Mercato in cui si tengono esposizioni di ogni genere in qualsiasi momento dell'anno, vale la pena sedersi ad uno degli innumerevoli bistrot distribuiti nella grande Piazza, sorseggiando un bicchiere di Violetto di Marra ammirando il monumento dedicato alla città dal Mastro Costruttore Zante Venciotti, che dichiarò non solo di amare questa città ma di esserne totalmente succube.
Vale la pena perdersi tra i suoi vicoli, contrapposti ai moderni viali alberati. Vale la pena navigare i suoi canali con un'imbarcazione leggera e risalire il fiume fino al bosco per godere di una vista impagabile al tramonto.
Vala la pena soggiornarvi, forse persino stabilirvi la propria dimora e non sono molte le città che mi hanno fatto affermare questo, nonostante il mio lavoro mi porti a visitarne molte ogni anno.
L'augurio è che questo compendio, che non potrà in alcun modo descrivere appieno la sensazione di grandezza misurata, di posata magnificenza, di evoluzione placida che questa città trasmette a chiunque abbia la fortuna di visitarla, possa ad ogni modo destare interesse e curiosità verso quella che io ritengo essere una delle meraviglie dei nostri tempi.
Corrado e Beatrice spalancarono gli occhi.
Di fronte a loro si apriva la Grande Piazza, punteggiata da piccoli giardini, fontane zampillanti, alberi dalle chiome multicolore alti almeno venti metri. Canali di acqua cristallina attraversati da ponti e passerelle di ogni forma, attraversavano la piazza da parte a parte, facendola assomigliare ad una specie di ragnatela liquida. Al centro della piazza troneggiava un grande padiglione coperto da cui si sentiva provenire una musica squillante.
Beatrice fece qualche passo in avanti.
Che meraviglia era quel posto? I suoi occhi non si erano mai posati su nulla di più spettacolare prima.
Tutto attorno alla piazza si affacciavano palazzi giganteschi, tra i quali il palazzo dell'Alto Consiglio dal quale erano appena usciti. Sul lato opposto svettava un edificio di quarzo rosa, al quale si accedeva tramite un'imponente scalinata dello stesso colore.
"Che cos'è quello?" chiese Corrado indicandolo.
"Oh, quella è l'Accademia di Magia, anche io l'ho frequentata per poter diventare Passante. È una scuola di altissima formazione, da lì sono usciti Custodi, Passanti, e Decimatori. Ne esistono altre qui a Mezzanto, come quella dei Guaritori o quella dei Costruttori, ma quello è il posto giusto, l'unico in effetti, se vuoi avere una speranza di diventare Passante" disse indicando la bandiera che si muoveva nella brezza serale.
"Hai detto Decimatori?" chiese Beatrice.
"Sì, Decimatori, sono a capo dell'ordine pubblico" rispose Galeno. "Ora seguitemi, prima di qualsiasi altra cosa dobbiamo passare da un amico".
Si diresse verso sinistra.
Galeno camminava velocemente quasi saltellando, si muoveva in modo agile e aggraziato come se non percepisse il suo stesso peso.
Beatrice e Corrado lo seguirono osservando incantati gli abitanti di Mezzanto e la grande Piazza.
Gli uomini e le donne, ma anche i bambini e gli anziani rispecchiavano perfettamente la bellezza del posto. Non perché fossero particolarmente belli, qualcuno di loro lo era sicuramente, ma in generale erano persone piuttosto ordinarie se non fosse per la cura con cui vestivano e la grazia con cui si muovevano. Tutti sembravano portare abiti su misura. Alcuni erano decisamente eccentrici e appariscenti, ma quella doveva essere la moda del posto.
C'erano uomini che portavano sul capo tube altissime e ai piedi calzature appuntite, molti avevano un bastone da passeggio e un monocolo. Quasi tutte le donne indossavano un copricapo più o meno vistoso. Si notavano mantelli di lunghezze e colori diversi, eleganti completi da giorno e da sera, abiti che sembravano prendere vita, balze fluttuanti, gonne che roteavano durante la passeggiata sulle quali sbocciavano rose e peonie, persino giacche e panciotti che cambiavano colore e trama.
Galeno procedeva spedito puntando dritto verso un vicolo che si immetteva nella piazza.
Beatrice gli si mise accanto.
"È vera quella storia dei fantasmi?"
"Quale storia?"
"Quella delle voci"
Galeno rallentò leggermente, quasi si fermò e poi di colpo riprese a camminare.
"Ah! Quella. Sì, è vera"
Beatrice lo guardava impaziente.
"Vedete, ci sono alcune manifestazioni del nostro mondo che riescono a raggiungere l'Esterno. Non sono controllabili purtroppo. Capita, non molto spesso, in prossimità di varchi ancora acerbi".
Corrado ascoltava quella spiegazione come se il senso della vita stessa fosse tutto racchiuso in quelle parole.
"Per voi sono solo delle percezioni, più o meno evidenti. Ma a volte, molto raramente devo ammetterlo, possono essere visibili e persino tracciabili"
"Tracciabili?"
"Sì, possono essere, come si dice accidenti... fissate?"
Beatrice cercò di andargli dietro.
"Fissate?"
"Sì, con quegli strani aggeggi che usate voi. Li piazzate nei posti più assurdi e poi ve ne state ore ad aspettare che qualcosa si muova. All'inizio non capivo che cosa ci stavate a fare, poi è stata una sorpresa scoprire che potevate percepire qualcosa".
Aspetta, Galeno stava dicendo che quegli individui improbabili che passavano le ore appostati nei castelli, nei cimiteri o in qualunque altro luogo dimenticato, armati di videocamere termiche e infrarossi e ogni altra diavoleria, avevano ragione? Non erano solo dei matti fanatici?
"Non è che abbiano ragione, siete voi che li chiamate fantasmi. Per noi sono più che altro alterazioni dei flussi di energia che si manifestano all'Esterno sottoforma di percezioni visive e uditive di vario livello, ecco".
Eh, certo! C'era gente che ci aveva costruito una carriera su quelle alterazioni!
Corrado era sconvolto e aveva perso la parola. Quella rivelazione doveva averlo tramortito.
All'improvviso qualcosa di enorme si spostò proprio sopra le loro teste.
"Che cosa è quello?" chiese quasi urlando.
Beatrice guardò su.
In quel momento una grande di sfera di vetro sorvolò la piazza. Al suo interno sedevano alcune persone che chiacchieravano vivacemente mentre venivano trasportate verso il padiglione centrale.
"Oh, quella è una Bolla. Ne abbiamo diverse qui, le usiamo per spostarci, più che altro quelli che non hanno appreso Levitazione e Teletrasporto. Quella è una delle più piccole, ma ne esistono alcune che possono trasportare fino a quindici persone, sono piuttosto lente a dire il vero" spiegò Galeno guardando la Bolla allontanarsi.
Beatrice trasalì. Di nuovo, nel giro di pochi minuti!
"Teletrasporto hai detto, vuoi scherzare?"
"Niente affatto, ma non è cosa da tutti, è una delle arti più difficili da apprendere, richiede molto impegno. La maggioranza delle persone qui non è in grado di farlo"
"E tu sei in grado di farlo?"
"Certo che sì, per un Passante è il minimo".
Beatrice gli sorrise.
"No, non ne darò dimostrazione qui davanti a tutti!".
Corrado guardava verso il cielo e Beatrice fece lo stesso.
In mezzo ai Lumi che vorticavano come api videro decine di Bolle fluttuare sopra le loro teste, alcune si muovevano in alto sopra i tetti dei palazzi, altre più in basso. Erano lente come grosse lumache di vetro, silenziose, placide. All'interno uomini, donne, bambini comodamente seduti su seggiolini metallici, si lasciavano trasportare a mezz'aria in quella città da sogno dove tutto sembrava leggero e possibile.
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