Capitolo 9

I temi che vado a trattare in questo capitolo sono estremamente delicati. Non è mia intenzione urtare la sensibilità dei lettori, tutt'altro. Se una frase di un personaggio può infastidire, chiedo per favore di leggere le frasi successive del dialogo per chiarimenti. I pensieri dei personaggi rimangono pensieri dei personaggi, cerco semplicemente di riportare opinioni reali e divergenti della nostra epoca.

Oggi Lattuga è un po' più accondiscendente con me. Le ho cantato E da qui di Nek, Lo stadio di Tiziano Ferro e Can't stop the feeling di Justin Timberlake.
In effetti sono particolarmente allegra: per tutta la settimana a scuola ci sarà autogestione, e siccome Liberio ha ricevuto il permesso da mio padre di poter lavorare per tutti e sette i giorni, anch'io li passerò allo zoo. Non ho i compiti a cui pensare, niente compagni di classe, niente battibecchi...
Andrò soltanto il venerdì, così da poter evitare di rientrare lunedì con il certificato medico.

Porgo alcune foglie a Lattuga, che le mangia con piacere. Assieme a me c'è Michele, intento a studiare la tartaruga girando attorno al grosso guscio.
«Certo che sei strana tu» mi dice, divertito. «Parlare con una tartaruga...»
«Lattuga è molto intelligente» ribadisco. Passo un'altra foglia alla mia amica, prima di chiedere: «Gli animali vanno in Paradiso?»
Michele mi si siede accanto, con aria dubbiosa. O non lo sa, o è indeciso se potermene parlare.
Alla fine però scrolla le spalle e dice: «Perché dovrebbero finire all'Inferno?»
«No, è che... credevo non avessero l'anima.»

Lui mi lancia un'altra occhiata, ma non risponde. Come allunga la mano verso la testa di Lattuga, questa si volta ad annusare.
Mi sporgo sorpresa e fisso a bocca aperta questo fenomeno inaspettato.
Michele fa un sorrisino. «Gli animali sono eccezionali, non è vero? Il Signore li ha creati affinché ce ne servissimo, per il cibo, per i vestiti, per la compagnia. Ma non vuole che li trattiamo male, perché sono un Suo dono per noi. Anche se li uccidiamo per poterne mangiare la carne, è un uso di necessità, non di sfruttamento.» Prende un respiro profondo e dice: «Però non sono al pari di noi esseri umani. Non hanno libero arbitrio, seguono solo i propri istinti. Se un animale si comporta male, lo fa per istinto, fame o malattia, ma non perché sceglie di essere ingiusto, come invece facciamo noi uomini».
«Quindi... gli animali non vanno in Paradiso? Allora dove finiscono?»
«Sono comunque creature del Signore: provengono dalla Sua mente, e da Lui tornano.»
«Oh...» Poso una mano sulla testa di Lattuga.

Allora perché lei mi sta sempre accanto e mi apprezza? Ciò che prova per me non è amore? E i cani, così fedeli, seguono semplicemente l'istinto? E le mamme animali che difendono i piccoli a costo della vita? È sempre istinto? Eppure sembra proprio amore...
«La differenza tra umani e animali,» dico lentamente, «è che noi siamo capaci di prendere decisioni... È per questo che alcune persone finiscono all'Inferno...»
«Esatto...»

Tiro un ultimo buffetto a Lattuga, dopodiché mi alzo per uscire dalla gabbia. Passando di fronte al vetro, la vedo assieme al suo compagno, l'altra grossa tartaruga del recinto, che io ho rinominato Cavolfiore.
Non temo di perdere Lattuga, poiché sono certa che quando io sarò morta, lei avrà ancora parecchi di anni da vivere. Mi chiedo tuttavia se sarà capace di sentire la mia mancanza. Con i cani succede, ma con le tartarughe? E comunque, lei mi sembra veramente molto intelligente.
Beh, come esistono diversi tipi di persone, esistono anche animali di carattere e intelligenza diversi, seppur della stessa specie.
Solo che tutti gli animali alla fine tornano a Dio, gli uomini no...

Mi avvio verso la zona ristoro dello zoo, dove mi siedo ad aspettare finché non arriva Liberio, con i vestiti puliti già indosso.
Mi fa un cenno, prima di fermarsi al banco a ritirare i panini che ho già ordinato e chiesto di riscaldare. Poi si siede con me e comincia a mangiare assiduamente.
Lo guardo canzonatoria. «Che cos'hai fatto di bello oggi? Non puzzi troppo.»
«Ho dato da mangiare alle giraffe, ho ripulito il loro recinto e poi ho nutrito gli ippopotami e le scimmie» biascica a bocca piena. «Tu invece? Tutto il giorno da Lattuga?»
«Sì.»

Liberio termina il suo panino in quattro e quattr'otto, mentre io non sono neanche a metà. «Allora domani andrai a scuola?» mi chiede.
«Sì. Ho chiesto a Enrico di iscrivermi al gruppo "Anime". Ha detto che guarderanno Wolf children, di Ma... Mamoru Hosoda... l'ho detto bene?»
«Sì, brava.»
«Non l'ho mai visto, ma almeno non sarà una giornata impegnativa. Mi spiace non poter venire allo zoo.» Attacco qualche morso al panino, prima di chiedere, impacciata: «Ti piace lavorare qui?»

Liberio annuisce, ma non mi guarda. Ergo, mi sta nascondendo qualcosa, non è sincero...
«Che cosa c'è?» gli chiedo. «È per la cacca di elefante?»
Lui sbuffa una risatina. «No no... È che un po' mi manca uscire, ma... dovrò pur pagare i miei vizi, no?»
Certo, non è colpa sua se suo padre sta avendo una pessima situazione lavorativa. Liberio non ha ancora compiuto sedici anni, ma eccolo a impegnarsi per guadagnare per le proprie spese, così da poter lasciare in pace il padre.

«Come sta Guillelmo?» domando cauta.
«Papa è sempre nervoso. Ed è sempre al telefono...»
«Libe...» Mi allungo a strusciargli il braccio. «Gli stai dando un po' dei tuoi soldi, vero?»
Lui arrossisce all'improvviso, ma finalmente mi guarda negli occhi, e annuisce. Allora comincia a parlare veloce: «La situazione peggiora sempre di più, e tenere tutti i soldi che guadagno mi farebbe sentire un egoista, perciò...»

Gli strizzo il polso prima di far scendere le dita a intrecciare le sue. Poi gli sorrido, nella speranza di essergli di conforto. «Tuo padre è fortunato ad averti.»
Le sue guance si fanno sempre più imporporate, mentre ricambia il sorriso. «E io sono fortunato ad avere te, Ire. Quando sei con me, mi sento la persona più felice del mondo.»
Gli stringo la mano sempre più forte, lusingata e addolcita dalle sue parole. È bello essere così importanti per qualcuno, e sono lieta di riuscire a portare felicità nella vita del mio migliore amico semplicemente standogli accanto. D'altronde, lui ha un effetto equivalente su di me.

Mi alzo per andare in bagno. Quello delle signore è vuoto... tranne per Michele.
«Che ci fai qui?» lo sgrido.
Lui mi guarda esasperato, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. «Cos'era quello?»
«Eh? Q-quello cosa?»
Ma non possiamo continuare a discutere, poiché una donna entra assieme alla sua bambina, dunque io mi fiondo dentro a uno dei bagni.
Spero con tutto il cuore che non mi abbia sentita.
Che vergogna...

                                   *

«Irene Gherardi?»
«Presente. Vado all'autogestione.»
Marzia mi scocca un'occhiata gelida da dietro gli occhialetti a mezza luna.
Accidenti, devo averla delusa profondamente! I miei voti sono molto buoni, quindi avrà sperato che mi comportassi da studentessa modello e rimanessi in classe a seguire le lezioni anche durante l'autogestione. Lei e Binah sono le uniche a rimanere a studiare. E il professor Monti, di italiano, non ne sembra entusiasta.

Quando l'appello termina, Nadia mi passa accanto cantilenando: «Uuh, chi si sarebbe mai aspettato che Gherardi fosse una ribelle? Che sorpresa!»
«Uuh, chi si sarebbe mai aspettato che Bensi fosse capace di mettere bene un congiuntivo?!» ribatto, replicando il suo tono da idiota.
Lei si volta di scatto ad affrontarmi, ma Alberto si frappone tra noi. «Buone, voi due! Non mettetevi a litigare anche oggi che non dovete stare nella stessa aula... Perché andate in due gruppi separati, vero?» chiede poi, al limite del terrore.
«Sì» sibiliamo all'unisono.
Nadia si allontana a prendere il suo zaino, mentre io carico il mio sulle spalle e dico ad Alberto: «Certo che hai un bel coraggio».
Lui si gira a guardarmi, offeso. «Prego?»
Faccio un sorrisetto. «Hai un bel coraggio a metterti in mezzo a un litigio tra donne.»
Alberto si rilassa e scoppia a ridere. «Più che coraggioso, mi definirei folle.»
«Più che folle!» interviene Guo, comparso dal nulla.
«Super folle!» gli fa eco Luca, neanche fossero i gemelli Weasley.

Una volta calmate le risate chiedo: «A te non piacciono gli anime, Alberto? Vieni nel gruppo con noi?»
«Non seguo molti anime, mi spiace. E ormai mi sono iscritto al gruppo dello sport. Usciamo per una partita di calcio!» Mi tira una leggera pacca. «Scusami.»
«Ma di che ti scusi? Divertiti!»

Mi dirigo assieme a Roo ed Enrico alla classe del gruppo "Anime".
Michele ci sta seguendo in silenzio. Ha insistito per accompagnarmi a scuola, curioso di assistere alla visione di Wolf children.
Il che mi ha fatto teneramente ricordare quanto sia sempre stato patito di anime: i suoi preferiti erano, e continuano a essere, a quanto dice, One Piece, Naruto, Hunter x Hunter, Inuyasha, Dragon Ball... Mew Mew – sono sicura che quest'ultimo lo guardasse per fini ambigui...
Non ha più voluto continuare il discorso interrotto nel bagno dello zoo. Però adesso mi pare un po' più saputello del solito, riguardo a qualcosa che io, comunque, continuo a ignorare...

                                    *

La giornata passa serena, il film mi piace molto, ed è bello ritrovarsi in mezzo a un gruppo di nerd come me.
Al termine della giornata, Roo mi annuncia che andrà a zonzo per Pisa assieme a un'amica. Chi sia questa tizia, non ne ho proprio idea.
Comunque sia Roberta non mi ha invitata, perciò di cosa fa e chi frequenta non me ne importa proprio.

Sono riuscita a convicere zia Emma a passarmi a prendere. Lavora come professoressa alla scuola di ragioneria in centro a Pisa, le ci vuole almeno mezz'ora per prepararsi e venire da me. Ma aspetto volentieri, piuttosto che sorbirmi l'incubo dell'autobus.
Perciò mi siedo sotto il portico della scuola ad attendere la sua chiamata. Con me c'è Enrico, che sta aspettando sua madre, e presto ci raggiungono anche Luca e Guo. E dove vanno loro di solito va anche Nadia, quindi sto già riflettendo su dove spostarmi per evitarla...

Qualcuno deve aver parlato di un ritrovo quaggiù, perché presto ci raggiunge pure Giulia, che però ha l'aria un po' cupa.
«Cos'è successo?» le chiedo.
Lei scrolla le spalle con stizza. «Stronzate...»
Siccome Luca e Guo si sono messi a fumare, ordina loro malamente di farsi prestare una sigaretta. Luca gliela porge spaventato, gliela accende, e si scosta in fretta, come timoroso che lei possa morderlo.
Osservo Giulia aspirare una lunga boccata.

Perfetto, ora mi tocca anche stare attenta che gli insegnanti non passino e non vedano la mia amica minorenne intenta a fumare. Mica posso permettere che finisca nei casini. Dovrei preoccuparmi anche di Luca e Guo? Non siamo grandi amici, però, salvo essere irritanti, sono due bravi ragazzi, e credo che mi vogliano bene.
«Irene, mi ascolti?»
Mi riscuoto sotto il tono irritato di Giulia, che improvvisamente richiede tutta la mia attenzione.

Ha ragione, non dovrei distrarmi: sono perfettamente consapevole che fuma soltando quando ha l'umore a terra.
«Ero nel gruppo "Attualità", no?» comincia a raccontare.
Ecco, si parte già bene...
«E oggi il tema era l'omosessualità. Si parlava dell'adozione di un bambino da parte di una coppia omosessuale. E hanno chiesto, precisamente, quale fosse la nostra opinione in proposito. Chi ha parlato era a favore. E siccome ognuno poteva esprimere i propri pensieri, mi sono sentita di esprimere i miei. È giusto, no?»
«Ma certo.»
«Ecco. Fatto sta...» tira dalla sigaretta, «che ho dato la mia opinione: secondo me l'adozione omosessuale non è da fare. Credo che un bambino abbia bisogno di una supervisione maschile e di una femminile, per ricevere due punti di vista distinti, per riuscire a imparare meglio sul mondo, capisci?»
«OK...»
Non sono esattamente d'accordo con lei. Secondo me è ingiusto che a una coppia omosessuale venga negata la gioia di avere un figlio.

«Ecco, a quel punto mi vengono tutti contro!» sbotta, lasciandomi per nulla sorpresa. «Mi zittiscono, mi fanno passare per un'idiota di mente chiusa e senza cuore! Pensavo che ognuno potesse esprimere i propri pensieri, e...»
«Ma eri nel torto.»
Ci voltiamo verso Enrico. Ha la testa china sullo schermo del cellulare, ma ha l'orecchio ben rivolto verso di noi.
«Prego?» sibila Giulia.
Enrico la guarda e ripete: «Eri nel torto, e lo sei ancora. Ecco perché ti hanno zittita».
Giulia lo guarda, furibonda. «Nel torto? Pensavo che ognuno potesse esprimersi!»
«Sì, ma tu non avevi ragione
«Ragione? E chi decide chi ha ragione e chi no? Tu? Quegli altri idioti?»
«È un dato di fatto.»
«Non è vero! Ire, diglielo!»
Ma perché mi tirano in ballo?

Guardo Enrico e dico: «Enri, se ne può discutere con calma. Quel che hanno fatto quei ragazzi è sbagliato: non si tratta così male una persona, anche se ha opinioni divergenti dalle nostre».
Enrico scatta in piedi e mi fissa trucemente. «Sei d'accordo con lei, vero? Anche tu odi i gay!»
Alzo le mani per calmarlo, seppur a far così mi viene quasi l'impulso di strozzarlo. Chi è che odierei io? «Buono, bellino. Nessuno qui ha detto di odiare i gay.»
«Appunto!» esclama Giulia.

«Secondo me le coppie omosessuali dovrebbero avere la possibilità di adottare un bambino» spiego. «Però, se Giulia vuole esprimere la sua opinione...»
«Prendi in considerazione ciò che dice?» mi attacca Enrico. «Non sei sicura delle tue opinioni solo perché i gay sono emarginati?»
Lo guardo allibita. «Ma perché mi metti in bocca parole che non ho detto? Io rispetto i gay! Emarginati?! Non starai esagerando? E comunque, se ascolto gli altri quando parlano, è perché sono educata e aperta di mente!»
«Indecisa, direi» ribatte Enrico, astioso.

«Io ho le mie precise opinioni, idiota! I gay sono persone, desiderano l'uguaglianza che meritano, e noi la vogliamo per loro.»
«Appunto. Ma pensieri come quelli di Giulia peggiorano la situazione!»
«La situazione viene peggiorata anche da chi non lascia parlare! La gente tende a non riflettere se non ascolta, e non ascolta se non c'è dibattito rispettoso!»
«Sappi che in alcuni Paesi l'intolleranza è maggiore!»
«Sì, è vero. Perché in quei Paesi si è rimasti bloccati nel passato.»
«A te non va mai bene quando si tratta di fare qualcosa per gli altri! Ti sento, sai, quando dici che non sopporti le manifestazioni femministe!»

«Oooh bene! Parliamo dei femministi, va', che magari capisci meglio! Tanto hai voluto tirarli in ballo senza sapere come la penso davvero!» urlo. «Non si fa altro che ripetere che le donne sono un dono, che le donne sono i veri pilastri... Beh, io credo che anche gli uomini siano doni, e che uomo e donna debbano collaborare, non che soltanto lui o che soltanto lei debba essere il pilastro. Fanno moltissime cose belle anche gli uomini, sapete. Però se le fa una donna è eclatante! Questo non ci fa apparire più diverse? Alla fine una donna viene acclamata più per il suo essere femmina, anziché per le sue doti. E a me questa sembra un'ulteriore presa per il culo! Perché tutti sono così entusiasti che una donna sia capace di tanto, eh?! Perché normalmente una donna è stupida? Non sembra quasi che tutti la pensino così?»
«Magari ti sbagli! Magari la gente è intenzionata ad aiutare le donne per donar loro importanza e rispetto, ma non perché le ritiene delle amebe cretine, anzi!»
«Forse, ma secondo me lo lasciano intendere, seppur inconsapevolmente! Almeno io la vedo così. È la mia opinione, posso averla, ti spiace? Almeno le donne sono riuscite nella maggior parte dei Paesi del mondo ad avere il loro posto.»

«L'intolleranza c'è ancora, perciò si cerca di combatterla!»
«È vero, in passato omosessuali e donne venivano reputati inferiori. L'unica maniera per risolvere la situazione era manifestare e lottare per i propri diritti. Infatti ci sono arrivati! E rispetto tutti i loro sacrifici e rendo onore a chi ha avuto il coraggio e la forza di farsi avanti per primo! Ma ora i tempi sono cambiati, così come la mentalità di moltissime persone! Siamo nel ventunesimo secolo! L'intolleranza esiste ancora, ma non è di certo ai livelli del passato. Certo, magari le manifestazioni possono aiutare gli omosessuali, perché sono ancora in difficoltà.»

«Anche le donne!»
«No, carino. Noi siamo viste come inferiori soltanto in alcuni Paesi arretrati nel pensiero e nella tradizione.»
«Qualche commento inopportuno salta fuori anche nei Paesi più avanzati.»
«E le battute sugli uomini allora? Quelle vanno bene?»
«No, però...»
«Però cosa? Per quanto si provi, l'intolleranza non la si può schiacciare del tutto. Purtroppo è così. Non sto dicendo di lasciar correre, ma in questi casi si tratta solo di una piccola percentuale. Non possiamo fare il paragone con i Paesi in cui la situazione è assai più critica!»

«E cosa consiglieresti di fare per quei Paesi?» domanda in tono petulante.
«Ti assicuro che anche laggiù arrivano le notizie di donne famose. A sottolineare che siamo "eccezionali perché donne" li si fa soltanto continuare a pensare che siamo il sesso debole. Se il messaggio arrivasse con discrezione, senza sottolinearlo, magari il loro pensiero cambierebbe pian piano e troveranno la cosa normale, così come deve essere! Vuoi fare le manifestazioni gay? Falle! Ma...»
«Continuerò anche con le manifestazioni femministe» dice, quasi come una minaccia.
Faccio un passo verso di lui, ricambiando l'occhiata tagliente. «Da donna, non credo che tu mi stia aiutando.»

Per un attimo lui non risponde, quasi stia cercando una frase che lo aiuti ad arrampicarsi sugli specchi per accusarmi. Alla fine però dice in un ringhio: «È così che la pensi?»
«Esatto.»
«Irene!»

Mi interrompo sentendo arrivare Alberto, che guarda noi tre litiganti con sgomento. Certo, tra di noi di solito non bisticciamo...
«Eccolo, il paladino della giustizia!» lo sfotte Nadia, appunto unitasi a noi – neanche l'ho vista arrivare. «Giunto qui con i lunghi capelli al vento, pronto per rovinare il divertimento!»
Alberto la ignora, per rivolgersi a me: «Perché stai urlando così, Irene? Litigate persino fuori da scuola?»
«Già, l'orario scolastico è finito» borbotta Enrico, ghermendo lo zaino e allontanandosi. «Lasciaci in pace.»
Alberto non tenta di fermarlo, si limita a guardarlo andarsene, in silenzio.

Quando oramai Enrico ha svoltato l'angolo, anche Giulia se ne va, strizzandomi piano il braccio.
Persino Alberto si allontana, seguito da Paolo, che è rimasto rintanato da una parte zitto come un pesce.
Luca mi tira una pacchetta alla schiena. «Wow, Irene. Non ti ho mai vista tanto grintosa...»
«Già, ma secondo voi Enlico è gay?» chiede Guo.
Lo guardo di sottecchi. Può essere. Forse è per questo che si è offeso...
Tutto ciò che ho detto non era comunque per offendere gli omosessuali, anzi!

«Ha la ragazza» interviene invece Nadia, strafottente. «L'ho pizzicato in centro a sbaciucchiarsela. Oh beh, potrebbe essere bisessuale, che ne sappiamo?»
«Tu, Ilene, avevi la lisposta a tutto, eh?»
Annuisco piano. «Ho riflettuto molto su questi argomenti...»

Nadia sbadiglia, rilasciando così il fumo aspirato dalla sigaretta. «Beh, il divertimento è finito. Ora di andare a casa!» Mi passa accanto posando lo sguardo su di me. Mi fissa come due settimane fa, in quella maniera bizzarra, né odiosa né amichevole. «Sei strana, Gherardi» dice infine. «Però...» s'interrompe... e se ne va, lasciando la frase in sospeso.
Luca e Guo mi guardano come a dire che non ne sanno niente, poi le arrancano dietro.

«È tutto apposto» mi conforta Michele, sfiorandomi la guancia. «Hai detto come la pensi.»
Non lo avevo mai fatto prima.
Di solito, quando sento gli altri litigare su argomenti tanto delicati, preferisco rimanere in silenzio. Sarò un po' codarda, però preferisco ascoltare e modificare o preservare le mie opinioni, anziché metterle a nudo e finire attaccata dagli stolti come Enrico, che aggrediscono senza lasciar spiegare gli interlocutori.
Secondo me Giulia ha torto, ma non la si può azzittire brutalmente. Se le persone sentono di non avere libertà di parola e non vengono rispettate, come possono arrivare a rispettare gli altri?
E poi Enrico non faceva altro che mettermi parole in bocca, parole che non ho mai pronunciato e a cui neanche credo!
Non doveva permettersi, a quel punto ho sentito il bisogno di difendere la mia posizione.
«Però, come sempre, venire a scuola è stata una pessima decisione...»

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