11. Altre porte da aprire

Camminarono per circa una mezzora, il tunnel era scuro, non sembrava una formazione naturale come può essere una caverna, si percepiva in modo evidente la mano dell'uomo. Grandi pietre lucide erano disposte sulle pareti e sul soffitto in modo ordinato, non sembravano cementate fra loro, ricordavano in qualche modo i muretti a secco delle case di campagna. Eppure, non davano l'impressione di essere in qualche modo pericolanti, tutto l'insieme aveva un aspetto solido e resistente.

Beatrice guardò verso l'alto. Sopra le loro teste vide fluttuare, ad una decina di metri l'una dall'altra, alcune piccole luci ambrate grandi all'incirca come olive che si accendevano al loro passaggio.

"Cosa sono?" chiese Corrado indicandole.

"Lumi" rispose Elias.

Corrado si voltò e sorrise.

"Lumi" ripeté.

"Ci siamo quasi" disse Elias.

Si intravedeva una porta metallica molto robusta sul fondo del tunnel.

Beatrice sentì il cuore che ricominciava a galoppare, non sapeva se avrebbe retto l'emozione di aprire di nuovo una porta. Si ripeteva che aveva fatto bene a fidarsi del suo istinto, avevano corso un rischio è vero ed era certa che Corrado l'avesse odiata ma alla fine guarda dov'erano finiti, pensò. Chissà cosa c'era oltre quella porta, era impaziente di scoprirlo.

Giunti a quel punto una folata di vento gelido li investì come se provenisse direttamente dal Polo Nord.

Beatrice si strinse nelle spalle cercando di scaldarsi

"Si gela"

"Sì, è perfettamente normale sentire freddo, vuol dire che abbiamo passato il Varco in questo momento" spiegò Elias fermandosi davanti alla porta.

"Il varco?" chiese incuriosita.

"Questo passaggio, è quello che noi chiamiamo Varco, ce ne sono diversi, solo in città ne contiamo ventotto. Ora attenti stiamo per uscire".

Beatrice strinse il braccio di Corrado e attese con le gambe che tremavano di vedere cosa ci fosse fuori dal varco. Elias aprì la porta e un'ondata di luce li travolse.

"Siamo morti?" chiese Corrado.

"Credo di no" gli rispose Beatrice. I suoi occhi si abituarono subito a quella luce ma ancora non riuscivano a focalizzare l'esterno del tunnel.

"Eccoci arrivati, come vi sentite?" chiese Elias.

Nessuno dei due rispose. Oltrepassarono la soglia e si ritrovarono in una grande sala, alta e luminosa.

La temperatura era tornata gradevole.

"Che posto è questo?" chiese Beatrice sgranando gli occhi.

"Questo è il padiglione dei Varchi, uno dei tanti. E queste sono le uscite...o le entrate in effetti" rispose Elias indicando l'ultima porta sulla destra.

Beatrice si voltò, c'erano quattro porte in tutto nella sala, disposte in fila sulla parete.

Erano grandi, metalliche e finemente intarsiate con motivi geometrici. Sulla sommità ognuna recava una targa anch'essa metallica con una dicitura in corsivo.

A partire da sinistra si poteva leggere: Cordovez, Saint Joan, Acquini e sull'ultima porta quella da cui erano usciti pochi istanti prima, Camarelli.

A Beatrice fece uno strano effetto leggere il nome del piccolo paese in cui abitava da una vita, in quel posto surreale.

"Anche le altre porte sono Varchi e conducono all'Esterno, ma ora seguitemi non abbiamo molto tempo" disse Elias.

Corrado accanto a lei camminava tenendo il volto rivolto verso l'alto. Sulla sinistra enormi vetrate in ferro decorate con figure di uccelli in volo, alte almeno dieci metri, mostravano un incredibile cielo stellato.

Sotto di esse una lunga fila di sedute di velluto verde accompagnava lo sguardo verso l'uscita, sul lato opposto, disposte lungo la parete, una serie fontanelle dorate da cui zampillava acqua fresca.

Sopra di esse, dipinta sull'intera parete una mandria di cavalli in corsa sollevava nuvole di polvere in una grande radura. E correvano davvero! Lì davanti ai loro occhi!

"Non è possibile".

Beatrice camminava con la bocca spalancata. Quel posto le ricordava una specie di stazione o qualcosa del genere.

Sul soffitto, sospeso a mezzaria, fluttuava un lampadario a raggi, dalle cui estremità pendevano delle sfere di vetro di varie dimensioni, alcune grandi non più di un'arancia, mentre le più grosse raggiungevano il metro di diametro. All'interno c'erano i Lumi che avevano osservato poco prima nel tunnel. Oltre che diversi tipi di fiori e piante.

"Che posto, che posto assurdo" disse Corrado.

Raggiunsero la porta d'uscita.

"Ora statemi vicino e per favore non fiatate" disse serio Elias, portandosi il dito indice davanti alle labbra.

La porta si aprì da sola senza fare il minimo rumore e ben presto sbucarono in un atrio ancora più grande, quattro volte tanto quello da cui erano appena usciti.

"Oh, santo cielo! Questo posto è enorme!" disse Beatrice muovendo la testa a destra e sinistra, perché era impossibile vedere tutto quello spazio con un'unica occhiata.

L'atrio era ancora più alto del precedente, con pareti e vetrate che svettavano in alto e sembrava potessero raggiungere il cielo.

Il pavimento era scuro e numerose venature verdi e azzurre lo percorrevano. Ricordava il marmo, ma era molto più lucido e soprattutto cambiava aspetto, ogni volta che ci appoggiavi un piede sopra. Come se fosse vivo, le venature si spostavano, si mescolavano e davano vita a nuove forme e disegni.

Corrado osservò delle onde infrangersi sugli scogli proprio sotto i suoi piedi.

"Può sentirvi" spiegò Elias sorridendo.

"Che posto pazzesco, pazzesco" disse Corrado guardando la volta bianca e dorata dell'enorme salone sotto la quale migliaia di piccoli Lumi volteggiavano come api operose illuminando tutto l'ambiente.

Beatrice era in estasi, che razza di posto era quello? Mai visto nulla di simile prima!

Una grande scala di pietra bianca lucida ritorta su sé stessa portava ad una loggia al piano superiore che percorreva il perimetro dell'intero atrio, sulla quale si aprivano altre porte e corridoi.

"Chi sono queste persone?" chiese Beatrice notando la folla che riempiva l'atrio.

"Per lo più impiegati del Consiglio, ma anche gente di passaggio in città" rispose Elias.

C'erano diverse persone con dei lunghi soprabiti neri che si dirigevano verso l'ingresso dei padiglioni.

Le sembrò che tutti seguissero una direzione precisa mentre camminavano a passo svelto, anche se non era certa che tutti camminassero. Alcuni lo facevano, altri invece non muovevano nemmeno i piedi e sembravano trasportati da qualche nastro invisibile.

"Ehi, ma stanno volando?" chiese con la voce che tremava per l'emozione.

"Levitazione" rispose Elias continuando a camminare. "Per chi va di fretta".

Sembravano tutti alquanto indaffarati, si muovevano velocemente ma con estrema grazia. Tutto era assolutamente sproporzionato, c'era molto più spazio di quanto fosse probabile che ne servisse.

Le porte erano alte almeno il doppio delle persone, e solo quelle più piccole. L'atrio aveva le dimensioni di un campo da calcio e al centro troneggiava un'imponente fontana, Elias si dirigeva proprio in quella direzione.

Le persone presenti chiacchieravano senza curarsi di loro, nonostante fosse evidente che non erano di lì, un po' perché avevano perennemente il naso all'insù e la bocca spalancata dallo stupore e un po' per come erano vestiti. Beatrice osservava gli uomini e le donne che si muovevano nell'atrio e trovò che fossero tutti molto eleganti, vestiti di tutto punto, prevalentemente indossavano il grigio, ma si notavano anche diversi abiti verde scuro, nero e blu. Alcuni dettagli degli abiti le ricordavano qualche epoca antica, c'erano doppiopetti, mantelle e mantelline, bastoni da passeggio, grosse cinture con vistose fibbie metalliche, panciotti e gilet, alamari dorati e bottoni d'osso, stivali a punta ed eccentriche spalline. La maggioranza indossava un cappello, ce n'erano di varie fogge e dimensioni.

Beatrice fu colpita in particolare da una donna, magra e piuttosto alta, con un lungo soprabito grigio che le cadeva perfettamente, chiuso fino al collo da una doppia fila di bottoni d'argento. In testa indossava un copricapo composto da una doppia spirale metallica che circondava un cono di velluto blu scuro e poi scendeva lungo le tempie arricciandosi. La donna intenta a chiacchierare con un uomo anch'egli vestito in modo molto accurato, tolse dalla tasca, ripiegate con cura all'interno di un fazzoletto, due piccole lenti di vetro e le avvicinò al viso tenendole sul palmo della mano. A quel punto la spirale dorata che se ne stava attorcigliata al suo cappello, si srotolò come se fosse viva e cominciò a formare dei cerchi concentrici attorno ai piccoli dischi di vetro. Dopo pochi secondi, la donna si ritrovò fra le mani un paio di occhiali che indossò sulla punta del naso.

"Assurdo!" esclamò Beatrice.

"Non le capirò mai queste mode moderne" disse Elias osservando la donna.

"Sembra che qui tutto sia vivo" disse Corrado. "Anche quello che non dovrebbe esserlo, le luci, le pareti, il pavimento, è pazzesco!"

In pochi passi raggiunsero la fontana al centro dell'atrio.

La fontana era costituita da una vasca ottagonale e sormontata da grandi cerchi concentrici da cui sgorgava acqua limpida che cascava come fosse seta. Al centro del cerchio più interno, affondando possenti radici verdi direttamente nell'acqua, un maestoso albero cresceva rigoglioso, ospitando diversi uccelli variopinti e fiori bianchi come il latte.

Corrado si avvicinò per osservare meglio, mise le mani sul bordo della vasca e allungò il collo per guardare giù. Beatrice che gli era accanto allungò la mano per toccare l'acqua. Era blu, scura e profonda come il fondo del mare, vide banchi di pesci, alcune meduse, mante nere punteggiate d'azzurro e persino uno squalo. Alcuni degli uccelli si tuffavano nell'acqua della fontana ed emergevano con piccoli pesci argentati nel becco.

"Attenti per favore!" urlò Elias. "Non provate a caderci dentro o vi ritroverete immersi nel bel mezzo dell'oceano! A meno che non abbiate con voi un paio di bollisfere ve lo sconsiglio, anche perché sarebbe impossibile per voi tornare indietro"

Beatrice sollevò lo sguardo dalla superficie dell'acqua.

"Tornare indietro?"

"Bolli...cosa?"

"Questo è un Varco, scoperto moltissimo tempo fa, e sbuca proprio in mezzo all'oceano Pacifico" disse Elias indicando una targa metallica seminascosta tra i rami dell'albero.

Oceano Pacifico.

Gli occhi di Corrado erano spalancati di fronte a tutta quella meraviglia.

Beatrice lo osservò e gli sembrò ad un tratto una persona familiare nonostante in tre anni si fossero parlati pochissimo. In quel posto così lontano dalla realtà ma terribilmente reale si sentì all'improvviso felice di averlo accanto.

"Che c'è?" le chiese Corrado.

"Nulla" rispose lei sorridendo appena. "Sono contenta che tu sia venuto con me".

Corrado arrossì e non riuscì a rispondere. Beatrice l'aveva visto più volte arrossire in classe e si rese conto in quel momento che non doveva essere una cosa piacevole per lui.

"Da questa parte, seguitemi!" li interruppe Elias.

Girarono intorno alla vasca e raggiunsero una scalinata di pietra che si trovava sul lato opposto e conduceva proprio sotto alla grande fontana.

Scesero in silenzio i gradini lucidi, Beatrice rabbrividì all'idea dell'intero oceano Pacifico sopra le loro teste. Si lasciarono dietro l'indistinto vociare dell'atrio e tutte le persone che si spostavano come formiche indaffarate. La scalinata scendeva dolcemente e li condusse in breve tempo di fronte ad una porta di metallo a doppio battente, anch'essa finemente intarsiata come quasi tutte quelle che avevano aperto fino ad allora.

Dovevano avere una qualche passione per le porte in quel posto.

Elias si fermò di colpo e si voltò verso di loro.

"Io vi lascio qui, andate vi attendono, seguite il corridoio fino alla fine non potete sbagliare"

"Come? Tu non vieni con noi?" chiese Beatrice sorpresa e preoccupata.

Ad un tratto quel vecchio corvo nero le sembrò l'unica sicurezza che aveva nella vita, il suo sguardo non era più minaccioso, ma amorevole, quasi paterno. Non avrebbe voluto separarsi da Elias proprio in quel momento.

"No, io ho finito, devo tornare al mio lavoro, ora andate" disse allontanandosi.

Beatrice sentì un senso di smarrimento, ma tentò di nasconderlo.

"Ehi, grazie... insomma, grazie per non averci ucciso" disse Corrado guardando Elias vestito di nero allontanarsi risalendo i gradini.

Elias fece un cenno con la mano prima che la luce del piano superiore lo inghiottisse completamente.

Beatrice osservò il lungo corridoio che li separava da chissà che cosa.

"E ora?" chiese giocherellando con la punta delle dita.

Corrado la guardò negli occhi, aveva lo sguardo preoccupato.

"Che cosa ci può succedere? Insomma, abbiamo oltrepassato non so quale varco magico, per finire in non so quale posto assurdo, dove il pavimento è vivo e le luci volano... che cosa ci può succedere?" disse guardando in direzione della porta.

Beatrice deglutì, aveva la bocca secca.

"Allora andiamo" disse prendendo Corrado per il braccio.

Ormai quel gesto era diventato una consuetudine, chissà se a Corrado dava fastidio. Non le sembrò che opponesse resistenza, quindi, forse poteva permettersi di stritolargli l'avanbraccio ancora per qualche volta.

Aprirono la porta metallica e percorsero il lungo corridoio lentamente, come se stessero camminando nel buio e prima che potessero raggiungere la porta sul fondo questa si spalancò.

"Entrate vi prego, vi stavamo aspettando" disse una voce di donna.

Beatrice e Corrado entrarono in punta di piedi sperando di cavarsela anche quella volta.

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