48 ore prima

Quarantotto ore prima.

-È il canestro decisivo!-

La voce di Maisie, la mia migliore amica, era più eccitata che mai. Il vociare degli studenti rimbombava in un'eco abissale nella piccola palestra e, dagli spalti più alti in cui ci trovavamo, riuscivo a distinguere chiaramente il capo biondo scuro di Brian Johnson, il tipo per cui Maisie aveva una cotta dal primo giorno di liceo. Lei non si era mai sforzata troppo di nasconderlo e tutti lo avevano capito. Tutti eccetto Brian, naturalmente. Frequentava l'ultimo anno e noi eravamo una fascia che avrei osato definire in estinzione, per quelli come lui. In poche parole, non esistevamo. Aveva sempre funzionato così alla Stuyvesant High School di New York: la gente appartenente a una casta più in alto, cioè quella di Brian Johnson, prevalicava sulla gente come noi, che non avevamo tanti diritti, almeno a livello morale. Naturamente il sistema scolastico americano poneva tutti sulla stessa base, ma i tipi come Brian sapevano perfettamente di esserci superiori. Noi non ci lamentavamo, limitandoci a restarcene al nostro posto, che non era quello che ci spettava, e così le nostre giornate scolastiche trascorrevano senza intoppi e in tutta tranquillità. Certo, c'era gente che si ribellava a quella sorta di discriminazione, tipo me, eppure non facevo mai tanto scalpore perché sapevo, come tutti, che nulla sarebbe cambiato.

- Se riesce a mettere quel canestro vinciamo il campionato, Miranda! -

Una delle mani di Maisie si aggrappò alla mia e la strinse eccitata, mentre con l'altra si tappò la bocca in attesa del lancio di Brian. Da parte mia, non sapevo bene cosa rispondere, magari non avrei dovuto nemmeno dire qualcosa, ma se l'avessi lasciata blaterare da sola sarei stata una pessima migliore amica.

- Già - dissi stringendomi nelle spalle.
- Lo vinceremo di sicuro, ne sono certa.

- Ma ci pensi? Brian Johnson, il mio Brian Johnson, che porta la scuola a un livello superiore! Sarò talmente orgogliosa di lui! -

Scossi la testa, cercando di non scoppiare a ridere, mentre il ragazzo si asciugava le mani sui pantaloncini e lanciava uno sguardo all'arbitro, che gli passò la palla.

-Sta per segnare! - continuò Maisie, - sta. Per. Segnare.

- Maisie, calmati, è solo un canestro- scoppiai a ridere.

Lei si accigliò, sbuffando. - Solo un canestro? -

Non riuscii a trattenere una risata. Maisie era sempre stata così, un po' esagerata, in tutto quello che faceva.
- D'accordo - mi arresi - è il canestro.

- Proprio così- esclamò lei mentre Brian Johnson lanciava finalmente la palla e centrava il canestro in pieno, guadagnandosi gli applausi e gli strepitii del pubblico capeggiati, naturalmente, da quelli di Maisie.

Per qualche istante ebbi seriamente paura di aver perso le mie facoltà uditive: l'intera scuola si alzò dagli spalti, confondendosi in uno stridio confuso e martellante di urla, esclamazioni, applausi. Pensai di essere l'unica persona su trecento studenti ad essere rimasta seduta al proprio posto, a guardare il cellulare per controllare l'ora. 10:16. La partita si era protratta più tempo del previsto e ora avrei dovuto avere lezione di biologia. Rimasi interdetta a fissare il sedere di Maisie che mi si agitava davanti alla faccia mentre saltellava eccitata, decidendo tra due opzioni: se fosse meglio andare a lezione o rimanermene lì per un'altra mezz'ora ad assistere a una partita di cui, fondamentalmente, non mi importava granché. Alla fine, mentre la gente si accalcava intorno a Brian Johnson per congratularsi, mi alzai. Maisie era già sparita per infiltrarsi tra i ragazzi del quinto anno, perciò sbuffai scuotendo la testa e mi avviai all'uscita della palestra.

"Ci vediamo in classe, se verrai. Altrimenti a casa mia, oggi pomeriggio." Inviai il messaggio a Maisie e poi sgattaiolai fuori, lasciandomi alle spalle il brusio della palestra che non aveva ancora accennato a quietarsi.


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